"Nelle mani dei partiti (cioè della gente)"? Le due cose non sono sinonimo. I partiti non sono l'opinione pubblica; sono degli strumenti di partecipazione dei cittadini alla vita politica, dei quali fa parte una minoranza attiva. Sono mezzi: necessari, ma pur sempre mezzi.Citazione da Intervento Principale di by Paolo Arsena
Poi c'è il discorso dei partiti.
Non essendoci questa corsa all'unico vincitore del collegio, ma una ripartizione dei punti in modo proporzionato al peso delle singole forze, automaticamente si sfalda lo schema bipolare, e si ridà fiato ai partiti.
Tu mi dici: così però ne avremmo a decine. Io ti rispondo che così è stato nel vecchio sistema. Ma se noi applichiamo uno sbarramento al 3 o al 4%, chi non raggiunge quella percentuale non entra in parlamento. Addio quindi partitini. Si dovranno aggregare per raggiungere l'obiettivo. Si disgregheranno subito dopo? Tutto è possibile, ma è senz'altro più probabile che convenga tenere in piedi un progetto di unione che gli garantisce una prospettiva politica vitale, piuttosto che guadagnarsi la pagnotta parlamentare e poi ricominciare tutto daccapo all'elezione successiva. Anche perché la gente non è scema. Se capisce il trucco, non li vota più.
Ho voluto chiarire questa dinamica, anche se è ben conosciuta da tutti, proprio per evitare che una prossima volta, alla parola proporzionale si affianchi il vecchio concetto della Prima Repubblica. Parliamo di una cosa diversa. Di un correttivo micidiale che non è stato fatto a suo tempo proprio perché spaventava troppo. E si è preferito stravolgere un meccanismo, arrivando all'aberrazione odierna, pur di tenere in vita ogni sorta di particolarismo becero.
Questa poi è solo la base. Al sistema proporzionale si possono associare le formule più disparate: dall'elezione diretta del premier a quella del capo dello Stato, dal premio di maggioranza alle norme antiribaltone, e chi più ne ha più ne metta.
Intanto limitiamo la proliferazione partitica nel rispetto però della rappresentatività parlamentare. Rimettiamo la politica nelle mani dei partiti (cioè della gente) e non di uomini provvidenziali o unti dal Signore. E ripristiniamo una democrazia più contigua all'elettore. Se ci troviamo d'accordo su questo, poi possiamo decidere le regole che ci consentiranno di avere governi stabili e possibilità di ricambio.
Detto questo, bisogna tenere presente che il maggioritario che è stato applicato in Italia è un maggioritario imbastardito proprio dai correttivi proporzionali che, a suo tempo, sono stati voluti. E' stata la ripartizione proporzionale di una parte dei seggi che ha aiutato a tenere in vita la frammentazione politica, in aggiunta alla scelta di adottare il maggioritario secco invece del doppio turno (anche se il sistema migliore resta quello del voto trasferibile, che unisce la rappresentatività del voto alle esigenze di sintesi).
Poi non si capisce una cosa: vuoi un sistema frammentato o un sistema con pochi partiti grandi? Perchè, se vuoi un sistema frammentato, allora il proporzionale ti aiuta. Il proporzionale soddisfa proprio le esigenze di rappresentatività. Qualunque sbarramento si applichi, è relativamente facile per un partito sopravvivere anche all'esterno delle coalizione. Del resto, se l'esigenza della rappresentatività è importante, la soglia di sbarramento non può essere troppo alta. Un partito, con il proporzionale e una soglia di sbarramento non troppo alta come quella che indichi tu, può sopravvivere benissimo anche al di fuori della coalizione. E il potere d'interdizione che tu lamenti può comunque esercitarlo.
Tutti coloro che, invece, volevano superare il "particolarismo becero" di cui parli erano, non a caso, a favore del maggioritario. Lo sono anch'io, che sono fautore che un partito come il nostro non serva a raggranellare il 2 per cento invece dell'1 per cento, ma serva a far sì che esista una componente repubblicana, il più possibile forte e autorevole, all'interno di una formazione politica più ampia.