Gli americani hanno dichiarato vittoria a Falluja dai primi di dicembre. In realtà, gli insorti continuano a resistere. Anzi, il 16 dicembre sembrano aver inflitto alle truppe Usa una umiliante sconfitta. Lo ha detto all’agenzia Free Arab Voice lo sheik Assad ad-Dulaymi, portavoce ufficiale dei combattenti di Falluja, e il suo racconto è molto preciso.
Per distruggere quelle che la loro propaganda chiama “sacche di resistenza” residue nella parte meridionale di Falluja, gli americani hanno ammassato la più grossa concentrazione di forze mai impiegata prima contro la città. Quattrocento carri armati, 200 veicoli blindati, 4 mila uomini, più un numero imprecisato di “guardie nazionali” irachene del neonato esercito di Allawi. Gli insorti hanno risposto esfiltrando le loro forze da altri quartieri (Al-Askarie Al-Wadah) per concentrarle in quello meridionale di An-Nazal. Le forze d’occupazione hanno sferrato l’attacco alle 10.30 del mattino; solo 15 minuti più tardi le guardie nazionali di Allawi si sono volatilizzate, obbligando i Marines Usa a prendere le posizioni di prima linea. Verso mezzogiorno, la linea americana ha dato i primi segni di cedimento, e le truppe Usa hanno cominciato ad arretrare, in molti casi abbandonando le loro armi sul posto. Alle 15.15, gli americani hanno di fatto abbandonato i combattimenti, ritirandosi nei quartieri ad est e a nord di Falluja.
Secondo lo sceicco-portavoce, i Marines, usando altoparlanti, hanno chiesto una tregua di un’ora per soccorrere i loro feriti rimasti sul campo: “se siete veri combattenti, mostratevi cavallereschi”, hanno detto. La risposta è venuta da un altoparlante di una moschea: la voce ha letto un testo dello stesso Al-Dulaymi: “Allah ci insegna a non aver fiducia nei cristiani, ebrei e infedeli. Parlate di cavalleria adesso che soffrite i dolori dell’umiliazione”.
Gli americani non hanno avuto copertura aerea se non all’inizio dei combattimenti. Dalle 9 del mattino infatti s’è alzata una tempesta di sabbia che ha ridotto la visibilità a dieci metri: la sabbia, che ha permesso agli insorti di muoversi senza essere visti e compiere puntate aggressive di sorpresa contro gli avversari quasi paralizzati dalla tempesta, ha impedito un efficace appoggio dal cielo agli americani. Alla 1.30, quando truppe Usa sono state colpite da “fuoco amico” dal cielo, ogni azione aerea è stata interrotta.
Ad-Dulaymi ha aggiunto che, a giudicare dalle colonne di fumo nero che segnalano i mezzi colpiti, circa 90 carri armati Abrams e corazzati Bradley sarebbero stati distrutti. Non è stato in grado di accertare il numero di morti americani, ma ha detto che alcuni sono stati fatti prigionieri.
di Maurizio Blondet