Esiste o è esistito davvero un uomo chiamato Arafat? Ossia, egli era davvero un solo uomo? Leggendo, ascoltando e confrontando fra loro, in questi giorni in cui il capo dell'Autorità Nazionale Palestinese è sospeso fra la vita e la morte (e la decisione fra le due opzioni pare essere stata sottratta alla natura, ai medici o a Dio, per diventare una decisione politica) i vari punti di vista, sembrerebbe quasi che ci siano e/o ci siano stati più Arafat.
Più Arafat esistono oggettivamente se si analizza il comportamento coerentemente opportunista e zigzagante di un terrorista che ha conquistato il premio Nobel per la pace, di un eroe del suo popolo che ha usato il potere come un dittatore senza Stato.
Più Arafat esistono soggettivamente nelle diverse interpretazioni che gli osservatori internazionali hanno dato e danno della sua figura. Dalla sua descrizione come un terrorista impenitente e bugiardo, che si prefiggeva come unico scopo quello della distruzione di Israele, a quella di un grande leader di un popolo oppresso che, abbandonate le velleità rivoluzionarie ha infine lavorato sinceramente, pur in un contesto difficile, per la pace, accettando di spartire la Terra con lo Stato ebraico di Israele.
Personalmente propendo moderatamente per la prima ipotesi, nel senso che con tutta evidenza Arafat non ha mai rinunciato davvero all'obiettivo finale di "liberazione" di TUTTA la Terrasanta dalla presenza della "entità sionista" costituita dallo Stato di Israele. Tuttavia, ad un certo punto, ha compreso che questo obiettivo poteva essere conseguito anche "a tappe" e utilizzando contemporaneamente diverse armi e diverse strategie, dalla guerra alla diplomazia, dall'arma politica a quella militare a quella demografica, a quella della propaganda, a quella del terrorismo puro.
Liberare un lembo della Palestina, quello dei "Territori" (Cisgiordania e Gaza) per fare di questo il punto di partenza della "reconquista", da attuare sia con mezzi politico-militari, che terroristici, che diplomatici che demografici , utilizzando l'arma del preteso ritorno dei "profughi" e la maggiore prolificità degli arabo-palestinesi per trasformare lo stesso Israele in uno stato sempre più progressivamente arabo, fino alla sua cancellazione come focolare nazionale ebraico, come terra di approdo di un popolo senza terra.
Lo zigzagare degli atteggiamenti di Arafat, la sua doppiezza sempre più malcelata negli ultimissimi anni, sono altresì ancorati alla sua concezione del potere, al suo attaccamento al potere dentro al suo mondo, al suo partito, all'OLP e poi all'Autorità Nazionale Palestinese.
Le sue strette di mano con Rabin e Barak che simboleggiano per molti la sua determinazione a giungere ad una soluzione pacifica della "questione israelo-palestinese", devono essere lette contestualmente ai suoi atti di rottura violenta, di intransigente perseguimento di obiettivi incompatibili con la vita libera e sicura dello Stato di Israele.
Al tempo stesso, però, sarebbe riduttivo non vedere in lui il capo carismatico di un popolo vittima di eventi storici determinati, in gran parte, da scelte antiche del mondo arabo. Mondo arabo con il quale, dal settembre nero, alla guerra del libano, alla sua scelta pro-Saddam nella prima guerra del golfo, egli ha sempre avuto un rapporto altrettanto ambiguo di quello conservato con i suoi nemici mortali (Israele e Stati Uniti in primo luogo).
Legato per tanti anni, durante la spaccatura del mondo in due campi contrapposti, a quello dominato dell'Unione Sovietica, Arafat è riuscito ad abbindolare comunque per molto tempo, con l'aiuto della propaganda profonda di coloro che anche in Europa occidentale simpatizzavano per il "campo socialista", gran parte dell'opinione pubblica occidentale e soprattutto europea.
Questo è stato il risultato più brillante che ha conseguito dal punto di vista del consolidamento della sua inammovibilità, visto un largo riconoscimento internazionale, da unico e legittimo rappresentante del popolo palestinese, anche in momenti in cui la sua popolarità fra gli arabi e fra gli arabo-palestinesi era tutt'altro che all'apogeo.
Tra tutti "gli Arafat", questo è stato quello che portato più risultati, non solo simbolici (il Nobel) ma anche pratici (la formazione del semistato sotto l'autorità dell'ANP), alla causa del suo popolo.
Con Senescenza