I vecchi ripetevano: un terremoto farà sparire il mondo
Le tribù cancellate avevano previsto la loro fine
Poche centinaia di indigeni sparsi in cinque isole
Lo sapevano da sempre che il loro mondo sarebbe stato annientato da un terremoto. Lo raccontavano gli antichi miti e i vecchi indigeni delle Isole Andamane, lo ripetevano ai giovani spiegando che la terra era piatta e stava in bilico su un grande albero. Ma sarebbe arrivato un giorno in cui un terribile terremoto l’avrebbe fatta cadere di sotto e tutto sarebbe finito, tutto sarebbe scomparso per sempre. E così è stato davvero, perché il terremoto ha rovesciato il mare sull’arcipelago e sono in molti a credere che le minuscole tribù delle Andamane siano state annientate.
Se così è davvero - e niente fa sperare il contrario - sono scomparsi i 35 Grandi Andamanesi della piccolissima Strait Island, un centinaio di Onge delle Piccole Andamane, i 266 Jarawa della costa sud occidentale, i 250 Shompens della Grande Nicobar. Ed è crollato il mondo anche per i piccoli 100 Sentinelesi che vivevano sulla North Sentinel Island; forse la tribù più primitiva e isolata del pianeta, un pezzetto di paleolitico disperso nell’Oceano Indiano. Per millenni i piccoli uomini di North Sentinel Island hanno respinto con archi e frecce qualsiasi tentativo di contatto. Di loro sappiamo solo quello che scrissero gli antropologi agli inizi del Novecento che entrarono in contatto con le tribù vicine e trascrissero il mito della fine del mondo riportato all’inizio. In anni più recenti un avventuroso fotografo americano tentò di sbarcare sull’isola, ma riportò indietro solo una foto dove si vedevano tanti piccoli uomini che scagliavano frecce e lance contro l’alieno.
Fu così che il governo indiano decise di rispettare l’isolamento stabilendo il divieto assoluto di sbarco in quel mondo perduto di appena 60 chilometri quadrati. Solo nel 1991 una missione scientifica governativa arrivò sull’isola riuscendo a stabilire un contatto pacifico con i piccoli uomini della foresta e altre spedizioni seguirono negli anni successivi, ma si trattò sempre di incontri difficili, pieni di sospetti e tensioni che sconsigliarono qualsiasi deroga all’isolamento totale.
Gli antropologi ci dicono che le piccole tribù delle Andamane e delle più meridionali Nicobar appartengono al gruppo dei «negrito», pigmei asiatici (altezza inferiore a 1,50 metri), di pelle scura, probabilmente i discendenti più puri dei primi colonizzatori africani dell’Asia. La loro esistenza era nota già ai geografi di epoca romana ma fu Marco Polo a creare la pessima fama dei piccoli uomini delle Andamane descrivendoli come feroci cannibali dalla faccia di cane.
Nessuno può negare la determinazione e l’aggressività che gli andamanesi hanno sempre dimostrato nel difendere il loro mondo dagli estranei, ma gli esploratori dei primi decenni del Novecento ci hanno lasciato notizie che raccontano uomini ben diversi: «Sono mariti affettuosi e fedelissimi... non sono cannibali, non si nascondono sotto terra come i conigli, non arrostiscono i maiali nel cavo degli alberi come narrato da alcuni viaggiatori... Essi credono che in cielo viva Peluga, entità invisibile che dimora in una casa di pietra... che ha creato ogni cosa, salvo gli spiriti malvagi di cui non può impedire le cattive influenze».
Questa volta, infatti, il grande spirito Peluga non è riuscito a proteggere il suo piccolo popolo di North Sentinel Island.
Viviano Domenici
30 dicembre 2004 - Corriere.it
Spazzati via...