Bruno Vespa e il fascismo eterno
di Roberto Cotroneo
Ci sono molti modi per fare dell’ironia sulla nuova svolta del «Porta a Porta» di Bruno Vespa. Dopo aver visto in pochi giorni un tandem di puntate da neanche immaginarsi. Nella prima campeggiavano Emanuele Filiberto di Savoia con la sua giovane sposa, più il contorno, è proprio il caso di dirlo, di corte più o meno adorante. Nella seconda avevamo il jazzista Romano Mussolini, la di lui figlia Alessandra Mussolini, con aggiunta di storici. Da tutte e due le puntate usciva, nella sostanza, un’immagine della monarchia italiana e del fascismo ben lontana da quelle che le pagine di storia ci hanno tramandato.
La monarchia era terribilmente chic, elegante, controcorrente, e persino antifascista (se non fosse stato per quel Vittorio Emanuele III così vanesio a chiedere al Duce l’impero). Il fascismo fu una dittatura, certo, e Mussolini aveva un caratteraccio, però era un padre affettuoso, un uomo che rispettava le istituzioni, e guai a chi parlava male del papa davanti a lui. Inoltre, poveraccio, cosa poteva fare con quel traditore di Galeazzo Ciano? Suo genero. Lo aveva tradito, e dunque non aveva scelta. Fucilato all’alba, e speriamo che la povera Edda non la prenda a male.
Credo che sia del tutto legittimo, e soprattutto spiegabile, che se inviti in trasmissione un uomo quasi ottantenne, vissuto nella memoria di un padre come Benito Mussolini, non può che uscirne un ritratto commosso e privato. Va da sé che un Savoia del ramo regnante non possa che parlare bene della sua famiglia e rimpiangere, anche se non apertamente, l’idea di non essere più al Quirinale ad assegnare onoreficenze e ricevere il capo del Governo. Il fatto è che queste persone, fino a poco tempo fa, campeggiavano sui rotocalchi popolari, quelli che leggono le pensionate poco istruite e un piccolo mondo antico che si appassionava alle sorti di Maria José, e di Reza Pahlevi, di Soraya e di Marina Doria. E si perdeva in quel profumo d’antan, in quel mondo di voci seducenti alla Milly e rauche alla Buscaglione, nei Grand Hotel di felliniana memoria, e nel ricordo dello sguardo di Amedeo Nazzari che conquista le modiste. Poi ci sono stati gli anni Sessanta, e il Jet Set, la modernità, e la nuova borghesia. Per arrivare al tardo vippismo berlusconiano, meno smaltato e più abbordabile, fatto da star televisive, calciatori e veline.
Però nessuno poteva immaginare di accendere il televisore, il televisore digitale, quello che ti mostra il mondo in diretta, quello attaccato a parabole e cavi in fibra ottica, per intenderci. E ritrovarti la stilista Micol Fontana, che presenta nello studio di Vespa i vestiti che fabbricò per le signore Savoia e i loro matrimoni, discettando su quale sia mai il vero “blu Savoia”. E nessuno avrebbe mai immaginato di poter ascoltare le invettive di Alessandra Mussolini contro il Re, e la supposizione di Bruno Vespa, che Mussolini volesse essere liberato, sul Gran Sasso, dagli alleati, e non dai tedeschi. Al punto tale che quando fu preso dai tedeschi ebbe un moto di disperazione.
Come diceva Aby Warburg, il buon dio si nasconde nel particolare. Ed è facendo perno che si capiscono molte cose. Bruno Vespa: «si dice che suo padre volesse essere liberato dagli alleati». Romano Mussolini: «questo non mi risulta». Ma Vespa insiste. Perché su questo si gioca una grande partita. E su questa partita si gioca fino in fondo la strategia di Vespa. E naturalmente non soltanto la sua.
Perché bisogna accreditare una cosa falsa, che Mussolini non volesse essere liberato dai tedeschi? Primo: perché ormai si riteneva sconfitto, e i tedeschi lo avrebbero costretto a continuare la guerra dalla loro parte. Secondo: perché in questo modo si risparmiava la Repubblica Sociale Italiana, con tutto quello che ne consegue.
Terzo punto, determinante: perché gli alleati, in questo caso gli anglo-americani, sono buoni. Lo avrebbero processato, con un «regolare processo», e forse avrebbe vissuto ancora per un bel po’. Invece poi, nell’epilogo estremo, lo hanno preso quei comunisti di partigiani, Valerio e compagnia bella, e lo hanno assassinato, assieme all’amante Petacci, che non aveva alcuna colpa.
Ora, perché la sinistra uccide Mussolini, e gli alleati non lo avrebbero ucciso? Perché gli alleati non erano propriamente antifascisti, perché Churchill ammirava Mussolini, e poi l’Italia era un Paese monarchico, come l’Inghilterra. E perché i Savoia meriterebbero di stare sul trono d'Italia? Perché furono quelli che unificarono l’Italia, e fu soltanto una debolezza, di quel Re, a portarci al disastro. Comprese quelle leggi razziali, che sì furono un errore. Ma un errore, non la conseguenza logica di una politica europea e un tassello determinante dell’ideologia nazi-fascista.
Perché purtroppo, e qui veniamo a completare il punto, la sinistra ci ha impedito di vedere fino in fondo le cose come stanno. Ci ha dato un’immagine del ventennio alterata (figuriamoci poi quella dell’era Berlusconi). Ci ha restituito una storia della resistenza che non ebbe nulla a che fare con la realtà. Ha ignorato il concetto di guerra civile (e ogni guerra civile reca con sé l’equivalenza e la legittimità delle ragioni di entrambe le parti) e ha egemonizzato la cultura per impedire che si scrivesse una storia più veritiera.
Qui non si tratta di ridicolizzare i giornalisti adoranti davanti al principe ereditario, o gli storici a fare da contorno agli storicismi di Alessandra e Romano Mussolini, qui non siamo di fronte a goffi tentativi di riscrivere la storia. La storia è già stata scritta, in tutti i modi, ma a leggerla sono sempre gli stessi, e sempre troppo pochi.
Aveva ragione Umberto Eco in un saggio di quasi dieci anni, quando parlava di «fascismo eterno». Il fascismo eterno è qualcosa che non ci si leva di dosso, e che i revisionisti e i terzisti hanno cercato in qualche modo di nascondere. È quello che con i distinguo cerca di celare quel disprezzo per le regole democratiche che ha fondato per anni le istituzioni di questo Paese. Il fascismo fu tutto, purtroppo. Opportunismo, dittatura, autoritarismo, fronda, debolezza istituzionale, parate ridicole e tragedia, violenza brutale e bivacco per manipoli. Fu confino e persecuzione degli oppositori, ma anche bagliori di cultura e qualche tollerante distrazione. Ma non per merito, solo per incapacità, pochezza, e dilettantismo. I totalitarismi, vedi Stalin e Hitler, furono una cosa terrificante e assai più seria. Ma il fascismo fu soprattutto un’ideologia conforme allo status del nostro Paese. Nessun rispetto per alcunché, parole a vuoto, rimangiate il giorno dopo, demagogia, e retorica.
Il fascismo eterno è classista, anche se è espressione della piccola borghesia, ossessionato dalle sinistre, dalle rivoluzioni, dagli scioperi, dal disordine sociale. Il fascismo eterno ha paura dei diversi, degli stranieri, delle altre religioni, degli omosessuali, di tutto quanto non rientrebbe secondo loro nella sana tradizione del nostro popolo. E soprattutto il fascismo eterno ha il culto della guerra, del cercar la bella morte, della difesa dei confini, e della grandezza della nostra civiltà, a cominciare dalla romanità per finire con la padania. Vespa: «Vero che suo padre avrebbe preferito essere salvato dagli alleati?». Traduzione: caro telespettatore sprovveduto, non capisci che Mussolini piaceva anche agli americani? Non vedi poi cosa è accaduto in Italia? E non sarebbe stato meglio che finisse come in Spagna, facendo sfumare il fascismo in una lenta agonia autoritaria, che andava a finire in un post-fascismo retto da una monarchia illuminata? Se non fosse stato per questa sinistra e per certi cattolici troppo fissati con la dottrina sociale della Chiesa, partigiana e non, tutto in questo Paese sarebbe andato diversamente, già da allora. Meno male che alleati degli alleati siamo rimasti e oggi molto più di ieri. Perché, se un tempo era tutto così bello, e lo ricordiamo a «Porta a porta», perché non dovrebbe essere ancora più bello il nostro futuro?
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