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    Tringeadeuroppa
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    Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giustizia sociale
    di Francesco Lamendola - 13/11/2009

    Fonte: Arianna Editrice [scheda fonte]


    Poche figure, nella storia moderna, sono state tanto ingiustamente calunniate quanto quella del monaco Grigorij Efimovic Rasputin (Pokrovskoe, Tobol'sk, 1870 circa - Pietroburgo, 1916), divenuto celebre come consigliere alla corte dell'ultimo zar di Russia, Nicola II Romanov, e influente soprattutto presso la zarina Alessandra Fëdorovna.
    Intorno a lui, alla sua dissolutezza, ai suoi presunti intrighi politici, alla sua stessa morte, avvenuta in circostanze talmente tragiche da farne quasi un pezzo di Gran Guignol, è fiorita una vera e propria leggenda nera, che lo ha marchiato inappellabilmente fra i personaggi più sinistri del XX secolo, anzi, fra i grandi «maledetti» della storia: degno di stare accanto a un Nerone (altro grande calunniato, in verità) o ad un Himmler, il capo delle sinistre SS naziste.
    Ma di una leggenda, appunto, si tratta: di una leggenda che non ha praticamente nulla di reale, eccezion fatta per l'odio implacabile che alcuni circoli dell'aristocrazia russa, definiti marci di egoismo ed ignoranza dallo stesso ministro zarista conte Vitte, nutrivano nei suoi confronti, e le cui radici vanno ricercate nella ferma opposizione del monaco siberiano alla prima guerra mondiale e nella sua dichiarata aspirazione ad una maggiore giustizia sociale; oltre che nella meschina gelosia di casta, nei confronti di un uomo del popolo, di un ex mugjk che era riuscito a salire vertiginosamente in alto, fino a rendersi indispensabile alla corte di Pietroburgo.
    Certo, la zarina stravedeva per lui da quando egli si era dimostrato l'unico in grado di fronteggiare la pericolosissima malattia di cui soffriva il piccolo principe ereditario, Alessio, ossia l'emofilia; pure, non si può negare che il suo ascendente, non solo presso i sovrani (e Nicola sarà stato anche un debole, anzi lo era sicuramente, ma non uno stupido, come si è compiaciuta di descriverlo a lungo la storiografia sovietica, a cominciare dalla celebre «Storia della rivoluzione russa» di Trotzkij), ma anche presso numerosi esponenti delle classi superiori, oltre che fra vasti strati popolari, dai quali egli era fiero di provenire.
    È stato detto che la sua popolarità era diffusa specialmente fra le dame dell'aristocrazia, per la sua singolare mescolanza di misticismo e di robusta sensualità. doti entrambe assai apprezzate da quelle signore, che andavano in estasi sia per le preghiere, le visioni e le penitenze, sia anche - e forse più - per la vigorosa virilità del robusto monaco siberiano, che, a sua volta, non era certo insensibile alle grazie del gentil sesso.
    Ma si tratta, anche in questo caso, di una spiegazione molto parziale e decisamente tendenziosa. Qui non stiamo parlando di un qualsiasi «parvenu», di un qualunque arrampicatore sociale di mezza tacca, che correva dietro a tutte le donne e sapeva solo sbronzarsi nel corso di orge scandalose; ma di un uomo ispirato, intelligente, anche se privo di cultura, pieno di buon senso contadino; di un uomo povero, nato e cresciuto in un misero villaggio siberiano, che tuttavia, con i suoi indubbi poteri taumaturgici e medianici, ma soprattutto con la sua capacità di interpretare l'ardente sete spirituale della società russa del suo tempo, giunse più in alto di chiunque altro, partendo praticamente da zero; e che, ad un certo punto, ebbe quasi nelle mani i destini di una grande potenza mondiale, i cui domini si estendevano dai confini della Galizia austriaca e della Prussia orientale fino alle coste dell'Oceano Pacifico e al Mar del Giappone.
    A decidere la sua morte furono un pugno di nobili debosciati, esasperati dall'influenza che aveva raggiunto presso i sovrani e dal suo fermo, sensato programma di pace con gli Imperi Centrali (anche di pace separata, se necessario) e di riforma sociale. L'esecutore materiale della sentenza fu un giovane rampollo dell'aristocrazia, omosessuale, fanatico e irresponsabile, che, credendo di compiere un atto di giustizia, abusò della fiducia quasi inerme di Rasputin e lo attirò in una trappola inesorabile, facendogli mangiare una quantità di pasticcini avvelenati. Poi, visto che il veleno non agiva, ricorse alla pistola. Ma, vile e incapace fino all'ultimo, Felix Yusupov non seppe fare bene nemmeno quello: quando il corpo del monaco venne gettato, legato in un sacco, nelle gelide acque della Neva (era il 16 dicembre), dava ancora, incredibilmente, segni di vita.
    Eppure, Rasputin aveva visto giusto: la guerra sarebbe stata la rovina della Russia e avrebbe trascinato con sé anche la casa regnante. Poche settimane dopo, la Rivoluzione di febbraio 1917 portò all'abdicazione di Nicola II e aprì la strada alla marcia dei bolscevichi verso la brutale conquista del potere.
    Il suo ultimo atto di forza era stato quello di indurre lo zar a destituire dal comando dell'esercito il granduca Nicola; dopo di che rinunciò ad assumere misure di prudenza e si avviò coraggiosamente incontro al proprio destino, che egli ben conosceva, avendo confidato agli amici che sapeva di avere i giorni contati.
    Il suo programma politico e sociale è stato efficacemente riassunto da uno dei suoi migliori biografi, lo storico russo Andrej Amal'rik, che già aveva fatto molto parlare di sé nel 1969, allorché fu pubblicato un suo libro quasi profetico: «Sopravviverà l'Unione Sovietica fino al 1984?», libro che gli era costato alcuni anni di soggiorno nei gulag riservati alla dissidenza.
    I lavori di Amal'rik si collocano nel solco della rinascita della storiografia russa dopo gli oltre settant'anni di censura e condizionamento del potere totalitario sovietico. Non bisogna credere, tuttavia, che, per una comprensibile ma poco scientifica forma di reazione, la sua riabilitazione della figura di Rasputin sia tendenziosa o, addirittura, faziosa: si tratta, puramente e semplicemente, di un atto di giustizia storiografica.
    In un certo senso, a Rasputin è accaduto quello che è accaduto a Nerone, la cui memoria ci è stata consegnata dal ritratto negativo di Tacito, espressione del sordo rancore della classe senatoria, che il grande imperatore romano (uno dei più grandi in assoluto) aveva toccato nei suoi privilegi e nella sua vuota presunzione. Allo stesso modo, Rasputin è incorso nell'ira di una cricca di cortigiani inetti e debosciati, capaci soltanto di difendere egoisticamente i loro privilegi di casta, anche a costo di precipitare la monarchia e il Paese intero nella voragine del caos e della rivoluzione.
    Era tempo che venisse pronunciata una parola di verità intorno alla sua figura ed alla sua opera: alla sua opera politica e sociale, intendiamo dire; perché gli altri aspetti della sua vita tumultuosa, appassionata, degna di un vero eroe dostoevskiano - di un Dimitrij Karamazov, per esempio - possono interessare solo incidentalmente e, comunque, molto più il romanziere o il raccoglitore di scandali e pettegolezzi, che non lo storico vero e proprio.
    Rasputin amava l'alcool e le donne? Apriva le porte a calci, si sbronzava di vodka fino all'abbrutimento, si portava a letto tutte le donne e le nobildonne che gli cadevano ai piedi, letteralmente, pazze di lui? Ebbene, che importano allo storico questi lati della sua vita, se non come elemento utile per comprendere alcuni tratti della sua psicologia e della sua stessa attitudine esistenziale?
    Molto più importante è sapere che egli aveva delle idee molto chiare sia in fatto di politica sociale, sia in fatto di politica estera; idee, peraltro, piene di buon senso e di umanità; e che, pur non essendo un intrigante nel senso comune della parola, poteva e voleva sfruttare sino in fondo l'ascendente di cui godeva presso Alessandra e Nicola, per imprimere alla società russa la svolta riformista da lui ritenuta indispensabile per prevenire la catastrofe.
    Citiamo alcuni passaggi chiave dal libro di Andrej Amal'rik «Rasputin» (titolo originale: «Raspoutine», Paris, Éditions du Seuil, 1982; traduzione italiana di Vera Dridso, Torino, Einaudi, 1984, pp. 177-183):

    «Rasputin condivideva la concezione contadina secondo la quale la terra deve appartenere a chi la lavora. Aveva fatto mostra di approvare all'inizio la riforma di Stolypin, che sembrava consentire molta iniziativa ai contadini, ma più tardi assunse un atteggiamento negativo verso di essa in quanto gli apparve u tentativo di preservare le proprietà fondiarie dei nobili. Era scontento che la Duna non avesse saputo risolvere il problema agrario a favore dei contadini e, alla vigilia della rivoluzione, sostenne il progetto di esproprio dei latifondi dell'aristocrazia. Tuttavia Rasputin non era dell'idea di liquidare con la forza l'aristocrazia o qualsiasi altra classe, a favore dei contadini. Era fautore della pace tra le classi. "Una parte cede, poi l'altra, ed ecco il popolo pacificato… Con la forza non si può, bisogna chiedere alla coscienza", diceva. […]
    Era democratico, non in quanto fautore dell'uguaglianza sociale o economica, ma perché riconosceva il valore di ogni personalità umana e il suo diritto a un'esistenza indipendente: tutti uguali davanti a Dio e allo zar. Per questo si infuriava quando veniva trattato con disprezzo perché contadino. […]
    Fautore di un potere autocratico forte, capace di difendere i "deboli" contro i "forti", Rasputin non era ostile a che lo zar si concertasse col popolo, che ne tenesse in considerazione la volontà. Lui stesso si vedeva come un simile consigliere, poiché "un contadino non mentirebbe allo zar". […]
    Col suo istinto contadino, egli comprendeva che la Russia aveva bisogno di un potere, autocratico o no, ma forte, in grado di sconvolgere molte cose, in particolare di mettere fine all'aristocrazia fondiaria, mentre il potere esistente era debole e aspirava a lasciare tutto com'era. Vedendo l'instabilità della posizione dello zar, Rasputin lo sconsigliava di scontrarsi con la Duma. […]
    Rasputin aveva vedute molto larghe sul problema nazionale e religioso; in questo campo, era all'avanguardia rispetto a molti suoi contemporanei., Era ortodosso e amava i riti ortodossi, ma non riteneva che la Chiesa ortodossa fosse l'unica detentrice della verità, e tanto meno che bisognasse costringere la gente a credere in un modo piuttosto che in un altro: a uomini e a popoli diversi il Dio unico si rivela diversamente. Tentò sempre di assumere la difesa dei perseguitati per ragioni di fede, fossero membri di sette, musulmani o ebrei.
    Se si studia il suo influsso sulle nomine ecclesiastiche, si nota come, a parte la promozione di "uomini suoi", abbia seguito un orientamento preciso. Contribuì a far nominare a Tobl'sk il vescovo Varnava, perché questo amico e confessore di Vitte, uomo poco colto ma predicatore ardente e ambizioso, era, come lui stesso, un uomo del popolo.[…]
    Nelle questioni nazionali, Rasputin dava prova della stessa larghezza di vedute, pur essendo quegli anni caratterizzati dall'imperversare del nazionalismo. Era lieto di essere russo, ma non riteneva vergognoso essere turco o ebreo. "I turchi sono molto più devoti, educato e calmi" dei greci e degli slavi, diceva. Riteneva che soltanto Dio fosse eterno, ma che i popoli - compreso quello russo - apparissero e scomparissero quando era finita la loro missione, donde concludeva quanto fossero importanti le relazioni fra le nazioni. […]
    Rasputin difendeva dalle persecuzioni i piccoli popoli dell'Impero. Così nel 1914 riuscì a far trasferire il governatore della Tauride, N. N. Lavrinovskij, che perseguitava i tartari di Crimea. […]
    Col suo ecumenismo nazional-religioso e la sua idea che tutti gli uomini fossero fratelli e figli di un Dio unico, era collegato anche il pacifismo di Rasputin. Era contrario a qualsiasi uccisione in generale, tra cui quella in guerra.
    "Brutta cosa, la guerra", diceva nel 193. "E i cristiani, invece dell'umiltà, ci vanno dritti filati… In generale, non merita fare la guerra, togliere gli uni agli altri la vita e i beni terreni, infrangere la legge di Cristo e uccidere prematuramente la propria anima. Cosa mi viene se ti vinco? Ti sottometto. Poi mi tocca sorvegliarti e aver paura di te, e in ogni caso tu sarai contro di me. Questo viene dalla spada ma ti prenderò sempre attraverso l'amore di Cristo e non avrò più niente da temere." […]
    Proseguendo a proposito delle guerre nei Balcani, Rasputin aggiungeva:
    "A quelli e a quello che hanno fatto sì che noialtri russi abbiamo evitato la guerra, a quelli che ci sono riusciti, bisogna innalzare un monumento, un vero monumento dico… e la politica d pace, la politica contro la guerra, bisogna onorarla come alta e savia."
    Quello che "ci è riuscito" era in primo luogo Rasputin stesso.
    "Quando il granduca Nikolaj Nikolaevic e la sua consorte tentarono di convincere il sovrano a prendere parte alla guerra dei Balcani - ricorda la Vyrubova - Rasputin lo supplicava quasi in ginocchio di non farlo, dicendo che i nemici della Russia non aspettavano altro che l'entrata in quella guerra della Russia, che sarebbe andata incontro a un disastro inevitabile."
    Allo stesso modo Rasputin aveva persuaso lo zar a non entrare in guerra al momento dell'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria nel 1908.
    Rasputin era riuscito a trattenere la Russia sull'orlo del baratro nel 1912 e a ritardare di due anni l'incendio mondiale, ma non aveva potuto esercitare la sua influenza su Nicola II nel corso dell'estate 1914 o causa della sua ferita che lo tratteneva lontano, o perché, in quel momento non c'era più nessuno che avrebbe potuto fermare il corso degli eventi: non mi azzardo a giudicare. Rasputin odiava la guerra del 1914 non soltanto quale sterminio fratricida, ma anche perché, in pieno accordo con Mescerskij, Durnovo e Vitte, pensava che ne sarebbe derivato il crollo del regime zarista. La Vyrubova ricorsa che
    "diceva sovente alle Loro Maestà che con la guerra tutto sarebbe finito per la Russia e per loro. L'unica via di salvezza era di mettere fine alla guerra, perfino a costo di una pace separata, insomma, 'quella roba di alleanze, quelle sono belle finché non c'è la guerra'."
    Combattano pure gli altri popoli:
    "è la loro disgrazia e la loro cecità. Non troveranno niente e non faranno altro che uccidersi a vicenda più in fretta. Noi invece, amorevolmente e tranquillamente, guardando in noi stessi, saremo di nuovo sopra loro tutti."»

    Quello che maggiormente balza all'occhio, oltre alla robusta dose di antico buon senso contadino che permette al monaco ignorante di giudicare con fulminea, intuitiva esattezza, situazioni alquanto complesse, è la schiettezza dell'ispirazione religiosa, che fornisce a Rasputin la bussola fondamentale per orientarsi nel labirinto della politica interna ed estera russa.
    Una ispirazione semplice, quasi elementare, e tuttavia profondamente radicata e vissuta con coerenza, senza fanatismi e senza superstizioni; che si accompagnava, in lui, a una innata, radicata benevolenza verso i deboli, gli umili, gli oppressi.
    Rasputin che difende le minoranze etniche e religiose; Rasputin che si fa promotore di una seria riforma agraria, onde migliorare radicalmente la condizione del contadino russo, ma senza soffiare sull'odio di classe e, anzi, in uno spirito di cristiana riconciliazione e di concordia nazionale: altro che perfido consigliere, burattinaio di una coppia imperiale succube del suo nefasto potere. Avesse voluto il Cielo, che Nicola e Alessandra lo avessero ascoltato di più: per il bene non di se sessi, o della moribonda autocrazia da essi rappresentata, ma del popolo russo!
    Rasputin: una leggenda nera; un enigma; un punto interrogativo incomincia a sciogliersi, mostrando i suoi tratti essenziali, che non hanno nulla di misterioso o di sinistro.
    Il suo amore per la terra e per la pace era quello di tutti i contadini di ogni tempo e paese (si ricordi l'atteggiamento delle masse rurali, in tutta Europa, nell'agosto del 1914, mentre la borghesia era travolta dalla febbre bellicista); il suo spirito di riconciliazione e di perdono delle offese era, ed è, quello di ogni vero cristiano, tanto vicino all'anima del popolo, quanto lo era un altro grande spirito cristiano della sua terra: Lev Tolstoj, il grande scrittore e cristiano dissidente, espulso dalla Chiesa ortodossa proprio a motivo della radicalità della sua fede nel Vangelo…

  2. #2
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    tempo addietro lessi o vidi qualcosa riguardante anche una congiura sionista nei suoi confronti
    DEFORME AUTENTICO

  3. #3
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    Lightbulb Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    Tutto vero. Di certo aveva doti paranormali e prevedeva il futuro.
    Era contrario alla guerra nel '14 perchè sapeva che sarebbe finita in catastrofe ("stanno preparando un orribile misfatto").
    In una lettera inviata allo Zar pochi giorni prima della morte previde che non sarebbe arrivato al capodanno (del '17) e che se fosse stato ucciso da dei nobili, come poi accadde, un'immane sventura sarebbe poco dopo capitata allo Zar, alla sua famiglia, agli stessi nobili e a tutta la Russia e il popolo russo. E fu proprio ciò che avvenne.
    Ultima modifica di Logomaco; 14-11-09 alle 20:03
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  4. #4
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    E' un personaggio contraddittorio.
    Comunque è indubbio che quando ebbe effettivo potere con lo Zar al fronte, ci furono i cambi di governo che favorirono la rivoluzione successiva.

  5. #5
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust



    Ma vogliamo parlare del pene di Rasputin?Il virile e gammeratissimo strumento con quale puniva le nobili squaldrinelle.Solo per quello è oggettivamente un camerata.

  6. #6
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    rasputin doveva intrecciare capelli. barba. e uccello. è risaputo. :giagia:
    "extraterrestre.. portami via.. voglio una stella che sia tutta mia.. extraterrestre.. vienimi a cercare.. voglio un pianeta su cui ricominciare"
    ----------------------------

    grazie a tutti..

  7. #7
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    Rasputin aiutò,inconsapevolmente,i bolsceviki a prendere il potere.Che ora venga rivalutato mi sembra per lo meno una bizzarria.Se non lo avesse avuto tra i piedi il Regnante, rappresentato dal mio avatar, forse in qualche modo la "rivoluzione" avrebbe potuto essere arginata.La dabbenaggine della Zarina,ottenebrata dalla figura di Rasputin, contribuì al tracollo ed al loro assassinio.
    Ahi serva Italia di dolore ostello,
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  8. #8
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    Lightbulb Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    Citazione Originariamente Scritto da kouros Visualizza Messaggio
    Rasputin aiutò,inconsapevolmente,i bolsceviki a prendere il potere.Che ora venga rivalutato mi sembra per lo meno una bizzarria.Se non lo avesse avuto tra i piedi il Regnante, rappresentato dal mio avatar, forse in qualche modo la "rivoluzione" avrebbe potuto essere arginata.La dabbenaggine della Zarina,ottenebrata dalla figura di Rasputin, contribuì al tracollo ed al loro assassinio.
    Argomentare per cortesia...questo è un giudizio e non fatti.
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  9. #9
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    Personaggio sicuramente fuori dal comune e misterioso.La profezia che fece si avverrò puntualmente!
    "...Sento che devo morire prima dell’anno nuovo. Voglio fare presente però al popolo russo, al Babbo, alla Madre della Russia ed ai Ragazzi, che se io sarò ucciso da comuni assassini, e specialmente dai miei fratelli contadini russi, tu, Zar di Russia, non avere paura, resta sul tuo trono e governa e non avere paura per i tuoi Figli perché regneranno per altri cento e più anni. Ma se io verrò ucciso dai nobili, le loro mani resteranno macchiate del mio sangue e per venticinque anni non potranno togliersi dalla pelle questo sangue. Essi dovranno lasciare la Russia. I fratelli uccideranno i fratelli, ed essi si uccideranno l'un l'altro. E per venticinque anni non ci saranno nobili nel Paese. Zar della terra di Russia, se tu odi il suono delle campane che ti dice che Grigorij è stato ucciso, devi sapere questo. Se sono stati i tuoi parenti che hanno provocato la mia morte, allora nessuno della tua famiglia, cioè nessuno dei tuoi figli o dei tuoi parenti rimarrà vivo per più di due anni. Essi saranno uccisi dal popolo russo... Pregate, pregate, siate forti, pensate alla vostra benedetta famiglia."

    Solo un caso?:mmm:
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  10. #10
    Il fustigatore.
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    Predefinito Rif: Rasputin fu ucciso da una cricca di nobili debosciati perché voleva pace e giust

    Citazione Originariamente Scritto da Kremator Visualizza Messaggio
    Argomentare per cortesia...questo è un giudizio e non fatti.
    La figura di Rasputin nel contesto della famiglia dello Zar,è risaputo,aveva un potere oscuro e carismatico al punto dal distogliere i Regnanti da quelli che erano i propri compiti,funzioni e doveri.
    L'assillo più grande fu il piccolo zarevic Aleksej emofiliaco,che il taumaturgo Rasputin "curava" ovviamente senza ottenere alcun risultato.
    Mentre la zarina sarà da quel momento totalmente plagiata dal siberiano, lo zar in seguito si distaccherà gradualmente dalla figura di Rasputin. Quest'ultimo nel tempo comincia a uscire frequentemente dal suo ruolo di consigliere spirituale, prodigandosi in giudizi su politici e ministri; Aleksandra Fëdorovna si dimostra sempre più disponibile a condividere il parere dello starec siberiano, fino a diventare completamente dipendente dalla sua opinione.
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