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  1. #131
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    Citazione Originariamente Scritto da Lampo Visualizza Messaggio
    Guarda che la politica la capiamo entrambi ...
    C'e chi la capisce e chi no ... nemmeno a farsela spiegare ...

  2. #132
    Salviamo Bondi !
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    Citazione Originariamente Scritto da nuvolarossa Visualizza Messaggio
    C'e chi la capisce e chi no ... nemmeno a farsela spiegare ...

    è un insulto ?

    Mica bisogna insultare.....

    La pensiamo diversamente punto.......

  3. #133
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    Citazione Originariamente Scritto da Lampo Visualizza Messaggio
    è un insulto ?
    ... non e' un insulto ... non ti offendere ... e' solo una constatazione ....

  4. #134
    Salviamo Bondi !
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    Citazione Originariamente Scritto da nuvolarossa Visualizza Messaggio
    ... non e' un insulto ... non ti offendere ... e' solo una constatazione ....

    capisco.....

    Guarda che potrei dire benissimo la stessa cosa di te solo vista dal mio punto di vista.......

  5. #135
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    Citazione Originariamente Scritto da Lampo Visualizza Messaggio
    capisco.....

    Guarda che potrei dire benissimo la stessa cosa di te solo vista dal mio punto di vista.......
    Dille pure ... io mica mi offendo ... leggo ... medito ... e rispondo ....

  6. #136
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    Maggioranze variabili
    Difficile immaginare una crisi più grave di quella attuale

    Abbiamo interpretato l'intervista al "Corriere della Sera" del ministro Amato, nella quale si avanzava l'ipotesi di maggioranze variabili utili a superare gli ostacoli di cui è ormai disseminato il terreno sul quale tenta di stare in piedi il governo Prodi, come la dimostrazione più lampante della mancanza di autosufficienza della coalizione. Cosa ancor più clamorosa, perché l'intervista di Amato era successiva ad una ostentazione di sicumera da parte del presidente del Consiglio all'indomani del voto di fiducia, priva di qualsiasi senso della realtà: siamo autosufficienti, diceva il premier in preda ad un'euforia ottimistica sinceramente immotivata.

    Infatti, se davvero fossero autosufficienti, Amato non proporrebbe maggioranze variabili e lo stesso premier non si metterebbe ad aprire un tavolo di consultazione per una nuova legge elettorale. Il governo Prodi in realtà sta cambiando passo perché si è accorto, finalmente, che non ha le forze per durare davvero un'intera legislatura e che non gli basterà certo il soccorso dell'onorevole Follini. Ma prenderà atto presto che è anche difficile cambiare passo senza cambiare maggioranza. Perché se c'è bisogno dell'opposizione per superare i contrasti interni e poter varare dei provvedimenti concreti sul piano dell'azione politica, un problema allora esiste, eccome: la maggioranza in quanto tale non c'è più. Allora nessuno vieta a Prodi di continuare a pensare che il sistema bipolare maggioritario sia perfetto, anche se poi all'interno di una coalizione nasce un processo di distacco tale per il quale quella maggioranza viene battuta nelle aule parlamentari. Bisogna però poi che Prodi trovi una soluzione per ovviare a questo inconveniente, visto che si abbandona De Gregorio e si intruppa Follini, si perdono i senatori di un partito di governo e si conta sul sostegno delle forze dell'opposizione. Un sostegno libero, responsabile, nell'interesse esclusivo del paese, da parte di coloro che sono stati considerati servi, irresponsabili, capaci esclusivamente di occuparsi del proprio interesse. Guarda caso la magnifica maggioranza di centrosinistra non è autosufficiente per affrontare queste responsabilità e chiede soccorso ad un'opposizione disprezzata fino a ieri e seraficamente.

    C'è perfino l'onorevole Fassino che ci dice che non c'è crisi. E se non è una crisi questa, onorevole Fassino, che cos'è? La crisi c'è, e tanto grave che al Quirinale si vorrebbe capire meglio. Speriamo solo che il Capo dello Stato non capisca però quello che molti cittadini già pensano di avere capito: e cioè che l'attuale governo, più che un governo della Repubblica, rischia di sembrare un governo d'occupazione. A proposito, aggiungiamo che la sola ipotesi di una nuova legge elettorale solletica le più vive intelligenze, le quali si sentono il dovere di dire la loro. Su tutte si innalza quella del professor Sartori che, come si sa, ha una principale ambizione: sbarazzarsi dei tanti "nanetti" della politica che hanno impedito il meraviglioso decorso progressivo del Paese. Non sappiamo se Sartori creda davvero a questa tesi, ma comunque la sostiene e spiega che per identificare un buon sistema elettorale c'è una sola maniera: la riforma che piace ai "nanetti" è sicuramente cattiva per il paese. Si consoli: noi, che giganti certo non siamo, non abbiamo mai apprezzato una sola riforma elettorale dal 1994 in avanti.

    Roma, 6 marzo 2007

    tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

  7. #137
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    Il centro sinistra nel caos
    L’amara sorte dei Democratici

    di Arturo Diaconale

    Il governo esce con le ossa rotte dalle elezioni amministrative. Ma, forse, più dell'esecutivo di Romano Prodi, è il progetto del Partito Democratico che subisce un colpo gravissimo. Gli elettori non hanno premiato il disegno di mettere insieme Ds e Margherita. I due partiti, insieme e separati, hanno perso fette consistenti dei rispettivi elettorati. A vantaggio in parte minima per il centro destra ma in parte consistente per la sinistra estrema e per il partito, virtuale ma fin troppo consistente, dell'astensione.
    Sulla base di un dato così eclatante i dirigenti delle due forze politiche maggioritarie del centro sinistra dovrebbe prendere atto del fallimento dell'operazione. E passare ad altro. Ma questo significherebbe gettare all'aria l'unica strategia da loro elaborata negli ultimi anni. E, soprattutto, significherebbe riconoscere di aver fallito anche sul piano personale oltre che su quello politico. Uscendo così di scena e lasciando il posto a tutti quelli non compromessi con il disastro.

    L'ipotesi, però, è del tutto improponibile. Nessuno dei quadri dirigenti di Ds e Margherita è disposto a farsi da parte. Inoltre all'interno dei due partiti non esiste una classe dirigente di ricambio. Gli artefici del fallimento del partito che ancora non è nato sono dunque condannati ad andare avanti. Con la sola possibilità di compiere qualche cambiamento frettoloso in corsa. Magari l'allargamento del Comitato per le regole, la definizione dei tempi per la scelta del leader o altre modifiche di poco conto relative a questioni di dettaglio. Ma senza alcuna speranza di eliminare il difetto di fondo dell'iniziativa rappresentato dalla pretesa di fondere a freddo ed in maniera verticistica due diverse e, per molti versi antagoniste, tradizioni politiche della sinistra italiana. La certezza che la macchina del Partito Democratico non può fermarsi acuisce le difficoltà del governo. La sinistra antagonista, a differenza di Ds e Margherita, non è uscita penalizzata dal voto. Al contrario, può legittimamente sostenere di aver intercettato i nemici del Pd. Ed ora non perderà occasione per dare il colpo finale alla mal riuscita “fusione fredda”. Sia pretendendo che il governo impegni il tesoretto per beneficare il proprio elettorato estremista. Sia arrivando anche a minacciare l’arma della crisi di governo per far saltare definitivamente il progetto del Partito Democratico su cui Prodi aveva tanto puntato nel corso della passata campagna elettorale.

    tratto da http://www.opinione.it/

  8. #138
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    Riceviamo da Anselmo Gusperti, Segr. Prov.le P.R.I. Cremona

    Egr. Sig. Direttore,
    il Vice Premier, nonché Ministro dei Beni Culturali del nostro Paese ,in apertura di un convegno ad Assisi, ha affermato “ In Italia, purtroppo hanno vinto i geometri” , con evidente uso dispregiativo del titolo e profonda ignoranza dell’ordinamento giuridico e delle competenze professionali.
    Ma ciò non deve meravigliare : da chi in tutta la vita non ha mai svolto qualsiasi forma di attività professionale ( se non l’applicazione costante nel trovare artificiose forme di autofinanziamento) non si può pretendere oltre. Direi che, ancora una volta , il Nostro ha dato la dimensione esatta del suo essere : un inutile transito di altrui idee in un vuoto che avanza.

    Geom. A. Gusperti - Segr. Prov. P.R.I. Cremona

  9. #139
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    Il ritorno di Rutelli
    A Roma l'Italia nuova assomiglia molto a quella vecchia

    Non c'è che dire: l'Italia nuova promessa dal Partito democratico si misura subito con le idee proposte per il sindaco di Roma. Veltroni è stato costretto a lasciare, e chi viene candidato al suo posto? Francesco Rutelli.



    Ora è vero che il Pd, nella sua composizione di Ds e Margherita, ha fatto governare per quindici anni la Campania a Bassolino; ma a Roma, con l'eventuale ritorno di Rutelli, già sindaco dal '93 al 2001, si stanno per superare questi traguardi da basso impero.

    E non si tratta nemmeno di stabilire se Rutelli sia stato un buon sindaco o meno.

    Perché quello che appare evidente è che il Pd non ha una soluzione di rinnovamento della classe dirigente. O, peggio, ha una cognizione circolare del potere, tale per cui questo finisce sempre nelle stesse mani.

    Due volte ha candidato Prodi come premier. Veltroni non è certo un uomo nuovo.

    Ricompare Rutelli per ogni occasione.

    Ma, se non c'è alcuna discontinuità, nessun cambiamento degli uomini, come si fa a parlare di Italia nuova? Lo stesso Rutelli ha evidenziato il bisogno di continuità oltre che di innovazione, tanto da dirsi disponibile a "costruire un'alleanza larga", dato che essa c'è già.

    Badate bene: Rutelli partirà quindi "dall'alleanza esistente, quella che ha dato vita al modello Roma". Un accordo che di fatto nega, subito e decisamente, il progetto che Veltroni vanta di aver messo in piedi a livello nazionale. Il Pd rompe con i massimalisti per poter offrire un governo al Paese senza intoppi decisionali, ma si allea con gli stessi a Roma, per mantenere evidentemente un blocco di potere. Il che dimostrerebbe come l'innovazione sia uno slogan utile per quando si è già perso, come nel caso della maggioranza di governo precipitata ai minimi del consenso popolare; ma, quando si alimentano ancora delle possibilità di mantenere il potere, guai a cambiare qualcosa, al punto di presentare il trapassato remoto come il futuro.

    Il Pd ha assunto il volto di Giano Bifronte. Da una parte Veltroni che riformula una visione della maggioranza di governo liberandosi del vecchio premier e della vecchia alleanza.

    Dall'altra Rutelli, un sindaco consumatissimo che ricicla quella alleanza che Veltroni ha sbaraccato. Vai a sapere quale sarà il futuro, in queste condizioni.

    C'è da pensare che, con la massima disinvoltura, ogni piano sia possibile, incluso far rientrare dalla finestra chi è stato buttato fuori dalla porta. Del resto abbiamo visto Prodi omaggiato e riverito all'assemblea del Partito democratico di domenica scorsa, nemmeno fosse stato liquidato dal Pd e dal suo nuovo leader. Ma, come la colla, il Pd tutto vorrebbe poter tenere. Ce la possiamo fare, dice Veltroni; che, non avendo doti di grande fantasia, si appropria dello slogan del possibile leader democratico alle prossime presidenziali statunitensi. Ma Obama è più giovane di Veltroni ed è anche più credibile, perché ha condotto la sua esperienza politica in una assoluta continuità. Quella che manca del tutto al Pd, viste le sue belle intenzioni già contraddette.

    Roma, 18 febbraio 2008

    tratto da http://www.pri.it/html/Home%20pri.html

  10. #140
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    L'Italia "normale" passa da Roma - I riflessi nazionali del no di Alemanno a Storace
    Rutelli, candidato sostenuto dalla sinistra radicale

    di Italico Santoro

    Bisogna dare atto a Gianni Alemanno che la sua decisione di rifiutare l'apparentamento con la Destra di Francesco Storace – ispirata o meno che sia da Gianfranco Fini – è stata una scelta non solo coraggiosa ma destinata probabilmente a produrre effetti anche oltre il perimetro della capitale.

    Per quanto riguarda le elezioni romane, la decisione di Alemanno ha avuto due conseguenze immediate. In primo luogo, ha contribuito a rassicurare la comunità israelitica, giustamente preoccupata per l'alleanza con una forza politica al cui interno - almeno nelle sue torbide frange estremiste - sono ancora presenti pulsioni antisemite e più in generale sentimenti razzisti.

    In secondo luogo, ha scoperto sul versante dei moderati Francesco Rutelli, tuttora collegato con liste della sinistra radicale; e quindi, di conseguenza, più lontano da quel centro politico su cui, con tutta probabilità, si deciderà la partita per la conquista del Campidoglio. Non è certo un caso se Mario Baccini - uno dei leader della Rosa bianca e candidato sindaco al Comune di Roma per il suo partito - ha deciso di sostenere Alemanno perché "Rutelli è ancora legato alla sinistra estrema", mentre "sono i moderati il fulcro dello sviluppo". In questo modo il candidato del centrosinistra finisce per trovarsi nella scomoda condizione di rappresentare per un verso la conservazione – quindici anni di governo ininterrotto del Comune di Roma, che ha creato intorno al gruppo di comando troppe incrostazioni di potere e troppi coaguli di interessi, non tutti e non sempre legittimi; e per altro verso posizioni radicalizzate, che non lo aiutano di certo nel tentativo di recuperare voti nell'area di centro e tra i moderati in genere.

    Ma la decisione di Alemanno – come si è già detto – è destinata a produrre effetti più vasti e ad influenzare in modo significativo il futuro del bipolarismo italiano. Rifiutando l'accordo con la destra anche a livello locale - e in elezioni di grande rilevanza, che riguardano il maggior comune italiano - il Pdl accelera il processo già avviato con le elezioni politiche, quello di una convergenza verso il centro dei due schieramenti che si giocano la partita per il governo del paese. E se Alemanno dovesse uscire vincitore dalle elezioni – come noi ci auguriamo – anche il Partito democratico sarebbe spinto a recidere, in periferia e non solo a livello nazionale, i suoi legami con la sinistra radicale. Il taglio delle estreme – che proprio Veltroni aveva avviato dopo essere stato eletto segretario del Pd e che ha caratterizzato le ultime elezioni politiche - riceverebbe un nuovo impulso. E l'Italia finirebbe per diventare davvero un "paese normale", nel quale gli estremismi politici non sarebbero più decisivi nella definizione degli equilibri di governo. Paradossalmente, il processo avviato da Veltroni finirebbe per essere rafforzato proprio da una sconfitta del suo schieramento nella città che lo ha visto a capo dell'amministrazione per sette anni.

    Ma c'è un'altra e non trascurabile conseguenza di cui bisogna tener conto. E che si riassume in un interrogativo. E' possibile, nel momento in cui i due principali schieramenti convergono verso il centro, la sopravvivenza di un partito che si candida a rappresentare quell'area politica? L'esperienza francese ha dato finora una risposta negativa; quella tedesca invece ne ha data una positiva. Dipende quindi anche dalla legge elettorale. Ma non solo. In Germania il partito di centro - che per un certo periodo è stato il punto di equilibrio dell'intero sistema - è costituito dai liberali, che hanno non solo una ben distinta tradizione culturale nei confronti dei popolari e dei socialdemocratici, ma anche una diversa appartenenza nell'ambito del Parlamento europeo e dei suoi schieramenti.

    In Italia la situazione è diversa e diversa è la domanda da farsi. E' possibile la sopravvivenza di un partito di centro di ispirazione cristiana quando i due maggiori – Popolo della Libertà e Partito democratico – riassumono ampiamente in se stessi quei valori e convergono sempre più verso posizioni moderate? E quando uno di quei partiti, il Pdl, fa parte a sua volta nel Parlamento europeo dello stesso schieramento (i popolari) in cui si riconoscono anche l'Udc e la Rosa bianca?

    E d'altro canto anche qui soccorre il caso di Roma. Dove il partito di Casini è diviso al suo interno ed incapace di scegliere. E il presidente della Rosa bianca, Savino Pezzotta, sconfessa il segretario Baccini nel momento in cui decide di allearsi con il centrodestra. Troppa confusione, troppe incertezze, troppe divisioni per fondare un partito destinato a durare.

    Attendiamo, allora, i risultati delle elezioni romane. Ma sapendo che, al di là del loro esito, hanno già contribuito a modificare ulteriormente il quadro politico italiano; e ad accentuare quella spinta verso il bipolarismo – inteso come confronto tra schieramenti entrambi moderati – che ha caratterizzato in questi mesi l'evolversi del nostro sistema e forse, diciamo ancora forse, ha finalmente aperto le porte d'ingresso alla seconda Repubblica.

    tratto da http://www.pri.it/new/21%20Aprile%20...nnoRutelli.htm

 

 
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