Risultati da 1 a 5 di 5
  1. #1
    Tremendo
    Ospite

    Predefinito La Francia e gli immigrati «L’integrazione è fallita»(

    La Francia e gli immigrati «L’integrazione è fallita»(corrieredellasera)
    Venerdì, 26 Novembre 2004, 06:23.
    Rapporto del governo: milioni di persone in un mondo a parte

    Sarkozy: serve una nuova via per il multiculturalismo

    di Massimo Nava-

    PARIGI - Un giovane immigrato su tre è disoccupato. La disoccupazione tra i giovani diplomati riguarda per il 5% i francesi, per il 7% gli europei, per l’11 i francesi acquisiti e per il 18 gli extracomunitari. Un rapporto del ministero dell'Interno ha censito trecento quartieri a rischio, quasi due milioni di cittadini confinati in una società a parte, al di fuori delle leggi della République. Per la Francia, l'integrazione di milioni di immigrati, la più parte africani e di religione musulmana, in maggioranza cittadini francesi di seconda generazione, è da sempre un percorso sociale inquadrato in un modello di valori scritti nella Costituzione: pari diritti, laicità, uguaglianza. Ma trent'anni di leggi, investimenti colossali e battaglie culturali hanno dimostrato i limiti di un modello che si pretende diverso, alternativo a quello anglosassone.
    Per la Francia - lo si è visto nel dibattito sulla legge contro il velo islamico a scuola - la diversità etnica e culturale non è la somma di tante identità ma un progetto di cittadinanza, con uguali diritti e doveri. I dati però dimostrano due categorie di cittadini: i francesi e gli altri. E un recente rapporto della Corte dei Conti denuncia il fallimento e la confusione un po' ipocrita di leggi e interventi che hanno prodotto risultati opposti: sul lavoro, nelle scuole, nella società civile. «SOS racisme» ha raccolto centinaia di casi di discriminazione nell'assegnazione degli alloggi popolari e nei criteri di assunzione.

    Sui giornali, diventa una notizia la nomina di un dirigente d'impresa o di un alto funzionario che non sia francese e bianco. Così come è stato un caso nazionale la nomina del primo prefetto musulmano.
    La crisi di un Paese si vede quando s'incrinano i valori di riferimento. La sua grandezza quando si ha il coraggio di cambiarli, anche se scritti nella propria storia. Il governo ha proposto un’ authority contro le discriminazioni a carattere etnico e religioso, allargando il concetto alle discriminazioni sessuali, ivi compresa l'omofobia. Decine di grandi imprese hanno adottato il principio anglosassone della «discriminazione positiva», criteri di assunzione che favoriscano giovani immigrati o provenienti da quartieri difficili. L'Oreal ha ottenuto un riconoscimento per le cento nazionalità rappresentate dai suoi 50.000 dipendenti. Claude Bebear, ex presidente del colosso assicurativo Axa, ha sostenuto la «discriminazione positiva» nella sua società e ha contribuito a un progetto di legge per introdurre il curriculum vitae anonimo, dattiloscritto e senza foto, per le imprese con più di 250 dipendenti.

    Ma bastano ancora una volta leggi e correttivi o è il caso di cambiare strada? Nicolas Sarkozy, l'astro nascente della politica francese è deciso a sfidare Chirac anche sul terreno di una certa idea della Francia molto cara al presidente e all'establishment. Per Sarkozy, anche la religione è un capitolo fondamentale dell'integrazione ed è quindi necessario rivedere i sacri principi della laicità. Sarkozy era contro la legge sul velo islamico («mi preoccupa l'espulsione di giovani studentesse dalle scuole pubbliche»), vorrebbe riformare quella del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, propone forme di finanziamento per la costruzione di moschee e la formazione dei rappresentanti del culto.
    L'integrazione, secondo Sarkozy, fallisce proprio perché intere comunità rafforzano la loro identità religiosa ed etnica e si separano dai valori repubblicani. «Occorre far emergere un Islam francese prima che un Islam in Francia», è un suo slogan ricorrente, che bene esprime il timore di influenze esterne, anche le più oscure. Recentemente sono stati scoperti luoghi di culto e scuole islamiche clandestine.

    Le tesi di Sarkozy, nel clima di aspra rivalità con Chirac, si prestano anche a una lettura politica. Una certa idea della Francia, per l'ex pupillo con origini ungheresi, significa «non considerare normale che le nostre elites si assomiglino e che, a parte Zidane e i campioni sportivi, i giovani immigrati non possano identificarsi in magistrati, giornalisti, dirigenti d'impresa, alti funzionari». Una certa idea della Francia, come ha scritto in un libro che ha fatto scalpore, è anche comprendere che l'ideale repubblicano «non risponde alle questioni spirituali».
    Chirac, non perde occasione di difendere a spada tratta il modello scritto nel marmo e il dibattito su questioni cruciali s'infiamma. Anche perché, secondo alcuni osservatori, la vena multiculturale e spirituale di Sarkozy comincia ad assomigliare a una certa idea di America. «Fra Kerry e Bush, preferisco Clinton» ha replicato a chi gli affibbia l'immagine di «Sarko, l'américain».

  2. #2
    Tremendo
    Ospite

    Predefinito

    Pronto il giro di vite del ministro degli Interni
    PARIGI ESPELLERA’ 20.000 CLANDESTINI


    PARIGI - Nel 2005, non meno di ventimila stranieri “sans papiers” verranno espulsi dal suolo francese: lo annuncia il ministro degli Interni, Dominique de Villepin, che in un’intervista al quotidiano Le Figaro delinea il suo piano d’azione contro l’immigrazione clandestina e propone anche un’apertura “selezionata” verso studenti e ricercatori, dopo un’attenta valutazione dei bisogni economici francesi.
    A fronte di un flusso in ingresso di 80-100 mila immigrati all’anno, la situazione degli stranieri irregolari è al centro delle preoccupazioni del governo francese.
    Due settimane fa era intervenuto sulla questione lo stesso presidente della Repubblica, Jacques Chirac. Il presidente nel corso di una visita alla scuola di polizia di Nimes, aveva lanciato l’allarme definendo necessario il blocco dell’immigrazione clandestina, per «impedire che gli stranieri entrati in modo irregolare o con visto temporaneo in Francia possano restarvi definitivamente».
    De Villepin, che prima di ricoprire l’incarico agli Interni era stato ministro degli Esteri e che molti vedono come il delfino di Chirac o comunque il prossimo sostituto dell’attuale primo ministro Jean- Pierre Raffarin, definisce «la lotta contro l’immigrazione irregolare una priorità del suo lavoro».
    «L’immigrazione clandestina - spiega il ministro al quotidiano di Parigi - indebolisce i nostri sforzi nei confronti dell’integrazione, alimenta la rete mafiosa e porta a uno scandaloso sfruttamento degli esseri umani: uomini, donne e bambini».
    E anche se il governo francese ha finora già dimostrato il pugno duro nei confronti dell’immigrazione clandestina - gli accompagnamenti alle frontiere di clandestini sono infatti cresciuti del 37 per cento rispetto allo scorso anno e del 60 per cento rispetto al 2002 - de Villepin dichiara: «Voglio andare ancora più lontano e aumentare il numero di espulsioni».
    Se alla fine dell’anno in corso saranno in totale circa 15.000 gli immigrati irregolari a essere rimpatriati, nel 2005 dovranno aumentare a 20.000.
    Per raggiungere questo risultato - sottolinea il ministro degli Interni francese- «il governo prenderà tutte le misure necessarie».
    Fondamentale nella lotta contro l’immigrazione clandestina è - secondo de Villepin - la collaborazione tra Unione europea e paesi d’origine per «permettere a quest’ultimi di offrire alla propria popolazione delle prospettive economiche soddisfacenti».
    «Dobbiamo aiutare i paesi di transito a controllare meglio le proprie frontiere», suggerisce il ministro che però si dichiara contrario alla proposta di Italia e Germania di creare i campi di accoglienza per immigrati alle porte dell’Europa.
    Ma oltre all’immigrazione portatrice di criminalità e delinquenza, esiste anche un’immigrazione conveniente per la Francia: «In certi lavori - sottolinea infatti il ministro - le imprese si lamentano della mancanza di manodopera». Di qui l’idea di favorire una «immigrazione scelta»: una soluzione - dice de Villepin - «che da vari mesi sta impegnando me, il ministro degli Esteri, Michel Barnier, e il ministro del Welfare, Jean-Luis Borloo».
    Il governo starebbe dunque lavorando per una nuova politica aperta verso gli studenti e i ricercatori, ma sempre - precisa il ministro - «con una attenta valutazione dei bisogni economici» per non ritrovarsi al punto di partenza.


    [Data pubblicazione: 26/11/2004]

  3. #3
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  4. #4
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    Predefinito Re: La Francia e gli immigrati «L’integrazione è fallita»(

    In Origine Postato da Tremendo
    La Francia e gli immigrati «L’integrazione è fallita»(corrieredellasera)
    Venerdì, 26 Novembre 2004, 06:23.
    Rapporto del governo: milioni di persone in un mondo a parte
    Sarkozy: serve una nuova via per il multiculturalismo
    di Massimo Nava-
    PARIGI - Un giovane immigrato su tre è disoccupato. La disoccupazione tra i giovani diplomati riguarda per il 5% i francesi, per il 7% gli europei, per l’11 i francesi acquisiti e per il 18 gli extracomunitari. Un rapporto del ministero dell'Interno ha censito trecento quartieri a rischio, quasi due milioni di cittadini confinati in una società a parte, al di fuori delle leggi della République. Per la Francia, l'integrazione di milioni di immigrati, la più parte africani e di religione musulmana, in maggioranza cittadini francesi di seconda generazione, è da sempre un percorso sociale inquadrato in un modello di valori scritti nella Costituzione: pari diritti, laicità, uguaglianza. Ma trent'anni di leggi, investimenti colossali e battaglie culturali hanno dimostrato i limiti di un modello che si pretende diverso, alternativo a quello anglosassone.
    Per la Francia - lo si è visto nel dibattito sulla legge contro il velo islamico a scuola - la diversità etnica e culturale non è la somma di tante identità ma un progetto di cittadinanza, con uguali diritti e doveri. I dati però dimostrano due categorie di cittadini: i francesi e gli altri. E un recente rapporto della Corte dei Conti denuncia il fallimento e la confusione un po' ipocrita di leggi e interventi che hanno prodotto risultati opposti: sul lavoro, nelle scuole, nella società civile. «SOS racisme» ha raccolto centinaia di casi di discriminazione nell'assegnazione degli alloggi popolari e nei criteri di assunzione.
    Sui giornali, diventa una notizia la nomina di un dirigente d'impresa o di un alto funzionario che non sia francese e bianco. Così come è stato un caso nazionale la nomina del primo prefetto musulmano.
    La crisi di un Paese si vede quando s'incrinano i valori di riferimento. La sua grandezza quando si ha il coraggio di cambiarli, anche se scritti nella propria storia. Il governo ha proposto un’ authority contro le discriminazioni a carattere etnico e religioso, allargando il concetto alle discriminazioni sessuali, ivi compresa l'omofobia. Decine di grandi imprese hanno adottato il principio anglosassone della «discriminazione positiva», criteri di assunzione che favoriscano giovani immigrati o provenienti da quartieri difficili. L'Oreal ha ottenuto un riconoscimento per le cento nazionalità rappresentate dai suoi 50.000 dipendenti. Claude Bebear, ex presidente del colosso assicurativo Axa, ha sostenuto la «discriminazione positiva» nella sua società e ha contribuito a un progetto di legge per introdurre il curriculum vitae anonimo, dattiloscritto e senza foto, per le imprese con più di 250 dipendenti.

    Ma bastano ancora una volta leggi e correttivi o è il caso di cambiare strada? Nicolas Sarkozy, l'astro nascente della politica francese è deciso a sfidare Chirac anche sul terreno di una certa idea della Francia molto cara al presidente e all'establishment. Per Sarkozy, anche la religione è un capitolo fondamentale dell'integrazione ed è quindi necessario rivedere i sacri principi della laicità. Sarkozy era contro la legge sul velo islamico («mi preoccupa l'espulsione di giovani studentesse dalle scuole pubbliche»), vorrebbe riformare quella del 1905 sulla separazione fra Chiesa e Stato, propone forme di finanziamento per la costruzione di moschee e la formazione dei rappresentanti del culto.
    L'integrazione, secondo Sarkozy, fallisce proprio perché intere comunità rafforzano la loro identità religiosa ed etnica e si separano dai valori repubblicani. «Occorre far emergere un Islam francese prima che un Islam in Francia», è un suo slogan ricorrente, che bene esprime il timore di influenze esterne, anche le più oscure. Recentemente sono stati scoperti luoghi di culto e scuole islamiche clandestine.

    Le tesi di Sarkozy, nel clima di aspra rivalità con Chirac, si prestano anche a una lettura politica. Una certa idea della Francia, per l'ex pupillo con origini ungheresi, significa «non considerare normale che le nostre elites si assomiglino e che, a parte Zidane e i campioni sportivi, i giovani immigrati non possano identificarsi in magistrati, giornalisti, dirigenti d'impresa, alti funzionari». Una certa idea della Francia, come ha scritto in un libro che ha fatto scalpore, è anche comprendere che l'ideale repubblicano «non risponde alle questioni spirituali».
    Chirac, non perde occasione di difendere a spada tratta il modello scritto nel marmo e il dibattito su questioni cruciali s'infiamma. Anche perché, secondo alcuni osservatori, la vena multiculturale e spirituale di Sarkozy comincia ad assomigliare a una certa idea di America. «Fra Kerry e Bush, preferisco Clinton» ha replicato a chi gli affibbia l'immagine di «Sarko, l'américain».
    Questo di Massimo Nava è un altro esempio di come si distorcono le notizie "ad usum delphini". Sarkozy, attuale ministro dell'Economia, che domenica 28 novembre verrà eletto presidente dell'UMP, non è stato affatto contrario alla legge che vieta i simboli religiosi a scuola (e non sul velo islamico come afferma con voluta ignoranza l'articolista), basta navigare un poco sul sito del settimanale francese più diffuso "L'Express":
    http://www.lexpress.presse.fr/info/
    per renderseno conto. Naturalmente bisogna saper leggere il francese:
    http://www.lexpress.presse.fr/info/f...asp?ida=430508
    Con il suo ultimo libro: "Religions, République, intégration" Nicolas Sarkozy spiega molto bene il suo pensiero. La laicità repubblicana non va certo riformata anzi sono i rappresentanti delle religioni di Francia che devono adeguarvisi: "prima i doveri verso la repubblica poi i diritti". Le religioni, secondo Sarkozy, possono servire a garantire stabilità alla repubblica e soprattutto a sollevare le nuove generazioni dal pantano morale in cui stanno per affogare. Le religioni, insegnate nelle scuole pubbliche e non in quelle private, possono contribuire ad educare dei cittadini a pieno titolo, che non siano preoccupati esclusivamente alla propria persona ed al proprio corpo, ed è per questo che la repubblica può finanziare la costruzione di nuovi luoghi di culto, soprattutto per evitare che ne sorgano di clandestini, ricettacoli di integralismo ed anche di terrorismo fondamentalista. Secondo Sarkozy la repubblica non può arrivare a tutto, ed uno stato che pretende di arrivare a tutto e di comprendere tutto alla fine si dimostra debole. Insomma l'articolista pur di trasmettere un messaggio negativo sulla Francia travisa le idee, a volte geniali di Nicolas Sarkozy, le ribalta! Ha detto che ammirava Clinton, ma ha anche detto che ammira molto Tony Blair, per la sua capacità di tenere cmq unità la sinistra e di "invadere" il campo avverso! Più che all'assimilazione dello straniero preferisce l'integrazione, ripete però in modo quasi maniacale, nel suo libro, che prima di tutto vengono i doveri verso la repubblica e poi i diritti.
    Prosit


  5. #5
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    Predefinito

    Manca l'umiltà anche tra la gente comune, questo si registra pure nel Nord, non solo in Francia.
    Ma poi gli stranieri naturalizzati vorranno fare i lavori umili?
    Diventeranno come loro, ne sono sicuro

 

 

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