User Tag List

Pagina 1 di 3 12 ... UltimaUltima
Risultati da 1 a 10 di 25
  1. #1
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito San Tommaso d'Aquino e la sua filosofia.

    Tommaso d'Aquino, santo e dottore della Chiesa. (Roccasecca 1224 - Fossanova 1274). Filosofo e teologo, da molti ritenuto il maggior pensatore cattolico ("Doctor Communis"). Figlio del conte Landolfo d'Aquino, dopo aver ricevuto la prima educazione a Montecassino, studiò a Napoli. Affascinato dal nuovo Ordine dei domenicani a Napoli, volle entrarvi contro il parere dei parenti, che lo volevano monaco (con la prospettiva, più che probabile, di raggiungere la prestigiosa funzione di abate di Montecassino), e fu da quelli angariato in molti modi (al punto che tentarono di farlo "cadere" cercandogli una donnina di facili costumi). Ma Tommaso non cedette e si mantenne fermo nella sua decisione.

    Studiò teologia alla scuola di Alberto Magno a Colonia e a Parigi (1245-1252). In quell'anno a Parigi si laureò ed vi insegnò più o meno continuamente sino al 1260.

    Venne in Italia, maestro alla corte papale; in seguito fu a Parigi, a Napoli ed in altre località, dove sempre ebbe cattedra per insegnare teologia. Guglielmo di Tocco scrisse nella biografia di Tommaso:

    "Tommaso sentiva bassamente di sé, era puro di corpo e d'anima, fervoroso nella preghiera, risoluto nel consiglio, riboccante d'amore, di mente serena, di spirito forte, previdente nel giudicare, dotato di tenace memoria, libero da ogni sensualità, tenne a vile qualunque cosa terrena".

    Spesso durante la Messa si commuoveva fino alle lacrime. E quando passava a piedi per i campi, i contadini meravigliati dalla sua imponenza si voltavano verso di lui. Amante della verità sopra ogni cosa, consacrava tutto il suo tempo alla riflessione. Cosicché anche durante i pasti egli continuava a pensare, e i suoi confratelli potevano cambiagli le pietanze nel piatto senza che egli se ne accorgesse. Stimava talmente il valore della sincerità che, giovane, non si sottrasse all'invito di alcuni suoi confratelli burloni, che gli dicevano: "Tommaso, vieni a vedere un bue che vola!" Taciturno, era chiamato dai suoi condiscepoli "Bue muto", "il gran bue muto di Sicilia" (così i confratelli tedeschi, per i quali tutta l'Italia era Sicilia): ma Alberto Magno, suo maestro e che ben lo conosceva, li ammoniva "quando muggirà, farà tremare il mondo!"

    Morì ospite di un'abbazia cistercense, mentre si recava al concilio di Lione. Negli ultimi tempi della sua vita, a chi gli chiedeva insistentemente indicazioni concettuali su come completare la Summa Theologiae, Tommaso disse queste parole, che testimoniano la sua grande umiltà e il vivo senso della sproporzione tra l'attuale conoscenza intellettuale di Dio e l'incontro con Lui nella vita che speriamo: "mihi videtur ut palea" (mi sembra paglia). Alle soglie del grande Incontro faccia a faccia tutto quello che aveva scritto (su Dio) gli sembrava paglia, cioè poca cosa: stava per vedere, in modo pieno e totale, Ciò di cui aveva parlato in modo comunque approssimativo. Così, anche nella sua vita, testimoniò come la fede, caparra della visione (beatifica) conta più della ragione.

    Il suo corpo, di grandi dimensioni per altezza e peso, venne presto bollito per favorirne una migliore conservazione.

    Giovanni XXII lo dichiarò santo nel 1323 ("tot miracula fecit, quot articula scripsit"); Pio X proclamò "Dottore della Chiesa".


    (fonte: http://www.culturanuova.net/filosofia/tommaso.php)

  2. #2
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    FEDE E RAGIONE


    San Tommaso era convinto che tra Fede e Ragione non vi fosse antagonismo: la ragione costituisce un utilissimo strumento per avvicinarsi alla fede e per sostenerne, specialmente nei confronti dei non credenti, la validità.
    Di qui scaturisce pure l'importante ruolo attribuito da Tommaso alla filosofia: essa ha una sua intangibile autonomia, ma non deve pretendere di essere il sapere più alto: tale sapere è infatti quello teologico.
    Secondo Tommaso fede e ragione, filosofia e teologia non si oppongono ma si integrano a vicenda, fermo restando il primato delle seconde sulle prime, primato derivante dal fatto che soltanto la Rivelazione divina può condurre l'uomo alla verità piena e autentica: per l'Aquinate, infatti, la Grazia non sopprime la natura umana, ma la innalza e la perfeziona.


    I TESTI:


    1. I principi così innati nella ragione si dimostrano verissimi; al punto che è impossibile pensare che siano falsi. E neppure è lecito ritenere che possa essere falso quanto si ritiene per fede, essendo confermato da Dio in maniera così evidente. Perciò, essendo contrario al vero soltanto il falso, com'è evidente dalle loro rispettive definizioni, è impossibile che una verità di fede possa essere contraria a quei principi che la ragione conosce per natura.

    2. Inoltre le idee che l'insegnante suscita nell'anima del discepolo contengono la dottrina del maestro, se costui non ricorre alla finzione; ciò che sarebbe delittuoso attribuire a Dio. Ora, la conoscenza dei principi a noi noti per natura ci è stata infusa da Dio, essendo egli l'autore della nostra natura. Anche la sapienza divina possiede quindi questi principi. Perciò quanto è contrario a tali principi è contrario alla sapienza divina; e quindi non può derivare da Dio. Le cose che si tengono per fede, derivando dalla rivelazione divina, non possono dunque mai essere in contraddizione con le nozioni avute dalla conoscenza naturale.

    3. Ragioni contrarie legano l'intelletto nostro al punto di non poter procedere alla conoscenza della verità. Perciò, se Dio ci infondesse conoscenze contrastanti, impedirebbe al nostro intelletto di conoscere la verità: ciò che non si può pensare di Dio . (...) Da ciò si ricava con chiarezza che tutti gli argomenti addotti contro gli insegnamenti della fede non derivano logicamente dai principi primi naturali noti per se stessi. E quindi essi non hanno valore di dimostrazioni; ma o sono ragioni soltanto dialettiche, o addirittura sofistiche, e quindi si possono sempre risolvere .

    (Tommaso d'Aquino, dalla "Somma contro i Gentili" a cura di S.Centi, UTET, Torino, 1975)

  3. #3
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Dall'Enciclica "Fides et Ratio" di S.S. Giovanni Paolo II.


    La novità perenne del pensiero di san Tommaso d'Aquino



    43. Un posto tutto particolare in questo lungo cammino spetta a san Tommaso, non solo per il contenuto della sua dottrina, ma anche per il rapporto dialogico che egli seppe instaurare con il pensiero arabo ed ebreo del suo tempo. In un'epoca in cui i pensatori cristiani riscoprivano i tesori della filosofia antica, e più direttamente aristotelica, egli ebbe il grande merito di porre in primo piano l'armonia che intercorre tra la ragione e la fede. La luce della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio, egli argomentava; perciò non possono contraddirsi tra loro.44

    Più radicalmente, Tommaso riconosce che la natura, oggetto proprio della filosofia, può contribuire alla comprensione della rivelazione divina. La fede, dunque, non teme la ragione, ma la ricerca e in essa confida. Come la grazia suppone la natura e la porta a compimento,45 così la fede suppone e perfeziona la ragione. Quest'ultima, illuminata dalla fede, viene liberata dalle fragilità e dai limiti derivanti dalla disobbedienza del peccato e trova la forza necessaria per elevarsi alla conoscenza del mistero di Dio Uno e Trino. Pur sottolineando con forza il carattere soprannaturale della fede, il Dottore Angelico non ha dimenticato il valore della sua ragionevolezza; ha saputo, anzi, scendere in profondità e precisare il senso di tale ragionevolezza. La fede, infatti, è in qualche modo «esercizio del pensiero»; la ragione dell'uomo non si annulla né si avvilisce dando l'assenso ai contenuti di fede; questi sono in ogni caso raggiunti con scelta libera e consapevole.46

    E per questo motivo che, giustamente, san Tommaso è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia. Mi piace ricordare, in questo contesto, quanto ha scritto il mio Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, in occasione del settimo centenario della morte del Dottore Angelico: «Senza dubbio, Tommaso possedette al massimo grado il coraggio della verità, la libertà di spirito nell'affrontare i nuovi problemi, l'onestà intellettuale di chi non ammette la contaminazione del cristianesimo con la filosofia profana, ma nemmeno il rifiuto aprioristico di questa. Perciò, egli passò alla storia del pensiero cristiano come un pioniere sul nuovo cammino della filosofia e della cultura universale. Il punto centrale e quasi il nocciolo della soluzione che egli diede al problema del nuovo confronto tra la ragione e la fede con la genialità del suo intuito profetico, è stato quello della conciliazione tra la secolarità del mondo e la radicalità del Vangelo, sfuggendo così alla innaturale tendenza negatrice del mondo e dei suoi valori, senza peraltro venire meno alle supreme e inflessibili esigenze dell'ordine soprannaturale».47



    44. Tra le grandi intuizioni di san Tommaso vi è anche quella relativa al ruolo che lo Spirito Santo svolge nel far maturare in sapienza la scienza umana. Fin dalle prime pagine della sua Summa Theologiae 48 l'Aquinate volle mostrare il primato di quella sapienza che è dono dello Spirito Santo ed introduce alla conoscenza delle realtà divine. La sua teologia permette di comprendere la peculiarità della sapienza nel suo stretto legame con la fede e la conoscenza divina. Essa conosce per connaturalità, presuppone la fede e arriva a formulare il suo retto giudizio a partire dalla verità della fede stessa: «La sapienza elencata tra i doni dello Spirito Santo è distinta da quella che è posta tra le virtù intellettuali. Infatti quest'ultima si acquista con lo studio: quella invece “viene dall'alto”, come si esprime san Giacomo. Così pure è distinta dalla fede. Poiché la fede accetta la verità divina così com'è, invece è proprio del dono di sapienza giudicare secondo la verità divina».49

    La priorità riconosciuta a questa sapienza, tuttavia, non fa dimenticare al Dottore Angelico la presenza di altre due complementari forme di sapienza: quella filosofica, che si fonda sulla capacità che l'intelletto ha, entro i limiti che gli sono connaturali, di indagare la realtà; e quella teologica, che si fonda sulla Rivelazione ed esamina i contenuti della fede, raggiungendo il mistero stesso di Dio.

    Intimamente convinto che «omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est»,50 san Tommaso amò in maniera disinteressata la verità. Egli la cercò dovunque essa si potesse manifestare, evidenziando al massimo la sua universalità. In lui, il Magistero della Chiesa ha visto ed apprezzato la passione per la verità; il suo pensiero, proprio perché si mantenne sempre nell'orizzonte della verità universale, oggettiva e trascendente, raggiunse «vette che l'intelligenza umana non avrebbe mai potuto pensare».51 Con ragione, quindi, egli può essere definito «apostolo della verità».52 Proprio perché alla verità mirava senza riserve, nel suo realismo egli seppe riconoscerne l'oggettività. La sua è veramente la filosofia dell'essere e non del semplice apparire.

  4. #4
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Lettera al Cardinale Pietro Parente in occasione del Congresso Eucaristico nella memoria di San Tommaso d'Aquino (15 maggio 1974)


    Aquini, in amoena antiquae Campaniae urbe, ob Angelici Doctoris familiae nomen toto terrarum orbe pernobili, proxime e dioecesibus Aquinatensi, Sorana et Pontiscurvi Eucharisticus Conventus agetur, hoc quidem proposito, ut, septimo expleto saeculo a morte S. Thomae Aquinatis, eius memoria dignis celebrationibus commemoretur.

    Convenientissima sane ratione inceptum huiusmodi initum esse putamus, cum omnes norint arctas easque praeclaras necessitudines, quae S. Thomae intercesserunt cum augusto Altaris Sacramento, cuius ipse et maximus doctor, et cultor pientissimus, et dulcissimus exstitit vates et praeco.

    Nullus enim in Ecclesia fuit, qui, ut Aquinas, de «mysterio fidei» tam acri ingenii scie, tanta scientiae altitudine, tantaque auctoritate disseruerit; adeo ut eius de Eucharistia magisterium inaestimabilis thesaurus merito sit habendum, ab eoque Ecclesia omni tempore argumenta mutuata sit sive ad ea statuenda quae de hoc dogmate essent credenda, sive ad fallaces opinationes refellendas. Quare mirum non est, si aestimatum sit eius doctrinam magis divinitus inditam, quam rationis pervestigatione quaesitam.

    Sed is non poterat tam alte Dei arcana mente introspicere, nisi, quae docendo traderet, sua ipsius vita exprimeret atque confirmaret, secundum illius sententiam: «Prius vita, quam doctrina: vita enim ducit ad scientiam veritatis» (Comm. in Matth. c. V.). Ac revera, quam pie erga SS.mam Eucharistiam per integrum vitae suae cursum S. Thomas fuerit affectus, satis ostendunt illa verba quae ipse moriens protulit, cum sanctum Viaticum susciperet : « Sumo te pra,etium redemptionis animae meae, sumo te viaticum peregrinationis meae, pro cuius amore studui, vigilavi et laboravi, te praedicavi et docui, nihil contra te dixi umquam, sed si quid male dixi de hoc Sacramento et aliis, totum relinquo correctioni Sanctae Romanae Ecclesiae, in cuius oboedientia nunc transeo ex hac vita (Thomae Aquin. Vitae Fontes praecipui, Alba 1968, p. 108).

    Denique illud etiam ponendum est in S. Thomae laude, quod doctrinam suam in sacrae liturgiae hymnos eximium in modum converteret; qui quidem adhuc ubicumque terrarum in Ecclesia canuntur, in iisque nescis quid magis admireris, utrum sacrum afflatum apprime aptum ad pietatis sensus excitandos, an doctrinae enuntiationem, qua nulla perfectior.

    Quae omnia meminisse iuvat, hac data saecularium sollemnium opportunitate. Huiusmodi enim admirabile amoris exemplum erga SS.mam Eucharistiam ad meditandum fidelibus propositum, id commodi habet, ut non solum S. Thomae recordatio ac memoria apud cives suos vigere pergat, verum etiam ut per eum veluti ductorem et magistrum iidem uberius supernaturales divitias haurire discant apud inexhaustum hunc gratiarum caelestium fontem. Eucharistia, enim, ut ipse iterum scribit, est «quasi consummatio spiritualis vitae et omnium sacramentorum finis» (S. TH. III, 73, q.73, a. 3 c.), atque in ipsa «bonum comune spirituale totius Ecclesiae continetur substantialiter» (Ibid. III, q.65, a. 3, ad 1..).

    Nos igitur, qui nihil potius habemus, quam ut christiani ad «panem vivum et vitalem» sumendum perfrequentes accedant, atque hoc modo S. Thomae commemoratio in patria sua digne honoretur, Conventui illic indicto adesse quodammodo decrevimus. Quapropter te, Venerabilis Frater Noster, mittimus, qui Nostram in sacris celebrationibus personam geras; etenim pro pietate eucharistica, qua praestas, et pro diuturna consuetudine cum scriptis Doctoris Angelici, cuius doctrinam olim insigniter tradidisti ac subtiliter explicasti, per te a christiano populo effici posse confidimus, quae Ecclesia in ipsius festo exoptat: «Et quae docuit intellectu conspicere et quae gessit imitatione compiere».

    Piena igitur et decora sit laus vestra in augustum Altaris Sacramentum, eademque late resonans per regionem, ubi S. Thomas vivus adhuc inter suos spirare videtur, eos afferat fructus, qui communem expleant exspectationem, fructus scilicet sincerae fidei, ferventioris pietatis, impensioris christiani apostolatus spiritus, ac fraternae inter homines coniunctionis, amoris et pacis; qui fructus nonnisi magis magisque exardescente eucharistica pietate abunde percipi possunt, siquidem «ex Eucharistia, ut ex fonte, gratia in nos derivatur et maxima cum efficacia obtinetur illa in Christo hominum sanctificatio et Dei glorificatio, ad quam, ut ad finem, omnia alia Ecclesiae opera contendunt» (Sacrosanctum Concilium, 10).

    Quae ut feliciter contingant, Apostolicam Benedictionem tibi, Venerabilis Frater Noster, sacro Antistiti Aquinatensi, Sorano et Pontiscurvi, nec non civilibus potestatibus, sacerdotibus et fidelibus Conventui interfuturis, peramanter in Domino impertimus.

    Datum Romae, apud. S. Petrum, die xv mensis Maii, anni MCMLXXIV, Pontificatus Nostri undecimo.

    PAULUS PP. VI

  5. #5
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Le "cinque vie" o prove razionali per dimostrare l'esistenza di Dio


    Sembra che non sia dimostrabile che Dio esiste. Infatti:

    1. Che Dio esista è un articolo di fede. Ora, le verità di fede non si possono dimostrare, poiché la dimostrazione ingenera la scienza, mentre la fede è soltanto delle cose non evidenti, come assicura l'Apostolo [Eh 11, 1]. Quindi non si può dimostrare che Dio esiste.

    2. Il termine medio di una dimostrazione viene desunto dalla natura del soggetto. Ora, di Dio noi non possiamo sapere ciò che è, ma solo ciò che non è, come nota il Damasceno [De fide orth. 1, 4J. Quindi non possiamo dimostrare che Dio esiste.

    3. Se si potesse dimostrare che Dio esiste, ciò non sarebbe che mediante i suoi effetti. Ma questi effetti non sono a lui proporzionati, essendo egli infinito ed essi finiti, e non essendoci d'altra parte proporzione tra il finito e l'infinito. Non potendosi dunque dimostrare una causa mediante un effetto sproporzionato, ne segue che l'esistenza di Dio non può essere dimostrata.



    in contrario: Dice l'Apostolo [Rm 1, 20]: «Le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute». Ora, ciò non avverrebbe se mediante le realtà create non si potesse dimostrare l'esistenza di Dio: la prima cosa infatti che bisogna conoscere di un dato soggetto è se esso esista.

    rispondo: Vi è una duplice dimostrazione. L'una procede dalla [conoscenza della] causa, ed è chiamata propter quid: e questa muove da ciò che di per sé ha una priorità ontologica. L'altra invece parte dagli effetti, ed è chiamata dimostrazione quia: e questa muove da cose che hanno una priorità solo rispetto a noi; ogni volta infatti che un effetto ci è più noto della sua causa, ci serviamo di esso per conoscere la causa. Da qualunque effetto poi si può dimostrare l'esistenza della sua causa (purché gli effetti siano a noi più noti della causa): dipendendo infatti ogni effetto dalla sua causa, posto l'effetto è necessario che preesista la causa. Quindi l'esistenza di Dio, non essendo evidente rispetto a noi, può essere dimostrata per mezzo degli effetti da noi conosciuti.



    soluzione delle difficoltà:

    1. L'esistenza di Dio e altre verità che riguardo a Dio si possono conoscere con la ragione naturale non sono, al dire di S. Paolo [Rm 1, 19], articoli di fede, ma preliminari agli articoli di fede: infatti la fede presuppone la conoscenza naturale, come la grazia presuppone la natura e come [in generale] la perfezione presuppone il perfettibile. Tuttavia nulla impedisce che una cosa che di per sé è oggetto di dimostrazione e di scienza sia accettata come oggetto di fede da chi non arriva a capirne la dimostrazione.

    2. Quando si vuole dimostrare una causa mediante l'effetto è necessario servirsi dell'effetto in luogo della definizione [o natura] della causa, per dimostrare che questa esiste, e ciò vale specialmente nei riguardi di Dio. Per provare infatti che una cosa esiste è necessario prendere per termine medio la sua definizione nomina_le, non già la definizione reale, poiché la questione riguardante l'essenza di una cosa viene dopo quella riguardante la sua esistenza. Ora, i nomi di Dio provengono dai suoi effetti, come vedremo in seguito [q. 13, a. I]: nel dimostrare quindi l'esistenza di Dio mediante gli effetti possiamo prendere per termine medio ciò che significa il nome Dio.

    3. Da effetti non proporzionati alla causa non si può avere di questa una cono_scenza perfetta; tuttavia in base a qualsiasi effetto noi possiamo avere la chiara dimostrazione che la causa esiste, come si è detto (nel corpo). E così dagli effetti di Dio si può dimostrare che Dio esiste, sebbene non si possa avere per mezzo di essi una conoscenza perfetta della sua essenza.



    (Tommaso d’Aquino, La Somma Teologica, I, q. 2, aa, 2)



    Summa theologiae, I, q. 2, a. 3



    [Premessa]



    Sembra che Dio non esista. E infatti:

    1 1. Se di due contrari uno è infinito, l’altro resta completamente distrutto. Ora, nel nome Dio s’intende affermato un bene infinito. Dunque, se Dio esistesse, non dovrebbe esserci piú il male. Viceversa nel mondo c’è il male. Dunque Dio non esiste.

    2 2. Ciò che può essere compiuto da un ristretto numero di cause, non si vede perché debba compiersi da cause piú numerose. Ora tutti i fenomeni che avvengono nel mondo, potrebbero essere prodotti da altre cause, nella supposizione che Dio non esistesse: poiché quelli naturali si riportano, come al loro principio, alla natura, quelli volontari, alla ragione o volontà umana. Nessuna necessità, quindi, della esistenza di Dio.

    3 In contrario: Nell’Esodo si dice, in persona di Dio: “Io sono Colui che è”.

    4 Rispondo: Che Dio esista si può provare per cinque vie.



    [a. La prima via Dal mutamento]



    La prima e la piú evidente è quella che si desume dal moto. È certo infatti e consta dai sensi, che in questo mondo alcune cose si muovono. Ora, tutto ciò che si muove è mosso da un altro. Infatti, niente si trasmuta che non sia potenziale rispetto al termine del movimento; mentre chi muove, muove in quanto è in atto. Perché muovere non altro significa che trarre qualche cosa dalla potenza all’atto; e niente può essere ridotto dalla potenza all’atto se non mediante un essere che è già in atto. Per es., il fuoco che è caldo attualmente rende caldo in atto il legno, che era caldo soltanto potenzialmente, e cosí lo muove e lo altera. Ma non è possibile che una stessa cosa sia simultaneamente e sotto lo stesso aspetto in atto ed in potenza: lo può essere soltanto sotto diversi rapporti: cosí ciò che è caldo in atto non può essere insieme caldo in potenza, ma è insieme freddo in potenza. È dunque impossibile che sotto il medesimo aspetto una cosa sia al tempo stesso movente e mossa, cioè che muova se stessa. È dunque necessario che tutto ciò che si muove sia mosso da un altro. Se dunque l’essere che muove è anch’esso soggetto a movimento, bisogna che sia mosso da un altro, e questo da un terzo e cosí via. Ora, non si può in tal modo procedere all’infinito perché altrimenti non vi sarebbe un primo motore, e di conseguenza nessun altro motore, perché i motori intermedi non muovono se non in quanto sono mossi dal primo motore, come il bastone non muove se non in quanto è mosso dalla mano. Dunque è necessario arrivare ad un primo motore che non sia mosso da altri; e tutti riconoscono che esso è Dio.



    [b. La seconda via Dalla causalità efficiente]



    La seconda via parte dalla nozione di causa efficiente. Troviamo nel mondo sensibile che vi è un ordine tra le cause efficienti, ma non si trova, ed è impossibile, che una cosa sia causa efficiente di se medesima; ché altrimenti sarebbe prima di se stessa, cosa inconcepibile. Ora, un processo all’infinito nelle cause efficienti è assurdo. Perché in tutte le cause efficienti concatenate la prima è causa dell’intermedia, e l’intermedia è causa dell’ultima, siano molte le intermedie o una sola; ora, eliminata la causa e tolto anche l’effetto: se dunque nell’ordine delle cause efficienti non vi fosse una prima causa, non vi sarebbe neppure l’ultima, né l’intermedia. Ma procedere all’infinito nelle cause efficienti equivale ad eliminare la prima causa efficiente; e cosí non avremo neppure l’effetto ultimo, né le cause intermedie: ciò che evidentemente è falso. Dunque bisogna ammettere una prima causa efficiente, che tutti chiamano Dio.



    [c. La terza via Dalla contingenza]



    La terza via è presa dal possibile [o contingente] e dal necessario, ed è questa. Tra le cose noi ne troviamo di quelle che possono essere e non essere. Ora, è impossibile che tutte le cose di tal natura siano sempre state, perché ciò che può non essere, un tempo non esisteva. Se dunque tutte le cose [esistenti in natura sono tali che] possono non esistere, in un dato momento niente ci fu nella realtà. Ma se questo è vero, anche ora non esisterebbe niente, perché ciò che non esiste, non comincia ad esistere se non per qualche cosa che è. Dunque, se non c’era ente alcuno, è impossibile che qualche cosa cominciasse ad esistere, e cosí anche ora non ci sarebbe niente, il che è evidentemente falso. Dunque non tutti gli esseri sono contingenti, ma bisogna che nella realtà vi sia qualche cosa di necessario. Ora, tutto ciò che è necessario, o ha la causa della sua necessità in un altro essere oppure no. D’altra parte, negli enti necessari che hanno altrove la causa della loro necessità, non si può procedere all’infinito, come neppure nelle cause efficienti secondo che si è dimostrato. Dunque bisogna concludere all’esistenza di un essere che sia di per sé necessario, e non tragga da altri la propria necessità, ma sia causa di necessità agli altri. E questo tutti dicono Dio.



    [d. La quarta via Dai gradi di perfezione]



    La quarta via si prende dai gradi che si riscontrano nelle cose. È un fatto che nelle cose si trova il bene, il vero, il nobile e altre simili perfezioni in un grado maggiore o minore. Ma il grado maggiore o minore si attribuiscono alle diverse cose secondo che si accostano di piú o di meno ad alcunché di sommo e di assoluto; cosí piú caldo è ciò che maggiormente si accosta al sommamente caldo. Vi è dunque un qualche cosa che è vero al sommo, ottimo e nobilissimo, e di conseguenza qualche cosa che è il supremo ente; perché, come dice Aristotele, ciò che è massimo in quanto vero, è tale anche in quanto ente. Ora, ciò che è massimo in un dato genere, è causa di tutti gli appartenenti a quel genere, come il fuoco, caldo al massimo, è cagione di ogni calore, come dice il medesimo Aristotele. Dunque vi è qualche cosa che per tutti gli enti è causa dell’essere, della bontà e di qualsiasi perfezione. E questo chiamiamo Dio.



    [e. La quinta via Dal finalismo]



    La quinta via si desume dal governo delle cose. Noi vediamo che alcune cose, le quali sono prive di conoscenza, cioè i corpi fisici, operano per un fine, come apparisce dal fatto che esse operano sempre o quasi sempre allo stesso modo per conseguire la perfezione: donde appare che non a caso, ma per una predisposizione raggiungono il loro fine. Ora, ciò che è privo d’intelligenza non tende al fine se non perché è diretto da un essere conoscitivo e intelligente, come la freccia dall’arciere. Vi è dunque un qualche essere intelligente, dal quale tutte le cose naturali sono ordinate a un fine: e quest’essere chiamiamo Dio.



    (Tommaso d’Aquino, La somma teologica, Salani, Firenze, 1964, vol. I, pagg. 180, 182, 184 e 186)

  6. #6
    FIAT VOLUNTAS TUA
    Data Registrazione
    11 Mar 2002
    Località
    Sacro Romano Impero
    Messaggi
    3,748
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Mi fa piacere vedere un tomista in giro. Non ce ne sono poi molti. Tempo fa, al mio padre spirituale (un domenicano) ho fatto notare che è una contraddizione, bell'e buona, far studiare al seminario S. Tommaso, chiedere che venga letto anche oggi, e poi far pagare 1200 euro per la sola Summa. Assurdo!
    "

  7. #7
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    Originally posted by cm814
    Mi fa piacere vedere un tomista in giro. Non ce ne sono poi molti. Tempo fa, al mio padre spirituale (un domenicano) ho fatto notare che è una contraddizione, bell'e buona, far studiare al seminario S. Tommaso, chiedere che venga letto anche oggi, e poi far pagare 1200 euro per la sola Summa. Assurdo!
    Hai ragione, costa parecchio.
    E' davvero un peccato perchè così finisce che solo in pochi si accostano al testo.
    In rete, a quanto so, ci sono solo delle piccole parti della Summa, e l'opera omnia di San Tommaso è in latino, quindi è difficilmente accessibile al grande pubblico.

    Si potrebbe fare un sito solamente di filosofia tomista (o tomistica come taluni dicono), non per riportare l'intera Summa, ma almeno per avvicinare un po' di gente al pensiero dell'Angelico,
    è tra i miei progetti futuri.

    cordialmente

    Thomas Aquinas

  8. #8
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    ESSENZA ED ESSERE



    a) Dio è l'unico essere in cui essenza ed essere coincidono.



    Vi è una realtà, e cioè Dio, la cui essenza è lo stesso suo essere; per questa ragione alcuni filosofi dicono che Dio non possiede quiddità o essenza, perché la sua essenza non rientra in un genere, perché tutto ciò che rientra in un genere ha necessariamente la quiddità distinta dal suo essere; infatti la quiddità o natura del genere o della specie non è diversa, quanto al significato della natura, in quelle realtà di cui è genere o specie; laddove l'essere è diverso nelle diverse realtà.

    D'altra parte, se diciamo che Dio è essere soltanto, non cadiamo necessariamente nell'errore di coloro i quali dissero che Dio è quell'essere universale con cui è costituita formalmente ciascuna realtà. Infatti quell'essere, che è Dio, è tale che non possa ammettere alcuna aggiunta; conseguentemente, proprio in base alla sua stessa purezza, è un essere distinto da ogni altro essere. Perciò nel commento della IX Proposizione del Libro sulle Cause si dice che l'individuazione della Causa Prima, che è essere soltanto, si ha mediante la sua pura bontà. Invece l'essere comune, come nel suo concetto non include alcuna aggiunta, cosí neppure include nel suo concetto l'espulsione di un'aggiunta; perché, se cosí fosse, non si potrebbe pensare alcuna realtà, in cui fare un'aggiunta all'essere.



    b) Essenza ed esistenza negli spiriti finiti



    In un secondo modo l'essenza si trova nelle sostanze spirituali create, nelle quali l'essere è distinto dalla loro essenza, benché l'essenza sia senza la materia. Quindi il loro essere non è sussistente, ma ricevuto e perciò limitato e finito secondo la capacità della natura che lo riceve; però la loro natura o quiddità è sussistente, non ricevuta in alcuna materia. Perciò nel Libro sulle Cause si dice che i puri spiriti sono illimitati nei confronti di quel che è ad essi inferiore e limitati da un punto di vista superiore: sono difatti limitati quanto al loro essere, che ricevono da una realtà superiore, ma sono illimitati di fronte ad una realtà inferiore, perché le loro forme non vengono limitate dalla capacità di una materia che le riceva. Pertanto in tali sostanze non si trova una pluralità d'individui in un'unica specie, come si è detto, salvo che nell'anima umana a causa del corpo, cui essa si unisce.

    L'individuazione dell'anima proviene occasionalmente dal corpo, quanto al suo inizio, perché essa non acquista un essere individuato se non nel corpo, di cui è atto. Non è tuttavia necessario che, dissolto il corpo, quell'individuazione venga meno, giacché l'anima, avendo un essere sussistente, in base al quale essa ha acquisito un essere individuato dal momento che è diventata forma di un corpo concreto, quell'essere rimane sempre individuato. Di qui dice Avicenna che l'individuazione-moltiplicazione delle anime proviene dal corpo quanto all'inizio, se non quanto al termine.



    (S. Tommaso d'Aquino, L'ente e l'essenza, La Scuola, Brescia, 1959, pagg. 55-58)

  9. #9
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    PAROLE CHIAVE DELLA FILOSOFIA DI SAN TOMMASO



    Accidente: è ciò che inerisce ad altro e non può sussistere in sè. Gli accidenti possiedono una definizione incompleta, perchè essa deve sempre includere il soggetto a cui ineriscono; si tratta di enti in senso relativo; il loro essere è secondario. Le differenze accidentali ci servono tuttavia da segni per conoscere le differenze essenziali delel cose, che di per sè sono ignote.

    Atto: indica perfezione, completezza, realizzazione, definizione in contrapposizione alla potenza. La forma è atto della materia, ma tutto il composto (o la sola forma nel caso delle sostanze separate) è in potenza rispetto all'essere. L'essere è così l'attualità di ogni atto e la perfezione di ogni perfezione.

    Ente: è una delle prime nozioni dell'intelletto. Due sono le accezioni di ente: 1) ciò che si divide nelle dieci categorie (ed è pertanto sinonimo di "res"), 2)ciò che indica la verità di una proposizione. Solo l'ente nel primo senso possiede l'essenza. Il termine "ente", essendo ricavato dal verbo essere, designa la cosa che ha l'atto di essere.

    Essenza: è anch'essa una delle nozioni prime del nostro intelletto. L'essenzaè ciò per cui e in cui ogni cosa possiedeil suo essere, cioè è ciò che fa sì che sia quella determinata cosa. L'essenza è ciò che viene espresso dalla definizione e perciò viene anche detta quiddità. L'essenza delle sostanze composte coincide con il composto stesso, l'essenza delle sostanze semplici coincide con la forma, l'essenza di Dio è l'essere stesso. Gli accidente possiedono anch'essi un'essenza, ma solo in modo relativo.

    Essere: è distinto nelle creature dall'essenza, di cui costituisce l'atto. In Dio, invece, essere ed essenza coincidono: l'essenza di Dio è l'essere puro. L'essere divino non deve essere tuttavia confuso con quello universale o comune: l'essere puro infatti non è determinato e non è determinabile.

    Forma: è uno dei principi costitutivi della sostanza, è ciò che dà l'essere alla materia (nell'ordine della causalità formale, e non in quello della causalità efficiente). Nelle sostanze composte la forma è l'atto della materia; nelle sostanze semplici la forma esaurisce l'intera essenza, ma è a sua volta in potenza rispetto all'essere che riceve, come atto, dalla causa prima.

    Materia: è, assieme alla forma, uno dei principi costitutivi delle sostanze. La materia non si dà mai senza forma, dal momento che di per sè è pura potenzialità. Le sostanze separate (angeli) sono assolutamente prive di materia, anche di una eventuale materia intellegibile o spirituale.

    Potenza: è il correlato concettuale dell'atto. Rispetto ad Aristotele, potenza non indica per San Tommaso soltanto la materia, ma anche il composto stesso o la sola forma (nel caso delle sostanze separate) nei confronti dell'atto d'essere.

    Sostanza: secondo la definizione aristotelica , è ciò che sussiste in sè senza inerire ad altro. Anche per San Tommaso sostanza indica l'ente per sè, e dunque la realtà prima nel genere dell'ente (e cioè la prima categoria). Poichè in ogni ente la realtà prima è causa di quelle sottostanti, la sostanza è causa degli accidenti.

  10. #10
    Dal 2004 con amore
    Data Registrazione
    15 Jun 2004
    Località
    Attorno a Milano
    Messaggi
    19,247
     Likes dati
    0
     Like avuti
    2
    Mentioned
    0 Post(s)
    Tagged
    0 Thread(s)

    Predefinito

    ESSERE ED ESSENZA

    Per Tommaso la realtà è l'essere degli enti; non solo l'opaca e insignificante presenza del singolo ente quale mi appare nelle sue manifestazioni fenomeniche, percepite dai sensi, ma l'essere in quanto tale, cioè la realtà appresa e intesa razionalmente in un "quid" che è e, per il fatto che è, esiste. Dalla coscienza ontologica perciò abbiamo l'essere come primo valore metafisico e l'esistenza quale effetto immediato e necessario di essa. La coscienza ontologica, dunque, è la valorizzazione dell'essenza aristotelica, mediante l'"actus essendi" che per Tommaso ne è la base, il fondamento: l'atto di essere, infatti, è l'essere stesso come atto; nei suoi confronti, la potenza che lo riceve e lo limita è appunto l'essenza; di qui che tra l'essere e l'essenza di un ente concreto debba esserci una specifica distinzione. Tale distinzione è necessaria per comprendere la diversità di valore che intercorre tra l'essenza (astratta) di un ente e la sua concreta esistenza; infatti non tutti gli enti, per il fatto che si apprendono come possibili in base a un'essenza astratta conosciuta, hanno di fatto l'esistenza, in quanto questa è una determinazione attuale percepita dalla coscienza ontologica tramite i sensi; quindi è un aspetto particolare dell'ente che connette l'oggetto al soggetto che l'ha appreso come ente, cioè come essenza che si dà nella realtà, in base alla nozione di essere, nozione universalissima e trascendente che sostanzia la coscienza soggettiva. L'esistere dunque, non è l'essere, ma ne è una determinazione, una particolare attuazione che la ragione coglie e giudica attraverso i sensi che lo avvertono.

    (Tratto da: http://www.paginecattoliche.it/Thomas03.htm)

 

 
Pagina 1 di 3 12 ... UltimaUltima

Discussioni Simili

  1. La metafisica di De Chirico
    Di Heidi nel forum Arte
    Risposte: 10
    Ultimo Messaggio: 03-10-13, 15:56
  2. Metafisica del sesso
    Di Avamposto nel forum Socialismo Nazionale
    Risposte: 2
    Ultimo Messaggio: 07-09-10, 10:47
  3. La metafisica orientale
    Di Khorlo Dèmchok nel forum Filosofie e Religioni d'Oriente
    Risposte: 6
    Ultimo Messaggio: 20-11-07, 22:44
  4. Metafisica
    Di Naitmer nel forum Fondoscala
    Risposte: 18
    Ultimo Messaggio: 19-11-06, 13:29
  5. Metafisica
    Di SATTWA nel forum Filosofie e Religioni d'Oriente
    Risposte: 25
    Ultimo Messaggio: 08-11-06, 03:13

Permessi di Scrittura

  • Tu non puoi inviare nuove discussioni
  • Tu non puoi inviare risposte
  • Tu non puoi inviare allegati
  • Tu non puoi modificare i tuoi messaggi
  •  
[Rilevato AdBlock]

Per accedere ai contenuti di questo Forum con AdBlock attivato
devi registrarti gratuitamente ed eseguire il login al Forum.

Per registrarti, disattiva temporaneamente l'AdBlock e dopo aver
fatto il login potrai riattivarlo senza problemi.

Se non ti interessa registrarti, puoi sempre accedere ai contenuti disattivando AdBlock per questo sito