corriere della sera (da qui)
«L'esagerata supremazia del consorte può minare il legame»
La "mascolinità sicula" fa annullare il matrimonio
Una sentenza della Sacra Rota
CITTÀ DEL VATICANO - «Mascolinità sicula», «egocentrismo schizoide», eccesso di «insistenza» per le nozze, minaccia di abortire: sono quattro casi di nullità del matrimonio, riconosciuti e descritti con fantasia linguistica in altrettante sentenze della Rota romana. Ne dà conto il volume «Attività della Santa Sede 2003» pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana. La «mascolinità sicula» è l’espressione con cui la sentenza A/37-03 indica la mentalità di un uomo che rivendica a se stesso una «esagerata supremazia» sulla fidanzata e dichiara di sposarsi con il «proposito» del divorzio, se la donna scelta non si riveli all’altezza.
«E’ ormai pacifico - premette il giudice rotale - che il fermo proposito di ricorrere al divorzio, nella sua molteplice e varia motivazione, comporti nullità del consenso». Sta cioè a dire che non ci si sposa con l’intenzione di contrarre un «vincolo indissolubile».
Ecco la storia: «Nel caso concreto si riconosce che la radicata mentalità dell’uomo e la esagerata supremazia della mascolinità sicula non potevano non comportare l’esclusione dell’indissolubilità, come del resto la donna, contraria alla nullità, aveva lamentato in sede civile».
L’«egocentrismo schizoide» figura nel verdetto - anch’esso di nullità - per un’altra vicenda, che riguarda un matrimonio misto tra Angela M., cattolica, che conosce in un club inglese Mario, anglicano. Dall’unione nasce una figlia che presto lo sposo inizia a trascurare in maniera ostentata, come del resto già trascura la sposa. La donna porta la vicenda di fronte al tribunale ecclesiastico che riconosce la nullità per «egocentrismo schizoide» dell’uomo e per la sua «conseguente» incapacità di rispettare gli obblighi del matrimonio.
Una donna che forza l’uomo a sposarla, anche solo con un eccesso di «insistenza», prefigura una ragione di nullità che poi lui potrebbe utilizzare in sede processuale. Il caso esaminato pare lampante: abbiamo una lei che - alla vigilia del matrimonio - «cercava disperatamente di rinsaldare la relazione» e un lui che viveva male quell’assedio, tanto che i suoi genitori, «su consiglio del parroco, con lettera raccomandata diretta al parroco medesimo, il giorno precedente le nozze descrivevano l’incertezza del figlio dinanzi al matrimonio e l’insistenza della fidanzata verso le nozze».
Infine la fidanzata incinta che minaccia di abortire, se l’uomo non la porta all’altare. La sentenza B/33-02 parla, in questo caso, di «timore invalidante il consenso» e richiama il principio che il consenso alle nozze, per il Codice di diritto canonico, deve essere «pieno e libero». Condizione che viene meno se un fidanzato riluttante si decide quando diviene «certo che la minaccia dell’aborto sarà eseguita nel caso di suo rifiuto del matrimonio».
Luigi Accattoli
27 gennaio 2005