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Bush sceglie Condi per esportare l’America con “forza, grazia e cortesia”
Per la prima volta il segretario di Stato è una donna nera. Un colpo ai liberal e alle loro battaglie per le minoranze
New York. Condoleezza Rice è, come previsto, il nuovo segretario di Stato. E’ la prima donna afroamericana a guidare la politica estera americana, un posto che per primo fu di Thomas Jefferson. Condi, così la chiama George W. Bush, ieri tratteneva a stento la felicità quando il presidente ha ufficializzato la notizia, salvo poi farsi venire i lucciconi agli occhi quando Bush ha ricordato la sua difficile infanzia in Alabama e la lezione che in tempi di discriminazione razziale le insegnarono i genitori: “La dignità umana è un dono di Dio”. Sul piano interno, ha scritto ieri Andrew Sullivan, è un colpo mortale per il partito democratico, perché Bush ha già nominato un ispanico (Alberto Gonzales) a ministro della Giustizia, ora la prima donna nera a Foggy Bottom e, a breve, il giudice nero Clarence Thomas a capo della Corte suprema, concretizzando anni di battaglie liberal sull’integrazione delle minoranze.
Bush ha spiegato che “il segretario di Stato è la faccia dell’America nel mondo e Condoleezza Rice mostrerà al mondo la forza, la grazia e la cortesia del nostro paese”. Rice, 50 anni compiuti domenica scorsa, sovietologa, ex rettore all’università di Stanford, lascia il posto di consigliere per la Sicurezza nazionale al suo vice Stephen Hadley, ma prima di insediarsi al Dipartimento di Stato dovrà superare il voto di conferma del Senato. Tempo previsto: un mese. Esito: scontato. Fino ad allora sarà ancora Colin Powell a guidare la diplomazia americana.
Ovviamente è iniziato il dibattito sulla fuoriuscita della cosiddetta colomba Powell e su come cambierà la politica estera americana con l’arrivo di Rice. A leggere alcune cronache sembra che sia stato cacciato un fiero pacifista e che sia arrivata una specie di mostro (anche se, essendo Rice donna e nera, l’accusa viene formulata con termini più politicamente corretti).
Le stesse cronache non segnalano, però, che Rice ha avuto tre mentori nella sua carriera di esperta di politica estera, ciascuno dei quali con curriculum e pedigree che oggi mandano in sollucchero la sinistra. Il primo è Joseph Korbel, ex funzionario del ministero degli Esteri della Cecoslovacchia fuggito dal suo paese per la persecuzione comunista nei confronti degli ebrei e che poi diventò professore di relazioni internazionali negli Stati Uniti. Condi Rice era la sua studentessa preferita e Korbel, di fatto, la adottò. L’altra figlia di Korbel, figlia vera, naturale, è Madeleine Albright cioè la predecessora di Rice al Dipartimento di Stato durante l’Amministrazione Clinton. Rice ha lavorato anche con il precedente presidente Bush, il padre di George W. Faceva parte del team di sicurezza nazionale guidato da Brent Scowcroft, oggi diventato un beniamino della grande stampa per la sua visione pragmatica del mondo e per l’opposizione all’intervento in Iraq. Il terzo mentore di Condi Rice, la persona che la ospitava quando mosse i primi passi a Washington, è stato proprio Colin Powell.
Contraria all’intervento nella ex Jugoslavia
Condoleezza Rice, insomma, è tutto tranne che una neoconservatrice, al punto che ai tempi della “guerra buona”, quella del centrosinistra mondiale e di Bill Clinton, prima in Bosnia e poi in Kosovo, Condi criticò la “sorellastra” Albright che di quella guerra fu la sponsor numero uno dentro l’Amministrazione Clinton. Allora la Albright si lamentò con il presidente del Joint Chiefs of Staff dell’esercito con una frase che è rimasta famosa: “A che serve avere questo esercito superbo, se poi tu ne parli sempre come se non lo potessimo usare?”. L’alto ufficiale era Colin Powell. Rice, come il suo mentore e a differenza della grande maggioranza dei neocon, era contraria all’intervento nella ex Jugoslavia esprimendo disagio nel vedere l’esercito americano usato per guerre umanitarie basate su motivazioni morali e non di stretto interesse nazionale. Ma una volte che le truppe furono inviate all’estero, Rice sostenne l’intervento.
Questo non vuol dire che il nuovo segretario di Stato sia contraria alla politica di promozione della democrazia in medio oriente. Tutt’altro. E’, anzi, una convinta sostenitrice dell’azione del presidente, e per questo è stata scelta. Rice non ha rinnegato il suo pensiero, ha semplicemente compreso che dopo l’11 settembre la strategia più realista è proprio quella che viene definita “ideologica”. L’idea realista di sostenere Stati di polizia e del terrore per tenere a bada l’islamismo e l’arabismo radicale, è fallita. Perseverare è un errore che una pragmatica vera come Condi Rice non farà.
17.11.2004