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    Roma. “Qualcuno è sfiorato ogni tanto dall’idea che si possa candidare anche qualcuno dei Ds da parte? Ha mai preso in considerazione questa ipotesi?”. Gavino Angius, capo del senatori Ds, non è certo un patito delle primarie. Però, a urne pugliesi chiuse, spiega che, se primarie hanno da essere, primarie siano dappertutto.
    Un’idea che, nel corso della giornata, è stata avanzata anche dalla segreteria del partito. “Noi dei Ds non ci sentiamo stretti in una morsa Prodi-Bertinotti, come sostengono alcuni – dice Angius al Foglio – Sappiamo che abbiamo un ruolo. Forse ogni tanto anche qualche amico dovrebbe ricordarselo, che siamo il partito più grande della coalizione.Vede, possiamo anche essere oggetto di critica, e si può mettere in discussione tutto, anche la socialdemocrazia e i suoi valori. Ma bisogna sapere che poi i cittadini possono anche ricordarselo”.
    Secondo Angius, “se si fanno le primarie in Puglia e tutti a dire ‘che bello, che bello’, allora le dobbiamo adottare dappertutto”. Osserva, il capo dei senatori diessini: “Vero che il candidato in Puglia non era ancora stato indicato, ma il nostro candidato premier, colui che dovrà dirigere la coalizione, è già stato scelto da tempo. Però si fanno lo stesso le primarie. C’è qualcosa che non funziona…”.
    E allora, primarie per tutti.
    Pur con giudizio, pur “con i piedi per terra”, spiega Angius, “mica sarà un caso che le primarie non si fanno in nessun paese democratico, tranne negli Stati Uniti, con criteri chiari, iscritti ed elettori registrati a un partito”.
    Detto questo, dice ancora Angius: “Dopodiché capisco che dobbiamo innovare, anche con delle rotture. E definire regole completamente nuove. Ma allora diciamoci le cose come stanno: o le primarie sono una competizione vera tra candidati alternativi, oppure se c’è una candidatura unica, si tratta solo di una consultazione popolare su una proposta dei partiti. Ecco perché ho delle perplessità su Prodi e Bertinotti”.
    Perché non è una vera competizione?
    “Sarebbe una competizione vera se Bertinotti si candidasse come alternativa a Prodi. Ma lui dice di no, dice che è favorevole a Prodi, ma si candida. E’ proprio sciocco, allora, farsi qualche domanda?”.
    E le domande portano Angius e il suo partito a una proposta:
    “Se dobbiamo operare una rottura di metodo nella scelta delle nostre candidature, allora il sistema delle primarie deve valere per tutti. Ci vuole più apertura e coraggio, un metodo selettivo nuovo delle candidature a ogni livello”.
    Pure quella di deputati e senatori?
    “Se quello che diciamo vale per i sindaci, presidenti di Provincia e governatori regionali, e persino per Prodi, mi sembra difficile togliere ai cittadini questa facoltà con i candidati da eleggere in Parlamento, deputati e senatori”.

    “Il peso dei partiti è deciso dagli elettori”
    Continua Angius: “I partiti devono innovarsi profondamente, ma non vanno cancellati. Difendo il loro ruolo. Sono pezzi importanti della democrazia che si organizzano, che derivano forza e legittimità dal voto dei cittadini. Però capisco anche che non siano tutto. Preserviamo loro la titolarità di una proposta, ma senza fargli scegliere tutto. Facciamolo fare ai cittadini. E a questo proposito vorrei far notare che la forza dei partiti non la stabiliscono i partiti stessi. Lo dico perché ogni tanto sento cose strane, parlare di ‘squilibri nella coalizione’… Gli squilibri, chiamiamoli così, vengono stabiliti dal voto. Così il consenso dei Ds non lo stabilisce Fassino, ma gli elettori”.
    Ma presenterete davvero agli altri partiti della coalizione una proposta per primarie diffuse, o resterà uno sfogo?
    “Dobbiamo discutere insieme le regole, non diciamo prendere o lasciare. Ci rendiamo conto che il tema è delicato. Noi vogliamo una coalizione più coesa e unita, ma quello che riteniamo sbagliato è che ci sia qualcuno perennemente impegnato nello sforzo unitario e qualcun altro che considera questo sforzo secondario e residuale”.
    Alcuni diessini, come Enrico Morando, hanno definito quello di domenica in Puglia “il giorno terribile dei riformisti”.
    Angius scuote la testa e commenta ironico: “Ma no, ma no… Che giorno terribile… Ci può essere di peggio…”.
    Che certo qualche segno ha lasciato.
    “Vedo molti che esultano per il risultato, io preferirei esultare dopo aver battuto Fitto. E quelli che esultano per Vendola, avrebbero esultato alla stesso modo se avesse vinto Boccia?”.
    Cosa vuol dire?
    “Parliamoci chiaro: una parte di coloro che sottolineano la vittoria di Vendola vogliono sottolineare non tanto la sconfitta di Boccia, quanto il colpo inferto ai Ds, alla Margherita, all’area riformista. E questa è una sciocchezza. Come l’altra che ho letto…”.
    E sarebbe?
    “La storia che a uscire sconfitti dal voto in Puglia siano stati l’apparato e la nomenclatura. Mentre proprio l’apparato e la nomenclatura hanno vinto. Da questo punto di vista Boccia era molto più nuovo del suo contendente…”.
    Comunque, non sono state le primarie ideali.
    “Boccia e Vendola non sono stati i candidati scelti dopo una selezione in tutti i partiti, ma erano a loro volta i prodotti di una preselezione…”.

    saluti

  2. #12
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    Predefinito Nessun padrone, troppi padroni

    Con maniere civili, per superare uno stallo, in una grande regione del sud una frazione attiva dell’elettorato di centro sinistra ha deciso chi è il leader, il candidato alla guida del governo in un sistema bipolare. Ne è seguito un trauma che non sarà riassorbito tanto presto, nonostante dichiarazioni d’occasione, reazioni confuse o maliziose.
    Da tempo nel centro sinistra la questione è la seguente: chi comanda?
    L’antropologia ipocrita e autoindulgente del mondo progressista ha sempre respinto sdegnosamente l’idea che una coalizione possa avere un “padrone”.
    Dietro questa formula, con la sua eco moralistica antiberlusconiana, fiorisce da dieci anni la battaglia dei capi di una sinistra con troppi padroni, in un clima mal sopportato di anarchia (quando litigano) o di oligarchia (quando si mettono d’accordo).
    Prodi non aveva una piena delega dei partiti, D’Alema non aveva delega elettorale, Rutelli ebbe un mandato debole, Cofferati e i girotondi revocarono ogni autorizzazione, dopo la sconfitta del 2001, e riportarono la cosa in piazza, ma senza sbocchi.
    Offrendo agli elettori pugliesi di centro sinistra il potere di decidere, i capi speravano di limitare i danni derivanti dallo stallo nel negoziato tra i partiti: un po’ di spazio visibile in più a Rifondazione, e una buona legittimazione al candidato scelto dai partiti maggiori della coalizione, insomma un esperimento locale, e vediamo se funziona.
    A sorpresa, l’esperimento ha funzionato, anche troppo.
    Forte partecipazione, decisione imprevista e contraria ai desideri dell’establishment di partito e di apparato.
    Ora si dovrebbe replicare il tutto sul piano nazionale: Prodi contro Bertinotti per la candidatura contro Berlusconi nel 2006. Ma son problemi.
    C’è chi resta schiacciato a tenaglia e rischia di soffrire nel prossimo congresso (Fassino e i diesse). Ci sono i concorrenti insofferenti, come i comunisti italiani o altre microformazioni.
    C’è il rischio di uno sbilanciamento politico accentuato. Insomma, parecchi rischi.
    Un dirigente del maggior partito della sinistra, Gavino Angius, propone di fare le primarie in tutti i collegi uninominali per l’elezione del Parlamento, ciò che tutti gli altri sentiranno come una minaccia, più che una promessa, di estrema democrazia decisionista.
    A essere rigorosi, dopo la vittoria di Vendola non basta neanche quello.
    Ormai c’è una sola soluzione realistica: contarsi.
    Alle primarie nazionali di maggio dovrebbero presentarsi Prodi, Fassino, Rutelli, Bertinotti e gli altri capi, con un programma distinto e chiaro, proponendo una scelta di convergenza sul candidato più coerente con i valori maggioritari a sinistra o sul più forte, sul più eleggibile, su quello che può battere l’avversario.
    Magari troveranno un ennesimo compromesso dei capi, ma l’impressione è che sia saltato lo schema retorico unitario, la vecchia idea che una coalizione non abbia bisogno di uno che comandi e che la guidi legittimato dal voto.

    Ferrara su Il Foglio del 19 gennaio

    saluti

  3. #13
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    Roma. “Nel caso di Nichi Vendola, sono stati i cittadini e non solo i militanti a esprimersi. Hanno ribaltato la strana convinzione diffusa in Italia, secondo cui il centro è l’unico elemento politico valido da proporre per governare”.
    Domenico Mennitti, sindaco di Brindisi, fondatore e direttore fino al 2004 del bimestrale di cultura politica Ideazione (oggi è presidente dell’omonima Fondazione), è convinto che le primarie pugliesi di domenica scorsa sanciscano un punto:
    “Gli elettori vogliono scegliere tra due candidati che siano espressione di identità differenti e ben definite”.
    Quasi si rivelasse la necessità di una radicalizzazione virtuosa. Secondo Mennitti, la novità segue un percorso inaugurato dieci anni fa:
    “Per lo meno dal 1994 – dice al Foglio – l’evoluzione politica italiana non si verifica più per determinazione della classe dirigente. Ma dipende dalla spinta dei cittadini, anche se le forze che vengono premiate, come dimostrano le primarie, sono quelle più organizzate”.
    Ds e Margherita hanno mostrato di non esserlo abbastanza.
    “In generale i partiti hanno oggi una capacità di mobilitazione modesta, soffrono le forze estreme che hanno ancora rabbia in corpo. E nell’attuale situazione non vince chi cerca d’irrompere nell’elettorato altrui, ma chi riesce a motivare il proprio”.
    Nessun dubbio sulle intenzioni Prodi, che “sta cavalcando in modo non velleitario la battaglia delle primarie perché ha fatto le spese della dipendenza dai partiti”.
    Quanto alla possibilità che anche nel centrodestra liberistico-carismatico s’annunci una nuova consapevolezza, l’auspicio sovrasta i sintomi apprezzabili:
    “Nel ’94, fu il centrodestra a determinare un’evoluzione della sinistra. Ma la coalizione è stata costruita sul profilo carismatico di Berlusconi, Casini, Fini e Bossi. E oggi le figure carismatiche sono le stesse, nonostante le disavventure capitate. Si può tuttavia sperare che la vicenda del centrosinistra inneschi una reazione. Del resto, i tempi della politica si sono accelerati. Eravamo abituati a un elettorato vischioso, che per muoversi con percentuali ridicole impiegava lustri. Ora la mobilità punisce chi comanda più che confermare chi governa bene. Questi anni non scorrono inutilmente”.

    Sul rapporto tra le primarie e i tempi della politica, converge anche l’analisi di Michele Salvati, politologo ed editorialista del Corriere della Sera.
    “Ancora possiamo soltanto chiederci cosa accadrà se la società civile si rimette in moto innescando un processo di rivitalizzazione della politica. Certo che gli ottantamila elettori pugliesi non sono uno scherzo. Anzi, chapeau”.
    Per Salvati “il caso di Vendola insegna alcune cose. Come rileva anche Giovanni Sartori, alle primarie vanno a votare cittadini particolarmente motivati e non la maggioranza degli elettori potenziali. E se Vendola ha vinto è perché le primarie, meccanismo che per definizione riguarda un singolo partito, si sono svolte all’interno di una coalizione in cui i due gruppi maggioritari, Ds e Margherita, invece di attivarsi unitariamente e stravincere come dovrebbero secondo i numeri, si fanno gli sgambetti a vicenda”.
    Il risultato è che in controluce si può leggere la sconfitta della federazione riformista.
    “La federazione doveva essere la via maestra per legittimare la leadership di Prodi, il quale adesso è costretto a calcare la via efficace ma subordinata dell’investitura dal basso”.
    Dispensati i “doverosi auguri a Prodi”, Salvati aggiunge altri elementi di riflessione che evocano una scena politica bipartitica.
    “Nelle primarie di coalizione si vota all’interno di qualcosa che può già essere percepito come un partito. Perché ogni consultazione primaria è potenzialmente un modo per dire che il perimetro in cui ci si muove è la coalizione tutta. Come fosse un unico soggetto politico e non il luogo di confronto tra il partito riformista di Prodi e quello radicale di Bertinotti”.
    Un fenomeno analogo, “augurabile ma fantapolitica - conclude Salvati – si avrebbe a destra se, superata la stagione carismatica di Berlusconi, si sfidassero Casini, Pisanu o Fini.
    L’intero centrodestra diventerebbe lo spazio politico in cui costruire un partito”.

    saluti

  4. #14
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    Roma. Domani Sergio Chiamparino, sindaco diessino e riformista di Torino, inaugurerà un suo sito, “non da amministratore, ma da esponente del centrosinistra”, precisa, “e il primo titolo sarà provocatorio: primarie o nuovo soggetto politico”.
    Nel senso? “Nel senso che non le puoi fare solo quando ti convengono”.
    Ieri, invece, la dalemiana Velina Rossa, un’agenzia che del dalemismo custodisce l’ortodossia, ha avanzato la proposta di candidare alle primarie Walter Veltroni. Che ovviamente non ci pensa affatto, così come nessuno a via Nazionale pensa a un candidato del partito tra Prodi, Bertinotti e il resto della compagnia. “E’ del tutto escluso – spiega un dirigente – Sarebbe come dire a Prodi: vattene. Allora conviene dirglielo direttamente”.
    Il partito si sente “sotto assedio, ma sta reagendo”.
    E pure la piccola curiosità della Velina Rossa questo fa intendere. “Mai fino a oggi avrebbe proposto qualcosa a Veltroni. E’ il segno che si stanno sciogliendo, davanti ai nuovi pericoli, tutti gli antichi rancori”.
    Dicono a via Nazionale che ieri, dopo tre giorni di patimenti e incazzature, Piero Fassino sembrava più sollevato. “Molto utile uscire con un po’ di durezza, ogni tanto”, ha commentato, dopo aver letto le polemiche interviste di esponenti come D’Alema e Angius.
    Racconta un dirigente che lo ha incontrato: “Finalmente non si dice più: che abbiamo fatto! Casomai c’è un solo rammarico: non averlo fatto prima”.
    Ma certo non basta. Lo sanno bene a via Nazionale. Che infatti puntano su una strategia in due momenti.
    Nell’immediato, Fassino farà di tutto per convincere Bertinotti a ritirare la sua candidatura alle primarie.
    “Noi mostreremo ancora spirito unitario, lo stesso speriamo faccia lui – è la spiegazione – Decida se le primarie servono a rafforzare Prodi nei confronti di Berlusconi o se devono diventare una partita interna alla coalizione, una resa dei conti, col risultato di far trovare Prodi di fronte a Berlusconi addirittura più debole di adesso”.
    Farà pressione in ogni modo, il segretario ds, per costringere il leader di Rifondazione al passo indietro. E chiederà “a muso duro” anche agli altri alleati della federazione di premere sulla stessa linea.
    “Il nostro atteggiamento – esagera verbalmente un dirigente - sarà cazzuto”.
    E la ricaduta, giurano al vertice dei Ds, si vedrà al congresso nazionale, tra due settimane.
    “Sarà orgoglioso”, è la definizione che viene fatta filtrare. Ma come?
    “Non di semplice orgoglio di partito, ma nelle risposte che pretenderemo dagli alleati. Non possiamo né vogliamo più farci carico di tutte le contraddizioni, né caricare il successo di Prodi solo sulle nostre spalle”.
    Anticipano i fassiniani: “A Rutelli e Prodi, Boselli e Sbarbati, ricorderemo che abbiamo investito con generosità nella lista unitaria. Adesso vogliamo sapere da loro, in modo chiaro, se ci credono ancora o no”.
    Si racconta di malumori che arrivano dalla periferia, “nel partito non se ne può più”.
    Persino l’intervista di D’Alema a Repubblica (“La pazienza dei Ds è al limite”), viene letta come un’accusa che si farà più forte nei prossimi giorni, “adesso ci sono le elezioni suppletive, è candidato Nicola Latorre, amico di Massimo, serve l’aiuto degli alleati”.
    Il meglio, dunque, deve venire. Ma qualcosa già si intravede.
    “Chi di primarie ferisce di primarie perisce”, si ironizza tra i Ds.
    Dunque primarie in Toscana per i candidati alla Regione, e primarie a Catanzaro.
    Rutelli attacca sulla socialdemocrazia? Si appoggerà la proposta di Valdo Spini di ingrandire nel simbolo del partito la rosa del socialismo europeo. Congressi di federazioni importanti come Bologna si preparano ad appoggiare la scelta. Ieri la rosa del socialismo l’hanno inserita nel loro simbolo anche i gay diessini, che da adesso in poi si chiameranno Gayleft.
    “Basta farsi vampirizzare”, grida Franco Grillini.
    “Un po’ di pepe nel congresso”, chiede Chiamparino.
    A via Nazionale è stata messa a punto quella che viene ironicamente chiamata “la strategia del basket”, ispirata a una partita di bambini.
    “Quando, a fine gara, si tengono mano per mano e vanno verso il bordo campo. E il più forte, il più deciso, tira anche tutti gli altri. Ecco, noi vogliamo essere quelli che trascinano anche i compagni, tenendoli per mano”.
    Da adesso (si giura) è prevista pure qualche pedata di incoraggiamento.

    saluti

  5. #15
    Senatore e Magno Pilastro
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    LA DEMOCRAZIA DEI MILITANTI

    Affermarsi alle primarie e perdere le elezioni.
    di: Giovanni Sartori, Corriere della Sera del 19 gennaio.


    "Magnifico, magnifico! Finalmente arriva in Italia, o quantomeno in Puglia, la vera democrazia, «l' esercizio democratico di dare voce al popolo» (Bertinotti). Inoltre, sorpresa, sorpresa! Infatti ha vinto Vendola, candidato di Rifondazione, contro Boccia, candidato della Margherita. «Io ho sempre saputo che l' idea di un pirata era quella vincente; e il pirata ha vinto, ha affondato la nave del vecchio sistema di potere» (ancora Bertinotti). Anche Prodi esulta: «E' stato un grandissimo esempio di democrazia». Perché, secondo i prodiani, in Puglia hanno perso i partiti, ha vinto lo spirito dell' Ulivo. Trascinato dallo stesso entusiasmo anche il bravissimo amico Paolo Franchi commenta che Prodi «è stato lucido» nel considerare Bertinotti il suo interlocutore privilegiato. Io, invece, in tutto questo peaneggiare non vedo nessuna lucidità. Allora, e per cominciare, vittoria della democrazia? Facciamo qualche conto. L' affluenza è stata dichiarata un boom. In realtà gli 81 mila «primaristi» che hanno votato costituiscono meno del 10 per cento dell' elettorato di centrosinistra che ha votato in Puglia alle ultime elezioni europee. E siccome il voto si è diviso pressoché a metà (la differenza è stata di mille voti), Vendola è stato designato da un 5%, che poi si riduce a un 2% di chi ha diritto al voto (in Puglia sono 3.500.000). Ai bei tempi di Stalin, la sua democrazia richiedeva il 99%. Oggi Bertinotti si contenta del 5-2%. Lui sì, e anche Prodi sì; ma io no. E quando Vendola dichiara che «questo voto... segna l' esplosione della democrazia» direi che esagera alla grande. Veniamo alla sorpresa. Se Bertinotti ha sempre saputo che l' idea del pirata era vincente, io ho sempre saputo (dalla letteratura sull' argomento) che il pirata non c' entra e che alle primarie partecipano e vincono quasi sempre i militanti, i più ideologizzati, gli attivisti, e cioè i «sinistri» della sinistra e, simmetricamente, i «destri» della destra. E questo perché gli elettori «tranquilli» disertano le primarie e detestano il voto continuo. Gli elettori tranquilli, sia di sinistra che di destra, votano, quando votano, alle elezioni vere, non alle elezioni preliminari. Dunque, per chi si intende di queste cose la vittoria di Vendola non è una sorpresa. La sorpresa sarebbe se Vendola vincesse la Puglia. In questi casi (da non confondere con le primarie sulla presidenza degli Stati Uniti, un discorso da fare a parte) la regola è che chi vince le primarie perde le elezioni. E' così - ripeto - perché gli «intensi», i militanti, sono sempre più a sinistra, o più a destra, del loro elettorato di riferimento. Dal che consegue che al loro elettorato la loro scelta non piace. Sbaglierò, ma la scelta di Vendola faciliterà la vittoria di Fitto. E, in generale, ha ragione Diliberto (cossuttiano): «Prodi e Fassino riflettano, le primarie rischiano di non rappresentare i reali rapporti di forza dell' elettorato». Appunto. Inoltre, nessuno si è ancora soffermato sul problema posto dalle primarie «aperte», e cioè aperte a tutti. In Puglia si è chiesto ai primaristi di sottoscrivere con firma leggibile la loro adesione al «progetto politico della Grande Alleanza». Ma questa è una protezione risibile. A parte il fatto che il progetto è ancora nelle nuvole, chi mi impedisce di mentire o comunque di cambiar parere il giorno dopo? Se io fossi Fitto avrei spedito i miei fedeli a votare per Vendola. Fitto non lo ha fatto (non credo a chi denunzia dei brogli). Però, fatta la legge trovato l' inganno. Succederà, o può sempre succedere. Mettete la faccenda in mano a un Cuffaro (tanto per fare un nome) e ne vedremo di belle. Sì, temo che con le primarie ne vedremo in ogni caso di belle. "


    ....senza commenti, non servono!

 

 
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