I Servizi Segreti Svizzeri (SAP e SIS) che dal 2010 saranno raggruppati in un unico organismo pare siano mobilitati.
Lo scudo fiscale varato da Tremonti ha inflitto delle dure perdite alle piccole ma numerose ed influentissime banche di famiglia rifugio tradizionale di molti evasori fiscali italiani.
Ci attende una nuova campagna di rivelazioni e scandali sul Governo del P.E. Silvio Berlusconi?
O il gioco sarà ancor più duro vista la posta in palio?
Comunque sia dopo l'ONU la Ue e l'Inghilterra anche la Svizzera ha messo l'Italietta razzista e becerozoticona sul suo Libro Nero.

7 novembre 2009

C'è chi sogna di rapinare le banche svizzere
“Siamo invasi. Caccia alla spia”, l'umorismo elvetico sugli italiani
“Nei bar le battute si sprecano: come sarà il physique du rôle di questo Agente Segreto del Fisco? E parte la caccia all’identificazione: forse, come lo han dipinto le vignette sui nostri quotidiani, è quello sconosciuto in occhiali scuri e impermeabile”. La pioggia non aiuta, gli sconosciuti in trench si moltiplicano e secondo Andrea Fazioli, giallista e giornalista ticinese, per una volta le parti si invertono: la barzelletta siamo noi italiani. “La gente comune in gran parte non ha capito bene che cosa sia questo scudo fiscale. Ma si sente punta sul vivo: siamo stati ‘invasi’, siete entrati a gamba tesa nel Cantone a far controlli. Ma questo non è il nostro stile. Tra chi se ne intende la sensazione di essere sotto attacco c’è: oggi tre quotidiani su tre hanno aperto sul ministro delle Finanze Merz che esclama: ‘Tutto ha un limite’ e congela i rapporti. Chi è piccolo, vicino a un fratello grande soffre sempre di sciovinismo di ritorno. Anche nelle partite Italia-Togo, noi ticinesi tifiamo per il Togo”.

Se la nostra Agenzia delle entrate si fosse preparata sui “cultural studies” che hanno fatto la fortuna del marketing, avrebbe previsto che a ficcare il naso in casa loro sollevando polvere gli elvetici si stizziscono. E’ la natura “Schweizer Freier”, non possono farci niente. In Svizzera solo se la fregatura si presenta sussurrando, un valico invece dell’autostrada, una delazione invece di una denuncia, ha qualche probabilità di successo. Persino una sottrazione di oltre mezzo miliardo di franchi – più o meno quanto potrebbe portarsi a casa lo scudo fiscale in asset non dichiarati detenuti in Canton Ticino – se fatta al momento giusto, quando l’attenzione è rivolta altrove, può riuscire: “Non succede spesso che in Svizzera qualcuno tenti di fregare una banca. Ma proprio per questo, se uno ha le informazioni giuste, non è escluso che possa far danni”. Così insegna il romanzo di Fazioli “Come rapinare una banca svizzera” (Guanda), giallo sulla “Confederazione delle banche silenziose” pubblicato, in un momento quanto mai propizio, tra segreto bancario e scudo.

La storia è quella del sogno più antico del mondo: la rapina alla banca inespugnabile a opera di un trio inedito: un ladro a riposo, un’inguaribile giocatrice di casinò, un detective. Eroi, a sentire Fazioli: “Nell’ultima grande rapina alle poste, avvenuta negli anni 90 a Zurigo, ci fu una sollevazione popolare pro ladri. E’ l’efficienza che ci piace, da qualunque parte sia espressa”.
“La Svizzera ha paura della sua bellezza”, scrive Fazioli. “Tutti quei marciapiedi senza spazzatura, tutti quei giardini e quelle siepi ben curate. Finché una domenica, mentre vai a lavare l’automobile, ti assale un’angoscia. E se qualcuno ci volesse fregare? Ma anche la fregatura si presenta con discrezione. Senza urli né violenza. Passi che scivolano sulla moquette di una banca, milioni di franchi lasciati a maturare, come il vino buono. E’ un paese difficile da capire. Ogni cosa ne nasconde un’altra”. Se questa è la “svizzerità”, quel che tiene unite tre culture così diverse come l’italiana, la tedesca e la francese, non stupisce che si siano così offesi. Passi per i metal detector. Passi per le videocamere. Ma quegli “sceriffi” in incognito. Quei titoloni sulle testate economico-finanziarie. Financial Times, Wall Street Journal. Les Echos. Tutti a scrivere che l’Italia affronta le banche svizzere col pugno duro. A proposito del raid del fisco italiano nelle loro 76 filiali bancarie, il portavoce dell’Associazione bancaria svizzera James Nason ha parlato di “melodramma non necessario”. Dicono di sentirsi discriminati: un terzo dei patrimoni di tutto il mondo è in Svizzera: perché l’attacco deve venire dall’Italia?

Fazioli si sveglia alle 4 da un anno perché in tv conduce la fascia mattutina della RTI ed è stato uno dei primi ad accorgersi di quello che chiama un “segnale di distensione” dell’Italia: “Oggi hanno tolto il Fisco-Velox alla dogana di Chiasso. Ma stavamo tranquilli lo stesso: le crisi passano, le banche restano, si dice da noi”. Quel che colpisce è come svizzeri tedeschi e italiani si siano trovati coesi nella rivalsa, perché a tutt’oggi l’identità che tiene uniti rosti e salsiccia e ulivi e vigneti è un mistero: “Eventi come questo ci affratellano. Da Berna prima si sono chiesti che casino stessimo combinando, noi meridionali. Poi quando i glaciali tedeschi hanno capito l’ingerenza, si è scatenato il senso di appartenenza nazionale: i ‘sonnenstube’, i ‘terroni’ della Confederazione, con gli zurighesi della ‘Golden Kuste’, i ricchi. Uniti contro l’imperdonabile caduta di stile”.

© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO
di Stefania Vitulli