Il sociologo Ferrari Nasi: "Anche i non leghisti la pensano allo stesso modo. La Turchia non è europea e tutti si ricordano delle Crociate... Purtroppo i Governi non considerano la volontà popolare e mandano avanti i loro interessi economici"

Turchia in Europa? Assolutamente no. E se così vorranno gli “gnomi” tecnocrati di Bruxelles, allora anche l’appartenenza della Padania a “questa” Ue dovrebbe essere rivista. Hanno le idee chiare, i militanti e i sostenitori della Lega Nord, interpellati in un questionario preparato dal professor Arnaldo Ferrari Nasi nel corso della recente festa provinciale della Martesana a fine autunno. Ferrari Nasi è un sociologo ligure, insegna Informatica applicata alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova, dopo essere stato per anni direttore dell’Osservatorio “Mondo della scuola”. La ricerca da lui effettuata tra i leghisti (di cui pubblichiamo l’esito nella pagina accanto) dimostra innanzitutto una cosa: la base del Carroccio concorda in tutto e per tutto con la linea indicata dai vertici del Movimento, Umberto Bossi in primis, non soltanto su questioni legate alle battaglie storiche (Federalismo, identità dei popoli, lotta all’immigrazione), ma anche quando si tratta di guardare oltre i nostri confini, anche quelli extraeuropei. «Emerge una chiara sintonia tra i vertici della Lega e i suoi elettori - spiega Ferrari Nasi -, a differenza di ciò che si è riscontrato nell’ambito di altre forze politiche, che hanno in taluni casi subìto abbandoni e scissioni. La nostra ricerca ha focalizzato le domande su tre argomenti: la questione della Turchia, l’Unione europea e il senso di appartenenza territoriale». Che cosa è emerso, professore? «Sulla Turchia è emerso che soltanto il 2% del campione è favorevole all’ingresso di Ankara in Europa. Pochissimi altri (11%) ritengono la Turchia geograficamente appartenente all’Europa, mentre la stragrande maggioranza (88%) la ritengono latrice di una cultura troppo diversa dalla nostra». I leghisti dicono quindi no alla Turchia in Europa. Ma i non leghisti? «Anche i non leghisti la pensano allo stesso modo. La Turchia non è europea, e tutti si ricordano dei contrasti e degli scontri militari tra il nostro continente e il mondo musulmano, dalle Crociate in poi. La maggioranza dei cittadini quindi la pensano come i leghisti: Turchia in Europa? No, grazie». Peccato che certi governanti, italiani ed europei, siano in contrasto con la volontà popolare. «L’ingresso della Turchia nell’Ue non viene certo propagandata per interessi filantropici, ma per interessi geostrategici, petroliferi, militari. Sappiamo bene l’importanza di Ankara per gli Stati Uniti, ad esempio. L’Ue si regola di conseguenza». A proposito di Stati Uniti. Nella domanda sul senso di appartenenza emerge che un intervistato su tre si sente lombardo, anche quando non è nato in Lombardia. Ciò significa che il tanto decantato modello americano di vita, sponsorizzato da tv e giornali, fortunatamente non è riuscito ancora a devastare le nostre radici culturali? «La difesa delle identità locali è fortunatamente ancora molto sentita tra i cittadini, e non solo quelli vicini alla Lega Nord. Anche gli Usa, in fondo, sono debitori della varietà delle culture europee che si innestano sul tronco classico greco-romano. Gli antichi romani, con la loro forza militare, il loro impero, le loro mirabili costruzioni architettoniche e stradali, alla fine sceglievano spesso come precettori per i propri figli un maestro greco o egiziano. Credo che il nostro ruolo, di noi europei, sia quello degli antichi greci per i “romani” moderni, ossia gli americani. Per questo motivo siamo orgogliosi delle nostre tradizioni e possediamo ancora un forte senso di appartenenza territoriale». Sull’Unione europea, invece, il campione si spacca in due. Il 46% cita che la legge europea “vale di più” rispetto alla normativa nazionale, mentre il 50% pensa, sbagliandosi, che valga “di meno”. Come mai? «Credo si tratti di un difetto di comunicazione da parte dei mass-media. Peraltro soltanto un intervistato su tre ritiene giusto il primato delle norma comunitaria su quella nazionale. E quasi tutti (87%) non sono contenti dell’ingresso dell’Italia nell’euro». Eppure gli italiani fino a poco tempo fa erano i più “euroentusiasti”, Lega a parte. «Sono certo che le stesse domande poste oggi, due anni fa avrebbero avuto risposte diverse, magari non da parte dei leghisti, ma di tutti gli altri cittadini. Abbiamo di sicuro tutti quanti la coscienza che l’Unione europea è l’unico modo utile per affrontare la concorrenza degli altri grandi poli mondiali: Stati Uniti, Russia e Cina. Ma nonostante ciò aumenta chi non si sente europeo in questo tipo di Europa. Colpa di certe decisioni di Bruxelles, indubbiamente. Perché se per contrastare lo strapotere americano si pensa di creare una sorta di McDonald’s europeo, senza valori comuni e politiche condivise, allora siamo fuori strada». Ultima domanda. Come giudica le aperture al regime cinese da parte del presidente Ciampi e della grande industria italiana? «Credo che aprire senza garanzie certe il nostro mercato a quello cinese rappresenti un rischio mortale soprattutto per le piccole e medie imprese. I cinesi, se vogliono concorrere sul nostro mercato, devono accettare le nostre regole, altrimenti sarà un gioco al massacro. E a perdere saremo soltanto noi».

di Gianluca Savoini




IL FEDERALISMO - 18/12/2004 Sole delle Alpi