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  1. #11
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    Al Yawar: ''Voterà la maggior parte degli iracheni''

    ''Mi aspetto che la maggioranza, fino a due terzi degli iracheni che ne hanno il diritto, voterà'', ha detto al Yawar, esponente di un'importante tribù sunnita, aggiungendo: ''Della gente che non voterà, la maggior parte non lo farà perché teme la violenza''.

  2. #12
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    Se le elezioni funzionano, bene.
    Se non funzionano, bene lo stesso.
    Troveremo di sicuro un Musharraf da mettere a capo di quella marmaglia per contenere l'influenza iraniana e reprimere nazibaathisti e islamisti.

  3. #13
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    In Origine Postato da multietnico
    45 seggi saltati in aria nella sola baghdad.
    ed altri fuochi d'artificio si prevedono nelle prossime ore.
    il popolo irakeno non si piega all'inganno dei nazisti e dei loro servi

    Più di 400 sono gli iracheni vittime dei terroristi che vogliono boicottare le elezioni nel mese di Gennaio
    La migliore risposta a chi sparge il sangue di iracheni innocenti è il voto.

  4. #14
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    In Origine Postato da Manuel
    Le prime immagini del voto...


    Vigilia elettorale in Iraq: razzo contro l'ambasciata, muoiono due americani

  5. #15
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    Sunniti, sciiti, curdi uniti «Votiamo, o vince Zarkawi»



    BAGDAD - Vivono mille incubi i ricchi di Bagdad. Terrore dei rapimenti, l'incertezza continua quando i figli escono per andare a scuola, l'economia che non decolla, i capitali che si assottigliano, la ricerca continua di nuove attività, le ripercussioni finanziarie degli attentati sul commercio e i trasporti. Ma hanno almeno una certezza: occorre votare. «Costi quello che costi, occorre sostituire le pallottole con le schede elettorali. Mettiamo da parte le critiche contro gli americani e la guerra di due anni fa, adesso bisogna guardare avanti e non c'è alternativa alle elezioni», dicono praticamente all'unisono gli uomini d'affari incontrati nello «Hunting club», vecchio circolo della nomenklatura ai tempi di Saddam Hussein, diventato ora l'unico luogo di ritrovo per chi ha ancora qualche soldo.




    Sunniti, sciiti, curdi o cristiani fa poca differenza. Superato il cordone di guardie private appostate davanti al portone d'ingresso con il Kalashnikov spianato e posteggiata l'auto dopo i controlli antibomba, si entra in un mondo ben lontano dalle minacce di scontro di religione e dagli scenari di guerra civile. I primi due businessmen che accettano di parlare di fronte a birra e pistacchi sono sunniti. Saed Hamduni, noto cambiavalute a El Mansour, il quartiere benestante del centro, e Alì El Safi, commerciante all'ingrosso con Giordania e Siria. Il loro è un discorso improntato dal più semplice pragmatismo: «Guardare indietro non serve. Terrorismo e guerriglia non ci forniscono alcuna seria alternativa, se non ancora sangue, violenza, disordine e morte. Queste elezioni non sono perfette. Qui a Bagdad molta gente non sa neppure chi sono i candidati e quali i partiti. Pazienza. Vorrà dire che sarà un risultato parziale, in attesa che tra un anno, al prossimo voto, vada meglio».

    Un discorso non troppo diverso da quello di un altro gruppetto, che per pranzo si aggiunge al nostro tavolo. «Il vero problema per tanti abitanti di Bagdad e nelle regioni dove la guerriglia si dimostra più attiva è la paura degli attentati. La verità è che la grande maggioranza degli iracheni, anche tra i sunniti, vorrebbe votare. Ma teme per la propria vita e resterà tappata in casa. Nel mio caso deciderò quella mattina stessa. Attenderò verso mezzogiorno, poi se vedrò che la situazione resta calma andrò al seggio. Dovrebbe essere posto in una scuola abbastanza vicina a casa mia. Potrei andarci a piedi, visto che in ogni caso il traffico sarà bloccato per motivi di sicurezza», dice Alì Wattar, 37 anni, proprietario di alcune grandi concerie per pellame che esporta in tutta Europa, inclusa l'Italia. Gli altri sono d'accordo. Nessuno si sente di fare l'eroe. «Se ci saranno troppi attentati, non usciremo di casa. Il rischio è troppo grande, anche se vorrà dire che la lasciamo vinta al terrorismo». E per chi voterebbero? La risposta è quasi unanime: la «Iraqi List» dell'attuale premier ad interim Iyad Allawi. Un laico, che chiede un governo forte per garantire maggior sicurezza. Il candidato sunnita per eccellenza, Adnan Pachachi, è invece giudicato «troppo anziano, troppo aristocratico, troppo lontano dai sentimenti della gente». E il capolista della principale lista sciita, Abdul Aziz al Hakim, è invece «troppo religioso, un agente dell'Iran».

    Un voto dunque contro la violenza e per garantire agli imprenditori iracheni di poter lavorare. «Chi può è partito. Dirige i suoi affari da Amman, Beirut, o persino Londra e Parigi. In Giordania i dati ufficiali danno 200 mila immigrati iracheni, in realtà sono oltre un milione», afferma Ali al Jadooa, imprenditore edile. Gli fa eco Wattar. «Sì anch'io partirei. So che tanti medici famosi sono emigrati, così tanti che ora gli ospedali sono vuoti, mancano soprattutto chirurghi. Ma per me è impossibile lasciare la mie concerie», aggiunge. Così vive blindato come tanti nella sua villa sul lungo Tigri nel quartiere di Kadamieh. Praticamente tutti i suoi amici e colleghi hanno avuto qualche rapito in famiglia. «Si sono dissanguati per pagare il riscatto. Sino a 500 mila dollari per riavere il figlio di 6 anni. Un incubo», ricorda. Lui ha persino venduto le sue due Mercedes e si muove in una piccola utilitaria scassata per non dare nell'occhio. La via d'uscita? «Votare. Se vincesse al-Zarkawi sarebbe ancora peggio».

    Lorenzo Cremonesi

  6. #16
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    ELEZIONI IN IRAQ


    Berlusconi: 'Continueremo a fare la nostra parte'



    Roma, 29 gennaio 2005 -"Continueremo a fare la nostra parte, secondo le modalità concordate con le legittime autorità irachene". Silvio Berlusconi, in un messaggio sulle elezioni in Iraq, conferma l'intenzione del governo di restare nel paese mediorientale e aggiunge che l'Italia "è orgogliosa di aver risposto positivamente all'appello dell'Onu" e di contribuire "allo sviluppo verso la democrazia e il benessere".
    "L'Italia - sottolinea il premier - continuerà a sostenere il processo politico in Iraq affinché tutti i gruppi etnici, religiosi e politici possano guadagnare nuove prospettive di libertà".

    Le elezioni irachene costituiscono "un grande progetto di libertà e di democrazia", per questo "è importante un ampio coinvolgimento degli elettori", sottolinea il presidente del Consiglio. Secondo il premier "i terroristi sono terrorizzati dalla libertà e dalla democrazia e per questo constrastano le libere elezioni".

  7. #17
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    STRAORDINARIO POPOLO IRACHENO

    Nonostane gli attentati scontati dei terroristi criminali subumani che si fanno esplodere davanti ai seggi provocando terrore e morte come i comunisti italiani vogliono desiderano ed auspicano stanno dando prova di un coraggio e di una civiltà semplicemente straordinaria.

  8. #18
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    IRAQ: OSSERVATORE ONU, BUONA AFFLUENZA ALLE URNE
    Baghdad, 30 gen. - (Adnkronos) - L'affluenza degli iracheni alle urne e' ''buona'' nella maggior parte delle regioni del paese. Lo ha detto il funzionario dell'Onu, Carlos Valenzuela, attualmente in Iraq come 'chief adviser' per la commissione elettorale irachena. ''In linea con quanto ci aspettavano si stanno verificando oggi attacchi terroristici, ma le operazioni di voto non sono compromesse. Ci sono file di votanti sia a Mosul che a Falluja e Ramadi'', ha aggiunto il funzionario.


    C'è chi chiedeva che fine avevano fatto gli abitanti di Falluja gli osservatori dell' ONU hanno dato la miglior risposta, fanno la fila davanti ai seggi

  9. #19
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    Predefinito Il vento cambia: la gente va a votare

    Il popolo iraqueno non ha più paura, va a votare, i dati ufficiosi parlano di più del 50% degli aventi diritto. I terroristi non fanno più paura, sono solo una piccola minoranza, il futuro è un altro e la gente l'ha capito, appoggia gli americani, il loro modo di fare e va a votare. La resistenza islamico-comunista è un fallimento, tra poco avremo un nuovo Stato democratico nel mondo, sarà filo americano come è l'Italia che venne liberata in egual modo, ma sempre meglio filo americano di uno Stato comandato dai terroristi.

  10. #20
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    i miei dati parlano dell'80%....

 

 
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