da www.forzanuova.org

L'Europa è sotto attacco strategico. Se dall'Africa continua la graduale invasione "anfibia" con la complicità di fatto degli imbelli governi attuali (sia di destra che di sinistra), è dal sud-est che si profila un altro pericolo, quello dell'invasione neoottomana. Questa invasione corre lungo due binari paralleli: quello dell'immigrazione turca in Europa e quello della penetrazione politica, economica e culturale lungo direttrici storiche evidenti.
Cominciamo dalla stessa Turchia all'interno della quale almeno tre diverse tendenze si intrecciano, scontrandosi e influenzandosi:

1) Il panislamismo, forte soprattutto a livello popolare, tradizionalmente antieuropeo e che sfocia nella volontà di conquistare l'Europa per vendicarsi di Lepanto e Vienna.

2) Il panturchismo che si distingue dal precedente perchè più laico e modernizzatore, storicamente antieuropeo ma anche antiarabo, guarda invece ai fratelli di razza turca dell'Asia centrale (geneticamente anche più puri di quelli di Istambul)

3) L'occidentalismo elitario erede di sette esoterico-razionaliste come i "dunmeh". Fortemente laico, filoamericano e filosionista è presente quasi solo a livelli di vertice e può guidare il paese solo gestendo le spinte provenienti dalle correnti popolari. In genere si innesta sulla corrente panturca.
L'interazione di queste tendenze, porta la politica estera di Ankara a sviluppare una politica ben definita, tendente a saldarsi ai turchi centroasiatici e agli interessi sionisti e americani ma anche necessariamente, a trovare in una nuova penetrazione dell'Europa la "missione storica", la valvola di sfogo delle contraddizioni interne.

La Turchia, che come stato moderno nasce con il genocidio degli Armeni cristiani (ma che ancora oggi non riesce a digerire i Curdi) è una potenza asiatica che oggi occupa un territorio europeo e che ha punti di appoggio attuali e potenziali in diversi stati europei. In Bulgaria ad esempio, esistono forti minoranze musulmane (sia turchi che europei islamizzati) istintivamrnte filo turche.
L'Albania è da tempo non solo a maggioranza islamica (seppure tradizionalmente moderata) ma è un tragico esempio di un Paese europeo più volte reciso dalle sue stesse radici storico-culturali originarie. Si assiste alla contraddizione di un popolo islamico che ha come eroe nazionale un capo cristiano che si batteva contro l'invasione musulmana, con una società resa in gran parte atea dal regime comunista e nel quale oggi crescono l'influenza politico-culturale di USA e Turchia. A questo possiamo aggiungere il tentativo dell'integralismo islamico di ravvivare l'Islam locale. Questa destabilizzazione che favorisce tanto la penetrazione islamica che la criminalità organizzata, straripa naturalmente nel Cossovo e in Macedonia (in parte abitata da albanesi).
In Bosnia abbiamo invece uno stato ad egemonia musulmana che risente dell'influenza turca, americana e integralista islamica. La cosa più grave è che questo stato è di fatto artificiale senza una vera giustificazione storica.
E' vero che i musulmani bosniaci sono una maggioranza relativa (rispetto ai cattolici e agli ortodossi) come è vero che questi musulmani non sono immigrati o invasori, ma sono autentici europei che vivono sulla propria terra di origine, ma è altrettanto vero che non costituiscono una nazione ma solo una comunità confessionale. In realtà i bosniaci musulmani sono geneticamente in prevalenza croati, ma anche ungheresi e hanno al loro interno due tendenze culturali contrapposte: quella "turca" ereditata dal dominio ottomano e quella europea (soprattutto germanica) filtrata dai Croati cattolici.
Sul piano storico i musulmani di Bosnia, hanno anche precedenti interessanti in senso europeo: fedeli fino all'ultimo all'impero asburgico nella I° guerra mondiale, oppositori della Jugoslavia massonica e successivamente aderenti al regime fascista croato degli Ustascia, i bosniaci combatterono fino all'ultimo fianco a fianco coi cattolici croati contro i partigiani di Tito e l'armata rossa (ricordiamo che quello ustascia fu l'ultimo esercito dell'Asse a cedere le armi nel 1945, dopo gli stessi tedeschi).
Dopo il 1945 il regime di Tito dichiarò che i musulmani di Bosnia erano una "nazione". Concetto assurdo (anche gli atei erano "musulmani", mentre per contro i cossovari musulmani erano ancora classificati come albanesi) ma accettato successivamente anche dall'occidente e dall'ONU. Al momento della disintegrazione della Jugoslavia nei primi anni '90 , la parte più "europea" dei bosniaci si batteva nei reparti neoustascia al fianco dei Croati per una Bosnia unita alla Croazia, ma tanto l'azione degli occidentali (USA in testa), quanto i capitoli pompati dall'islam petrolifero-integralista, hanno fatto prevalere una tendenza islamista col risultato di avere nel cuore dell'Europa uno stato musulmano perennemente instabile e culturalmente rivolto verso Ankara.
Più a nord la situazione sembrerebbe storicamente più sicura: i nazionalismi croato, ungherese, serbo e romeno anche se spesso divisi da dispute di confine sono tutti concordemente antiturchi, avendo costituito per secoli la grande diga cristiana contro l'invasione. Dobbiamo tuttavia tenere presente che questi popoli combattevano allora con un retroterra sicuro sul piano religioso, culturale e spesso anche militare.
Questo retroterra erano il mondo germanico e quello slavo. Oggi la Russia è piegata dal terrorismo islamico di tribù caucasiche storicamente filoturche, mentre un grande avamposto della nuova invasione turca è proprio nel cuore di Berlino.
In questo contesto si inserisce il tentativo della Turchia di "entrare in Europa", sponsorizzato da partiti politici di ispirazione mondialista e massonica e appoggiato dagli Americani. Con questa manovra 70 milioni di Turchi potranno riversarsi sui paesi europei e alle loro spalle arriveranno di rincalzo i loro fratelli turchestani dall'Asia centrale, ai quali basterà arrivare in Turchia per diventare "europei". Alla pari con italiani, tedeschi o francesi.
Gli attuali governanti degli stati europei dimostrano un totale disprezzo della storia e della geografia, aprendo le porte alle nuove invasioni asiatiche.
Gli europei che hanno respinto gli unni, i mongoli, gli ottomani dovranno pur reagire per sopravvivere.
Il problema sarà: secondo quali direttrici?
Vediamone alcune. La prima e più urgente, è quella di impedire l'entrata in europa agli infedeli asiatici dell'Anatolia, battendosi contro l'insensato tradimento da parte degli attuali politicanti al potere. Parallelamente apparirà sempre più necessaria un'organica collaborazione dei diversi movimenti nazionali europei dal momento che l'invasore sarà lo stesso ovunque. Ma a questo dovrà accompagnarsi una serie di obiettivi geopolitici, demografici e militari quali:

1) Rovesciamento del flusso turco con il rimpatrio rapido e totale delle colonie turche insediatesi in Germania e in altri paesi europei.

2) Inclusione della Bosnia-Erzegovina nella Croazia, ispirandosi alla politica ustascia. Non si tratta di convertire a forza i musulmani, ma far sì che tornino a essere leali cittadini di uno stato europeo al quale appartengono sul piano storico ed etnico.

3) Riconoscimento degli interessi storici serbi nel Cossovo.

4) Rafforzamento del "deterrente greco". Solo una Grecia militarmente forte può tenere a freno la Turchia nell'Egeo e a Cipro.

5) Similarmente, rafforzamrnto del potenziale militare bulgaro come deterrente posto a breve distanza da Istambul.

6) Piena solidarietà all'azione politica-militare russa nel Caucaso, contro l'integralismo islamico.

7) "offensiva" culturale da parte dei paesi europei in Albania. Incentrata sulla minoranza cristiana e sul culto di Skanderbeg, questa operazione avrà l'obiettivo di europeizzare gli albanesi, vale a dire di riportarli alla loro autentica tradizione nazionale.

Il tutto naturalmente implica un rifiuto dell'influenza mondialista e americano-sionista che fa da supporto logistico al rafforzamento islamista nei Balcani e nel Caucaso.

Quanto detto finora si riferisce ad una politica di sicurezza a livello europeo che si limita alla difensiva, affiancata da una diplomazia che renda la Turchia non aggressiva. E' chiaro che se Ankara non dovesse mostrarsi ragionevole un' Europa libera (vale a dire cristiana e nazionalpopolare) dovrà sviluppare anche una politica più attiva mirante alla neutralizzazione della minaccia turca nel medio e lungo periodo. Questo implicherà anche queste altre linee di azione geopolitica:

1) Rivendicazione e riconquista dei territori europei attualmente occupato dai turchi inclusa la città greco-romana di Bisanzio/Costantinopoli "seconda Roma", oggi ancora definita illegalmente " Istambul".

2) Sostegno agli Armeni per la ricostruzione dell'Armenia storica nei suoi confini naturali con la riconquista dei territori oggi occupati da Ankara ma abitati dagli Armeni prima del genocidio.

3) Riconoscimento dell'autodeterminazione dei Curdi di Turchia.

4) Continua pressione su Ankara perchè si liberi dai condizionamenti di ambienti segreti esoterici di origine "dunmch".

5) Stretta alleanza tra la Nuova Europa e il nazionalismo arabo baath, in funzione antiturca ( oltre che antisionista).

E' evidente che una simile strategia geopolitica può essere messa in atto escusivamente da un'Europa che sia se stessa, vale a dire cristiana, imperiale e popolare. Anche su questo piano, la crescita dei movimenti nazionalpopolari europei è un'autentica corsa contro il tempo, una sfida al destino progettato per noi da tutti i nostri nemici.