INTRODUZIONE
IL MISTERO DI ROMA
Sayyed Hosseirv Nasr, nel suo saggio introduttivo alla quarta edizione (1995) de la Tradizione ermetica, scrive abbastanza sconcertato che quando incontrò Evola "a Roma verso la fine degli anni Sessanta e gli chiesi che cosa pensasse della possibilità di una autentica iniziazione in Italia, egli forni la sorprendente risposta per cui tutti gli italiani, quali eredi dell'antica Roma, avevano in sé una iniziazione virtuale e non avevano bisogno di un rito di iniziazione supplementare comunemente inteso".
Una risposta così "democratica" in fatto di livello spirituale, di certo insolita per chi ha sempre avuto una visione aristocratica ed elitaria dell'uomo e del suo rapporto con il sacro, si può capire solo considerando da un lato il gusto per il paradosso che Evola aveva, nonché il suo porsi in quel momento come occidentale e italiano di fronte ad uno degli ultimi sapienti della Persia. Da qui la sua rivendicazione di una dignità pari, se non forse superiore sul piano realizzativo. Al fondo, però, di una simile affermazione c'è qualcosa d'altro: l'interpretazione evoliana di Roma e della Romanità, che fu uno dei cardini della sua Kulturkampf nell'Italia fra le due guerre, interpretazione che sta anche alla base del libro di Giandomerùco Casalino.
Diciamo in tutta franchezza: Roma e la Romanità soffrono ancora oggi, inizio del Terzo Millennio, del fatto che furono il modello cui cercò di ispirarsi il fascismo, sicché la condanna assoluta e indiscriminata di questo ha travolto anche tutto quel che esso fece ed esaltò. Nonostante siano trascorsi sessant'anni dalla sua caduta certi echi negativi non cessano di persistere. Ridicolo e grottesco, ma è cosi. Paradossalmente, all'interno della cultura del fascismo Julius Evola fu uno dei pochi (non l'unico, ma certo uno dei pochi) che, polemizzando con l'ufficialità, tentò di andare più a fondo da un lato delle interpretazioni
storicistiche degli specialisti accademici, dall'altro di una tendenza esteriore all'orpello e ad una ritualità sostanzialmente vuoti e rettorici da parte del regime indipendentemente dalla buona fede, dato che ci si limitava all'aspetto nominale. Il suo tentativo, come dimostrano le decine e decine di articoli pubblicati sull'argomento e le sue conferenze sia in Italia che all'estero, era quello di ripresentare, re-interpre-tare e'far rivivere gli aspetti spirituali e metafisici della Romanità, quel che Roma e l'Impero da essa edificato significarono e potevano ancora significare per gli italiani di un millennio dopo.
Fatica vana. Fatica sprecata. Quella che il fascismo cercò di edificare fu al massimo, come ha spiegato lo storico Emilio Gentile con una tesi peraltro contestata, una "religione civile": il "culto del Littorio". Nessuna profondità metafisica o sacrale. Il tentativo di far capire, accettare e interiorizzare quali furono invece le virtù dell'antico romano agli italiani degli anni Trenta e Quaranta, in un periodo di rivolgimenti sociali e bellici» fallì da un punto di vista generale (forse non fallì presso molti singoli bruciati nella fornace della seconda guerra mondiale ma questo non lo sapremo mai, e in alcuni superstiti). Forse un simile progetto avrebbe avuto bisogno di molto tempo a disposizione per realizzarsi: i° fondo, pur nel crogiolo delle razze, gli italiani del Novecento erano i diretti eredi di quelli che avevano potuto orgogliosamente dire: "Civis romanus sum!".
Per fortuna certe falsificazioni o anche più semplici banalizzazioni della storia propugnate da una storiografìa materialista (marxista o liberale che sia), pian piano cadono grazie anche a nuovi studiosi che basandosi su aggiunte ricerche archeologiche e paleoantropologiche inconsapevolmente si avvicinano ai risultati che da anni avevano raggiunto gli studiosi tradizionalisti. Non incongruamente, caduti certi luoghi comuni, resta a sostenerli certa pubblicistica fondamentalista di parte cattolico-cristiana che non perde la minima occasione per gettare fango su Roma e la Romanità. Ma questo è tutt'altro discorso.
Giandomenico Casaline è praticamente da sempre uno studioso di tali argomenti: questo // nome segreto di Roma, che ha come sottotitolo riassuntivo ed esplicativo Metafìsica della Romanità, trae infatti origine da due volumi apparsi una ventina di anni fa (Aeternitas Romae. La via eroica al sacro dell'Occidente e // nome segreto di Roma, pubblicati da il Basilisco di Genova nel 1982 e nel 1987) da tempo esauriti e introvabili, e che qui sono stati rifusi, coordinati e aggiornati. Un'opera che utilizza il cosiddetto "metodo tradizionale", il quale non trascura affatto i risultati cui pervengono le ricerche "scientifiche", ma che li utilizza secondo altri parametri e punti di vista, e che si appoggia, per andare oltre, proprio sui punti fermi acquisiti da Julius Evola.
Casalino si basa nella sua interpretazione sulle simbologie alche-miche, astrologiche e mitiche (soprattutto quella Tradizione ermetica citata all'inizio) per indicare i sensi profondi e universali della Romanità e il significato che assunse nella "Storia" la nascita di Roma, sino al punto di affermare che la vera Tradizione dell'Occidente nacque con essa. Lasciamo al lettore il piacere di affrontare la lunga e dettagliata disamina che l'autore conduce su diversi piani per giungere alla sua conclusione e per far capire che significato abbia il triplice nome dell'Urbe, analisi condotta a volte con piana dottrina, altra volta con foga polemica, altre volte con ragionamenti non facilissimi e da seguire con attenzione. Sempre però con ampie pezze d'appoggio, da cui poi sviluppa personali deduzioni.
Alla fine si capirà il motivo per cui Julius Evola poteva dire quel che disse a Sayyed Hossein Nasr. C'è solo da vergognarsi, guardandoci in giro, a vedere come si siano ridotti gli "eredi dell'antica Roma". Se questo ci può in parte consolare, è che l'intero Occidente, nessun popolo escluso, è ormai ridotto allo stesso modo. Il libro di Giandomenico Casalino può farci capire, però, in che consista la nostra "eredità" (di italiani, di occidentali) e darci almeno a livello individuale un motivo valido e profondo per non disperare. Non dimentichiamoci, infatti, che molti e diversi storici e filosofi europei (francesi, tedeschi, italiani) per cercare una ragione ed una organizzazione che non fosse solo finanziaria ed economica per l'Unione Europea, e per trovare una soluzione al problema immigrazione, hanno ricordato quel che furono Roma e il suo Impero. Ovviamente, anche qui, inascoltati, presi per eccentrici pensatori fuori della realtà. Però il fatto stesso che simili immagini siano emerse da un ancestrale passato nell'animo di persone colte, vuoi dire forse qualcosa, almeno in teoria, perché poi per una realizzazione pratica...
Infatti, "fuori della realtà" non è un'accusa, ma quasi un complimento, se è vero, come scrive Casalino, che "la Tradizione Romana, proprio perché tale, non poteva finire con la crisi storica dell'Impero e della Civiltà Classica, e che Roma, ritirandosi dalla storia dove misteriosamente si era manifestata, rimane nei Cieli come la Repubblica di Platone".
GIANFRANCO DE TURRIS Roma, agosto-settembre 2003