Riporto da il FORUM DE 'LA CITTADELLA' (http://www.freeforumzone.com/viewforum.aspx?f=34767) dove è in corso una discussione al riguardo:
Il Ghibellino
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Registrato il: 13/04/2004
Martedì mattina, mentre stavo andando a lavoro in macchina ho ascoltato questa interessantissima intervista alla radio. Alla fine della lettura è stato segnalato che era stata tratta dal numero in edicola del quotidiano Libero. Vincendo lo schifo e la ripugnanza sono passato in edicola a prendere il giornalaccio di Feltri, tra l’altro vi era anche allegata una dispensa dal titolo ‘Il Corano letto da Vittorio Feltri’, e vi lascio immaginare con quali risibili e odiosi risultati, acquistando nel contempo anche una copia di Rinascita così per cercare di bilanciare karmicamente la mia azione.
Così, dopo essermela letta con calma debbo dire che quest’intervista offre tanti e tali spunti di riflessione per noi tradizionalisti romani, che sarebbe stato un vero peccato non darne diffusione qui sul forum. L’ho così scansionata per potervela proporre integralmente:
Dopo Wojtyla un Papa indiano
Il vaticanista della Rai De Carli svela chi sarà il prossimo capo del Vaticano.
Un giro di pareri tra i grandi elettori dà il cardinale di Bombay Ivan Dias come candidato a succedere a Giovanni Paolo II.
di Marco Ferrazzoli
(da Libero anno XXXIX numero 293 di martedì 7 dicembre 20004)
ROMA - Giuseppe De Carli ha intervistato il futuro Papa. Non può dire chi è, ma lo ha intervistato. È uno dei 23 cardinali “elettori” le cui testimonianze compaiono nell’ultimo libro del direttore di Rai Vaticano, “Eminenza, mi permette?” (Piemme-Rai Eri). Il successore di Karol Wojtyla, senza quasi ombra di dubbio, è l’arcivescovo di Bombay, Ivan Dias: su di lui, rivelano fonti autorevolissime, cade il consenso del 90 per cento del concistorio. Ovviamente il responsabile di Rai Vaticano non conferma l’indiscrezione, ma accetta con quest’intervista di squarciare il velo della sua tradizionale riservatezza, rivelando tra 1'altro che il prossimo pontefice guiderà una
democrazia informatica".
Allora, sarà Dias il prossimo Papa?
«Posso solo dire che sull'arcivescovo di Bombay si incontra un consenso che travalica i confini».
Che emozione le ha dato incontrarlo, sapendo che forse sarà il successore di Giovanni Paolo II?
«È una “luce per la Chiesa”. Riservatissimo. Mi ha colpito la sua prima frase quando la troupe voleva riprenderlo: “Inquadratemi mentre prego, non quando parlo. Servono testimoni, non oratori”».
Perché un Papa indiano?
«C'è una dimensione planetaria del cattolicesimo che a noi sfugge. In India ci sono milioni di convertiti ogni anno. È sono soprattutto i paria, a cui il cristianesimo, testimoniato in India attraverso opere concrete di carità, offre una speranza di riscatto dal sistema delle caste. Il cattolicesimo del terzo millennio sarà quello dell’Asia, ha detto Giovanni Paolo II, dopo i due millenni che hanno evangelizzato Europa, Americhe e Africa. Si tratta di un continente con 4 miliardi di persone, con centinaia di milioni di futuri cattolici».
Un Papa italiano ce lo possiamo scordare?
«Non possiamo più guardare alla religione con gli occhi dell’Europa, da dove ormai arriva appena il 20 per cento dei fedeli, che per quattro quinti vivono nel Terzo Mondo».
Come diceva Indro Montanelli noi tendiamo a vedere Dio “in maniche di camicia”, come uno di casa. La Chiesa si è “globalizzata”?
«La Chiesa è una realtà globale da 2000 anni. Io ho intervistato 109 dei 121 cardinali elettori, che provengono da quasi settanta Paesi. La serie completa andrà in onda da gennaio su Rai International, ma anche la selezione dei 23 incontri raccolti nel libro costituisce un incredibile mosaico della Chiesa di oggi, tra Paesi e continenti diversissimi».
E l'Europa non diventerà la periferia di questo cattolicesimo globale?
«Da noi c'è più una crisi di pratica che di fede. La nuova evangelizzazione, dopo gli straordinari successi di Wojtyla coi giovani, riguarderà le donne, da sempre le testimoni della pratica. Ratzinger dice che ci dobbiamo abituare a una testimonianza minoritaria, imparando a essere “lievito” e ad avere la coscienza della superiorità della nostra fede».
Addio dialogo con l'Islam...
«E invece lo sostengono tutti i cardinali che ho incontrato, convinti, come spiega il cardinale Scola, che si debba partire con i 16 milioni di musulmani europei. Una legge come quella contro il velo nelle scuole, spiega il vescovo di Parigi Lustiger, è un boomerang “liberticida” contro i cristiani. E poi non c’è solo l’islam: in America Latina le sette protestanti portano via 40 milioni di fedeli».
Da noi c'è crisi di pratica e di vocazioni.
«Che esplodono in Africa. E la qualità del clero locale è ottima. Penso al cardinale nigeriano Okogie, l’unica personalità a sfidare il governo in un paese ricchissimo in cui la gente vive con
un dollaro e mezzo al giorno. O al ghanese Turkson, che mi ha detto: “Dio non è solo europeo”. II cattolicesimo africano imposta il rapporto con Dio senza mediazioni intellettuali, riportandolo alla purezza originaria».
Nel Terzo Mondo la Chiesa vince appoggiando i poveri. Una Chiesa “progressista”?
«Questa distinzione non esiste più, me ne sono accorto con le interviste. Ratzinger, che oggi passa per conservatore, era considerato progressista ai tempi del Vaticano II. Si tratta solo di realismo».
Un po' come Wojtyla, modernissimo nei modi e tradizionalista sui principi.
«Senza questa rigidità in campo etico, la Chiesa rischiava scismi ben più pericolosi di quello di monsignor Lefèbvre».
Quindi, anche in futuro, niente preti sposati o sacerdozio femminile?
«Su questi temi ci sono sensibilità diverse, specialmente Oltralpe. E anche da noi Carlo Maria Martini è possibilista sul diaconato femminile. Mentre il siriano Daoud dice: “Beati i preti orientali sposati, che in queste zone sono stati presidio della Chiesa”. Martini propone che il Papa consulti periodicamente tutti i cardinali, non con un nuovo concilio ma con una democrazia via Internet».
Abbiamo parlato dei cardinali, ma che giudizio dà del Papa attuale?
«Ha rivelato la sua grandezza proprio scegliendosi collaboratori di così alto profilo, che sono unanimi nel definire Giovanni Paolo II “Magno” ».
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Alcune considerazioni sparse su quanto appena letto.
L’intervistato non dice chiaramente che il prossimo Papa sarà l’indiano Dias, lascia però intendere che la nomina dello stesso al soglio pontificio non è poi un’ipotesi così peregrina. E questo, nonostante il verificarsi o meno della cosa, ci permette alcuni spunti per ragionare.
Il primo pensiero è quello che in una società cristiana dove è sempre più maggioritario l’elemento etnico non-europeo, oramai schiacciante direi, è inevitabile che prima o poi possa venire eletto un Papa negro o asiatico.
Come si porrà allora il cristiano cattolico europeo di fronte a un tale evento che rappresenterà un’ulteriore accellerazione mondialista? La risposta è che accetterà il tutto senza battere ciglio, ben contento di seguire i dettami di santa romana chiesa. Una conclusione questa, come ci ricorda anche l’intervistato, che è nella natura stessa dei tre monoteismi semiti, globalisti in essenza ed in natura, e che a questo hanno sempre teso fin dal giorno della propria nascita, disgregando imperi e cancellando ogni diversità, inoculando lentamente il germe dell’uguaglianza in quelle società un tempo sane e tradizionali.
Un vero terremoto sarà invece quello provocato in quegli ambienti che oggigiorno si rifanno al tradizionalismo, all’anti-mondialismo, al differenzialismo, alla lotta politica identitaria. Ambienti notoriamente pieni di cattolici che di fronte a quest’ennesima constatazione di una chiesa sempre più globalizzata dovranno finalmente fare i conti con la realtà. Una realtà che noi pagani e tradizionalisti romani riconosciamo da tempo, ma che altri faticano a vedere, preferendo rimanere romanticamente avvinti a convinzioni e convenzioni oramai largamente superate dall’evidenza dei fatti. E chissà che l’elezione di un Papa non europeo non porti molti di questi cristiani europei ad aprire finalmente gli occhi su quello che il cristianesimo ha sempre rappresentato per l’Europa e gli europei.
Riporto infine alcuni stralci per poterli così meglio commentare:
C'è una dimensione planetaria del cattolicesimo che a noi sfugge. In India ci sono milioni di convertiti ogni anno. È sono soprattutto i paria, a cui il cristianesimo, testimoniato in India attraverso opere concrete di carità, offre una speranza di riscatto dal sistema delle caste.
Il cristianesimo, così come anche l’islam e il monoteismo semita tout-court, riconferma il suo autentico ruolo di disgregatore e sovvertitore dell’ordine tradizionale per tramite della sobillazione degli strati meno abbienti della società. Ed è significativo che questo avvenga proprio in India, uno dei pochi posti al mondo dove ancora si può parlare di società tradizionale impostata su solide basi spirituali e sociali. Letto in questa maniera l’attacco all’India è significativo ed esplicativo della natura stessa del monoteismo come uniformatore e massificatore universale, nonché livellatore di ogni differenza religiosa, culturale e razziale.
Da qui la considerazione più volte espressa da parte nostra, ma lo stesso Evola ci viene in aiuto, che assai difficilmente si può parlare di Tradizione in riferimento al cristianesimo. Tanto che personalmente identifico lo stesso come un autentico morbo che assale e vampirizza tutto ciò che di tradizionale ancora esiste.
Il cattolicesimo del terzo millennio sarà quello dell’Asia, ha detto Giovanni Paolo II, dopo i due millenni che hanno evangelizzato Europa, Americhe e Africa. Si tratta di un continente con 4 miliardi di persone, con centinaia di milioni di futuri cattolici.
Evangelizzazione che, non scordiamolo, è stata attuata per tramite di massacri e nefandezze senza fine. Evangelizzazione dell’Europa che si fonda sulla morte del mondo classico avvenuto tra massacri di uomini, distruzioni di templi ed emanazioni di leggi liberticide. Evangelizzazione delle Americhe che si ottenne a nord con il genocidio quasi totale degli indigeni, e a sud con violenze e nequizie di non minor conto. Evangelizzazione dell’Africa che invece mi pare alquanto improbabile, nonostante quanto enfaticamente detto dall’intervistato, visto che il cristianesimo in Africa è da secoli che si trova sulla difensiva, pressato com’è dal suo ‘gemello’ islam. E non scordiamoci poi dell’evangelizzazione dell’Australia, che per modalità e risultati ha ben poco a che invidiare a quello che venne attuato in America del Nord.
Ora la chiesa vorrebbe partire all’assalto di quella che per certi versi è rimasta l’unica roccaforte del mondo tradizionale ancora esistente, ossia l’Asia. Continente dove prima dell’arrivo di musulmani e di cristiani il rispetto e la tolleranza religiosa erano la norma. Un continente dove da millenni coabitano quelle che, dopo che il cristianesimo ha cancellato col ferro e col fuoco la religiosità originaria europea, sono forse le più alte espressioni di spiritualità rimaste al mondo: hinduismo, shintoismo, taoismo, buddhismo e shamanismo, tanto per nominare le più note.
Anche in questo appare manifesta la natura sovvertitrice e disgregatrice del cristianesimo nei confronti delle società tradizionali.
Non possiamo più guardare alla religione con gli occhi dell’Europa, da dove ormai arriva appena il 20 per cento dei fedeli, che per quattro quinti vivono nel Terzo Mondo.
Quindi, cari cattolici europei, preparatevi presto a un Papa negro o asiatico. La chiesa romana è ben decisa a scavalcare a sinistra le chiese protestanti. E sarò curioso di vedere la reazione di tanti patrioti europei cristiani di fronte a quest’avvenimento. Avverranno altri scismi? E a che pro se poi, esaminando la dottrina stessa della chiesa, l'indeterminatezza razziale è alla radice del messaggio cristiano?
La Chiesa è una realtà globale da 2000 anni.
Le gerarchie della chiesa ammettono questo oramai da tempo. E a noi pure la cosa appare tragicamente evidente. Piuttosto amerei un giorno poter ascoltare al riguardo un’opinione contraria da parte dei tanti cristiani identitaristi o nazionalisti europei, e di come riescono a coniugare le due cose.
O al ghanese Turkson, che mi ha detto: “Dio non è solo europeo”. II cattolicesimo africano imposta il rapporto con Dio senza mediazioni intellettuali, riportandolo alla purezza originaria.
Che Dio non sia solo europeo è cosa ben nota a chi vede il divino al di là dello scritturalismo e dell’intolleranza portata dal monoteismo semita. Ma questa dichiarazione appare molto interessante, perché in una chiesa che fonda i 4/5 della propria forza su fedeli non etnicamente europei, le stesse gerarchie composte invece per 4/5 da europei etnici dovranno giocoforza adeguarsi alla situazione venutasi a creare, ed accettare di venire scavalcati da una maggioranza di negri, asiatici e sudamericani.
Quindi quel “Dio non è solo europeo” suona a me più come una minaccia/promessa che altro.
E anche da noi Carlo Maria Martini è possibilista sul diaconato femminile.
Con l’accettazione del sacerdozio femminile si riduce ulteriormente la distanza tra la chiesa cattolico-romana e quella protestante. Visto che la prima, dal Vaticano II in poi si è messa velocemente a calcare le orme della seconda. E assottigliatesi le differenze chissà che prima o poi non si riesca a giungere a una qualche forma di chiesa universale che riporti sotto un’unica egida tutti i vari scismi avvenuti durante i secoli?
Questi i miei pensieri al riguardo. Amerei leggere altre opinioni, concordi o meno che siano, per poter meglio inquadrare la questione.
Una foto del possibile prossimo Papa, il cardinale Ivan Dias:
Saluti.