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    L'auriga
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    Predefinito Il federalismo reale del governo Berlusconi

    (dal sito http://www.regione.emilia-romagna.it...ti/Statuti.htm dove vi sono link per approfondire)

    Statuti regionali...a che punto siamo al 7 dicembre
    Una panoramica sulla situazione delle "Carte regionali"; una tabella dalla quale è possibile accedere ai documenti, approvati e non, di ogni Consiglio, la sentenza della Corte Costituzionale sullo Statuto della Regione Toscana e uno schema con i punti degli Statuti impugnati dal Governo

    E’ cambiato in questi ultimi giorni il quadro relativo alle tappe percorse dai singoli statuti regionali, prima del traguardo finale. I nuovi statuti entrati in vigore sono diventati quattro, infatti, dopo Puglia e Lazio, il 19 ottobre anche per la Regione Calabria lo Statuto è divenuto legge regionale. La quarta regione è la Toscana, che esce vittoriosa dalla disputa con il Governo, dopo che quest’ultimo aveva impugnato lo Statuto davanti alla Corte Costituzionale. E la Corte, con la sentenza n.372 del 29 novembre, si è espressa a favore della Regione Toscana, dichiarando inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Governo. Una sentenza importante, visto che è stata la prima ad essere stata emessa in questo contenzioso tra Governo e Regioni. Il 6 dicembre è arrivato anche il giudizio in merito agli statuti dell’Emilia-Romagna (sentenza n.379) e dell’Umbria (sentenza n.378). Le 2 sentenze, molto simili tra loro, fondamentalmente non hanno accolto le questioni sollevate dal Governo, giudicandole quasi tutte inammissibili o infondate. L’unica eccezione, valida per entrambe le Regioni, riguarda l’incompatibilità della carica di assessore con quella di consigliere regionale, in quanto le regole di incompatibilità non competono agli Statuti (artt.121 e 122 della Costituzione). Andrà quindi modificato l’art. 45, comma 2, per lo Statuto dell’Emilia-Romagna, mentre per lo statuto della Regione Umbria dovrà subire variazioni l’art.66, commi 1 e 2. La Corte Costituzionale ha lasciato impregiudicati gli impianti degli Statuti delle 3 regioni, fortemente innovativi. Ricordiamo, tra gli altri punti, che l’Emilia-Romagna riconosce il diritto di voto agli immigrati residenti nella regione; l’Umbria la Toscana tutelano anche le forme di convivenza diverse da quelle tradizionali (le coppie di fatto). Nella sentenza la Corte ha detto che “le proclamazioni di obiettivi e di impegni non possono essere assimilate alle cosiddette norme programmatiche della Costituzione.” Ora la Corte Costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi sugli altri statuti impugnati: Abruzzo e Liguria. Il 19 ottobre il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato in 2^ lettura il proprio statuto. La Regione Marche l’ha approvato, invece, in 3^ lettura lo scorso 4 dicembre, visto che una prima volta era tornata sui propri passi per timore che venisse poi impugnato dal Governo. Sia Piemonte che Marche attendono ora che trascorrano i 3 mesi necessari per la definitiva promulgazione. I 3 mesi rappresentano il tempo tecnico per dare la possibilità all’importante atto di essere sottoposto a referendum popolare, qualora ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione, oppure anche, come si è più volte verificato, l’abbiamo visto, per essere eventualmente impugnato dal Governo. Rimangono piuttosto indietro nella tempistica la Basilicata, la Lombardia, il Molise, e il Veneto. Un dato evidente, a dispetto di ciò che solitamente accade, è che indietro sono soprattutto le Regioni del nord. Difficile da individuare i motivi di questo ritardo anche perché, comunque, tutti i Consigli regionali anche quelli che sono arrivati all’approvazione lo hanno fatto con tempi piuttosto lunghi.

  2. #2
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    Predefinito

    LE «LEGGI» LOCALI
    Per le Regioni è soltanto vittoria di Pirro



    15 Dicembre 2004

    di Michele Ainis

    Questo non è un commento, è una notizia. E la notizia interessa innanzitutto la Calabria, la Puglia, il Lazio, che hanno già promulgato i rispettivi statuti regionali. Interessa ancor più l'Emilia, le Marche, il Piemonte, la Toscana, l'Umbria, ormai a un passo dal proprio traguardo statutario. E interessa soprattutto il drappello dei ritardatari, dall'Abruzzo alla Liguria, dalla Campania al Veneto, dalla Basilicata alla Lombardia al Molise. Lasciate perdere, non ne vale la pena. E smettiamola anche noi d'armarci per guerre di religione sulle unioni gay in Umbria, sul voto agli immigrati in Emilia, sui diritti degli animali in Toscana, o sui molti altri principi codificati dai nuovi statuti, dal valore della Resistenza a quello della tolleranza culturale.

    Eccola infatti la notizia. Nei giorni scorsi la Consulta ha stabilito che gli statuti regionali non recano norme giuridiche bensì chiacchiere, proclami, desideri. Più precisamente: "esplicano una funzione, per così dire, di natura culturale o anche politica, ma certo non normativa" (sentenze n. 372, 378 e 379 del 2004). Sicché le regioni l'hanno avuta vinta sui ricorsi del governo, ma con una vittoria di Pirro. L'allarme del ministro La Loggia, l'altolà della Padania, così come - sul fronte opposto - le trionfanti dichiarazioni dell'Arcigay e dei governatori (Martini: "abbiamo vinto 11 a 0"), sono parole scritte sull'acqua, cattedrali edificate su una nuvola. È come dolersi o rallegrarsi perché un padre padrone ha finalmente dato il proprio assenso alle nozze della figlia, ma a patto che il futuro sposo si tagli gli attributi. E infatti da oggi in poi gli statuti regionali non hanno unghie, né denti, né forza prescrittiva.

    Rimane allora un grumo di domande. Primo: un vecchio maestro del diritto costituzionale (Vezio Crisafulli) insegnava che ogni atto normativo va interpretato magis ut valeat, al meglio delle sue capacità espansive. Secondo la Corte viceversa lo statuto va letto al ribasso, minus quam dixit: per il (residuo) senso della legalità, è davvero un passo avanti? Secondo: ed è un passo avanti oppure indietro verso il federalismo all'italiana? Terzo: se gli statuti non possono determinare l'identità delle popolazioni regionali, allora a cosa servono? Quarto: e perché mai la Costituzione detta quel po' po' di procedimento per la loro approvazione (due delibere del Consiglio regionale, un intervallo di due mesi fra la prima e la seconda, l'obbligo di raggiungere la maggioranza assoluta dei consiglieri, l'eventualità d'impugnazioni e referendum), quando poi ogni statuto è carta straccia? Ma forse almeno la risposta è semplice: il diritto, in Italia, non è una cosa seria. Nemmeno per chi dovrebbe farsene custode.

    da: lastampa.it

 

 

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