Accontentare Israele
di Justin Raimondo







Kerry e Bush mettono Israele al primo posto - ed ignorano che la "Terra Promessa" sta scivolando verso il nazismo



La malattia e la morte apparentemente vicina di Yasser Arafat hanno riportato ancora una volta la nostra attenzione verso le sofferenze del popolo palestinese per mano dei loro occupanti israeliani: proprio come lo stato ebraico tiene un intero popolo prigioniero nei due campi di concentramento di Gaza e Cisgiordania, così lo stesso Arafat e' stato incarcerato, fisicamente confinato nel suo quartier generale di Ramallah. Circondato da carri armati israeliani e cecchini, costante bersaglio di minacce di morte pronunciate da Ariel Sharon, la storia e la condizione attuale del leader nazionalista palestinese sottolineano come una metafora il significato di Arafat. Forse lo uccideremo quest'anno o forse no: gli israeliani amavano troppo torturare e calunniare il leader palestinese per consentirgli di morire di morte naturale. Ecco perché la sua probabile morte, in un letto, può essere considerata una sorta di vittoria.

Gli israeliani sono sulla cresta dell'onda dall'11 settembre: per essi e' stata ben più che una luce verde, così come lo e' stata per il nostro partito della guerra. Non hanno perso tempo per scatenare la loro macchina militare armata e sovvenzionata dagli USA su una popolazione civile ampiamente indifesa nei territori occupati. Mentre prima talvolta gli USA agivano come forza di contenimento, "rimproverando" gli israeliani quando la loro brutalità raggiungeva il limite e "raffreddando i loro bollenti spiriti" con le minacce di una (temporanea) riduzione degli aiuti (o, per meglio dire, di una riduzione delle entrate annue che Israele ritiene gli siano dovute), l'era post-11/9 ha visto George Bush nel ruolo dell'incitatore. Brent Scowcroft, consigliere per la sicurezza nazionale di Bush padre, ha dichiarato al Financial Times che Bush II e' "ipnotizzato" da Sharon e che, di conseguenza, la posizione USA verso il conflitto israelo-palestinese e' distorta:

"Quando vi e' un attacco kamikaze [seguito da una rappresaglia] Sharon chiama il presidente e gli dice: "Sono sulla linea di frontiera del terrorismo", e il presidente dice: "Sì, e' vero ..." Lui [Sharon] non e' altro che un problema".
"Scowcroft getta anche dei dubbi sul piano di ritiro da Gaza di Sharon, dichiarato da Dov Weisglass, la settimana scorsa, come un piano per impedire definitivamente la nascita di uno stato palestinese. Quando sentii la prima volta che Sharon intendeva uscire da Gaza, stavo cenando con Condi [Rice], e lei disse: "Almeno questa e' una buona notizia". Ed io: "Questa e' una notizia terribile ... Adesso Sharon dirà: Voglio uscire da Gaza, terminare il muro e farla finita".

Il perseguimento brutalmente implacabile ed a senso unico degli interessi di Israele e' qualcosa che ci aspetteremmo dallo zoccolo duro della politica estera del partito di governo Likud. Che questo principio animi anche la politica americana nella regione e' uno dei misteri più fitti dell'esistenza, che sconcerta non solo i realisti repubblicani delle fede di Scowcroft, ma anche il mondo arabo.

Lo spudorato doppio standard con cui il terrorismo di stato israeliano viene rafforzato dagli USA, come questione di politica ufficiale, mentre il terrorismo di rappresaglia da parte dei palestinesi viene condannato senza riserve, ha alimentato ogni genere di teoria della cospirazione. I più accaniti sostenitori di Israele hanno hanno, da una parte, lamentato la crescente ondata di antisemitismo - ridefinito in termini di opposizione verso gli obiettivi politici di Israele - e dall'altra parte hanno fatto tutto quanto fosse in loro potere per coltivare proprio l'immagine descritta e delineata dai Protocolli degli Anziani di Sion, il famigerato documento russo che viene fuori ogni volta in cui sembri imminente una discussione sul potere di Israele.

Tuttavia non c'e' bisogno di ricorrere alla fiction quando sono pronti e disponibili fatti così rilevanti. Se ci fosse un solo paese estero la cui lobby semi-ufficiale negli USA sia stata accusata di spionaggio e quella stessa lobby sia stata corteggiata, lodata e visitata dai rappresentanti ufficiali di entrambi i maggiori partiti, incluso un Consigliere per la Sicurezza Nazionale in carica - beh, vorrei sapere di quale altro paese possa trattarsi, se non di Israele.

E' stato appena pochi mesi fa che un funzionario del governo USA e' stato preso con le mani nel sacco mentre trasferiva documenti altamente sensibili ad un gruppo di dirigenti dell'AIPAC e di spie israeliane travestite da diplomatici, e Condoleeza Rice ha giudicato già conveniente mostrarsi ad una conferenza nazionale dell'AIPAC, chiedere la rimozione di Yasser Arafat e dichiarare il suo incondizionato entusiasmo verso l'espansionismo israeliano. Richard Holbrooke, considerato il candidato più probabile alla carica di Consigliere per la Sicurezza Nazionale in una amministrazione Kerry, si e' fatto vedere mentre si inginocchiava di fronte alla quinta colonna di Israele. Come ha riportato il Boston Globe:

"In questi giorni e' raro udire consiglieri di John Kerry lodare George Bush su qualche affare di politica estera, specie su un campo di battaglia caldamente contestato proprio a pochi giorni dalle elezioni. Ma l'argomento "Israele" ha tirato fuori il lato bipartisan del consigliere di Kerry, Richard Holbrooke, qui, la scorsa domenica - per la delizia del suo pubblico prevalentemente ebraico.
"Non sono qui per criticare Bush", ha detto Holbrooke, un ex-ambasciatore alle Nazioni Unite, alle centinaia di membri dell'American Israel Pubblic Affairs Committee, o AIPAC, la maggiore lobby filo-israeliana, riuniti per il loro summit annuale. "Il suo supporto per Israele e', nella mia mente, indiscutibile".

La totale convergenza degli interessi israeliani ed americani nell'era post-11/9 e' un mito perpetuato fedelmente dai leaders di entrambi gli schieramenti - ed era stato instancabilmente perseguito già prima dell'11/9. Questa sorta di impostura e' particolarmente disonesta da parte dei sostenitori di un candidato che promette di scatenare una guerra "più intelligente" al terrorismo islamista. Un inchino a Sharon di tale genere e' un dono per Osama bin Laden, che nutre il risentimento musulmano con le sofferenze palestinesi e con la speranza di far evolvere la relazione israelo-americana nell' unico obiettivo dell'odio arabo.

Quando si giunge alla peculiare universalità del cieco supporto per Israele che contraddistingue l'elite politica americana - opposto alla più ambivalente attitudine popolare verso il nostro problematico alleato - vengono alla mente le parole di Michael Scheuer, autore di Imperial Hubris: Why the West is Losing the War on Terrorism, ed attuale analista della CIA, il quale descrive il governo USA come "l'unico alleato indispensabile per bin Laden". Eppure e' strettamente proibita qualsiasi domanda su questa costosa ed inesplicabile politica:

"Quasi tutti coloro che fanno domande simili sono accusati di anti-semitismo e consegnati al sottobosco della politica americana, come se le preoccupazioni sulla sicurezza nazionale degli USA siano peccaminose se prevedano domande sullo status quo delle relazioni tra USA ed Israele".

La veemenza di tale reazione ad ogni critica sta aumentando recentemente con l'accelerazione della furia israeliana post-11/9. L'aggressiva politica estera di quella Sparta socialista si riflette nelle tattiche dei suoi sostenitori d'oltremare, specie negli USA, che non si fermano davanti a nulla per calunniare e neutralizzare preventivamente qualsiasi critica alla politica del governo israeliano. Neanche i media israeliani riescono a trattenersi ed a mostrare un po' di pudore verso questa esibizione di muscoli. Ecco cosa scriveva il "liberale" Ha'aretz l'altro giorno:

"La partecipazione dei consiglieri dei candidati alla presidenza al meeting dell'AIPAC mostra sia il desiderio di dimostrare la loro amicizia verso Israele alla vigilia delle elezioni, sia il potere che ha l'AIPAC. Solo due mesi dopo aver scoperto che un analista del Pentagono passava informazioni segrete ad attivisti dell'AIPAC, nessuno dei consiglieri dei due candidati ha avuto problemi nell'apparire pubblicamente al raduno dell'organizzazione, e i dirigenti dell'AIPAC dicono che le relazioni con l'amministrazione non hanno ricevuto scossoni".

Possiamo cavarcela, gongolano, e la loro acclamante sezione americana e' allo stesso modo arrogante. Come ha sottolineato il rapporto dell'Agenzia Telegrafica Ebraica sulla conferenza dell'AIPAC,

"Non vi e' stata quasi menzione della controversia [sulle spie israeliane] al summit di questa settimana. Vi e' stato un forte contrasto con i giorni in cui scoppiò lo scandalo, a fine agosto, poco prima della Convenzione Nazionale Repubblicana a New York. In quel tempo, il direttore esecutivo dell' AIPAC, Howard Kohr, iniziava i suoi commenti ad ogni evento collegato alla convenzione cercando di fugare ogni preoccupazione dei donatori".

La linea di partito dell'AIPAC e' che l'investigazione - che e' in corso da circa due anni e su cui Condoleeza Rice fu informata poco dopo l'investitura di George Bush - e' opera di elementi del governo ignobilmente anti-semiti. Se l'AIPAC ed i suoi supporters avessero mano libera, l'investigazione andrebbe a farsi friggere - e c'e' da chiedersi se non sia questo ciò che ha promesso Holbrooke. L'amministrazione Bush ha già diminuito il numero di avvocati dell'accusa, i quali, tra l'altro, devono ancora presentare le accuse, raccomandandogli di "rallentare", secondo il Financial Times. L' intera faccenda sta morendo, insiste la quinta colonna, e l'AIPAC ha fatto "valere i suoi diritti".

Non tanto velocemente. Laura Rozen e Jason Vest, in The American Prospect, riportano che il processo può essere stato rallentato, ma le ruote della giustizia continuano a girare:

"A settembre e' stato nominato un gran giurì che ha inviato l'ordine di comparizione ad alcuni testimoni riguardo l'affare Franklin. Poi, il 1 ottobre, il New York Sun ha riportato che Franklin ha silurato il suo avvocato nominato dalla corte (probabilmente per questioni finanziarie), imponendo l'alt al procedimento del gran giurì fino a che non abbia trovato un nuovo legale. Il 6 ottobre, il Los Angeles Times ha riportato che Franklin ha messo completamente fine alla collaborazione con l'FBI. Ha assunto un avvocato di alto bordo, Plato Cacheris, ed ha respinto la proposta di un patteggiamento i cui termini sono stati considerati da Franklin "troppo onerosi", secondo il Los Angeles Times.
Chi ha spinto Franklin, che per mesi e' sembrato vulnerabile, a mettere fine alla cooperazione? E chi sta pagando il suo nuovo, costosissimo, legale?"

Il ruolo di Israele negli affari mondiali, specie quelli degli USA, continua ad assumere un aspetto sinistro. Allo stesso modo appare la politica interna israeliana, che vira sempre più verso un movimento ultra-nazionalista che minaccia di sostituire persino l'estremista Sharon con uno peggio di lui, peggio anche di Netanyahu. Come ha recentemente osservato Arnaud de Borchgrave nel Washington Times:

"In Cisgiordania, ha riportato Ma'ariv, i coloni israeliano non sono preoccupati della minaccia demografica araba, poiché essi coltivano la visione di una "mega-occupazione", o di un "Regno di Israele" che si espanda fino ai confini promessi nell'alleanza con Abramo.
La Commissione dei Rabbini di Giudea, Samaria e Gaza, scrive: Tutti coloro che hanno fede nel cuore non possono contemplare il tradimento della promessa divina al popolo ebraico. Il professor Hillel Weiss, dice Ma'ariv, ha spiegato ciò che significa questa frase: "Lo scopo della lotta armata e' stabilire uno stato ebraico in tutti i territori che verranno conquistati, dal fiume Eufrate (Iraq) al fiume egiziano (Nilo)".

Anni fa misi in guardia sulla crescente marea del fondamentalismo israeliano, molto più pericoloso di quello islamico perché ben armato, incluse le armi nucleari, e in possesso di supporters americani. Oggi, con grande dispiacere, devo dire che quella profezia si e' avverata, ed in maniera anche peggiore: De Borchgrave nota che Rabbi Haim Steinitz, che scrive per conto dei rabbini della colonia di Beit El, ha recentemente proclamato i parametri geografici del novo espansionismo israeliano in marcia:

"In generale, l'Eufrate ed il Nilo sono i principali punti di riferimento, così come il Mediterraneo ed il Mar Rosso".

Oh, ma "vi e' una disputa sul confine orientale", scrive il giornalista del Washington Times:

"Gran parte dei rabbini della Cisgiordania dichiarano che il Regno d'israele "dovrebbe estendersi entro il tratto superiore dell'Eufrate siriano. Altri, scrive Ma'ariv, hanno una visione più ampia che va fino alla bocca del golfo Persico". Un rabbino chiede la conquista militare di tutti i paesi arabi. Anche questo non e' abbastanza per rabbi Zelman Melamed, il quale ha scritto: "Non e' impossibile per noi pressare e minacciare l'intero mondo per indurlo ad accettare il nostro modo di fare. Ma se anche acquisissimo il potere per controllare il mondo, non sarebbe questo il modo per realizzare la visione della completa redenzione".

E' certamente rassicurante udire queste parole, ma e' chiaro che la restrizione non e' l'elemento chiave del nuovo fondamentalismo rabbinico:

"Rabbi Yitzak Ginsburg dice di sapere che nel futuro prossimo la Terra di Israele si espanderà. "E' nostro dovere costringere tutta l'umanità ad accettare le sette leggi Noahidi, e chi non lo farà, sarà ucciso".

E conclude: "Uno stato palestinese per chi?"
Ma la realtà e' che i palestinesi potranno dirsi fortunati se riusciranno a non essere ripuliti etnicamente dalla loro terra e deportati in massa in Giordania, come vorrebbe un gran numero di israeliani. Abbiamo molto spesso sentito parlare dell' "islamo-fascismo", lo slogan preferito deuìi bombardieri al computer come Christopher Hitchens ed i suoi novelli compagni d'arme neo-con, ma questa gente e' volontariamente cieca verso uno sviluppo egualmente sinistro, che e' l'ascesa dell'estremismo israeliano.

Oggi, il termine "fascista" e' l'equivalente politico del termine "f******", reso virtualmente insignificante sulla base della sua degenerazione in un puro epiteto. Oggi e' Israele ad incarnarne la classica definizione: uno stato che non e' solo interamente militarizzato ed aggressivamente espansionista, ma in cui il governo controlla effettivamente o possiede tutti i vertici dell'economia. A ciò si aggiungano le fulminazioni dei rabbini militanti ed avremo un fanatismo armato con armi nucleari che rappresenta una minaccia potenzialmente letale per l'Europa e per l'intero Medio Oriente.

Israele, lungi dall'essere il nostro fedele alleato, e' un nemico potenziale: dopo tutto, perché aveva creato una rete spionistica nel Pentagono, se dichiara di avere accesso a tutte le informazioni che vuole? Cosa sta realmente accadendo sotto la superficie piana delle relazioni israelo-americane - e perché i dirigenti del governo USA continuano a trattare l'AIPAC come se non fosse una sofisticata operazione spionistica?