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Discussione: I sette Saggi

  1. #1
    人牛俱忘
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    Predefinito I sette Saggi

    Saggi o rsi, sono i «conoscitori ed espositori delle Cose Divine». Innumerevoli storie,leggende e figure raccontano dei sette saggi, modelli o ideali tramite i quali gli esseri senzienti possono procedere nel cammino evolutivo.

    Nella tradizione induista più nota sono originati dal cervello di Brahma.

    Citiamo dalla Bhagavad-Gita alcune parole di Krishna, , riguardo ai saggi.

    «I sette grandi veggenti, i progenitori dell’umanità, i quattro antichi e i legislatori nacquero dalla mia volontà e provennero direttamente da me. La razza dell’umanità è derivata da loro»

    Alcuni autori sostengono che all’inizio dell’era attuale, risalente millenni or sono alla grande civiltà indo-asiatica, le sagge guide dell’umanità - personificate nei sette santi rsi e nella leggendaria figura del Manu - stabilirono un ordine mondiale basato sulla ripartizione dell’Unità di partenza in sette archetipi o qualità principali, dalle cui combinazioni sarebbero derivate le infinite altre distinzioni della vita manifesta

    La ricorrenza del fenomeno settenario si basa sull’esistenza di sette elevate entità,(antropomorfizzate nei sette santi rsi dell’India vedica) con mansioni delle più misteriose che,emanando da loro stesse settenari successivi, ripetono lo schema dai piani più elevati ai più bassi.
    Nell’Esoterismo delle culture e tradizioni più disparate ritroviamo alcuni di questi settenari con il nome di: i sette Primordiali, i sette Costruttori, i sette Logoi planetari, i sette Figli della Vita e della Luce, i sette Alhim, i sette Elhoim, i sette Spiriti Creatori, i sette Arcangeli, i sette Angeli della Presenza, i sette Sephiroti, i sette Logoi Ermetici, i sette Signori Lipika, i sette Kumara, i sette Dhyan Choan, i sette Dhyani Buddha (uno per ogni razza madre, cinque fin’ora), i sette Manu primitivi o Prajapati, i sette Agnishwatta, i sette Manasaputra e i sette Ameshaspend zoroastriani
    (continua)
    Non ho princìpi, l’adattabilità a tutte le cose è i miei princìpi

  2. #2
    人牛俱忘
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    Predefinito Rif: I sette Saggi



    Fukurokuju (Vasistha)
    Felicità, salute, longevità.
    Prima ricchezza: la disciplina.


    È il nome di uno dei più importanti rsi della tradizione vedica e della mitologia post-vedica, anche se in quest’ultima le gesta dei suoi discendenti vengono spesso confuse con quelle del loro antenato vedico.
    Per la sua grande importanza nell’ambito della tradizione vedica, Vasistha ricopre un ruolo di primo piano nel settimo mandala dei Rgveda uno dei cui inni (VII. 18) indica proprio lui come suo compositore.
    Durante la Guerra dei Dieci Re (Dasarajna), Vasistha era il purohita di Sudas, sovrano dei Trtsu.
    Visvamitra, che aveva in precedenza ricoperto lo stesso incarico, era stato licenziato da Sudas con procedura sommaria, e si era quindi unito ai suoi nemici come loro purohita. Fu forse proprio la nomina di Vasistha a ispirare la norma per la quale solo un purohita poteva fungere da brahman officiante al sacrificio (Satapatha Brahmana1, XII. 6. 1, 41) e la tradizione che voleva un sovrano regnante senza un purohita destinato all’insuccesso (Aitareya Brahmana 2, VIII. 24).
    La nomina di Vasistha e l’allontanamento di Visvamitra diedero poi origine a numerose leggende sulle dispute che sorsero fra i due rsi e i loro discendenti, anche se i Rgveda non fanno, al proposito, alcun riferimento. Queste dispute si rifletterono, in seguito, nella rivalità fra vari sovrani e fra i
    discendenti di Vasistha e Visvamitra, come sta a testimoniare l’Epica con le fantasiose leggende sulle guerre per il possesso della ‘Vacca dell’Abbondanza’, vale a dire il Madhyadesa (il cuore dell’India settentrionale), guerre che continuarono finché i confini dei vari regni non vennero, in genere, accettati e la loro relativa stabilità non fu assicurata grazie a vincoli matrimoniali fra le diverse famiglie o ad alleanze politiche.
    Vasistha, indubbiamente, ebbe un ruolo di profonda importanza nella determinazione del rango del Brahmana, e in particolare del purohita, e ciò non fece che accrescerne sempre più il prestigio dopo la morte. Vasistha venne infatti incluso fra i sette Maharsi o antenati patriarcali dai quali i
    Brahmana, e in seguito tutti gli Hindu ‘ri-nati’, rivendicavano una teorica discendenza (gotra).
    La profonda stima in cui era tenuto Vasistha è anche indicata dal riconoscimento della sua nascita prodigiosa; narrano infatti i Rgveda (VII. 33, 11) che egli nacque «dall’amore degli dèi del sole, Mitra e Veruna, per Urvasi, la dea dell’alba»
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  3. #3
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    Predefinito Rif: I sette Saggi



    Ebisu (Gotama)
    Salute, saggezza.
    Seconda ricchezza: la meditazione.


    Un rsi vedico, figlio di Rahugana. Gli viene attribuita la composizione del brano I, 92, ritenuto «uno dei più eleganti saggi della poesia lirica del Rgveda»
    Il nome del gotra cui apparteneva il Buddha.
    Il fondatore della scuola di filosofia Nyaya.
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  4. #4
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    Predefinito Rif: I sette Saggi



    Daikokuten (Atri)
    Devozione, Protezione della luce.
    Terza ricchezza: lo zelo
    Un antico rsi e celebratore di sacrifici, autore di diversi inni vedici e di un codice di leggi, spesso posto in connessione con gli Angirasa e altri progenitori del genere umano, e quindi incluso fra i Prajapati.
    Secondo la tradizione fu anche il purohita delle Cinque Tribù, vale a dire dei più antichi colonizzatori ariani dell’India.
    Una delle funzioni di Atri e dei suoi discendenti dovrebbe essere stata quella di proteggere il sole da Svarbhanu, il demone dell’eclissi (Rahu nella mitologia post-vedica).
    L’Atharva-Veda Samhita6 vi si riferisce come al fatto di conservare il sole nel cielo (Vol. 2, XIII. 2, 12), e The Hymns of the Rgveda (V. 40, 8) come a quello di porre nei cieli l’occhio di Surya (il sole), che si era oscurato durante un’eclisse.
    Per sconfiggere Svarbhanu e liberare il sole dalle tenebre, Atri compose una «quarta preghiera» che lo rese capace di ritrovare il sole.
    I nomi dei Sette Veggenti, incluso quello di Atri, erano in origine degli epiteti del fuoco (vedi E.W. Hopkins, Epic Mithology), un fatto, questo, che può render conto della potenza magica del suo nome, per la quale gli stessi dèi «non avevano scelta nel dover esaudire le preghiere legate al nome di Atri o quelle composte secondo i modelli che Atri sviluppò»

    Fu probabilmente durante il primo periodo dell’espansione ariana che Atri, il purohita delle Cinque Tribù, venne catturato da locali popolazioni nemiche e gettato in una «fossa ardente». In suo soccorso giunsero gli Asvin, (The Hymns of the Rgveda, I. 112, 7), che infine riuscirono a liberarlo (The Hymns of the Rgveda, I. 117, 3).
    In mancanza di cognizioni attendibili sugli antichi rsi vedici, fiorirono, né poteva essere altrimenti, varie leggende e fantasiose costruzioni sul conto della loro origine.
    Lo Satapatha Brahmana, (I. 5. 5, 13) descrive così Atri come una emanazione di Vac; il Mahabharata, (in E.W. Hopkins, Epic Mythology, 13, 65, 1) come uno dei nove figli che Brahma generò dalla propria mente, tutti colpiti da una maledizione di Siva e costretti a immolarsi sul fuoco sacrificale, e lo stesso Brahma fu obbligato a celebrare il rito. Ma da questo fuoco Atri rinacque, e si unì in matrimonio con Anasuya, una figlia di Daksa. Secondo i miti astrali, Atri è una delle stelle nel gruppo dell’Orsa Maggiore. Un mito dei Purana narra che egli creò la luna con uno sguardo,mentre era impegnato in esercizi di ascesi (Tapas).
    Secondo la tradizione, ad alcuni membri della famiglia di Atri si attribuisce la composizione di vari inni del Rgveda. A questa famiglia appartenevano due donne veggenti, Apala e Visvavara, e anche a esse si attribuiscono degli inni.
    Fra gli altri discendenti, si ricordano Dattatreya, Durvasas, i Bharata, i Pandava, i Kaurava, etc.
    Ultima modifica di euvitt; 17-11-09 alle 00:22
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  5. #5
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    Benzaiten (Kasyapa).
    Madre Divina, tutte le creature discendono da Lei. Dea delle arti.
    Quarta ricchezza: la Purezza.


    Un leggendario personaggio, sul conto del quale si ritrova un solo riferimento nel Rgveda IX (114, 2) a indicarne, forse, le remote origini
    popolari. Gli accenni del Sama Veda sono egualmente oscuri, generalmente fonte di inconciliabili contraddizioni nelle interpretazioni di commentatori indiani e occidentali (incarnato/a,è oscura la sua natura, maschile e/o femminile, nelle varie incarnazioni, n.d.a.). Ciò appare con evidenza nel brano IV. 23, 2 della parte I: «Coloro che vengono detti i due assistenti di Kasyapa, che conosce la luce» alludendo forse, al cielo e alla terra, o, secondo Sayana, ai cavalli di Indra.
    In altri brani del Sama Veda viene menzionato un ‘saggio’,probabilmente sempre in riferimento a Kasyapa, sulla base di simili oscuri accenni del Rgveda IX 8.
    Nell’Atharva-Veda Samhita, (Vol. 2, XIII. 1, 23), come osserva Bloomfield:
    «Kasyapa è un nome di gran prestigio; [...] amuleti e incantesimi preparati da lui posseggono un’efficacia particolare (I. 14, 4; IV. 37, 1) […] Nel brano XIX. 53. 10 egli si erge al rango del supremo essere in sé esistente (Svayambhu) […] È anche in stretto rapporto con degli aspetti del sole, Surya e Savitar […] in realtà, Kasyapa, in quanto tartaruga, è il sole, che si trascina per il suo lento corso attraverso il cielo […] Non bisogna però dimenticare che questi testi non si lasciano sfuggire alcuna opportunità di venire ispirati da giochi di parole, anche dei più azzardati […] Nello Satapatha Brahmana, (VII. 5. 1, 5) Kasyapa (indicato come Prajapati) viene scambiato con Kasyapa (la tartaruga). In altri brani si ritrova un secondo gioco di parole. Prajapati, dopo aver assunto l’aspetto di una tartaruga (Kurma), creò gli esseri viventi. Ciò che aveva creato, egli l’aveva fatto
    (Kar), e dunque viene detto ‘Kurma’, vale a dire ‘Kasyapa’ (tartaruga); si afferma, così, che tutte le creature discendono da Kasyapa». (Evidente incarnazione della Genitrice Cosmica, Madre Divina, Maya etc n.d.a.)
    Il Mahabharata, e i Purana assegnano a Kasyapa come mogli tredici delle figlie di Daksa (simboleggianti i tredici mesi dell’anno lunare), e fra queste è Aditi, con la quale egli generò i dodici Aditya (simboleggianti i dodici mesi dell’anno solare). Con le altre mogli, Kasyapa generò demoni, rettili, uccelli, e altre creature, e con Diti e Danu le numerose tribù aborigene solitamente indicate come Daitya e Danava, senza tener conto delle differenze di lingua, usanze e origini etniche.
    Si può così supporre che l’accoglimento di gruppi tribali non ariani nel mito di Kasyapa si sia registrato quando già la fusione delle popolazioni indo-ariane dell’India (a nord della Narmada)era pressoché completa, e termini discriminatori come dasa e dasyu erano ormai caduti in disuso.
    A testimonianza di ciò, si hanno numerose leggende, la più importante delle quali appare quella del re Hiranyakasipu, che rivendicava la propria discendenza non solo da Kasyapa, ma anche da Diti,come si rileva dal suo matronimico di Daitya. L’identificazione di Kasyapa con Prajapati, e di
    quest’ultimo con Brahma, determinò infine la definizione di Kasyapa come creatore secondario.
    Uno dei maestri della scuola Vajasaneya. Un sacerdote denominato Kasyapa è associato con Parasurama e Ramacandra, e un altro con Janamejaya (vedi Aitareya Brahmana, VII. 27).
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  6. #6
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    Jurojin (Jamadagni).
    Longevità nella perfezione di contemplazione.
    Quinta ricchezza:l’abnegazione per servire.


    Un saggio del periodo vedico, probabilmente uno degli amici di Visvamitra (The Hymns of the Rgveda, III. 62,18; X. 167, 4 etc)9. A parte questi brevi cenni, non ci è pervenuto altro sul suo conto. Dovrebbe essere stato un membro della famiglia sacerdotale indicata con il suo stesso nome
    e citata in un unico brano del Rgveda III. (53, 15-16). L’Aitareya Brahmana, (VII. 27 e 34) e lo Satapata Brahmana, (XIII. 5. 4, 1) menzionano una persona denominata Jamadagni e meglio nota come Pariksita, ‘discendente di Pariksit’, ma oltre al nome, non si ha alcun’altra indicazione di un rapporto fra le due famiglie.
    D’altra parte, queste scarne notizie costituiscono la base di tutta una serie di leggende puraniche.
    Nel Visnu Purana, (III. 1), ad esempio, Jamadagni viene indicato come uno dei sette grandi rsi dell’attuale manvantara. In un altro mito, egli viene invece indicato come un Bhargava, figlio di Rcika (un discendente di Bhrgu) e Satyavati, la figlia di Gadhi, sovrano di Kanyakubja. Jamadagni sposò Renuka (figlia di Prasenajit) e costei senza lamentarsi, divise con lui una vita d’ascesi, anche se ciò non le impedì di mettere al mondo cinque figli, solo il più giovane dei quali, Parasurama, divenne in seguito famoso.
    Narra la legenda che, mentre i figli erano al lavoro nei campi, Renuka si recò a un vicino corso d’acqua per compiere le prescritte abluzioni; ricercando, dunque, un posto riparato alla vista, la donna scorse poco distante un principe e la sua giovane moglie che giocavano nel ruscello, e provò invidia per la loro disinibita gioia.
    Il narratore riferisce allora che Renuka venne «macchiata da indegni pensieri» e che, pur bagnandosi secondo il consueto rituale, non poté essere purificata dall’acqua. Quando fece ritorno all’eremo, il marito si accorse del suo turbamento e, quando ne seppe i motivi, fu «estremamente
    sdegnato», dichiarandola «decaduta dallo stato di perfezione e spogliata del lustro della sua santità».
    Quattro dei cinque figli fecero di lì a poco ritorno a casa e a ciascuno di loro il padre ordinò di uccidere Renuka. Essi inorridirono nell’udire tale richiesta e, per tutta risposta, il padre li maledisse e li condannò all’idiozia per tutto il resto della loro vita. Quando tornò Parasurama, il «possente e santo» Jamadagni ordinò anche a lui di uccidere la madre, colpevole di aver peccato.
    Parasurama non si tirò indietro e tagliò la testa della madre con un colpo della propria scure (parasu), alleviando così l’ira di Jamadagni. Costui lodò la sua obbedienza e promise di soddisfare ogni suo desiderio.
    Parasurama chiese allora che sua madre potesse tornare a rivivere e che non solo fosse liberata dallo stigma dell’impurità, ma anche che di questo non si facesse mai menzione; chiese inoltre che i suoi fratelli potessero rinsavire e, per sé, una lunga vita e l’invincibilità in duello (vedi mahabharata,Vana parvan, 106, in E.W. Hopkins, Epic Mythology).
    Si hanno poi altre leggende relative al furto del sacro vitello di Jamadagni (il figlio di Surabhi, la Vacca dell’Abbondanza); all’uccisione del saggio da parte dei figli di Kartavirya e alla vendetta di Parasurama.
    Ultima modifica di euvitt; 17-11-09 alle 00:44
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  7. #7
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    Bishamon (Visvamitra).
    Giustizia e ciò che è contrario per l’apprendimento del giusto, arti
    della guerra, compositore di inni all’Assoluto.
    Sesta ricchezza: la fede.

    Il nome di uno dei più insigni veggenti vedici; la sua influenza e quella dei suoi discendenti fu viva durante tutto il periodo vedico, e le sue imprese sono il soggetto di numerose leggende più tarde.
    La tradizione gli attribuisce la composizione del terzo mandala del Rgveda, nel quale è incluso il più sacro dei mantra la Gayatri (III. 62, 10).
    Gli vengono attribuiti anche numerosi inni dell’Atharva-Veda Samhita.
    I riferimenti sul conto della vita di Visvamitra e dei suoi antenati sono pochi e oscuri se si eccettuano quelli relativi alla sua carica di purohita del re Sudas e alla sua posizione contro lo stesso Sudas nel dasarajna (la Guerra dei Dieci Re). I successivi tentativi di colmare questa lacuna, come quelli della Brhad-Devata10 (IV. 98), dell’Epica e dei Purana, si sono rivelati più elementi di confusione che contributi a una maggiore chiarezza.
    La maggior parte delle leggende post-vediche sul conto di Visvamitra narra delle dispute fra lui e Vasistha, la cui origine viene attribuita alla decisione del re Sudas di nominare Vasistha come proprio purohita al posto di Visvamitra. Secondo quanto affermano i Purana, questa disputa
    divenne ereditaria, e si protrasse per secoli fra i discendenti dei due rsi.
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  8. #8
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    Pu-Tai (Hotei) (Bharadvaja).
    Saggio poeta delle cose divine e delle leggi dell’Assoluto,dispensatore di bene e fortuna.
    Settima ricchezza: l’Ascolto del Dharma



    Un membro di una antica popolazione di pastori ariana che veniva designata con questo nome, e anche il nome di uno dei suoi membri che divenne in seguito un rsi (vedi G.C. Bosch, trad. Brahmanda Purana, II. 16.50; A Study, V.S. Agrawala Matsya Purana, 114, 43, in V. R.Ramachandra Dikshitar, The Purana Index, Vol. 3).
    Anche alcuni suoi discendenti (i Bharadvaja), divennero importanti figure di rsi e brahmana.
    Gli antichi Bharadvaja, ancora riuniti in tribù, adoravano Pusan, una divinità locale protettrice dei pastori che, come sembra, non venne inizialmente riconosciuta dalle maggiori tribù ariane. Ma, in seguito, degli inni del Rgveda inclusero Pusan nel ‘pantheon’ vedico, definendolo «fratello» (VI. 55,5) o «aiutante» (VI. 56,2) di Indra, e ponendolo pure in relazione con il dio Soma (II. 40,1-6). Probabilmente proprio per questa elevazione del rango di Pusan, i Bharadvaja divennero gli officianti dei sacrifici delle tribù pastorali, e alcuni dei loro inni vennero accolti nei Rgveda
    In uno di questi (VI. 28), unico, si trova un riferimento alla glorificazione della vacca, e si tratta del primo accenno al carattere sacro di questo animale e alla sua associazione con Bhaga, Indra e Soma.
    Nello Satapata Brahmana, si ha un solo riferimento a un Bharadvaja, qui indicato come un maestro;solo nei Purana e nel Mahabharata, (Vol. 12) gli si dà nuovamente grande rilievo, ma le leggende in cui egli compare, anche quelle riferite a uno specifico episodio, sono spesso talmente incoerenti da rasentare l’assurdità.
    In una di queste leggende, della quale si hanno varie versioni, si narra dell’adozione da parte di un principe Bharata di un figlio del rsi Brhaspati, al quale venne dato il nome di Bharadvaja (The Hymns of the Rgveda, I.), nome che il Visnu Purana, (IV. 19) spiega come bhara dva-jam (‘nato da due padri’).
    Ciò in riferimento alla duplice gravidanza di Mamata,fatta risalire a suo marito Utathya e a Brhaspati.
    Questa leggenda viene spiegata nel Bagavata Purana, ove si afferma che da Bharadvaja, brahmano per nascita e sovrano per adozione, discesero brahmani e Ksatriya, i figli di due padri.
    Il Brahma Purana e lo Harivamsa hanno apportato alcune modifiche a questo mito, forse per riavvicinare la descrizione di Bharadvaja come saggio che i Marut indussero a celebrare un sacrificio per far avere dei figli a Bharata, e l’altra descrizione per la quale i Marut portarono Bharadvaja da Bharata non in quanto saggio, bensì in quanto bambino, del quale lo stesso Bharata disse: «questo Bharadvaja sarà Vitatha», considerandolo cioè una compensazione per l’inutile
    (vitatha) nascita dei suoi nove figli, che erano stati uccisi dalle loro madri. Ma il Mahabharata (Adi parvan, 3. 710) fornisce una più semplice spiegazione. Bharata, per la scomparsa di suo figlio, ottenne da Bharadvaja, attraverso grandi sacrifici, un altro figlio, Bhumanyu; più avanti, del resto (verso 3. 785), quest’ultimo viene semplicemente indicato come figlio di Bharata e di sua moglie Sunanda, la figlia di Sarvasena, il re di Kasi, senza che, in apparenza, si faccia alcun riferimento a un intervento dei Marut o di Bharadvaja o ad alcun rito sacrificale (Visnu Purana).
    Nel Mahabharata e nei Purana si trovano poi altri accenni ai Bharadvaja come grandi saggi o Brahmana. Un Bharadvaja attraverso la celebrazione di un sacrificio, permise a Pratardana, un figlio del re Divodasa, di nascere già adulto.
    Un altro mise al mondo, assieme alla ninfa Ghrtaci, il valoroso Drona (vedi Mahabharata, Vol. 12, I. 166, 1 e sg., in E.W. Hopkins, Epic Mythology).
    Un mito vaisnava descrive un Bharadvaja rsi che asperse il torace di Visnu con dell’acqua, che si trasformò nel segno srivatsa (triangolo con fiore cruciforme o anche vortice di peli sul petto n.d.a.)



    informazioni tratte dal Dizionario dell’Induismo (M. Stutley e J. Stutley, Ubaldini Ed., Roma, 1980).
    Ultima modifica di euvitt; 17-11-09 alle 00:54
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  9. #9
    Ritorno a Strapaese
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    Predefinito Rif: I sette Saggi

    7 come le 7 stelle del Gran Carro dell'Orsa Maggiore...
    Ultima modifica di Strapaesano; 17-11-09 alle 00:57
    "Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)

  10. #10
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    Predefinito Rif: I sette Saggi



    In merito al saggio Vishvamitra conosco una storia molto bella, ma un po' lunga, appena ne avrò il tempo la racconterò
    ...

    Chi coltiva un pensiero raccoglie un'azione, chi coltiva un'azione raccoglie un'abitudine, chi coltiva un'abitudine raccoglie un carattere, chi coltiva un carattere raccoglie un destino.

 

 
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  5. Sette miti. Anzi, no: sette confusioni
    Di (Controcorrente (POL) nel forum Liberalismo e Libertarismo
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