Lombardia, Formigoni pigliatutto ma la sua lista non sfonda
Uno dei mutamenti più rilevanti di questi ultimi anni nel funzionamento del nostro sistema politico (e specialmente nelle motivazioni che spingono gli indecisi e/o i meno interessati alla politica a scegliere cosa votare) è costituito dalla crescente importanza della figura del leader (e, nelle elezioni, del candidato). Con la erosione delle identità politiche tradizionali (dovuta anche all'ingresso nel corpo elettorale di generazioni formatesi politicamente negli ultimi anni) l'immagine personale (in particolare, la reputazione, la credibilità, la capacità di infondere fiducia) di chi chiede il consenso è divenuta un punto di riferimento sempre più rilevante. Quasi metà dell’elettorato, con una significativa accentuazione proprio nel segmento orientato al centrodestra, dichiara oggi di prendere in considerazione più la figura del candidato che il partito cui egli fa riferimento. Si tratta, beninteso, di una percezione personale che non necessariamente corrisponde alla dinamica reale, dato che il processo di scelta del voto è in larga misura inconsapevole. Ma è certo indicativa del peso assunto dai caratteri del leader.
La «personalizzazione» della politica è a tutti evidente a livello nazionale. Ma ormai da diverso tempo ha assunto una intensità forse ancora maggiore nei comuni, nelle province, nelle regioni. Perché è qui - e non (ancora) a livello nazionale - che il sindaco (o il presidente o il governatore) viene eletto direttamente. E instaura spesso con i cittadini una sorta di filo diretto che prescinde in una certa misura dal partito di appartenenza.
Date queste premesse, è comprensibile che Formigoni, governatore della regione più popolosa - e dunque, come sottolinea Diamanti, l'uomo politico italiano che gode del più ampio consenso diretto, da questo punto di vista secondo in Europa solo a Chirac - voglia sfruttare al massimo il potenziale offerto dalla personalizzazione. Proponendo, come fanno anche altri governatori, una lista che si richiami direttamente a lui. Cercando così di raccogliere quel consenso ad personam che, a suo avviso, non viene intercettato da FI (né dagli altri partiti).
La popolarità di Formigoni si rileva già dal livello di notorietà della sua candidatura. Alla domanda «chi sono i candidati alle prossime regionali» più del 40% dei lombardi indica spontaneamente Formigoni, mentre meno del 10% (e, ciò che è ancora più significativo «soltanto» il 12% tra chi si autodefinisce di sinistra/centrosinistra) ricorda il nome di Sarfatti. Va certo ricordato che quest’ultimo ha appena iniziato la sua campagna, mentre Formigoni ricopre la sua carica da molto tempo: anche Penati - che poi vinse la presidenza della Provincia - era praticamente sconosciuto qualche mese prima del voto. Ma il vantaggio di partenza per Formigoni è notevole. Non sorprende perciò che, sul piano delle intenzioni di voto vere e proprie, il governatore raccolga oggi il consenso della maggioranza assoluta, a fronte di circa il 20% che indica il candidato del centrosinistra e una quota poco inferiore (18%) che opta per Maroni, ciò che rappresenta un altro, importante, indice della forza attuale della Lega. Naturalmente queste cifre non possono essere considerate da nessun punto di vista previsioni del risultato elettorale futuro, in quanto non tengono conto delle scelte dei tantissimi (oltre il 40%) che oggi si dichiarano indecisi. Ma esse provano la forza attuale di Formigoni. Che pare avere un effetto trascinatore anche per il suo partito, Forza Italia, il quale ottiene dai primi sondaggi una quota di voti superiore al risultato (come si ricorderà, assai deludente) delle ultime Europee.
La «personalizzazione» si conferma dunque un fattore di attrazione di consensi, legato anche alla capacità di mobilitare una quota di elettorato spesso tentata dall'astensione. Ma - questo, come si sa, è il vero oggetto del dibattito in corso nel centrodestra - in che misura la presenza di una «lista del governatore» ne aggiunge ulteriori? O ne sottrae invece agli altri partiti che fanno riferimento allo stesso candidato? La risposta definitiva potrà venire solo dalle elezioni «vere». Tuttavia, per verificare, almeno sperimentalmente, l'impatto della lista Formigoni sono stati interrogati due distinti campioni, entrambi rappresentativi dell'elettorato lombardo, sottoponendo al primo un elenco di partiti comprendente la lista del governatore e omettendo quest'ultima nel questionario destinato al secondo. La differenza nei risultati suggerisce che la lista del Presidente parrebbe (il condizionale è d’obbligo, trattandosi di sondaggi su intenzioni espresse riguardo a un evento ancora molto lontano nel tempo) raccogliere il consenso di una quota consistente (attorno al 10%) dell'elettorato. Ma essa mostra al tempo stesso che si tratta di voti per lo più provenienti dalle altre forze del centrodestra.
Insomma, la presenza di una «lista del governatore» potrebbe portare certamente a un rafforzamento (probabilmente poco gradito a Berlusconi e, ancora meno, a Bossi) di immagine e di peso politico di Formigoni. Non tanto perché essa riesca in sé ad attirare nuovi elettori. Quanto perché, proprio col sottrarli ai partiti che lo sostengono, essa evidenzierebbe ancor più il ruolo «personale» del governatore nella raccolta del consenso.
di RENATO MANNHEIMER
insomma, nella regione piu' produttiva d'Italia il csx e' ai minimi termini tanto che il cdx si litiga se raggiungere assieme il 60/70% o divisi il 50% + il 18% della Lega.