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    Predefinito Brescia:Vescovo difende 3 preti indagati x pedofilia.

    E' caccia alle streghe o una inchiesta che scopre crimini aberranti?
    Un dilemma difficile che pone diversi problemi:
    1) la riservatezza di queste inchieste, sempre violata.
    2) quale repressione della pedofilia? anche chi non compie violenza sessuale deve finire alla gogna?
    3) la sessualità repressa di certe categorie sociali è causa scatenante di certi delitti?
    A voi la risposta.

    http://www.gaynews.it/view.php?ID=29484

    MAESTRE, PRETI E PEDOFILIA E BRESCIA SI SPACCA IN DUE
    L'INCHIESTA. Oggi la prima udienza di un processo che lacera la città. Le accuse dei genitori, l'imbarazzo della Curia.
    lunedì 18 ottobre 2004 , di la Repubblica

    La parola ai giudici, ma accusa e difesa si scontrano

    da un anno in piazza a colpi di omelie e volantini

    dal nostro inviato DARIO OLIVERO



    BRESCIA - Via San Faustino attraversa come un fiume il centro storico di Brescia e lo divide in due. Da una parte, i palazzi che guardano verso il castello, la parte ricca. Dall'altra, il quartiere popolare del Carmine che qualcuno chiama "Carmen Street" per dargli un'aria da improbabile Bronx padano. La storia che ha lacerato Brescia incomincia qui, nella scuola materna vicino alla chiesa dei Santi Faustino e Giovita che si affaccia sulla via. Il processo che si apre oggi ha come imputate due maestre d'asilo di 52 e 50 anni che devono difendersi dall'accusa di pedofilia. In particolare di aver agito da intermediarie tra uomini governati da istinti inconfessabili e i bambini che loro avevano in custodia.



    Sono stati i bambini a raccontarlo. Prima ai genitori, poi ai magistrati sotto il controllo costante degli psicologi. Ma il dibattimento è solo il primo troncone di un'inchiesta in cui sono indagate altre dieci persone per le quali non è stato ancora decisa l'archiviazione o il rinvio a giudizio: altre quattro maestre, tre bidelli e tre sacerdoti.



    UNA CITTA' CHE VACILLA. Dodici persone in tutto che rappresentano in un colpo solo tutto quello che Brescia ha sempre portato come modello: il suo sistema educativo, le sue strutture sociali, la sua vocazione di cooperazione e solidarietà, la sua Chiesa che da quindici secoli ne costituisce l'anima istituzionale, politica e spirituale. Una macchina sociale che rischia di collassare per aver tradito i suoi figli. Per questo da più di un anno, da quando questo incubo collettivo è incominciato qualcosa nell'anima della città si è rotto. Difficile pensare che non sia successo nulla, impossibile pensare che sia successo qualcosa. Per questo un processo, il processo, c'è già stato. Ed è avvenuto sulla pubblica piazza. E per questo oggi sono in molti a non voler parlare di questa storia a voler spegnere i riflettori.





    LE PIAZZE CONTRAPPOSTE. Un processo che ha tanti protagonisti: parroci che si difendono dal pulpito, sacerdoti che conducono inchieste parallele, associazioni che denunciano l'esistenza di una grande rete criminale pedofila che ha un nodo a Brescia, fiaccolate di solidarietà per gli indagati, interventi del Garante della privacy e dell'Anm. In tutto questo 23 bambini (quelli del processo odierno sono nove) dai tre ai cinque anni e 21 famiglie sono finiti travolti da una storia troppo grande per loro. Genitori schiacciati tra spese legali e terapeutiche. Mariti che cercano lavoro in altre città, mogli che implorano i mariti di farlo.



    LE MAESTRE SOTTO ACCUSA. Mentre il processo incomincia si sta concludendo il primo grado di un altro dibattimento analogo che vede imputati per accuse di pedofilia quattro maestre, tre bidelli e una coordinatrice di un'altra scuola materna cittadina. Il precedente, oltre che inquietante, è importante perché le due insegnanti sotto processo oggi, lavorarono anche nella prima scuola. Per loro a settembre 2003 si aprono le porte del carcere. Ci resteranno dieci mesi prima di ottenere i domiciliari. Sono state tirate in ballo dalle parole dei bambini che raccontano di essere stati portati fuori dalla scuola e costretti a "giocare" con altri adulti e da questi fotografati. Con il passare delle settimane, sempre più bambini vengono ascoltati. E nei loro racconti emergono sempre più particolari. Altre persone finiscono sul registro degli indagati. Altre quattro insegnati, tre bidelli. E il livello dello scontro si alza quando tre sacerdoti vengono coinvolti nell'inchiesta.



    LA DIFESA PUBBLICA DEI SACERDOTI. Molti bresciani lo ricorderanno fin che vivranno quel 13 luglio del 2004, quando due parroci si difendono dal pulpito rendendo noto ai loro fedeli di aver ricevuto un avviso di garanzia. Molti bresciani ricorderanno che quel giorno ci fu un grande e lungo applauso di solidarietà a partire dai primi banchi dove sedeva il sindaco. E ricorderanno di aver pensato: come possono uomini con un passato e un presente di prima grandezza nel volontariato, negli oratori, nella vita della città essere anche lontanamente coinvolti in accuse così infamanti? "Non voglio essere ricordato come un prete pedofilo, perché non lo sono", diceva il parroco di San Faustino invocando "una giustizia con le lettere maiuscole che a Brescia spero sia ancora di casa". Da questo preciso momento Brescia, tutta Brescia, è costretta a schierarsi.



    LA CROCIATA. E c'è chi prende molto sul serio questo appello. Uno dei protagonisti del processo di piazza si chiama don Mario Neva, amico degli indagati, ma soprattutto assistente spirituale all'Università Cattolica e nello stesso tempo prete di frontiera che ha tolto le prostitute dalla strada. La sua crociata per difendere gli indagati passa dalle lettere ai giornali, all'organizzazione di fiaccolate di solidarietà al carcere dove sono rinchiuse le due maestre, alla mailing list che, a detta sua, raggiunge un migliaio di persone, alle interviste. "In questi mesi ho preparato un dossier - spiega - in cui ho ricostruito tutta la vicenda. Una contro-inchiesta. Il primo errore giudiziario è incominciato con il primo processo (quello alla prima scuola ndr). Non nego che ci siano preti pedofili, ma nego che ci siano qui a Brescia". Ma allora come è potuto accadere? "Alcuni genitori hanno perso la testa, le perizie e gli incidenti probatori fatti sulle testimonianze dei bambini sono stati viziati da prestazioni psicologiche disastrose e qualche forza politica ha cercato di strumentalizzare la vicenda". Don Neva ha ricevuto anche un richiamo del Garante della privacy per aver fatto pubblicamente i nomi dei genitori di alcuni bambini coinvolti. "Lo sapevo, ma intanto quando mi fermeranno avrò già comunque raggiunto il mio scopo". Quale? "Dimostrare che a Brescia non è successo nulla, salvare la comunità da una ferita che non si sanerebbe neanche in una generazione".



    LA CURIA. Don Neva è solo uno dei protagonisti in campo, ma è una presenza vistosa e battagliera. E' prete di strada ma anche rappresentante di spicco della Chiesa bresciana. Alla domanda: lei non teme che la sua posizione crei imbarazzo alla curia? risponde: "Il mio demone buono, il mio demone socratico, quando ho incominciato una battaglia per la giustizia non mi ha detto fermati. E non me lo ha detto neanche il mio vescovo". La curia si è espressa ufficialmente una volta sola ma in modo preciso e inequivocabile. Il vescovo, monsignor Sanguineti, ha respinto la richiesta di dimissioni dei tre sacerdoti e di altri che avevano fatto la stessa cosa per solidarietà verso gli indagati. E il vicario generale monsignor Francesco Beschi ha scritto una lunga lettera che i parroci hanno letto nel famoso discorso dal pulpito. Si incoraggia "l'accertamento della verità", ma nella sostanza la Chiesa difende i suoi preti. "Pur nella massima comprensione per la grande sofferenza che affligge queste persone (le famiglie e i bambini ndr) - si legge nella lettera - il vescovo desidera comunicare alla vostra comunità parrocchiale la sua personale certezza morale relativamente all'innocenza dei suoi sacerdoti e pertanto li riconferma nel loro incarico, accompagnandoli con la sua paterna vicinanza".



    CLIMA PESANTE. Come la curia, anche le altre istituzioni cercano di tenersi a una distanza siderale dalle urla che si sentono in piazza. O almeno ci provano. Il sindaco (clicca qui per l'intervista) si appella continuamente alla ragione e difende il modello educativo bresciano ma ammette che, "sia in caso di innocenza che di colpevolezza, di fatti accertati o di suggestione collettiva, è chiaro che a Brescia abbiamo un problema serio". In Procura il silenzio sulla vicenda è blindato. Anche perché gli avvocati difensori non hanno mai nascosto di voler far trasferire il processo in quanto il clima in città non consentirebbe un dibattimento sereno. Un'ipotesi, questa, guardata con terrore, oltre che dai magistrati, anche dai genitori che sarebbero costretti a subire fatiche processuali, fisiche ed economiche aggiuntive. Interviene anche l'Associazione nazionale magistrati per far notare che "ripetere in ogni sede che il clima non è sereno significa semplicemente adoperarsi perché non lo sia".



    "CACCIA ALLE STREGHE". Certo il clima proprio sereno non è. Un altro protagonista della vicenda è uno dei bersagli di Don Neva: l'associazione contro la pedofilia Prometeo e il suo responsabile, Massimiliano Frassi. Il gruppo si occupa della vicenda da un anno quando ormai i magistrati hanno già raccolto i racconti dei bambini. Con quale titolo Prometeo viene a Brescia? "Per aiutare i genitori, per ascoltarli, aiutarli a sfogare la rabbia", dice Frassi. Non tutte le famiglie sono d'accordo ad appoggiarsi a Prometeo. Frassi dice cose difficili da sentire come: "Esiste una casistica di pedofilia fatta da predatori con la complicità di persone a contatto con i bambini", "A Brescia è in atto un'operazione per far passare i racconti dei bambini come non attendibili", "Qui c'è un clima da caccia alle streghe contro chi difende le famiglie e invece chi difende i presunti colpevoli viene ascoltato". Facile, date queste premesse, che la tensione raggiunga le stelle quando Frassi si muove. Come quando all'uscita di un convegno, regolarmente attaccato da Don Neva, un uomo accusa Frassi di averlo colpito con un pugno.



    LE FAMIGLIE. E arriviamo all'ultimo anello della storia, le famiglie, l'anello debole. E' gente di ogni classe sociale perché la scuola materna è un mappamondo geografico e sociale. Alcuni di loro sono credenti, altri cattolici praticanti o attivi nella vita sociale della chiesa bresciana. Per alcuni la chiesa è tutto, per altri nulla. Alcuni sono benestanti, altri meno. Hanno bambini in terapia. Hanno un disperato bisogno di silenzio e nello stesso tempo di non sentirsi soli. Vorrebbero svegliarsi da quelle poche notti che non passano insonni come i loro figli e scoprire che è stato solo un brutto sogno. Che i loro bambini sono vittima di una spaventosa allucinazione collettiva ma comunque meno spaventosa di questa realtà. Che nessuno a cui avevano affidato i loro figli ha tradito la loro fiducia. Che continueranno a vivere nella città in cui hanno scelto di vivere. Che quelle urla che si sentono venire dalla città nella piccola stanza in cui alcuni di loro tante volte si sono riuniti non li riguardano. Che i processi si fanno in tribunale.





    (18 ottobre 2004)

  2. #2
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    In Origine Postato da multietnico
    questi sono gli amici del bottiglione che crede di essere in diritto di giudicare i gay
    Ti ci metti anche tu con l'accostamento gay-pedofili?

  3. #3
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    Sono di Brescia, o meglio della provincia di Brescia.
    Questa vicenda mi ha toccato nel profondo dell'anima perché uno dei tre sacerdoti coinvolti nella vicenda è il prete che mi ha sposato ed è un caro amico di famiglia.
    Una persona dalla eccezionale fibra morale, che si è sempre fatto in quattro per aiutare tutti, che pur avendo un'agenda fittissima di impegni trova sempre il tempo per sentire i tuoi guai (mi è capitato recentemente, purtroppo); una persona che sa trovare le parole giuste per andare al cuore sia del banchiere potente della città sia dell'extracomunitario che tira avanti sbancando il lunario con cinque figli.
    Sin da quando seppi la notizia del suo coinvolgimento sono stato certo della sua estraneità ai fatti e gli avrò scritto decine di lettere, puntualmente mai spedite: ero imbarazzato nel portargli la mia solidarietà, perché era una cosa fuori dal mondo, come in effetti si è poi rivelata con l'uscita dal processo.
    Prego perché io non debba mai sopportare una tale prova, ed a settant'anni!

    ps: non sono un baciapile, anzi tenderei più al mangiapreti!
    piritoo

  4. #4
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    Sono state tirate in ballo dalle parole dei bambini che raccontano di essere stati portati fuori dalla scuola e costretti a "giocare" con altri adulti e da questi fotografati.
    ?????
    ma anzichè tante difese... si è almeno chiarito se e perchè è successo questo??
    su questo forum è meglio non rispondere ai fessi!
    voi nazifascisti di oggi e i vostri servi siete solo gli ayatollah E I TALEBANI dell'occidente..

  5. #5
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    In Origine Postato da multietnico
    no,mi ci metto con l'accostamento preti-pedofili
    Vedremo quando saranno imam pedofili: allora il Rocco Buttiglione della situazione sarai tu.

  6. #6
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    In Origine Postato da piritoo
    era una cosa fuori dal mondo, come in effetti si è poi rivelata con l'uscita dal processo.
    Se ho capito bene questo non è vero.
    Semplicemnte è stato disposto il giudizio per 2 maestre, mentre per altri 8 indagati non c'è stato ancora richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione.

  7. #7
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    facciamoli sposare questi preti, cosi almeno scaricano le loro voglie represse con la moglie

  8. #8
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    In Origine Postato da aguas
    Se ho capito bene questo non è vero.
    Semplicemnte è stato disposto il giudizio per 2 maestre, mentre per altri 8 indagati non c'è stato ancora richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione.
    l'articolo qui riportato è vecchio di due o tre settimane, nel frattempo è trapelato che il PM è deciso a chiedere l'archiviazione, anche se non è ancora ufficiale
    piritoo

  9. #9
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    In Origine Postato da IlikeUSA
    Vedremo quando saranno imam pedofili: allora il Rocco Buttiglione della situazione sarai tu.
    Intanto siamo qui, caro apologeta. Siete sempre pronti a giudicare gli altri...ma quando tocca vedere la trave nel vostro occhio...

    Agli struzzi.
    "Che l'uomo si concepisca come una creatura di Dio oppure come una scimmia che ha fatto carriera comporta una netta differenza nell'atteggiamento da tenere verso la realtà; nei due casi si obbedirà a imperativi interiori diversissimi."

    Arnold Gehlen

  10. #10
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    Predefinito Re: Brescia:Vescovo difende 3 preti indagati x pedofilia.

    In Origine Postato da aguas
    E' caccia alle streghe o una inchiesta che scopre crimini aberranti?
    Un dilemma difficile che pone diversi problemi:
    1) la riservatezza di queste inchieste, sempre violata.
    2) quale repressione della pedofilia? anche chi non compie violenza sessuale deve finire alla gogna?
    3) la sessualità repressa di certe categorie sociali è causa scatenante di certi delitti?
    A voi la risposta.

    http://www.gaynews.it/view.php?ID=29484

    MAESTRE, PRETI E PEDOFILIA E BRESCIA SI SPACCA IN DUE
    L'INCHIESTA. Oggi la prima udienza di un processo che lacera la città. Le accuse dei genitori, l'imbarazzo della Curia.
    lunedì 18 ottobre 2004 , di la Repubblica

    La parola ai giudici, ma accusa e difesa si scontrano

    da un anno in piazza a colpi di omelie e volantini

    dal nostro inviato DARIO OLIVERO



    BRESCIA - Via San Faustino attraversa come un fiume il centro storico di Brescia e lo divide in due. Da una parte, i palazzi che guardano verso il castello, la parte ricca. Dall'altra, il quartiere popolare del Carmine che qualcuno chiama "Carmen Street" per dargli un'aria da improbabile Bronx padano. La storia che ha lacerato Brescia incomincia qui, nella scuola materna vicino alla chiesa dei Santi Faustino e Giovita che si affaccia sulla via. Il processo che si apre oggi ha come imputate due maestre d'asilo di 52 e 50 anni che devono difendersi dall'accusa di pedofilia. In particolare di aver agito da intermediarie tra uomini governati da istinti inconfessabili e i bambini che loro avevano in custodia.



    Sono stati i bambini a raccontarlo. Prima ai genitori, poi ai magistrati sotto il controllo costante degli psicologi. Ma il dibattimento è solo il primo troncone di un'inchiesta in cui sono indagate altre dieci persone per le quali non è stato ancora decisa l'archiviazione o il rinvio a giudizio: altre quattro maestre, tre bidelli e tre sacerdoti.



    UNA CITTA' CHE VACILLA. Dodici persone in tutto che rappresentano in un colpo solo tutto quello che Brescia ha sempre portato come modello: il suo sistema educativo, le sue strutture sociali, la sua vocazione di cooperazione e solidarietà, la sua Chiesa che da quindici secoli ne costituisce l'anima istituzionale, politica e spirituale. Una macchina sociale che rischia di collassare per aver tradito i suoi figli. Per questo da più di un anno, da quando questo incubo collettivo è incominciato qualcosa nell'anima della città si è rotto. Difficile pensare che non sia successo nulla, impossibile pensare che sia successo qualcosa. Per questo un processo, il processo, c'è già stato. Ed è avvenuto sulla pubblica piazza. E per questo oggi sono in molti a non voler parlare di questa storia a voler spegnere i riflettori.





    LE PIAZZE CONTRAPPOSTE. Un processo che ha tanti protagonisti: parroci che si difendono dal pulpito, sacerdoti che conducono inchieste parallele, associazioni che denunciano l'esistenza di una grande rete criminale pedofila che ha un nodo a Brescia, fiaccolate di solidarietà per gli indagati, interventi del Garante della privacy e dell'Anm. In tutto questo 23 bambini (quelli del processo odierno sono nove) dai tre ai cinque anni e 21 famiglie sono finiti travolti da una storia troppo grande per loro. Genitori schiacciati tra spese legali e terapeutiche. Mariti che cercano lavoro in altre città, mogli che implorano i mariti di farlo.



    LE MAESTRE SOTTO ACCUSA. Mentre il processo incomincia si sta concludendo il primo grado di un altro dibattimento analogo che vede imputati per accuse di pedofilia quattro maestre, tre bidelli e una coordinatrice di un'altra scuola materna cittadina. Il precedente, oltre che inquietante, è importante perché le due insegnanti sotto processo oggi, lavorarono anche nella prima scuola. Per loro a settembre 2003 si aprono le porte del carcere. Ci resteranno dieci mesi prima di ottenere i domiciliari. Sono state tirate in ballo dalle parole dei bambini che raccontano di essere stati portati fuori dalla scuola e costretti a "giocare" con altri adulti e da questi fotografati. Con il passare delle settimane, sempre più bambini vengono ascoltati. E nei loro racconti emergono sempre più particolari. Altre persone finiscono sul registro degli indagati. Altre quattro insegnati, tre bidelli. E il livello dello scontro si alza quando tre sacerdoti vengono coinvolti nell'inchiesta.



    LA DIFESA PUBBLICA DEI SACERDOTI. Molti bresciani lo ricorderanno fin che vivranno quel 13 luglio del 2004, quando due parroci si difendono dal pulpito rendendo noto ai loro fedeli di aver ricevuto un avviso di garanzia. Molti bresciani ricorderanno che quel giorno ci fu un grande e lungo applauso di solidarietà a partire dai primi banchi dove sedeva il sindaco. E ricorderanno di aver pensato: come possono uomini con un passato e un presente di prima grandezza nel volontariato, negli oratori, nella vita della città essere anche lontanamente coinvolti in accuse così infamanti? "Non voglio essere ricordato come un prete pedofilo, perché non lo sono", diceva il parroco di San Faustino invocando "una giustizia con le lettere maiuscole che a Brescia spero sia ancora di casa". Da questo preciso momento Brescia, tutta Brescia, è costretta a schierarsi.



    LA CROCIATA. E c'è chi prende molto sul serio questo appello. Uno dei protagonisti del processo di piazza si chiama don Mario Neva, amico degli indagati, ma soprattutto assistente spirituale all'Università Cattolica e nello stesso tempo prete di frontiera che ha tolto le prostitute dalla strada. La sua crociata per difendere gli indagati passa dalle lettere ai giornali, all'organizzazione di fiaccolate di solidarietà al carcere dove sono rinchiuse le due maestre, alla mailing list che, a detta sua, raggiunge un migliaio di persone, alle interviste. "In questi mesi ho preparato un dossier - spiega - in cui ho ricostruito tutta la vicenda. Una contro-inchiesta. Il primo errore giudiziario è incominciato con il primo processo (quello alla prima scuola ndr). Non nego che ci siano preti pedofili, ma nego che ci siano qui a Brescia". Ma allora come è potuto accadere? "Alcuni genitori hanno perso la testa, le perizie e gli incidenti probatori fatti sulle testimonianze dei bambini sono stati viziati da prestazioni psicologiche disastrose e qualche forza politica ha cercato di strumentalizzare la vicenda". Don Neva ha ricevuto anche un richiamo del Garante della privacy per aver fatto pubblicamente i nomi dei genitori di alcuni bambini coinvolti. "Lo sapevo, ma intanto quando mi fermeranno avrò già comunque raggiunto il mio scopo". Quale? "Dimostrare che a Brescia non è successo nulla, salvare la comunità da una ferita che non si sanerebbe neanche in una generazione".



    LA CURIA. Don Neva è solo uno dei protagonisti in campo, ma è una presenza vistosa e battagliera. E' prete di strada ma anche rappresentante di spicco della Chiesa bresciana. Alla domanda: lei non teme che la sua posizione crei imbarazzo alla curia? risponde: "Il mio demone buono, il mio demone socratico, quando ho incominciato una battaglia per la giustizia non mi ha detto fermati. E non me lo ha detto neanche il mio vescovo". La curia si è espressa ufficialmente una volta sola ma in modo preciso e inequivocabile. Il vescovo, monsignor Sanguineti, ha respinto la richiesta di dimissioni dei tre sacerdoti e di altri che avevano fatto la stessa cosa per solidarietà verso gli indagati. E il vicario generale monsignor Francesco Beschi ha scritto una lunga lettera che i parroci hanno letto nel famoso discorso dal pulpito. Si incoraggia "l'accertamento della verità", ma nella sostanza la Chiesa difende i suoi preti. "Pur nella massima comprensione per la grande sofferenza che affligge queste persone (le famiglie e i bambini ndr) - si legge nella lettera - il vescovo desidera comunicare alla vostra comunità parrocchiale la sua personale certezza morale relativamente all'innocenza dei suoi sacerdoti e pertanto li riconferma nel loro incarico, accompagnandoli con la sua paterna vicinanza".



    CLIMA PESANTE. Come la curia, anche le altre istituzioni cercano di tenersi a una distanza siderale dalle urla che si sentono in piazza. O almeno ci provano. Il sindaco (clicca qui per l'intervista) si appella continuamente alla ragione e difende il modello educativo bresciano ma ammette che, "sia in caso di innocenza che di colpevolezza, di fatti accertati o di suggestione collettiva, è chiaro che a Brescia abbiamo un problema serio". In Procura il silenzio sulla vicenda è blindato. Anche perché gli avvocati difensori non hanno mai nascosto di voler far trasferire il processo in quanto il clima in città non consentirebbe un dibattimento sereno. Un'ipotesi, questa, guardata con terrore, oltre che dai magistrati, anche dai genitori che sarebbero costretti a subire fatiche processuali, fisiche ed economiche aggiuntive. Interviene anche l'Associazione nazionale magistrati per far notare che "ripetere in ogni sede che il clima non è sereno significa semplicemente adoperarsi perché non lo sia".



    "CACCIA ALLE STREGHE". Certo il clima proprio sereno non è. Un altro protagonista della vicenda è uno dei bersagli di Don Neva: l'associazione contro la pedofilia Prometeo e il suo responsabile, Massimiliano Frassi. Il gruppo si occupa della vicenda da un anno quando ormai i magistrati hanno già raccolto i racconti dei bambini. Con quale titolo Prometeo viene a Brescia? "Per aiutare i genitori, per ascoltarli, aiutarli a sfogare la rabbia", dice Frassi. Non tutte le famiglie sono d'accordo ad appoggiarsi a Prometeo. Frassi dice cose difficili da sentire come: "Esiste una casistica di pedofilia fatta da predatori con la complicità di persone a contatto con i bambini", "A Brescia è in atto un'operazione per far passare i racconti dei bambini come non attendibili", "Qui c'è un clima da caccia alle streghe contro chi difende le famiglie e invece chi difende i presunti colpevoli viene ascoltato". Facile, date queste premesse, che la tensione raggiunga le stelle quando Frassi si muove. Come quando all'uscita di un convegno, regolarmente attaccato da Don Neva, un uomo accusa Frassi di averlo colpito con un pugno.



    LE FAMIGLIE. E arriviamo all'ultimo anello della storia, le famiglie, l'anello debole. E' gente di ogni classe sociale perché la scuola materna è un mappamondo geografico e sociale. Alcuni di loro sono credenti, altri cattolici praticanti o attivi nella vita sociale della chiesa bresciana. Per alcuni la chiesa è tutto, per altri nulla. Alcuni sono benestanti, altri meno. Hanno bambini in terapia. Hanno un disperato bisogno di silenzio e nello stesso tempo di non sentirsi soli. Vorrebbero svegliarsi da quelle poche notti che non passano insonni come i loro figli e scoprire che è stato solo un brutto sogno. Che i loro bambini sono vittima di una spaventosa allucinazione collettiva ma comunque meno spaventosa di questa realtà. Che nessuno a cui avevano affidato i loro figli ha tradito la loro fiducia. Che continueranno a vivere nella città in cui hanno scelto di vivere. Che quelle urla che si sentono venire dalla città nella piccola stanza in cui alcuni di loro tante volte si sono riuniti non li riguardano. Che i processi si fanno in tribunale.





    (18 ottobre 2004)

    Piove sul bagnato.... e pensare che ci sono dei ragazzetti su questi forum "pretini potenziali" che sbadigliano a queste notizie e le ritengono noiose....

 

 
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