Polledri: «Solo così è possibile salvare le nostre imprese dalla crisi»
Igor Iezzi
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ROMA - Non uno slogan, ma un vero e proprio provvedimento che si può attuare da subito con il risultato di proteggere migliaia di operai e centinaia di imprese. «Se il problema è il nome, allora non chiamiamoli più dazi ma clausole di salvaguardia: si tratta di una misura già approvata nell’ambito del Wto per 18 prodotti e riportata fedelmente in una risoluzione e in una mozione approvate dal nostro Parlamento con il parere favorevole dello stesso Urso. E smettiamola, soprattutto, di dire che si tratta di uno slogan della Lega Nord». Massimo Polledri, capogruppo del Carroccio in commissione Attività Produttive della Camera ha voluto rilanciare l’unica proposta per salvare il tessuto produttivo della Padania, sul quale l’intero Stato si appoggia per sopravvivere».
Onorevole Polledri, allora nessun slogan dietro la parola dazi?
«Esiste un atto del Parlamento che prevede la possibilità di adottare forme di salvaguardia dei nostri prodotti ma si rischia di sottovalutare il problema per superficialità o per insipienza.
Per lei il dazio di può concretizzare in un atto concreto?
«Il dazio, che viene chiamato clausola di salvaguardia, è permesso da un atto di indirizzo ben chiaro che riprende una normativa europea. Non si può banalizzare tutto pur di attaccare la Lega ed evitare così una riflessione politica. Fanno prevalere gli interessi di partito, attaccano la Lega e intanto le aziende muoiono di Cina».
Quindi esiste già, a differenza di quanto dice l’esponete di An e viceministro, Adolfo Urso?
«Certo, non stiamo parlando della luna. Sono misure già approvate e c’è un atto di indirizzo, nonostante Urso ne neghi l’esistenza».
La clausola di salvaguardia è un sinonimo di dazio?
«Esattamente, e già viene applicata dall’Europa sulla base di un protocollo ben preciso».
Cosa è necessario per attuarlo?
«Il dazio deve essere messo su un settore di rilevanza europea. Non si può mettere un dazio su produzioni di rilevanza locale. Ma sul settore, per esempio, calzaturiero che rappresenta il 40% della produzione europea, è possibile. Il solo dimostrare che è in atto una crisi occupazionale è un criterio sufficiente per l’Europa per mettere la clausola di salvaguardia. Infatti già diversi prodotti sono sottoposti a queste forme di salvaguardia. E allora, quando sono state varate, Urso non ha parlato».
Si tratta di applicare ad altri settori misure già in atto?
«Esattamente. L’unica cosa da fare è andare in Europa con una documentazione utile a soddisfare i criteri per l’attuazione della misura».
Allora non si può ottenere i dazi dall’Italia, ma occorre andare in Europa?
«Le clausole di salvaguardia vengono applicate dall’Europa sulla base di due criteri: la rilevanza europea del settore in crisi e il calo occupazione e di produzione. I commercianti e gli artigiani dovrebbero rispondere ad un questionario messo a disposizione dall’Europa. Ma non lo fanno perchè non ne conoscono l’esistenza o perchè hanno paura di controlli fiscali. E il governo non fa nulla per aiutarli. Urso, invece di parlare, agisca in questo settore. E poi c’è il problema delle dogane»
Non funzionano nemmeno quelle?
«Su 9000 doganieri ne abbiamo 1500 negli uffici. E manca una qualsiasi azione di intelligence. Non sono dei passacarte. Hanno dei contatti con qualche dogana straniera o con polizie estere? No, allora come fanno a prevenire?».
Vuole la guerra alla Cina?
«Assolutamente no, vogliamo solo aiutare le nostre aziende. E’ un momento difficile, occorrono misure di prevenzione».
Prevenzione per aiutare le imprese. Cosa bisogna fare per evitare che si trasferiscano in Cina?
«Noi vogliamo conquistare quote di mercato e siamo favorevoli che si investa in Cina o che succeda il contrario. Ma non possiamo permettere che si delocalizzi e si chiudano le fabbriche da noi. Nella legge sulla competitività in discussione si deve prevedere che chi investe in Cina continui a mantenere settori della produzione nel nostro Paese. L’importante è che alcuni settori, come il design, la sicurezza, i collaudi, rimangano nel nostro Paese».
Altrimenti?
«Non è pensabile che con i soldi della collettività si finanzi la disoccupazione. Non è pensabile che l’operaio della Bovisa aiuti il suo datore di lavoro a metterlo in cassintegrazione».
Montezemolo ha affermato che le imprese italiane hanno perso una grande opportunità a non investire prima in Cina?
«Che si sveglino. La Bmw e la Wolkswagen lo hanno fatto, invece la Fiat ha dormito e oggi è fuori dalla Cina e dall’Africa».
Ma non ha appena detto che bisogna impedire che le imprese del nostro Paese vadano in Cina?
«Delocalizzare è diverso da internazionalizzare. La Bmw e la Volkswagen hanno investito in Cina ma senza andarsene dai loro Paesi. Questa è la lezione da seguire Altrimenti finisce che la prossima volta la nostra delegazione a Pechino ci va con McDonald visto che l’industria nostrana sarà scomparsa».
[Data pubblicazione: 08/12/2004]