INTERVISTA A STORACE
UN GOVERNATORE ORGOGLIOSAMENTE DI DESTRA
Il presidente della Regione a tutto campo, sul Corriere della Sera di martedì 21 dicembre 2004

Storace, lei si gioca tutto. Il suo antagonista Marrazzo no. Non è così?
«Grosso modo è vero. Era così anche nella scorsa elezione. Pur sconfitto, Badaloni è stato premiato. Se fossi stato battuto, si sarebbe perso anche il mio ricordo. La mia vita è in salita».
Cos’ha pensato quando il centrosinistra ha scelto di contrapporle mister Mi manda RaiTre?
«Che avevano paura. E che avevano trovato il candidato giusto su cui scaricare la sconfitta». Tra la Melandri, Bettini, Gasbarra e la Gruber, gli sfidanti di cui si parlava, chi temeva di più?
«La forza dei loro apparati. Con alcuni di loro sarebbe stato un duello più vero: se è una sfida politica perchè non hanno schierato un politico?». Ha paura di D’Artagnan, come si è definito Marrazzo?
«Lo rispetto. Non sarà una partita facile. E se dicessi che ho paura vorrebbe dire che sono innamorato del potere. Ma chi mi conosce sa che non è così».
Vuole continuare a fare il «governatore» perchè rischia di non avere alternative?

«Alle alternative ho rinunciato nel 2000. Ma anche adesso: se dovessi perdere resterò in consiglio regionale. E mi dedicherei più al partito».

Lei ha più amici o più nemici?
«Prevalgono i nemici. Ma almeno sono più sinceri degli amici». Ma sono più nella destra, come Rampelli, o tra gli alleati?
«Nella destra non ho nemici. Ma neppure a sinistra: sono loro a considerarmi così. Per me si tratta solo di avversari».
Perchè quel colore rosso che domina i suoi manifesti? Presentandosi come un diavolaccio vuole impaurire i moderati non disposti a votarla?
«I manifesti hanno un solo scopo: far parlare di quello che espongono. Non mi pare che la grafica di Marrazzo faccia discutere». Lei si è fatto la sua Lista personale per raccogliere voti sparsi. Un’idea bocciata da Berlusconi. Come finirà?
«Sarà promossa».
Si considera un «vincente»? La sinistra ricorda i «suoi» candidati Tajani e Moffa, battuti da Veltroni e Gasbarra: E anche le «sue» comunali di Frosinone, senza smalto. Allora?
«Ma la politica si misura così? Le elezioni sono solo termometri del consenso, non una guerra. Se c’è consenso si vince, altrimenti si perde».
Come «governatore» lei ha preso decisioni filo-cattoliche (leggi sulla famiglia, sulle scuole private, ecc.). Ora si aspetta che il cardinale Ruini la sostenga?

«Penso che i cattolici non vogliano tornare indietro. Sul mio rapporto con Ruini, poi, c’è stata troppa fantasia. Sono le coscienze che si muovono. Tutto qui».
Come si considera: di destra o di destra-destra, insomma un post-fascista?

«Orgogliosamente di destra. Con il vantaggio di rispettare tutti quelli che non la pensano come me».
Un elettore di destra-destra ha un’alternativa: la Mussolini. Con il suo 2-3% non potrebbe causare la sua sconfitta?
«E’ una possibilità. Credo che l’elettore di destra-destra si interrogherà se conviene far vincere la sinistra-sinistra». Sta cercando di convincere Alessandra a fare un passo indietro per essere spinto un passo avanti?
«Le ho parlato una volta a settembre, a casa sua. Mi ha confermato che si candidava. Le ho detto "ci vediamo ad aprile". Sono sicuro che quando sarà eletta in consiglio lascerà Strasburgo e passeremo 5 anni insieme».
Come ha fatto a conquistare Signorelli a Viterbo e Finestra a Latina, due grandi elettori legati alla Mussolini?
«Perchè loro non vogliono far vincere la sinistra-sinistra. Per questo hanno salutato Alessandra».
Si dice che lei conti molto sull’intervento di Berlusconi per togliere la nipote del Duce dal campo: in cambio potrebbe rinunciare alla Lista Storace. Vero o falso?
«Balle clamorose. Io ho il vantaggio che se si candida la nipote del Duce e il figlio di Marrazzo sarò l’unico candidato vero, nipote e figlio di Nessuno, come milioni di elettori». Lei egemonizza la giunta regionale. E’ vero che qualche volta ha detto agli assessori che mugugnavano "senza di me ve ne stavate a casa"?
«Anch’io senza i loro partiti sarei rimasto a casa. Ma forse non ne avrei fatto un dramma». Lei ha criticato perfino Fini e lo stesso governo. Ma sono sempre gli altri a sbagliare?
«Penso solo che l’autonomia sia un valore quando si governa il territorio. Qui fa notizia perchè non è mai successo che sia stata considerata in questo modo».
Con Veltroni, polemiche ma anche azioni parallele: contro la Lega, in difesa della Capitale. Non la imbarazza, in campagna elettorale?
«Nemmeno un po’. La sinistra predica bene "marrazzola" male: Badaloni vinse con l’appoggio della Lega, e io non l’avrò tra i simboli che mi sosterranno».
Cosa invidia al sindaco di Roma?
«La spregiudicatezza: per alcuni è una dote».
Se la sente di dire: buongoverno alla Regione, cattiva amministrazione in Campidoglio?
«Non riesco mai a generalizzare. Bisogna valutare i singoli atti».

Lei deve conquistare Roma, mentre Marrazzo deve sedurre gli elettori provinciali. E’ vero?

«Si, ma c’è una differenza: Roma sa quanto abbiamo lavorato per la Capitale, e in provincia Marrazzo l’hanno visto solo in tivù mentre io ci sono andato».

Preferisce essere chiamato Ciccio o Storax? Insomma, come uomo di governo preferisce essere amato o temuto?

«Non credo che Storax sia sinonimo di terrore. Ho il nome del patrono d’Italia e me lo tengo».

Considera un nemico o un amico Mario Di Carlo, l’assessore capitolino che voleva ritirare la patente agli anziani?

«E’ la più grande risorsa che ho a disposizione, anche se lui vuole fare il nemico».

La sua campagna elettorale è molto dispendiosa. Come ha trovato i soldi? Quanto spenderà?

«Mi sostengono molte persone, i cui nomi saranno noti il giorno dopo il voto: non voglio far minacciare nessuno. Spenderemo oltre 5 milioni».

Il gioco della torre: butta giù Fini, il futuro, o donna Almirante, il passato?

«Non li vedo in alternativa: allargo la torre».

Chi sarebbe più contento, in caso di sua sconfitta, Marrazzo o...lo dica lei.

«La Mussolini. Marrazzo ne sarebbe dispiaciuto una settimana dopo la vittoria perchè scoprirebbe la differenza tra programmi tivù e programmi di governo».

Giuseppe Pullara