Due anni senza l'Avvocato. Montezemolo: "Nessuno come lui"
REDAZIONE
Il 24 gennaio 2003 l'Italia diceva addio all'Avvocato Gianni Agnelli e il quotidiano francese Liberation titolava a tutta pagina: "Il re d'Italia è morto". L'Avvocato aveva i suoi pregi e suoi difetti, ma una cosa è certa: era uno dei pochi personaggi del nostro Paese che ci poteva rappresentare degnamente all'estero. La sua parola contava come quella di un grande capo di Stato, i suoi moniti lasciavano un segno a qualunque latitudine.
Il confronto tra il numero uno della Fiat e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è improponibile. Lo dicono i rappresentanti dei cosiddetti "poteri forti", ma lo dicono soprattutto le persone semplici.
A dare l'ultimo saluto a Giovanni Agnelli non c'erano solo gli industriali, i politici e gli uomini di spettacolo. C'erano soprattutto gli operai della Fiat e tanta gente comune. C'erano i sindacalisti, che lo avevano spesso criticato, ma sempre rispettato.
Quando il Cavaliere attraversò il sagrato del Duomo di Torino durante i funerali, le stesse persone che stavano rendendo omaggio al ricco e potente Gianni Agnelli, riservarono una bordata di fischi al ricco e potente Silvio Berlusconi.
Due anni dopo, con un intervento al quotidiano La Stampa, il leader di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo non può fare a meno di mettere ancora una volta in evidenza l'amara verità: come lui, oggi, in Italia, non c'è proprio nessuno.
"L'assenza dell'Avvocato Agnelli contrassegna, e rende più acuta, la sensazione della mancanza di una vera classe dirigente in Italia, intesa come insieme di persone responsabili in grado di guidare a tutti i livelli il Paese e di rappresentarlo degnamente all'estero: compito, quest'ultimo, che sembra ormai affidato al solo presidente Ciampi - si legge nel giornale torinese - mediocrità, conflittualità esasperata, visione limitata nell'affrontare problemi che la congiuntura mondiale rendeva via via sempre più complicati si erano già manifestate, per la verità, in passato, anche se mai nelle dimensioni attuali".
Insomma, secondo Montezemolo "l'Avvocato era diventato un grande ambasciatore del suo Paese nel mondo".
"Ovunque era percepito come il simbolo di un'Italia positiva e diversa dai pregiudizi che la accompagnano - ha concluso - di questo oggi s'avverte, sempre più forte, la mancanza".
Lo scorso anno aveva espresso analoghi concetti un altro grande "conoscitore" dell'Avvocato,
Cesare Romiti. La sua intervista rilasciata a Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera fu un vero colpo al cuore per l'attuale classe dirigente italiana ed in particolare per il leader di Forza Italia.
"Erano molto diversi. Pensi al giorno in cui il Cavaliere ricevette i vertici della Fiat. Li convocò a casa sua ad Arcore, li fece aspettare per ore, arrivò con una Mercedes - affermò - una cosa così l'Avvocato non l'avrebbe fatta mai. Mai e poi mai. Aveva un'altra idea del proprio ruolo e del rispetto per gli altri".
Per Romiti "Agnelli non faceva mai pesare chi era lui. Altro stile. Non era un demagogo o un populista, non fingeva di stare in mezzo alla gente".
da www.centomovimenti.it
TELEVIDEO Do 23 Gen 18:09:11
Rai
MONTEZEMOLO: "MANCA
VERA CLASSE DIRIGENTE"
A due anni dalla scomparsa di Gianni
Agnelli,il presidente di Confindustria,
Montezemolo, su "La Stampa", scrive: in
Italia "manca una vera classe dirigen-
te" in grado di guidare "a tutti i li-
li il Paese" e di "rappresentarlo de-
gnamente all'estero". Compito che sem-
bra ormai affidato,dice,"solo" a Ciampi
Per Montezemolo c'è ancora "mediocrità,
conflittualità esasperata,visione limi-
tata nell'affrontare i problemi".Agnel-
li assunse la guida degli industriali
per "senso di responsabilità".L'Avvoca-
to,sottolinea ancora,"si impegnò a ri-
disegnare il ruolo degli imprenditori".
Ed era diventato "un grande ambasciato-
re del suo Paese nel mondo".