La controffensiva imperialista e sionista e l'antagonismo globale, dall’Iraq all’America Latina

Fulvio Grimaldi

Riparte il Piano Condor, di pinochettiana e kissingeriana memoria, negli emisferi aggrediti dalle bande di gangster neonazisti insediati a Washington (con i brogli elettorali) e a Tel Aviv (con l’invasione militare: ci si provi ad accusare di antisemitismo chi non infila la testa nella sabbia di fronte ai paralleli delle soluzioni finali, dichiaratamente perseguite in quelle due capitali, con l’analoga strategia hitleriana). La decisione di ricorrere a squadroni della morte, di fronte all’avanzata irresistibile della Resistenza irachena – che non mancherà anche in Palestina di neutralizzare le strategie liquidazioniste e disfattiste nuovamente tentate dai collaborazionisti e di rilanciare la resistenza al genocidio israeliano - e contro la travolgente ondata dell’antagonismo latinoamericano guidato dalle rivoluzioni bolivariana e cubana, si è concretizzata in seguito al totale fallimento di precedenti soluzioni tentate dall’imperialismo.

In Iraq la sconfitta della normalizzazione angloamericana perseguita attraverso il massacro di intere popolazioni e la polverizzazione di città e villaggi, nonché dell’irachizzazione, con forze di repressione che registrano perdite e diserzioni in massa, ha prodotto, in stretta collaborazione con i servizi israeliani (già individuati come responsabili delle uccisioni di centinaia di esponenti della scienza e della cultura irachene), il ricorso, sotto il superesperto John Negroponte, agli squadroni della morte finalizzati alla liquidazione di protagonisti della resistenza armata e di quella civile non controllata dagli occupanti, estrema ipotesi prima dell’impiego di armi di distruzione di massa, che molti segni indicano essere quelle nucleari. Squadroni della morte collaudati soprattutto in Centroamerica sotto lo stesso ambasciatore statunitense (allora in Honduras) che, insieme agli assassinii mirati di oppositori, procedevano alle stragi, a titolo di intimidazione, di intere popolazioni, per un totale, ammesso con tardive e ipocrite scuse dal presidente Clinton, di 300.000 vittime. Squadroni i cui addestratori e dirigenti, oltre a essere stati formati nella Scuola delle Americhe, frequentemente furono scoperti essere agenti israeliani, da sempre fortemente attivi in appoggio alle dittature e oligarchie centro- e sudamericane. Sono risultati recentemente partecipi di tali squadroni, secondo le rivelazioni di vari quotidiani dell’area e di servizi segreti europei, a completare la misura del terrorismo unipolare oggi attuato in tutte le parti del mondo, squadre di medici statunitensi inserite nelle operazioni belliche con l’incarico di recuperare i cadaveri delle vittime e i corpi dei feriti, appositamente lasciati senza soccorso, allo scopo di sottrargli tempestivamente gli organi da immettere nel mercato statunitense dei trapianti.

In America Latina, clamorosamente fallita tutta la serie di aggressioni e sabotaggi nei confronti della rivoluzione bolivariana in Venezuela (il colpo di Stato dell’aprile 2002, la serrata padronale e il sabotaggio dell’economia nazionale, il referendum che avrebbe dovuto revocare il mandato del presidente Hugo Chavez, la campagna di attentati e uccisioni dipanatasi dal febbraio del 2003 fino ai giorni nostri), l’imperialismo yankee ha optato nuovamente, come ai tempi del Piano Condor che vide i dittatori sudamericani, coperti dagli USA, massacrare i propri oppositori all’interno e all’estero, per il terrorismo degli squadroni della morte. Estremo mezzo per arginare l’impetuosa avanzata delle forze popolari e il moltiplicarsi di governi progressisti, o,.comunque, non più succubi. Avanzata guidata da Venezuela e Cuba, con importanti riflessi autonomistici in Argentina, Brasile, Uruguay, Bolivia, Ecuador, Panama. Forze antagoniste che hanno costretto ultimamente governi anche moderati, seppure a volte riluttanti e con retropensieri, a sottoscrivere un principio di integrazione indipendentista continentale nel vertice di Cuzco in Perù, dove è stata data vita, sotto impulso del Venezuela, alla Comunità degli Stati Sudamericani, nel segno di quel blocco continentale antimperialista già perseguito da Bolivar e Martì e ripreso da Hugo Chavez.

Il sequestro a Caracas e la deportazione in Colombia del responsabile esteri delle FARC-EP, Rodrigo Granda, ad opera di agenti colombiani con la collaborazione di alcuni ufficiali della Guardia Nazionale del Venezuela e di poliziotti della Squadra Antisequestri, corrotti dalla taglia di 1,5 milioni di dollari offerta dal presidente colombiano Alvaro Uribe, fa seguito all’analogo rapimento in Ecuador di Simon Trinidad, mediatore nei negoziati per la smilitarizzazione del conflitto per conto delle FARC-EP, successivamente addirittura estradato negli USA, e al rapimento di diversi esponenti dell’ELN colombiano nello stesso paese. L’unico governo ad aver reagito con forza all’aggressione alla propria sovranità e alle violazioni del diritto internazionale è stato quello di Hugo Chavez, che ha sospeso le relazioni diplomatiche con Bogotà, interrotto i rapporti commerciali e preteso da Uribe le scuse e il ritiro del provvedimento terroristico con la messa in libertà di Granda.

Sono anche stati individuati immediatamente i responsabili venezuelani del sequestro che si trovano ora sotto processo per alto tradimento e delitti connessi.

Il silenzio del presidente ecuadoriano Gutierrez, la complicità di Uribe, un vero e proprio Allaui latinoamericano, la passività di fronte a questa strategia di assalto all’indipendenza ed ai diritti dei paesi del Continente, confermano il rafforzamento di un asse reazionario al servizio dell’imperialismo statunitense lungo la costa pacifica dell’America Latina, contrapposto al fronte progressista che si affaccia sull’Atlantico dalla Terra del Fuoco al Caribe. Una guerra a bassa intensità, per ora, condotta dall’imperialismo e dai suoi vassalli con gli strumenti della militarizzazione (rafforzamento di basi e reparti statunitensi direttamente sul territorio di questi paesi) e del terrorismo degli squadroni della morte e che, in prospettiva, nei programmi non celati dei neonazisti di Washington, potrebbe evolversi in aggressione militare aperta. Come ripete Chavez, se finora sbarchi di marines (al di fuori della Colombia) e aumento di basi militari hanno potuto essere arginati, questo è dovuto al pesante ridimensionamento delle capacità belliche statunitensi inflitto dall’inarrestabile avanzata della resistenza irachena (definita “terrorismo” a Washington e, con emulazione degna di miglior causa, sia dai bushlusconi nostrani, sia dalle opposizioni sedicenti di sinistra, o di sinistra radicale: vedi il tabloid revisionista “Liberazione”).

Washington ha subito dato un pieno avallo alle azioni brigantesche di Alvaro Uribe (del resto da Washington ordinate), giustificate per ieri e per domani con il toccasana imperialista della “guerra al terrorismo” (mentre il terrorismo vero dallo stesso imperialismo è promosso e diretto fin dai piani dei likudnik per l’11/9, lasciapassare per l’armagheddon bushiana), avallo accompagnato da rinnovate minacce al Venezuela, accusato di distruggere la democrazia, di ospitare terroristi, di sostenere organizzazioni terroristiche, di attentare alla proprietà privata con l’accelerazione della riforma agraria, di voler imbrigliare i media, di compromettere i rapporti con gli USA. Si scorge così un altro parallelo tra America Latina e Medio Oriente: la Colombia, con l’annesso Ecuador di Lucio Gutierrez, che, portato al potere dal grande movimento indigeno, lo ha immediatamente tradito ponendosi all’incondizionato servizio del complesso militar-industriale USA, si è convertita in una specie di Israele delle Ande, assumendo i tratti, tipicamente sionisti, di uno Stato militarizzato e paramilitarizzato. Non meraviglia perciò che agli investigatori dei paesi nel mirino imperialista risultino presenze sempre più massicce dell’intelligence israeliana nelle cospirazioni reazionarie che vanno intensificandosi di pari passo con l’avanzata delle forze antagoniste. Come succede nel Curdistan iracheno, ormai una specie di protettorato israeliano, pilone dell’arcata grandisraeliana dal Giordano all’Eufrate, affidato per la gestione ordinaria ai due narcotrafficanti Balzani e Talabani, gli alleati più stretti del collaborazionista Partito Comunista Iracheno, a sua volta pour cause gemellato con il partito di Bertinotti; e come succede in tutto l’Iraq, dove collaudati esperti israeliani istruiscono ascari, mercenari e truppe occupanti nella tecnica della liquidazione extragiudiziale di presunti nemici e di effettivi civili attraverso assassinii mirati e punizioni collettive (case rase al suolo con gli abitanti dentro, ambulanze impedite di salvare i civili, terrorismo indiscriminato su donne e bambini, lager concentrazionari per interi settori della popolazione, tortura generalizzata). Il bersaglio dell’imperialismo e delle oligarchie ad esso asservite non essendo solo le forze politiche e governative che rifiutano il ritorno colonialista degli USA, ma, con particolare preoccupazione delle transnazionali nordiche, i grandi movimenti sociali che sono alla base del nuovo antagonismo continentale, tutti assimilati al “terrorismo”: i piqueteros e le sinistre partitiche dell’Argentina, i Sem Terra e i settori sindacali e partitici che si rifiutano di sostenere l’involuzione moderata di Lula, in Brasile, i grandi movimenti indigeni in Ecuador, i cocaleros, contadini e operai della Bolivia, le forze elettoralmente vincenti in Uruguay, Nicaragua (sandinisti) e Panama. E’ in questa luce che vanno visti, non solo i sequestri e attentati di cui sopra, ma anche l’intensificarsi delle mobilitazioni fasciste in Argentina (con un recente susseguirsi di “marce per la sicurezza”), l’aumento in un anno del 70% del numero di assassinii di Sem Terra in Brasile, gli omicidi di contadini operati dai latifondisti venezuelani che sabotano la redistribuzione delle terre, la strage continua di sindacalisti e oppositori nella Colombia del narcopresidente Uribe.

Sono colpi di coda di un impero statunitense che rasenta il collasso sul piano sociale, economico e militare, ma che, in mano a psicopatici criminali, in Medio Oriente, Asia Centrale (e ora, grazie allo tsunami, anche nel l’Asia del Sudest) e Latinoamerica, si vede costretto a giocare il tutto per il tutto dal momento che una vittoria presidenziale ottenuta con i brogli elettorali gli consente altri quattro anni di terrorismo e rapine. A questo fine sono mobilitati al massimo sforzo i circuiti mediatici ufficiali, ormai totalmente in sintonia con la strategia neonazista, con tanto di vivandiere della stampa sedicente di sinistra al seguito, come si deduce facilmente, non solo dalle fantascientifiche distorsioni delle verità relative ai conflitti in atto, ma anche dalla fitta coltre di silenzio in cui si tenta di avvolgere gli avvenimenti epocali e geopoliticamente decisivi che si svolgono tra l’Eufrate, il Giordano, i fiumi caucasici ed esteuropei (Cecenia, Ucraina), il Rio della Plata, il Rio delle Amazzoni e l’Orinoco.

E’ alla capacità di sacrificio, all’eroica determinazione, alla lucidità politica, al coraggio e alla dignità manifestati da queste grandi, giovani e crescenti forze della vita e della rivoluzione che sarebbe scandaloso, oltrechè suicida, negare tutta la solidarietà militante delle autentiche sinistre nel nostro paese. Ma come, i guerriglieri iracheni (che vanno una volta per tutte riconosciuti come le vere forze regolari irachene) assaltano, muoiono, ma schiacciano al muro la massima potenza tecnologica della storia umana, e noi rinculiamo solo perché un guerrafondaio come D’Alema, o un finto rifondarolo come Bertinotti, usano il loro mestolino per intimidirci e per far cuocere i proletari del mondo nella brodaglia imperialista della non-violenza e della mostruosa truffa chiamata “spirale guerra-terrorismo”?