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  1. #1
    W Charles A. Lindbergh 21.5.1927
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    la Terra, quarta via, presso l'Unione Nazionale per la Giustizia Sociale - Fronte Cristiano. NO AL NAZISMO DISUMANO; NO AL FASCISMO LIBERTICIDA; NO AL CAPITALISMO SFRUTTATORE; NO AL COMUNISMO ATEO.
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    Predefinito Il perchè di Condoleezza Rice

    http://www.ilfoglio.it/articolo.php?idoggetto=19695
    Bush sceglie Condi per esportare l’America con “forza, grazia e cortesia”
    Per la prima volta il segretario di Stato è una donna nera. Un colpo ai liberal e alle loro battaglie per le minoranze
    New York. Condoleezza Rice è, come previsto, il nuovo segretario di Stato. E’ la prima donna afroamericana a guidare la politica estera americana, un posto che per primo fu di Thomas Jefferson. Condi, così la chiama George W. Bush, ieri tratteneva a stento la felicità quando il presidente ha ufficializzato la notizia, salvo poi farsi venire i lucciconi agli occhi quando Bush ha ricordato la sua difficile infanzia in Alabama e la lezione che in tempi di discriminazione razziale le insegnarono i genitori: “La dignità umana è un dono di Dio”. Sul piano interno, ha scritto ieri Andrew Sullivan, è un colpo mortale per il partito democratico, perché Bush ha già nominato un ispanico (Alberto Gonzales) a ministro della Giustizia, ora la prima donna nera a Foggy Bottom e, a breve, il giudice nero Clarence Thomas a capo della Corte suprema, concretizzando anni di battaglie liberal sull’integrazione delle minoranze.
    Bush ha spiegato che “il segretario di Stato è la faccia dell’America nel mondo e Condoleezza Rice mostrerà al mondo la forza, la grazia e la cortesia del nostro paese”. Rice, 50 anni compiuti domenica scorsa, sovietologa, ex rettore all’università di Stanford, lascia il posto di consigliere per la Sicurezza nazionale al suo vice Stephen Hadley, ma prima di insediarsi al Dipartimento di Stato dovrà superare il voto di conferma del Senato. Tempo previsto: un mese. Esito: scontato. Fino ad allora sarà ancora Colin Powell a guidare la diplomazia americana.
    Ovviamente è iniziato il dibattito sulla fuoriuscita della cosiddetta colomba Powell e su come cambierà la politica estera americana con l’arrivo di Rice. A leggere alcune cronache sembra che sia stato cacciato un fiero pacifista e che sia arrivata una specie di mostro (anche se, essendo Rice donna e nera, l’accusa viene formulata con termini più politicamente corretti).
    Le stesse cronache non segnalano, però, che Rice ha avuto tre mentori nella sua carriera di esperta di politica estera, ciascuno dei quali con curriculum e pedigree che oggi mandano in sollucchero la sinistra. Il primo è Joseph Korbel, ex funzionario del ministero degli Esteri della Cecoslovacchia fuggito dal suo paese per la persecuzione comunista nei confronti degli ebrei e che poi diventò professore di relazioni internazionali negli Stati Uniti. Condi Rice era la sua studentessa preferita e Korbel, di fatto, la adottò. L’altra figlia di Korbel, figlia vera, naturale, è Madeleine Albright cioè la predecessora di Rice al Dipartimento di Stato durante l’Amministrazione Clinton. Rice ha lavorato anche con il precedente presidente Bush, il padre di George W. Faceva parte del team di sicurezza nazionale guidato da Brent Scowcroft, oggi diventato un beniamino della grande stampa per la sua visione pragmatica del mondo e per l’opposizione all’intervento in Iraq. Il terzo mentore di Condi Rice, la persona che la ospitava quando mosse i primi passi a Washington, è stato proprio Colin Powell.

    Contraria all’intervento nella ex Jugoslavia
    Condoleezza Rice, insomma, è tutto tranne che una neoconservatrice, al punto che ai tempi della “guerra buona”, quella del centrosinistra mondiale e di Bill Clinton, prima in Bosnia e poi in Kosovo, Condi criticò la “sorellastra” Albright che di quella guerra fu la sponsor numero uno dentro l’Amministrazione Clinton. Allora la Albright si lamentò con il presidente del Joint Chiefs of Staff dell’esercito con una frase che è rimasta famosa: “A che serve avere questo esercito superbo, se poi tu ne parli sempre come se non lo potessimo usare?”. L’alto ufficiale era Colin Powell. Rice, come il suo mentore e a differenza della grande maggioranza dei neocon, era contraria all’intervento nella ex Jugoslavia esprimendo disagio nel vedere l’esercito americano usato per guerre umanitarie basate su motivazioni morali e non di stretto interesse nazionale. Ma una volte che le truppe furono inviate all’estero, Rice sostenne l’intervento.
    Questo non vuol dire che il nuovo segretario di Stato sia contraria alla politica di promozione della democrazia in medio oriente. Tutt’altro. E’, anzi, una convinta sostenitrice dell’azione del presidente, e per questo è stata scelta. Rice non ha rinnegato il suo pensiero, ha semplicemente compreso che dopo l’11 settembre la strategia più realista è proprio quella che viene definita “ideologica”. L’idea realista di sostenere Stati di polizia e del terrore per tenere a bada l’islamismo e l’arabismo radicale, è fallita. Perseverare è un errore che una pragmatica vera come Condi Rice non farà.
    17.11.2004
    Prosit


  2. #2
    Hanno assassinato Calipari
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    "Rice [...] era contraria all’intervento nella ex Jugoslavia esprimendo disagio nel vedere l’esercito americano usato per guerre umanitarie basate su motivazioni morali e non di stretto interesse nazionale"

    Che persona abbietta, altro che lotta per le minoranze. La lotta la si fa quando tutti hanno le stesse possibilità, non mettendo avanti i servi.

    È una persona che fa schifo.

  3. #3
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    A Bush non interessa se i suoi collaboratori sono neri o bianchi, uomini o donne.

    L'importante è che siano figli di puttane.

  4. #4
    W Charles A. Lindbergh 21.5.1927
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    http://www.ilfoglio.it/articolo.php?idoggetto=19721
    Lo staff americano
    Scelta la strategia, Bush nomina amici pragmatici in grado di realizzarla
    All’Educazione una stretta collaboratrice. Hadley, al posto di Rice, è noto per le sue doti di conciliatore, anzi di “papà”
    Roma. Le intenzioni del secondo mandato di George W. Bush stanno prendendo forma in questa settimana di dimissioni e nomine. Ieri il presidente ha annunciato che Margaret Spellings sarà il nuovo ministro dell’Educazione, in sostituzione del dimissionario Roderik Paige. Spellings ha lavorato con Bush quando era governatore del Texas, ed è una delle ideatrici della legge “No child left behind” che ha stanziato investimenti per le scuole più povere. La nuova segretaria all’Educazione gode di un “grande rispetto bipartisan” al Congresso, ha detto Ted Kennedy, il quale al Senato co-sponsorizzò la legge di Bush. L’educazione “è vicina al mio cuore”, ha detto Bush, e per questo ha deciso di affidarla a una signora convinta che “ogni bambino abbia il diritto di imparare”, oltre che a una fedele collaboratrice. Il New York Times sosteneva ieri che il filo conduttore di queste designazioni è proprio la fedeltà al presidente: Bush vuole cioè consolidare i rapporti di lunga data, valorizzando l’esperienza come la fiducia. La nomina del nuovo consigliere per la Sicurezza nazionale, Stephen Hadley, risponde a questa logica.
    Hadley è un lavoratore indefesso, studia, legge, scrive, si fa vedere poco in giro, evita le telecamere, le interviste, le occasioni pubbliche, sta in ufficio fino a tarda ora tanto che dicono abbia un “pallore da prigione”, mal celato da un grosso paio di occhiali. E’ un avvocato che, alla Casa Bianca, molti chiamano “papà”, per quel suo fare tranquillizzante e affettuoso. I primi commenti sulla sua nomina al posto di Condoleezza Rice (di cui è stato il vice) hanno sottolineato la sua fedeltà all’Amministrazione. “E’ un uomo che si è guadagnato la mia fiducia”, ha detto Bush quando lo ha nominato. Il nuovo consigliere per la Sicurezza ha già dimostrato di saper affrontare le conseguenze delle sue decisioni, quando ha ammesso di non aver letto attentamente i dossier sull’uranio prodotti dall’allora capo della Cia, George Tenet, e di aver quindi la responsabilità di quelle “16 parole sbagliate” pronunciate dal presidente nel discorso sullo stato dell’Unione nel 2003, parole che sostenevano che Saddam aveva acquistato materiale nucleare dal Niger, quando invece aveva soltanto trattato l’acquisto. Il “sacrificio” per salvare il suo capo, Rice, e il capo del suo capo, Bush, è stato ricompensato, dicono acidi i commentatori, con una bella promozione, che per di più tranquillizza l’Amministrazione: un meticoloso e attento esecutore non può creare problemi, non è nella sua natura. Ma dietro alla fedeltà ci sono le convinzioni di Hadley e la sostanza del ruolo di consigliere per la Sicurezza nazionale che non è quella di creare o suggerire politiche o strategie, ma di coordinare il lavoro dei vari ministeri e delle agenzie di intelligence e poi di riportare al presidente le diverse idee all’interno del suo gabinetto di guerra. Hadley possiede doti conciliatorie: si definisce un “facilitator”, una persona in grado di ricomporre gli attriti. E’ lui l’ideatore del “Wednesday Group”, il pranzo settimanale di tutti i vice dei membri del gabinetto presidenziale, in cui esporre le proprie idee e risolvere le eventuali incomprensioni.

    I timori dei liberal verso i “fedelissimi”
    Questi consiglieri “troppo fedeli” suscitano nei commentatori liberal il timore che possano rimanere incastrati nel voler essere accomodanti con il presidente al punto di presentargli piani d’azione che confortano le sue tesi ma che non rispecchiano la verità dei fatti. E’ la stessa accusa che in questi quattro anni è stata fatta all’interpretazione che Condoleezza Rice ha dato al suo ruolo di consigliere per la Sicurezza nazionale. Il pragmatismo è, però, una caratteristica del nuovo governo. Lawrence Kaplan ha scritto sulla rivista liberal New Republic che il presidente ha capito, nel suo primo mandato, “ciò in cui credere” e che, a livello di esecutivo, “non è più una questione di ideologia”, ma di concretezza nella gestione delle attività giorno per giorno. Al punto che persino la “prevista” fuoruscita di Donald Rumsfeld non dovrà trarre in inganno. E’ improbabile che Rumsfeld lasci il Pentagono con le operazioni militari ancora in corso e con le elezioni irachene imminenti. Se ne riparlerà forse più in là. Ma già si fanno i nomi del possibile sostituto. S’era detto di John McCain, senatore indipendente nel partito repubblicano e tenace sostenitore dell’esportazione della democrazia. L’ultima idea, prospettata da Kaplan, è Joe Lieberman, l’uomo che nel 2000 per un soffio non diventò Dick Cheney. Era il falchissimo vice di Al Gore.
    18.11.2004
    Prosit


 

 

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