«Colpa dell’embargo»
RIO DE JANEIRO - Con un braccio ingessato, a cinque giorni dalla caduta in diretta tv, Fidel Castro è riapparso in pubblico per annunciare una svolta importante in economia. Anzi una clamorosa marcia indietro: i cubani dovranno smettere di sognare in dollari perché la moneta americana non verrà più usata sull'isola, com'era prima del 1993. Entro l'8 novembre dovranno cambiare i propri dollari in pesos convertibili, moneta fittizia agganciata alla pari a quella Usa, e la sola accettata nei negozi in valuta a partire da quella data. Chi ancora cambierà dollari pagherà una multa del 10% ma non sarà proibito detenere valuta. Castro ha spiegato che la misura è necessaria dopo l'irrigidimento dell'embargo deciso da Bush e ha invitato i cubani che vivono all'estero a inviare ai propri parenti solo euro, sterline o franchi svizzeri, che non verranno tassati. In tv, il leader cubano ha attaccato gli Usa, «un impero determinato a creare sempre più difficoltà a Cuba». Ogni anno i cubani della diaspora, soprattutto in Florida, mandano ai parenti sull’isola un miliardo di dollari. Il governo castrista sa bene che centinaia di migliaia di famiglie dipendono da questo denaro e l'obiettivo non è eliminarlo, dicono esperti a Miami, ma fare in modo che il governo riacquisti il controllo integrale delle transazioni e ci guadagni un ricco 10%. Negli ultimi anni, tutte le riforme in direzione del mercato sono state vanificate da successive contromisure del governo di Fidel e anche gli investimenti dall'estero hanno subito un calo. Intanto Washington ha irrigidito l'embargo. Alla vigilia delle presidenziali Usa, la misura potrebbe esasperare la comunità cubana in Florida, largamente pro Bush, e spostare voti verso Kerry, più gradito all’Avana. «In ogni caso - dice John Kavulich, presidente della camera di commercio Usa-Cuba - Castro vuole che l'embargo, dopo quarant'anni, resti sulle prime pagine dei giornali americani».