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INEDITI
Tra i più aperti oppositori del regime nazista, il cardinal von Galen denunciò con forza anche i soprusi degli alleati
La cattedrale di Münster, da cui aveva condannato il paganesimo di Hitler,fu gravemente danneggiata dagli attacchi aerei del 1943. E di questo volle scrivere al Papa
Di Gian Maria Vian
Quando nella notte tra il 22 e il 23 agosto 1939 Giovanni Battista Montini - il futuro Paolo VI, allora sostituto della Segreteria di Stato - mise a punto l'estremo appello che Pio XII lanciò per radio il 24 («Nulla è perduto con la pace! Tutto può esserlo con la guerra»), nessuno poteva immaginare quanto terribilmente vere si sarebbero rivelate quelle parole nell'abisso di orrori aperto dal conflitto, dai milioni di vittime alla devastazione di interi paesi, fino all'inaudito sterminio degli ebrei europei.
Tremendi furono i bombardamenti aerei tedeschi sull'Inghilterra, e atroce il moral bombing con cui il premier britannico Winston Churchill teorizzò la «giusta guerra dell'aria» destinata a «redimere la morale attraverso l'abbattimento sistematico della resistenza morale dei tedeschi». Intere città tedesche furono così rase al suolo e centinaia di migliaia furono le vittime civili deliberatamente e letteralmente annientate dal fuoco alleato, come soprattutto in Germania sta ricostruendo la più recente storiografia.
Tra le città martiri fu Münster, in Westfalia, dov'era vescovo dal 1933 - l'anno dell'ascesa al potere di Adolf Hitler - Clemens August von Galen (1878-1946), un aristocratico che per la sua immediata e veemente opposizione al nazionalsocialismo era noto all'opinione pubblica mondiale come «il leone di Münster». Creato cardinale da Pio XII nel grande concistoro del 18 febbraio 1946 con altri due presuli tedeschi antinazisti - Konrad von Preysing, vescovo di Berlino, e Joseph Frings, arcivescovo di Colonia - von Galen morì un mese più tardi. Sei giorni prima, di ritorno da Roma, tenne ai fedeli il suo ultimo discorso, in parte qui anticipato e pubblicato da Stefania Falasca sul prossimo numero di «Trentagiorni« (con tre lettere, inedite in Italia, che von Galen scrisse al Papa sulla tragedia tedesca), alla vigilia dell'annuncio della beatificazione del grande vescovo.
I bombardieri arrivarono su Münster il 10 ottobre 1943. Testimoniò poi un canonico: «Mentre gli aerei volavano ancora sulla città, vidi il reverendissimo monsignore su in alto, sotto il cielo aperto tra le rovine in fumo (…) miracolosamente illeso. (…) Nella notte mi chiese di accompagnarlo al duomo. Restò lì, immobile, davanti a quelle macerie divorate dalle fiamme. In silenzio pianse». Proprio dalla cattedrale in rovina «il leone di Münster» - che i nazisti chiamavano invece, dalle iniziali del suo nome, «il porco C. A.» - aveva per anni tuonato contro la «nuova nefasta dottrina totalitaria che pone la razza al di sopra della moralità» e »mira a distruggere le fondamenta del cristianesimo».
Ben 102 furono i bombardamenti su Münster, benché la città non rientrasse nel programma - la terrificante «operazione Gomorra» teorizzata da Arthur Harris - che pianificò, grazie al «massimo uso del fuoco», la cancellazione di città come Potsdam, Lubecca, Amburgo, Dresda, contro cui già l'11 febbraio 1943 parlò alla Camera dei Lords il vescovo di Chichester, George Bell: «La parola cruciale scritta sulle nostre bandiere è "diritto". Noi, che insieme ai nostri alleati siamo i liberatori dell'Europa, dobbiamo mettere la nostra forza al servizio del diritto. E il diritto è contrario al bombardamento delle città nemiche», perché - ripeté il presule anglicano il 9 febbraio 1944 - «mettere sullo stesso piano gli assassini nazisti e il popolo tedesco, su cui essi hanno compiuto ogni tipo di malefatta, significa diffondere la barbarie».
Nella prima estate dopo la guerra von Galen parlò ancora. Ma questa volta contro i soprusi degli alleati, di fronte ai quali minacciò di agire «proprio come ho agito contro le ingiustizie e la barbarie del nazionalsocialismo». E il 20 agosto 1945, scrivendo al Papa, condannò le teorie «che vogliono imputare all'intero popolo tedesco, anche a quelli che mai hanno reso omaggio alle erronee dottrine del nazionalsocialismo e che anzi, secondo le proprie possibilità, vi hanno opposto resistenza, una colpa collettiva e la responsabilità per tutti i crimini commessi dai precedenti detentori del potere».