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Discussione: Prodi sul pero

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    Predefinito ....e i prodiani sotto il pero, con la....

    ...lingua penzoloni

    Sabato prossimo 15 gennaio alle ore quindici alla Fiera di Roma, andrà in scena la sinistra. Né radicale né antagonista né alternativa, la sinistra senza aggettivi, ovvero la Sinistra perché se si vuole ricostruire un’identità forte, occupare uno spazio dai confini certi è meglio attenersi a definizioni immediate, rinunciare alle specifiche.
    Obbligando gli altri, gli aborriti riformisti, a dire cosa sono davvero, a dar conto della supposta ambiguità che troppe volte li avrebbe portati al flirt con il nemico.
    A presiedere la cerimonia sarà probabilmente Alberto Asor Rosa, intellettuale, ex professore universitario, a cui si deve la proposta primigenia.
    Con lui, Rossana Rossanda, che di questo mondo è la sola interfaccia possibile.
    Parteciperanno Rifondazione comunista probabilmente al completo, la maggioranza di Fausto Bertinotti e le minoranze che si riconoscono nelle altre quattro mozioni precongressuali, i comunisti italiani di Armando Cossutta e Oliviero Diliberto, i verdi di Alfonso Pecoraro Scanio, indispensabili, pare, perché secondo Asor Rosa, “la sinistra del futuro o sarà rosso-verde (non rossa e verde: rosso-verde) o non sarà”.
    Non mancheranno Achille Occhetto, una nutrita rappresentanza della minoranza diesse al seguito del senatore Cesare Salvi, nonché parti di movimenti pacifisti e di società civile.
    Lo scopo dell’iniziativa è contarsi ma anche dar vita a una sorta di coordinamento, una camera di consultazione permanente che tenga insieme forze e persone tradizionalmente molto sensibili alle spinte centrifughe.
    Costruire quindi un “luogo aperto” ai molti elettori scontenti del clima di rissa che si respira nel centrosinistra e nella Grande alleanza democratica.
    E’ in qualche modo la riedizione dell’operazione Cofferati, nata nel vivo dello scontro sull’articolo 18 quando l’allora segretario della Cgil divenne la stella polare di questa galassia, operazione poi rientrata con la sua candidatura a sindaco di Bologna.
    Chi parteciperà alla riunione della Fiera di Roma lo farà ovviamente con la propria storia particolare ma sarebbe un errore credere che si sia di fronte a una conglomerata, a un caravanserraglio messo su per riempire comunque i tempi morti della vita d’opposizione prima che venga il tempo delle scelte che contano.
    Malgrado le inevitabili diffidenze e spesso anche i rancori personali, questa area è più omogenea di quanto non sembri e si riconosce appieno almeno nella doppia discriminante dell’antiliberalismo e del pacifismo.
    Vale la pena di scorrere per intero gli argomenti che Asor Rosa ha riassunto e declinato in un “temario”, invero un neologismo orrendo per uno che, come lui, fu italianista principe:
    la globalizzazione come attuale sistema di potere capitalistico su scala mondiale;
    il conflitto capitale-lavoro e la lotta per la rivalorizzazione del lavoro nell’attuale contesto storico;
    la resistenza alla dilagante opzione liberista e la difesa delle conquiste sociali ed economiche dei ceti lavoratori;
    la scelta della guerra come il prodotto politico costituzionalmente organico di tale sistema;
    il rapporto democrazia-diritti, la separazione dei poteri, la difesa delle libertà individuali nel pessimo dispiegamento attuale dei quattro punti precedenti.

    Concetti antichi e parole logore
    Si tratta ovviamente di concetti antichi e parole logore. Da cui riaffiora la radicata presunzione di chi continua a credere che le politiche conservatrici non siano state una rivoluzione che ha cambiato la produzione, il lavoro, la vita stessa, ma un semplice incidente di percorso su cui un quarto di secolo dopo si possa tirare un tratto e richiudere la parentesi. Concetti antichi e parole logore che dimostrano come sia difficile elaborare una teoria della conoscenza, quindi della distruzione all’altezza dei tempi.
    Ma tutto questo è secondario: quello che conta davvero è che molti credano all’efficacia di un tale impianto tematico e che intanto si occupi lo spazio. Della sinistra in quanto sinistra.
    Da questo punto di vista l’operazione può dirsi già riuscita. Sommando il probabile peso elettorale delle varie componenti si arriva più o meno al tredici per cento.
    Inutile per coltivare ambizioni di egemonia sull’opposizione, molto anzi moltissimo per fare da motorino d’avviamento di un motore più potente, condizionandone il rendimento, l’efficacia.
    “Verso sinistra”, slogan della manifestazione, altro non significa che la determinazione a spingere il carro in questa direzione.
    In Francia, nel governo rosa-rosso-verde del socialista Lionel Jospin la cosiddetta gauche plurielle pesava di meno.
    Questo tredici per cento lo leggeremo dunque tra le righe dei possibili programmi di governo, nella frequenza e nel tono delle polemiche con la Margherita e l’ala riformista dei diesse, nella durezza con cui si difenderà lo status quo sociale contro ogni ipotesi di riforma del welfare. Un’intransigenza a cui Romano Prodi, leader senza partito e, per ora, con idee troppo vaghe per difenderle con convinzione, non potrà rimanere insensibile. D’altronde proprio in questi giorni Asor e Rossanda, e da prima ancora Bertinotti , hanno intonato armonie melodiose per le orecchie del professore di Bologna. “E’ il nostro leader” dicono. Una dichiarazione d’intenti che vale un pagherò.
    Nasce insomma alla Fiera di Roma il “poil à gratter” del centrosinistra.
    E si può scommettere che provocherà fastidiosi pruriti.

    Il Foglio

    saluti

  2. #12
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    Predefinito Bertinotti star, Moretti si da desiderare

    Roma. Proprio come quando si dice: non si sa a chi dare il resto. Tra oggi e domani, la sinistra radicale italiana ha tanto di quel da
    fare, che spostati… In queste ore, alla Fiera di Roma, si insedia la Camera di consultazione permanente, dal professor Asor Rosa
    voluta e attraverso il Manifesto strutturata, che dovrà affrontare questioni bollenti, tipo quelle che il diretto interessato ha rivelato
    ieri a Rina Gagliardi su Liberazione, come uscire dal leninismo, bada bene “non per andare chissà dove”, o “sostituire un aggettivo logoro come ‘riformista’ con la dizione di ‘riformatore’, nel senso luterano del termine”.
    Questo oggi.
    Nemmeno il tempo di tirare il respiro, e domani ci si vede (quasi) tutti presso l’Angelicum University Press per l’iniziativa chiamata
    “Fuori programma”, ma che potrebbe anche andare sotto il seguente titolo wertmulleriano: “Su quel che ci sarebbe da fare una volta sconfitto, o almeno si spera, Berlusconi. Proponiamo alla Gad un fuori programma, ossia una interlocuzione con la
    società civile e il movimento altermondialista e per la pace”.
    Si dirà: stessa roba. Piano.
    Infatti, pur quasi tutti affratellati a sinistra della sinistra, i
    promotori dei due convegni si giurano reciproca attenzione ma ingenerano anche qualche sospetto.
    Garantisce Pierluigi Sullo, uno degli organizzatori di quello di domani: “Il Manifesto ha deciso di aderire anche al nostro
    ‘cantiere’ e noi sosterremo la loro assemblea: esempio raro di cooperazione, contro ogni concorrenza”.
    Ma proprio sul Manifesto Cesare Salvi avanza un sospetto: “Non vorrei che ci fossero delle concorrenzialità che proprio non
    comprendo. Di tutto c’è bisogno, tranne che dell’ennesima concorrenza tra di noi” – e ha voglia Aldo Garzia, direttore di Aprile, ad assicurare che sono “davvero due buone iniziative,
    nessuna confusione”.
    Perché davvero la faccenda semplice non è.
    Per esempio: perché Fausto Bertinotti se ne va tranquillamente (e praticamente da star) tanto alla prima quanto alla seconda
    assemblea?
    Perché Oliviero Diliberto va alla prima ma non è stato invitato a dibattere alla seconda?
    Perché Piero Fassino non va né alla prima né alla seconda, limitandosi a mandare in avanscoperta Andrea Ranieri, e Jena sul Manifesto sfotte pure?
    Perché Fabio Mussi e il resto del correntone osservano e sbuffano?
    Mentre la Camera di consultazione tra sinistra e popolo è nata dopo un dibattito avviato sul Manifesto proprio da un saggio di Asor Rosa, il successivo “cantiere” dell’Angelicum ha diversi promotori: le riviste Aprile, Carta, Alternative, Quaderni laburisti
    più Ecoradio.
    Ci saranno i missionari, Critica marxista, Micromega, la Cgil con
    Epifani, don Ciotti ecc. ecc.
    “Sono quattro gatti, contano poco”, ha detto dei promotori della manifestazione odierna il professor Biagio De Giovanni.
    Quelli di domani si potrebbero con lo stesso criterio definire sempre pochi gatti, ma con qualche felino in più.
    Infatti, negli ambienti bertinottiani si fa osservare che per l’iniziativa di Asor Rosa “c’è il rischio che finisca lì”, mentre
    “puntiamo molto su quella di domenica: ci pare meno formale e più sostanziale”.

    La disillusione del militante
    In effetti, l’iniziativa di Asor Rosa e del Manifesto è un classico
    “dopogirotondo”, del gran disordine rimasto dopo quella stagione,
    stando che, come dice il prof., “l’esperienza dei movimenti si è palesemente attenuata”, forse un po’ nostalgico, paradossalmente prodiano al cubo, secondo il suo ideatore, che più prosaicamente allude alla conta finale da fare, quel 13 per cento a sinistra della Gad.
    I Ds saranno, appunto, i grandi assenti.
    Certo, va il correntone, ma senza entusiasmo – “si sente ormai svuotato di senso alla vigilia del congresso”, ridacchia
    un fassiniano – ma non si vedrà il segretario.
    “Abbiamo mandato Ranieri, che è della segreteria nazionale. E poi noi abbiamo ancora diversi congressi da svolgere in questo fine settimana”.
    Sostiene Valentino Parlato che sarebbero intenzionati a dare
    “una rappresentazione di cosa è la sinistra oggi in Italia”, e forse accoppiata l’iniziativa odierna con quella successiva, una certa
    efficace rappresentazione si ottiene.
    Per esempio, ecco Sullo che sul sito di Carta spiega che loro, rispetto a Massimo D’Alema o alla Margherita stanno “lontani come la luna e la terra”.
    Ciò che resta del glorioso esercito dei girotondi si fa vivo via e-mail, “Pancho” Pardi e altri annunciano che ci saranno, ma sono ormai seconde file, figure sullo sfondo, il loro tempo è andato. Persino sulla presenza di Moretti ci si interroga.
    Perché infine, come saggiamente scrive al Manifesto per aderire un lettore militante, “per motivi di carattere storico siamo portati
    a non investire più di tanto nel futuro per evitare ulteriori delusioni”.

    Il Foglio del 15 gennaio

 

 
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