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    GIOVANNI PAOLO II

    PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO

    SANTA MESSA AL SANTUARIO DELLA VERGINE DI FATIMA

    OMELIA


    Fatima, 13 maggio 1982

    1. “E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19,27).

    Con queste parole si chiuse il Vangelo dell’odierna liturgia a Fatima. Il nome del discepolo era Giovanni. Proprio lui, Giovanni, figlio di Zebedeo, apostolo ed evangelista, sentì dall’alto della croce le parole di Cristo: “Ecco la tua madre”. Prima invece Cristo aveva detto a sua Madre: “Donna, ecco il tuo figlio”.

    Era questo un mirabile testamento.

    Lasciando questo mondo Cristo diede a sua Madre un uomo che fosse per lei come un figlio: Giovanni. Lo affidò a lei. E, in conseguenza di questo dono e di questo affidamento, Maria diventò madre di Giovanni. La Madre di Dio è divenuta madre dell’uomo.

    Da quell’ora Giovanni “la prese nella sua casa” e diventò il custode terreno della Madre del suo Maestro; è infatti diritto e dovere dei figli aver cura della madre. Soprattutto però Giovanni diventò per volontà di Cristo il figlio della Madre di Dio. E in Giovanni diventò figlio di lei ogni uomo.

    2. “La prese della sua casa” può anche significare, letteralmente, nella sua abitazione.

    Una particolare manifestazione della maternità di Maria riguardo agli uomini sono i luoghi, nei quali Ella s’incontra con loro; le case nelle quali Ella abita; case nelle quali si risente una particolare presenza della Madre.

    Tali luoghi e tali case sono numerosissimi. E sono di una grande varietà: dalle edicole nelle abitazioni o lungo le strade, nelle quali risplende l’immagine della Madre di Dio, alle Cappelle e alle Chiese costruite in suo onore. Ci sono però alcuni luoghi, nei quali gli uomini sentono particolarmente viva la presenza della Madre. A volte questi posti irradiano ampiamente la loro luce, attirano la gente da lontano. Il loro raggio può estendersi ad una diocesi, a un’intera nazione, a volte a più nazioni e persino a più continenti. Sono questi i Santuari mariani.

    In tutti questi luoghi si realizza in modo mirabile quel singolare testamento del Signore Crocifisso: l’uomo vi si sente consegnato e affidato a Maria; l’uomo vi accorre per stare con lei come con la propria Madre; l’uomo apre a lei il suo cuore e le parla di tutto: “la prende nella sua casa”, cioè dentro tutti i suoi problemi, a volte difficili. Problemi propri ed altrui. Problemi delle famiglie, delle società, delle nazioni, dell’intera umanità.

    3. Non è così il Santuario di “Lourdes” nella vicina Francia? Non lo è “Jasna Góra” in terra polacca, il Santuario della mia Nazione, che celebra quest’anno il suo giubileo di seicento anni?

    Sembra che anche lì, come in tanti altri Santuari mariani sparsi nel mondo, con una forza di particolare autenticità risuonino queste parole dell’odierna liturgia:
    “Tu splendido onore della nostra gente” (Gdt 15,10), ed anche le altre:
    “Di fronte all’umiliazione della nostra stirpe /... hai sollevato il nostro abbattimento / comportandoti rettamente davanti al nostro Dio” (Gdt 13,20).

    Queste parole risuonano a Fatima così come un’eco particolare delle esperienze non solo della nazione portoghese, ma anche di tante altre nazioni e popoli che si trovano sul globo terrestre: sono anzi l’eco della esperienza di tutta l’umanità contemporanea, di tutta la famiglia umana.

    4. Vengo dunque qui oggi perché proprio in questo giorno dello scorso anno, in piazza san Pietro a Roma, si è verificato l’attentato alla vita del Papa, misteriosamente coinciso con l’anniversario della prima apparizione a Fatima, che ebbe luogo il 13 maggio del 1917.

    Queste date si sono incontrate tra loro in modo tale che mi è parso di riconoscervi una speciale chiamata a venire qui. Ed ecco, oggi sono qui. Sono venuto a ringraziare la Divina Provvidenza in questo luogo che la Madre di Dio sembra avere così particolarmente scelto. “Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti” (Lam 3,22), ripeto ancora una volta con il profeta.

    Sono venuto soprattutto per confessare qui la gloria di Dio stesso:
    “Benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra”, dico con le parole dell’odierna liturgia (Gdt 13,18).

    E verso il Creatore del cielo e della terra alzo anche quello speciale inno di gloria, che è lei stessa, l’Immacolata Madre del Verbo incarnato:
    “Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra...

    Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non cadrà dal cuore degli uomini che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. Dio dia esito felice a questa impresa a tua perenne esaltazione” (Gdt 13,18-20).

    Alla base di questo canto di lode, che la Chiesa eleva con gioia qui come in tanti luoghi della terra, si trova l’incomparabile scelta di una figlia del genere umano come Madre di Dio.

    E dunque sia adorato soprattutto Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo.

    Sia benedetta e venerata Maria, tipo della Chiesa, in quanto “dimora della santissima Trinità”.

    5. Sin dal tempo in cui Gesù, morendo sulla croce, disse a Giovanni: “Ecco la tua Madre”; sin dal tempo in cui “il discepolo la prese nella sua casa”, il mistero della maternità spirituale di Maria ha avuto il suo adempimento nella storia con un’ampiezza senza confini. Maternità vuol dire sollecitudine per la vita del figlio. Ora, se Maria è madre di tutti gli uomini, la sua premura per la vita dell’uomo è di una portata universale. La premura di una madre abbraccia l’uomo intero. La maternità di Maria ha il suo inizio nella sua materna cura per Cristo. In Cristo Ella ha accettato sotto la croce Giovanni e, in lui, ha accettato ogni uomo e tutto l’uomo. Maria tutti abbraccia con una sollecitudine particolare nello Spirito Santo. È infatti lui, come professiamo nel nostro “Credo”, colui che “dà la vita”. È lui che dà la pienezza della vita aperta verso l’eternità.

    La maternità spirituale di Maria è dunque partecipazione alla potenza dello Spirito Santo, di Colui che “dà la vita”. Essa è insieme l’umile servizio di Colei che dice di sé: “Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1,38).

    Alla luce del mistero della maternità spirituale di Maria, cerchiamo di capire lo straordinario messaggio, che cominciò a risuonare nel mondo da Fatima sin dal 13 maggio 1917 e si prolungò per cinque mesi fino al 13 ottobre dello stesso anno.

    6. La Chiesa ha sempre insegnato e continua a proclamare che la rivelazione di Dio è portata a compimento in Gesù Cristo, il quale ne è la pienezza, e che “non è da aspettarsi alcun’altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore” (Dei Verbum, 4). La Chiesa valuta e giudica le rivelazioni private secondo il criterio della loro conformità con tale unica Rivelazione pubblica.

    Se la Chiesa ha accolto il messaggio di Fatima è soprattutto perché esso contiene una verità e una chiamata, che nel loro fondamentale contenuto sono la verità e la chiamata del Vangelo stesso.

    “Convertitevi, (fate penitenza) e credete al Vangelo” (Mc 1,15), sono queste le prime parole del Messia rivolte all’umanità. Il messaggio di Fatima è nel suo nucleo fondamentale la chiamata alla conversione e alla penitenza, come nel Vangelo. Questa chiamata è stata pronunciata all’inizio del XX secolo, e, pertanto, a questo secolo è stata particolarmente rivolta. La Signora del messaggio sembra leggere con una speciale perspicacia i “segni dei tempi”, i segni del nostro tempo.

    L’appello alla penitenza è materno e, al tempo stesso, forte e deciso. La carità che “si compiace della verità” (1Cor 13,6), sa essere schietta e decisa. La chiamata alla penitenza si unisce, come sempre, con la chiamata alla preghiera. Conformemente alla tradizione di molti secoli, la Signora del messaggio di Fatima indica il “Rosario”, che giustamente si può definire “la preghiera di Maria”: la preghiera, nella quale Ella si sente particolarmente unita con noi. Lei stessa prega con noi. Con questa preghiera si abbracciano i problemi della Chiesa, della Sede di san Pietro, i problemi di tutto il mondo. Inoltre, si ricordano i peccatori, perché si convertano e si salvino, e le anime del purgatorio.

    Le parole del messaggio sono state rivolte a fanciulli dai 7 ai 10 anni d’età. I fanciulli, come Bernardetta di Lourdes, sono particolarmente privilegiati in queste apparizioni della Madre di Dio.

    Da qui il fatto che anche il suo linguaggio è semplice, a misura della loro comprensione. I bambini di Fatima sono diventati gli interlocutori della Signora del messaggio ed anche i suoi collaboratori. Una di essi vive ancora.

    7. Quando Gesù disse sulla Croce: “Donna, ecco il tuo figlio” (Gv 19,26) – in modo nuovo aprì il cuore di sua Madre, il Cuore Immacolato, e le rivelò la nuova dimensione dell’amore e la nuova portata dell’amore, al quale era chiamata nello Spirito Santo con la forza del sacrificio della Croce.

    Nelle parole di Fatima ci sembra di ritrovare proprio questa dimensione dell’amore materno, che col suo raggio comprende tutta la strada dell’uomo verso Dio: quella che conduce attraverso la terra, e quella che va, attraverso il purgatorio, oltre la terra. La sollecitudine della Madre del Salvatore è la sollecitudine per l’opera della salvezza: l’opera del suo Figlio. È sollecitudine per la salvezza, per l’eterna salvezza di tutti gli uomini. Mentre si compiono ormai 65 anni da quel 13 maggio 1917, è difficile non scorgere come questo amore salvifico della Madre abbracci nel suo raggio, in modo particolare, il nostro secolo.

    Alla luce dell’amore materno comprendiamo tutto il messaggio della Signora di Fatima. Ciò che più direttamente si oppone al cammino dell’uomo verso Dio è il peccato, il perseverare nel peccato, e, infine, la negazione di Dio. La programmata cancellazione di Dio dal mondo dell’umano pensiero. Il distacco da lui di tutta la terrena attività dell’uomo. Il rifiuto di Dio da parte dell’uomo.

    In realtà l’eterna salvezza dell’uomo è solo in Dio. Il rifiuto di Dio da parte dell’uomo, se diventa definitivo, guida logicamente al rifiuto dell’uomo da parte di Dio (cf. Mt 7,23; 10,33), la dannazione.

    Può la Madre, la quale con tutta la potenza del suo amore, che nutre nello Spirito Santo, desidera la salvezza di ogni uomo, tacere su ciò che mina le basi stesse di questa salvezza? No, non lo può!

    Per questo, il messaggio della Signora di Fatima, così materno, è al tempo stesso così forte e deciso. Sembra severo. È come se parlasse Giovanni Battista sulle sponde del Giordano. Invita alla penitenza. Avverte. Chiama alla preghiera. Raccomanda il Rosario.

    Questo messaggio è rivolto ad ogni uomo. L’amore della Madre del Salvatore arriva dovunque giunge l’opera della salvezza. Oggetto della sua premura sono tutti gli uomini della nostra epoca, ed insieme le società, le nazioni e i popoli. Le società minacciate dalla apostasia, minacciate dalla degradazione morale. Il crollo della moralità porta con sé il crollo delle società.

    8. Cristo disse sulla Croce: “Donna, ecco il tuo figlio”. Con questa parola aprì, in modo nuovo, il Cuore di sua Madre. Poco dopo, la lancia del soldato romano trafisse il costato del Crocifisso.

    Quel Cuore trafitto è diventato il segno della redenzione compiuta mediante la morte dall’Agnello di Dio.

    Il Cuore Immacolato di Maria, aperto dalla parola: “Donna, ecco il tuo figlio”, si incontra spiritualmente col Cuore del Figlio aperto dalla lancia del soldato. Il Cuore di Maria è stato aperto dallo stesso amore per l’uomo e per il mondo, con cui Cristo ha amato l’uomo ed il mondo, offrendo per essi se stesso sulla Croce, fino a quel colpo di lancia del soldato.

    Consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria significa avvicinarci, mediante l’intercessione della Madre, alla stessa Sorgente della Vita, scaturita sul Golgota. Questa Sorgente ininterrottamente zampilla con la redenzione e con la grazia. Continuamente si compie in essa la riparazione per i peccati del mondo. Incessantemente essa è fonte di vita nuova e di santità.

    Consacrare il mondo all’Immacolato Cuore della Madre, significa ritornare sotto la Croce del Figlio. Di più: vuol dire consacrare questo mondo al Cuore trafitto del Salvatore, riportandolo alla fonte stessa della sua Redenzione. La Redenzione è sempre più grande del peccato dell’uomo e del “peccato del mondo”. La potenza della Redenzione supera infinitamente tutta la gamma del male, che è nell’uomo e nel mondo.

    Il Cuore della Madre ne è consapevole, come nessun altro in tutto il cosmo, visibile ed invisibile.

    E per questo chiama.

    Chiama non solo alla conversione, chiama a farci aiutare da lei, Madre, per ritornare alla fonte della Redenzione.

    9. Consacrarsi a Maria significa farsi aiutare da lei ad offrire noi stessi e l’umanità a “Colui che è Santo”, infinitamente Santo; farsi aiutare da lei – ricorrendo al suo Cuore di Madre, aperto sotto la croce all’amore verso ogni uomo, verso il mondo intero – per offrire il mondo, e l’uomo, e l’umanità, e tutte le nazioni, a Colui che è infinitamente Santo. La santità di Dio si è manifestata nella redenzione dell’uomo, del mondo, dell’intera umanità, delle nazioni: redenzione avvenuta mediante il Sacrificio della Croce. “Per loro io consacro me stesso”, aveva detto Gesù (Gv 17,19).

    Con la potenza della redenzione il mondo e l’uomo sono stati consacrati. Sono stati consacrati a Colui che è infinitamente Santo. Sono stati offerti ed affidati all’Amore stesso, all’Amore misericordioso.

    La Madre di Cristo ci chiama e ci invita ad unirci alla Chiesa del Dio vivo in questa consacrazione del mondo, in questo affidamento mediante il quale il mondo, l’umanità, le nazioni, tutti i singoli uomini sono offerti all’Eterno Padre con la potenza della Redenzione di Cristo. Sono offerti nel Cuore del Redentore trafitto sulla Croce.

    La Madre del Redentore ci chiama, ci invita e ci aiuta ad unirci a questa consacrazione, a questo affidamento del mondo. Allora infatti ci troveremo il più vicino possibile al Cuore di Cristo trafitto sulla Croce.

    10. Il contenuto dell’appello della Signora di Fatima è così profondamente radicato nel Vangelo e in tutta la Tradizione, che la Chiesa si sente impegnata da questo messaggio.

    Essa vi ha risposto col Servo di Dio Pio XII (la cui ordinazione episcopale era avvenuta precisamente il 13 maggio 1917), il quale volle consacrare al Cuore Immacolato di Maria il genere umano e specialmente i popoli della Russia. Con quella consacrazione egli non ha soddisfatto forse all’evangelica eloquenza dell’appello di Fatima?

    Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium e nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, ha illustrato ampiamente le ragioni del legame che unisce la Chiesa con il mondo di oggi. Al tempo stesso, il suo insegnamento sulla particolare presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, è maturato nell’atto con cui Paolo VI, chiamando Maria anche “Madre” della Chiesa, ha indicato in modo più profondo il carattere della sua unione con la Chiesa, e della sua sollecitudine per il mondo, per l’umanità, per ogni uomo, per tutte le nazioni: la sua maternità.

    In questo modo si è approfondita ancora di più la comprensione del senso della consacrazione, che la Chiesa è chiamata a fare ricorrendo all’aiuto del Cuore della Madre di Cristo e Madre nostra.

    11. Con che cosa si presenta, oggi, davanti alla Genitrice del Figlio di Dio, nel suo Santuario di Fatima, Giovanni Paolo II, successore di Pietro, prosecutore dell’opera di Pio, di Giovanni, di Paolo, e particolare erede del Concilio Vaticano II?

    Si presenta, rileggendo con trepidazione quella chiamata materna alla penitenza, alla conversione: quell’appello ardente del Cuore di Maria risuonato a Fatima 65 anni fa. Sì, lo rilegge con la trepidazione nel cuore, perché vede quanti uomini e quante società, quanti cristiani, siano andati nella direzione opposta a quella indicata dal messaggio di Fatima. Il peccato ha guadagnato un così forte diritto di cittadinanza nel mondo e la negazione di Dio si è così ampiamente diffusa nelle ideologie, nelle concezioni e nei programmi umani!

    Ma proprio per questo, l’invito evangelico alla penitenza e alla conversione, pronunciato con le parole della Madre, è sempre attuale. Ancora più attuale di 65 anni fa. E ancor più urgente. Perciò esso diventa l’argomento del prossimo Sinodo dei Vescovi, nell’anno venturo, Sinodo al quale già ci stiamo preparando.

    Il successore di Pietro si presenta qui anche come testimone delle immense sofferenze dell’uomo, come testimone delle minacce quasi apocalittiche, che incombono sulle nazioni e sull’umanità.

    Queste sofferenze egli cerca di abbracciare col proprio debole cuore umano, mentre si pone di fronte al mistero del Cuore della Madre, del Cuore Immacolato di Maria.

    Nel nome di queste sofferenze, con la consapevolezza del male che dilaga nel mondo e minaccia l’uomo, le nazioni, l’umanità, il successore di Pietro si presenta qui con una fede più grande nella redenzione del mondo, in questo Amore salvifico che è sempre più forte, sempre più potente di ogni male.

    Se dunque il cuore si stringe per il senso del peccato del mondo e per la gamma delle minacce, che si addensano sull’umanità, questo stesso cuore umano si dilata nella speranza col compiere ancora una volta ciò che hanno già fatto i miei predecessori: consacrare cioè il mondo al Cuore della Madre, consacrargli specialmente quei popoli, che ne hanno particolarmente bisogno. Questo atto vuol dire consacrare il mondo a Colui che è infinita Santità. Questa Santità significa redenzione, significa amore più potente del male.

    Mai nessun “peccato del mondo” può superare questo Amore.

    Ancora una volta. Infatti l’appello di Maria non è per una volta sola. Esso è aperto alle sempre nuove generazioni, secondo i sempre nuovi “segni dei tempi”. Si deve incessantemente ad esso ritornare. Riprenderlo sempre di nuovo.

    12. Scrisse l’Autore dell’Apocalisse:
    “Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo, ed egli sarà il Dio-con-loro"” (Ap 21,2ss).

    Di tale fede vive la Chiesa.

    Con tale fede cammina il Popolo di Dio.

    “La dimora di Dio con gli uomini” è già sulla terra.

    E in essa è il Cuore della Sposa e della Madre, Maria, ornato con il gioiello dell’immacolata concezione: il Cuore della Sposa e della Madre aperto sotto la Croce dalla parola del Figlio ad un nuovo grande amore dell’uomo e del mondo; il Cuore della Sposa e della Madre consapevole di tutte le sofferenze degli uomini e delle società di questa terra.

    Il Popolo di Dio è pellegrino sulle strade di questo mondo nella direzione escatologica. Compie il pellegrinaggio verso l’eterna Gerusalemme, verso la “dimora di Dio con gli uomini”.

    Là, Dio “tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (cf. Ap 21,4).

    Ma ora “le cose di prima” durano ancora. Proprio esse costituiscono lo spazio temporale del nostro pellegrinaggio.

    Perciò guardiamo verso “Colui che siede sul trono, che dice: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"” (cf. Ap 21,5).

    Ed insieme all’evangelista ed apostolo cerchiamo di vedere con gli occhi della fede “il cielo e la terra nuovi” perché il cielo di prima e la terra di prima sono già passati...

    Ma finora “il cielo di prima e la terra di prima” perdurano intorno a noi e dentro di noi. Non possiamo ignorarlo. Questo ci consente però di riconoscere quale immensa grazia è stata concessa all’uomo quando, in mezzo a questo peregrinare, sull’orizzonte della fede dei nostri tempi si è acceso questo “Segno grandioso: una Donna” (Ap 12,1)!

    Sì, veramente possiamo ripetere: “Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra!

    ... comportandoti rettamente, davanti al nostro Dio,
    ... hai sollevato il nostro abbattimento”.

    Veramente! Sei benedetta!

    Sì, qui e in tutta la Chiesa, nel cuore di ogni uomo e nel mondo intero: sii benedetta o Maria, Madre nostra dolcissima!

  2. #22
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    GIOVANNI PAOLO II

    PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO

    INCONTRO CON MONSIGNOR ALBERTO COSME DO AMARAL,
    VESCOVO DI LEIRIA

    Cappella delle Apparizioni a Fatima


    Mercoledì, 12 maggio 1982

    Signor Vescovo di Leiria, Monsignor Alberto Cosme do Amaral,
    signori Cardinali, Arcivescovi e Vescovi,
    miei amati fratelli e sorelle.

    1. Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!

    E sua Madre, Maria santissima!

    Sì, con lei e per lei irrompe in questo momento dal mio cuore la supplica tante volte qui pregata e cantata: “Mio Dio, io credo, adoro, spero e amo voi!”.

    Questo mio primo pensiero di adorazione, manifestato in questa terra benedetta di Fatima, è rivolto alla santissima Trinità: Benedetto sia Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con cui ci ha amato! In effetti, creati nel suo Verbo, il Figlio, riconciliati per mezzo del sangue dello stesso Figlio, divenuti sua famiglia, edificati sopra il fondamento degli apostoli nella costruzione (della Chiesa), per diventare, per mezzo dello Spirito Santo, dimora di Dio (cf. Ef 2, 4ss) dobbiamo ripetere senza tregua: “Mio Dio, io credo, adoro, spero e amo voi!”.

    Ave Maria!

    Benedetta siete voi, e benedetto il frutto del vostro ventre, Gesù! Ave, piena di grazia, Madre di Dio e Madre nostra! Nel compimento della vostra profezia, o Signora, qui, entrando in questa vostra dimora di Fatima, e salutandovi, Madre adorata, permettetemi di usare le parole che ci avete insegnato, per proclamare davanti ai fratelli:

    “L’anima mia magnifica il Signore / e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore” (Lc 1, 46)!

    2. E ora, fratelli e sorelle tutti che mi ascoltate: io vi saluto cordialmente, con tutto l’affetto vi do un fraterno abbraccio di pace e confesso a voi la mia grande gioia per questo incontro, in questo luogo e insieme a voi; e in questa gioia desideravo che vedeste tutta la gratitudine che mi riempie l’animo, gratitudine che mi ha portato qui, per condividere con voi non solo il Vangelo di Dio, ma la stessa vita (cf. 1 Ts 2, 8).

    Sì, è con l’animo che trabocca di questi sentimenti - i vostri stessi sentimenti, d’altronde - che vi ringrazio. Grazie, signor Vescovo di Leiria, per aver manifestato questi sentimenti con le delicate parole di saluto e con i ripetuti inviti che mi avete rivolto affinché io visitassi questo Santuario di Fatima; grazie a tutti, per la calorosa e gradita accoglienza che mi avete riservato!

    3. Gratitudine, comunione, vita! In queste tre parole è contenuta la spiegazione della mia presenza qui in questo giorno; e se mi consentite, anche della vostra presenza. Qui tocco il punto culminante del mio viaggio in Portogallo. Desidero farvi una confidenza:

    Era già molto tempo che avevo intenzione di venire a Fatima, secondo quanto ho già avuto occasione di dire al mio arrivo a Lisbona; ma, da quando avvenne il noto attentato nella Piazza di san Pietro, un anno fa, al riprendere conoscenza, il mio pensiero si rivolse immediatamente a questo Santuario, per deporre nel cuore della Madre celeste il mio ringraziamento per avermi salvato dal pericolo. Ho visto in tutto ciò che stava succedendo - non mi stanco di ripeterlo - una speciale protezione materna della Madonna. E nella coincidenza - non ci sono semplici coincidenze nei disegni della divina Provvidenza - ho visto anche un appello e, chissà, un richiamo all’attenzione verso il messaggio che da qui partì, 65 anni orsono, tramite tre fanciulli, figli di umile gente di campagna, i pastorelli di Fatima, come sono universalmente conosciuti.

    4. E sono qui con voi, pellegrino tra pellegrini, in questa assemblea della Chiesa pellegrina, della Chiesa viva, santa e peccatrice, per “Lodare il Signore, perché è eterna la sua misericordia” (Sal 135,1); personalmente, per cantare questa misericordia, perché fu “grazie al Signore che io non fui annientato; sì, la sua misericordia non ebbe fine” (Lam 3, 22). Desidero ripetere oggi, ancora una volta, davanti a voi, amati fratelli e sorelle, queste parole che ho detto nella prima udienza dopo l’attentato, (7 ottobre 1981); esse esprimono un’eco di ciò che accadde quel giorno 13 maggio dell’anno scorso; esprimono gratitudine all’Altissimo, alla Madonna nostra Madre, ai santi protettori e a tutti coloro che, direttamente o indirettamente, hanno contribuito a salvarmi la vita e mi hanno aiutato a recuperare la salute.

    Fu “grazie al Signore che io non fui annientato”: l’ho detto per la prima volta in occasione della festa della Vergine del Rosario; lo ripeto oggi, a Fatima, che tanto ci parla del Rosario - della recita della terza parte del Rosario - come dicevano i pastorelli. Il Rosario, la sua terza parte, è e rimarrà sempre una preghiera di riconoscenza, di amore e di supplica fiduciosa: la preghiera della Madre della Chiesa!

    5. Sono venuto in pellegrinaggio a Fatima, come la maggior parte di voi, amati pellegrini, con la corona in mano, il nome di Maria sulle labbra e il cantico della misericordia di Dio nel cuore: egli anche “a me ha fatto grandi cose . . . La sua misericordia si estende di generazione in generazione” (Lc 1, 49-50).

    Preparando questo mio incontro con voi, ho potuto ben saggiare l’antica e radicata devozione alla Madonna tra di voi. Essa si manifesta chiaramente non solo nelle grandi manifestazioni di fede o nei grandi momenti della storia dell’amato popolo portoghese, ma anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni e nelle abitudini delle persone, delle famiglie, delle comunità, in modo da impregnarne tutta la sua cultura. Nel corso dei secoli, e potremmo forse dire, sempre tra la gente semplice e umile, nel ceppo ancestrale del Portogallo, una valida interpretazione della sua vasta cultura, lingua e abitudini di vita si è espressa tramite la religione e la vita cristiana. In un certo senso, la vita era incentrata e organizzata attorno agli avvenimenti religiosi; e qui, sempre in primo piano, la figura della Madonna. È stato motivo di gioia per me raccogliere tali informazioni. E ora è una gioia ancora maggiore verificare con i miei stessi occhi questa vostra convergente devozione alla Madre di Dio.

    Siate leali con voi stessi, curate la vostra eredità di fede, di valori spirituali e di onestà di vita, che avete ricevuto dai vostri antenati, alla luce e con le benedizioni di Maria santissima; è un’eredità ricca e buona. E volete che vi insegni un “segreto” per conservarla? È semplice, e non è più un segreto: “pregate, pregate molto: pregate dicendo la corona tutti i giorni”.

    6. Gratitudine, comunione e vita: sono i sentimenti che ci affratellano, pellegrini qui “riuniti nello stesso luogo”, noi che formiamo l’attuale generazione della Chiesa, per cui la Pentecoste è già avvenuta; riuniti “con Maria, Madre di Gesù”, desideriamo qui confermare la nostra assiduità all’“insegnamento degli apostoli, all’unione fraterna, alla frazione del pane e alle preghiere” (cf. At 2, 42).

    Siamo venuti “in spirito di preghiera e penitenza” a questo luogo già onorato dalla presenza del mio predecessore Paolo VI, di venerata memoria, sempre viva e gradita nel nostro ricordo; luogo santificato dalle preghiere e sacrifici di generazioni di pellegrini a Fatima. E in sintonia di sentimenti, nella sintonia della carità, veniamo soprattutto a ringraziare e a implorare la misericordia divina, senza cessare di elevare le nostre suppliche per chiedere fedeltà a Dio e fedeltà in Cristo agli uomini nostri fratelli, a chiedere la pace e l’amore, nel seno della Chiesa tra coloro che si professano cristiani e in tutta la famiglia umana.

    Nella festosa attesa di concretizzare tutto ciò completamente nella santa Messa di domani, viviamo in pieno sin da ora, nell’Eucaristia, questo nostro pellegrinaggio, offrendoci a Dio, tramite il Cuore Immacolato di Maria, in azione di grazie e in disponibilità; offriamo i nostri sacrifici in unione con Cristo redentore e, con l’animo in preghiera di espiazione e propiziazione, ripetiamo: Signore “Gesù, è per il vostro amore, in riparazione dei peccati e per la conversione dei peccatori” (terza apparizione - luglio 1917).

    Voglia Dio che domani, di ritorno dal nostro pellegrinaggio, dopo queste ore di intimità con Cristo, con il “Padre che è nei cieli” e con Maria nostra Madre, vivificati dallo Spirito Santo “riversato nei nostri cuori” (cf. Rm 5, 5), possiamo partire con gioia “lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo” (cf. At 2, 47): di coloro che non sono potuti venire e di coloro che non sono voluti venire, ai quali va ugualmente la nostra simpatia, la nostra proposta di amore e la certezza delle nostre preghiere.

    7. Certamente sapete che fin dalla mia gioventù coltivo la pratica cristiana del pellegrinaggio: e nei miei viaggi apostolici come successore di Pietro - dal Messico alla Guinea Equatoriale - le visite, come pellegrino, a Santuari Mariani sono stati, dal punto di vista personale, alcuni tra i momenti più alti dei miei incontri con il Popolo di Dio sparso sulla terra, e con gli uomini nostri fratelli nella grande famiglia umana. Ed è sempre con emozione, la stessa emozione della prima volta, che depongo nelle mani di Maria santissima tutto ciò che di bene posso aver fatto o andrò ancora a fare al servizio della santa Chiesa.

    In questa ora, qui nel Santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: “totus tuus”, tutto tuo, o Madre! Chiedo che mi offriate, me e tutti questi fratelli, nascondendo e coprendo la nostra povertà con i vostri meriti e quelli del vostro divin Figlio, al “Padre della misericordia”, in omaggio di gratitudine. E che siamo accettati, benedetti e rafforzati nei nostri buoni propositi, che vogliamo legare come un ideale serto di fiori, con un nastro “tessuto e indorato” per voi, o Madre: fare “tutto ciò che egli (Cristo) ci dirà” (Gv 2, 4).

    Dateci la vostra benedizione, Signora, nostra amatissima Madre!

  3. #23
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    GIOVANNI PAOLO II

    LETTERA

    A MONSIGNOR ALBERTO COSME DO AMARAL,

    VESCOVO DI LEIRIA


    Al Venerabile Fratello Alberto Cosme do Amaral,
    Vescovo di Leiria.

    1. Di molto buon grado vi do assicurazione della mia partecipazione spirituale al pellegrinaggio del prossimo 13 maggio a Fatima. Non è senza emozione che rivivo le ore passate, un anno fa, pellegrino fra i pellegrini; ed è con l’anima in festa che, spiritualmente, ritorno a questo luogo benedetto come figlio che si rallegra ad andare a “questa casa dove si avverte una presenza molto particolare della Madre” di Dio e Madre di tutti gli uomini quale è il Santuario di Fatima. E così, fratello tra i fratelli, nell’incontro nella “Casa” della Madre celeste, mi prefiguro di sentire la calorosa simpatia dei pellegrini e la stima fraterna dei fedeli, come accadde l’anno scorso; e alla loro voce, unisco sin d’ora la mia voce, per benedire, nella continuità delle “generazioni”, con Maria e in Maria santissima, e esaltare le meraviglie che in lei operò l’Onnipotente. Come è bello e gioioso che molti fratelli vivano assieme! A voi tutti, “la mia anima glorifica il Signore” (cf. Sal 133, 1; Lc 1, 46).

    In questo incontro spirituale, nella Chiesa, il mio pensiero, più che mai - certamente, coi desideri di tutti - va alla Santissima Trinità per salutare e venerare Nostra Signora, Madre di Dio, la quale “a causa della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo”, secondo le parole di sant’Ambrogio, “è il tipo e la figura della Chiesa, che ha la sua origine nell’amore del Padre eterno, fondata nel tempo da Cristo Redentore e ha unità nello Spirito Santo (cf. Gaudium et Spes, 40): benedetto sia Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo!

    E la mia adorazione all’Altissimo, con Maria, assieme agli amati pellegrini di Fatima, si unisce in un’azione di grazie, che desidererei continuasse a essere, con tutti, comunione e vita: il rosario in mano, il dolce nome della Madre sulle labbra e il cantico di Amore - Misericordia del Signore - nel cuore. “Esulta il mio spirito in Dio, mio Salvatore” (Lc 1, 47). La data del 13 maggio, per me, rimarrà sempre evocativa di una speciale protezione materna di Nostra Signora, di un debito di gratitudine, che i fatti posteriormente accaduti non hanno che aumentato; ma “grazie al Signore . . . che non ha esaurito la sua misericordia” (cf. Lam 3, 2), continuo a ripetere, con Maria e per Maria santissima.

    2. Oggi, come un anno fa, il successore di Pietro si sente cosciente dell’eredità ricevuta dal Concilio Vaticano II: la vita della Chiesa presente nel mondo e la luce di verità e del richiamo che racchiude il Messaggio di Fatima, nel suo nucleo fondamentale - penitenza e preghiera - verità e chiamata del Vangelo, il Papa si sente cosciente delle alternative vissute, non solo dalla Nazione portoghese, ma da tutta la famiglia umana; e al suo spirito affiorano soprattutto quelle esperienze vissute, che continuano a risultare dal fatto che intere società, di molti uomini e numerosi cristiani, scelgono il cammino in una “direzione opposta da quella indicata dal Messaggio”. E per questo, afflitto per tutto quello che nel mondo, nella Chiesa e nei cristiani si oppone alla santità e alla consacrazione, il Papa sente la necessità di continuare a offrire riparazione per il mondo contemporaneo che non smette di essere scosso dalle lotte fra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, e segnato dalle sinistre ombre del peccato, o ancora peggio, dalla mancanza del sentimento di peccato.

    Ma animato dalla speranza che poggia sulla grande certezza di Cristo morto e risorto, il Cristo pasquale, che è l’incarnazione definitiva e segno vivo della Misericordia, di quell’Amore che si dimostra perennemente più forte del peccato (cf. Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia, 8), la mia preghiera - e, sono certo, unita alla preghiera dei pellegrini di Fatima - continua nella supplica confidente a questa fonte di vita da cui provengono, senza interruzione, la redenzione e la grazia, sempre più forti del male. E unendomi al nostro Redentore, Gesù Cristo, e alla sua Consacrazione per il mondo e per gli uomini, solo nel suo Cuore divino la nostra espiazione si riveste del potere di raggiungere il perdono e arrivare alla riparazione e alla riconciliazione, invito tutti a pregare con il Papa e - mi sia permesso - anche per il Papa.

    3. O clemente, o pietosa, o dolce sempre Vergine Maria, che Cristo Signore dall’alto della Croce ci volle dare come Madre, per l’intercessione dell’apostolo Giovanni: noi sappiamo che da questo momento, cominciò ad attuarsi nella storia il mistero della vostra maternità spirituale, per tutti gli uomini, e con affetto, come quello di una qualsiasi madre, ad abbracciare l’uomo tutto; in più, dalla somiglianza con Gesù, il fratello universale, siamo buoni fratelli di tutti gli uomini e dell’uomo tutto, nella famiglia umana, nella famiglia dei figli di Dio, nella Chiesa, mediante una costante riconciliazione.

    Così, la Madre di Cristo e Madre nostra, ha accolto il nostro grido, si è fatta carico della sofferenza di tutti gli uomini e delle società intere! Che si manifesti, ancora una volta, nella storia del mondo, la forza dell’Amore misericordioso! Che egli trattenga il male! Che egli trasformi le coscienze! Che egli faccia risplendere per tutti gli uomini, nel vostro Cuore immacolato, la luce della speranza! (cf. Giovanni Paolo II, Actus consecrationis totius mundi ad Beatam Mariam Virginem, 13 maggio 1982: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/2 [1982] 1586 ss.).

    Madre della Chiesa, che questa manifestazione di Amore misericordioso sia propiziata dal Giubileo straordinario di questo Anno Santo, che il successore di Pietro continui ad offrire, in nome della Chiesa, Colui il quale è lo stesso ieri, oggi e sempre, Gesù Cristo, il Figlio di Dio vivo, che “nella pienezza dei tempi”, per opera dello Spirito Santo, e di voi, Vergine Maria, ha assunto un corpo umano per essere, mediante la propria Morte e Risurrezione, il Redentore dell’uomo (cf. Giovanni Paolo II, Oratio in aperitione Anni Sancti Redemptionis, 25 marzo 1983).

    Madre dolcissima della nostra speranza, noi sappiamo che offrire l’Anno Santo è appello all’offerta dei nostri cuori, con umiltà e contrizione, in un’attitudine di vera consacrazione, a somiglianza di Cristo (cf. Gv 17, 19); per questo con la devozione più sincera e affetto filiale, coscienti che ciò implica una decisa promessa di fedeltà a Dio e al suo comandamento di salvezza che è la Chiesa, noi confidiamo nella propria consacrazione in favore degli uomini e del mondo, unita a quella del Nostro Redentore e al Vostro Cuore Immacolato: “Custodiscici e difendici come fossimo cosa tua”!

    Avvocata nostra purissima, assieme all’Amore misericordioso, rivesti dei tuoi meriti le nostre suppliche, con le quali vogliamo implorarti: l’armonia interna nella Chiesa; la pace nel mondo e la pace di Cristo risorto nei cuori; la ricomposizione dell’unità in tutti quelli che si professano cristiani; l’esito e l’incremento della grazia per l’attività missionaria della Chiesa e il conforto per tutti i missionari; la clemenza e la consolazione per tutti coloro che soffrono, a causa della miseria, dei cataclismi, della violenza e di tutte le conseguenze del “peccato del mondo”, in tutti i popoli, Nazioni e regioni della terra.

    4. Santa Maria, Vergine Immacolata e nostra Madre celeste, il successore di san Pietro allarga il proprio sguardo oltre i pellegrini di Fatima e rivede, con grande stima, tutti i portoghesi che ha incontrato nella sua visita pastorale; e con tutti, e per tutti implora: che sappiano mantenersi degni dei loro antenati, di coloro i quali da “Nossa Sehora” da Oliveira a Alcobaça, a Batalha, a Belém, a Vila Viçosa, a Sameiro . . . fino a Fatima, hanno lasciato, nei cuori più che nelle pietre, segni immortali della devozione, della devozione mariana, che continuano ad essere impegno e appello costante per i figli del Portogallo di oggi e per l’intera Nazione: all’avvertenza della responsabilità e alla coerenza con la propria identità di detentori del glorioso patrimonio cristiano e missionario di fronte al Signore della storia, Signore anche della storia della Nazione “fedelissima”.

    Nostra Signora di Fatima: in questo pellegrinaggio i miei fratelli Vescovi portoghesi stanno rinnovando l’Atto di consacrazione, riferito a questa Nazione, che in quel luogo ho fatto l’anno scorso: che tutti i figli del Portogallo sappiano mantenere e coltivare con dignità questa consacrazione: nell’accoglienza dei propri cuori, nell’intimità delle loro case e delle famiglie, negli ambienti di lavoro e di convivenza: nelle scuole e nelle università, negli uffici e nei reparti, nelle fabbriche e nelle officine, nei campi e nelle città, nei locali di incontro, di divertimento, di riposo, nella vita privata e in quella pubblica, nella partecipazione sociale e politica; infine, in ogni luogo e sempre, vivere tale consacrazione, iniziata nel Battesimo, che ci ha fatti ritornare in Cristo figli di Dio e, per Cristo, tutti chiama ad essere evangelizzatori della Buona Novella della Redenzione.

    5. E dopo essermi così rivolto alla Madre, in questa sua “casa” che è il Santuario di Fatima, mi dirigo ai diletti pellegrini perché ciascuno di essi voglia aprire il proprio cuore a Nostra Signora, “riceverla nella propria casa”, all’interno dei propri problemi o preoccupazioni e che da questo incontro ritornino riconfortati, purificati dal peccato e con un cuore più libero, con una rinnovata buona volontà, più ferma e più costante, per camminare sempre nella direzione di Dio, indicata dal Messaggio di Fatima, perseguendo l’obiettivo evangelico dell’Anno Santo: “Convertitevi e credete nel Vangelo” (Mc 1, 15).

    Sta in ciò la risposta all’appello, con tutta la sua attualità, lanciato al mondo dalla “Signora del Messaggio”, sessantasei anni fa, in Fatima. Che questo Messaggio interpelli e arrivi ad accogliere la grazia del Giubileo, ad aprire le porte a Cristo, Redentore dell’uomo!

    A confermare questi voti, e a salutare col Signor Vescovo di Leiria i cari pellegrini di Fatima, voglio benedire tutti; e, attraverso essi, le loro famiglie, le loro Comunità e le loro terre, con un pensiero molto particolare al bambini, ai giovani, agli ammalati e agli anziani. E mi sia permesso salutare in un modo speciale, con stima fraterna, i Signori Cardinali e Vescovi, salutare cordialmente i sacerdoti e i seminaristi, i religiosi e le religiose; salutare anche le autorità presenti e salutare anche i pellegrini provenienti da altre Nazioni. Per tutti imploro, per la celeste intercessione di Nostra Signora di Fatima, la protezione e le grazie di Dio onnipotente e misericordioso, con un’ampia benedizione apostolica.

    Dal Vaticano, 16 aprile 1983.

    GIOVANNI PAOLO PP. II

  4. #24
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    GIOVANNI PAOLO II

    ANNO SANTO DELLA REDENZIONE

    LETTERA PONTIFICIA DI GIOVANNI PAOLO II
    AI VESCOVI NELLA SOLENNITÀ DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE


    Cari fratelli nel ministero episcopale.

    Il 25 marzo 1983 abbiamo iniziato il Giubileo straordinario della Redenzione. Vi ringrazio ancora una volta per esservi uniti a me nell’inaugurare, in quello stesso giorno, l’Anno della Redenzione nelle vostre diocesi. La solennità dell’Annunciazione, che ricorda nel corso dell’anno liturgico l’inizio dell’opera della Redenzione nella storia dell’umanità, è apparsa particolarmente adatta per tale inaugurazione.

    Questo inizio è collegato con l’Avvento; e tutto l’attuale Anno della Redenzione ha in un certo senso il carattere di avvento, dato che si avvicina l’anno duemila dalla nascita di Cristo. Viviamo questa attesa del compiersi del secondo millennio dell’era cristiana, condividendo le esperienze difficili e dolorose dei popoli, anzi dell’umanità intera nel mondo contemporaneo.

    Da queste esperienze nasce un bisogno particolare, in un certo senso un imperativo interiore, di richiamarci con rinnovata intensità di fede proprio alla Redenzione di Cristo, alla sua inesauribile potenza salvifica. “È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo . . . affidando a noi la parola della riconciliazione” (2 Cor 5, 19). Il Sinodo dei Vescovi, svoltosi nello scorso mese di ottobre, ha richiamato la nostra attenzione nella stessa direzione.

    Nel presente giorno, solennità dell’Immacolata Concezione, la Chiesa medita la potenza salvifica della Redenzione di Cristo nel concepimento della donna, destinata ad essere la madre del Redentore. V’è in questo un ulteriore stimolo perché, nel contesto del Giubileo, dinanzi alle minacce per l’umanità contemporanea che hanno le loro radici nel peccato, si faccia un più intenso appello alla potenza della Redenzione. Se la via al superamento del peccato passa attraverso la conversione, allora l’inizio di questa via come anche il successivo suo percorso non possono essere che nella professione dell’infinita potenza salvifica della Redenzione.

    Cari fratelli miei!

    Nel contesto dell’Anno Santo della Redenzione, desidero professare questa potenza insieme con voi e con la Chiesa intera. Desidero professarla mediante l’Immacolato Cuore della genitrice di Dio, che in misura particolarissima ha sperimentato questa potenza salvifica. Le parole dell’Atto di consacrazione e di affidamento, che allego, corrispondono, con piccoli cambiamenti, a quelle che pronunciai a Fatima il giorno 13 maggio 1982. Non posso sottrarmi alla convinzione che il ripetere questo Atto nel corso dell’Anno Giubilare della Redenzione corrisponda alle aspettative di molti cuori umani, desiderosi di rinnovare alla Vergine Maria la testimonianza della loro devozione e di confidarle le afflizioni per i molteplici mali del presente, i timori per le minacce che incombono sull’avvenire, le preoccupazioni per la pace e la giustizia nelle singole nazioni e nel mondo intero.

    La data più conveniente per questa comune testimonianza sembra essere la solennità dell’Annunciazione del Signore nel corso della Quaresima del 1984. Sarò grato se in tale giorno (il 24 marzo, a cui è anticipata liturgicamente la solennità mariana, oppure il 25 marzo, terza domenica di Quaresima), vorrete rinnovare questo Atto insieme con me, scegliendo il modo che ognuno di voi riterrà più adatto.

    In caritate fraterna.

    Dal Vaticano, 8 dicembre 1983.

    IOANNES PAULUS PP. II

    -----------------------------------------------------------------------------

    L’ATTO DI AFFIDAMENTO

    1. “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa madre di Dio”!

    Pronunciando le parole di questa antifonia, con la quale la Chiesa di Cristo prega da secoli, ci troviamo oggi dinanzi a te, Madre, nell’Anno Giubilare della nostra Redenzione.

    Ci troviamo uniti con tutti i pastori della Chiesa, in un particolare vincolo, costituendo un corpo e un collegio, così come per volontà di Cristo gli apostoli costituivano un corpo e un collegio con Pietro.

    Nel vincolo di tale unità, pronunziando le parole del presente Atto, in cui desideriamo racchiudere, ancora una volta, le speranze e le angosce della Chiesa per il mondo contemporaneo.

    Quaranta anni fa, e poi ancora dieci anni dopo, il tuo servo, il papa Pio XII, avendo davanti agli occhi le dolorose esperienze della famiglia, ha affidato e consacrato al tuo Cuore Immacolato tutto il mondo e specialmente i popoli, che per la loro situazione sono particolare oggetto del tuo amore e della tua sollecitudine.

    Questo mondo degli uomini e delle nazioni abbiamo davanti agli occhi anche oggi: il mondo del secondo millennio che sta per terminare, il mondo contemporaneo, il nostro mondo!

    La Chiesa, memore delle parole del Signore: “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni . . . Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20), ha ravvivato, nel Concilio Vaticano II, la coscienza della sua missione in questo mondo.

    E perciò, o Madre degli uomini e dei popoli, tu che conosci tutte le loro sofferenze e le loro speranze, tu che senti maternamente tutte le lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al tuo cuore: abbraccia, con amore di Madre e di Serva del Signore, questo nostro mondo umano; che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte terrena ed eterna degli uomini e dei popoli.

    In modo speciale ti affidiamo e consacriamo quegli uomini e quelle nazioni, che di questo affidamento e di questa consacrazione hanno particolarmente bisogno.

    “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio”! Non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova!

    2. Ecco, trovandoci davanti a te, Madre di Cristo, dinanzi al tuo Cuore Immacolato, desideriamo, insieme con tutta la Chiesa, unirci alla consacrazione che, per amore nostro, il Figlio tuo ha fatto di se stesso al Padre: “Per loro - egli ha detto - io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella verità” (Gv 17, 19). Vogliamo unirci al nostro Redentore in questa consacrazione per il mondo e per gli uomini, la quale, nel suo cuore divino, ha la potenza di ottenere il perdono e di procurare la riparazione.

    La potenza di questa consacrazione dura per tutti i tempi e abbraccia tutti gli uomini, i popoli e le nazioni, e supera ogni male, che lo spirito delle tenebre è capace di ridestare nel cuore dell’uomo e nella sua storia e che, di fatto, ha ridestato nei nostri tempi.

    Oh, quanto profondamente sentiamo il bisogno di consacrazione per l’umanità e per il mondo: per il nostro mondo contemporaneo, in unione con Cristo stesso! L’opera redentrice di Cristo, infatti, deve essere partecipata dal mondo per mezzo della Chiesa.

    Lo manifesta il presente Anno della Redenzione: il Giubileo straordinario di tutta la Chiesa.

    Sii benedetta, in questo Anno Santo, sopra ogni creatura tu, serva del Signore, che nel modo più pieno obbedisti alla divina chiamata!

    Sii salutata tu, che sei interamente unita alla consacrazione redentrice del tuo Figlio!

    Madre della Chiesa! Illumina il popolo di Dio sulle vie della fede, della speranza e della carità! Aiutaci a vivere nella verità della consacrazione di Cristo per l’intera famiglia umana del mondo contemporaneo.

    3. AffidandoTi, o Madre, il mondo, tutti gli uomini e tutti i popoli, Ti affidiamo anche la stessa consacrazione del mondo, mettendola nel tuo cuore materno.

    Oh, Cuore Immacolato! Aiutaci a vincere la minaccia del male, che così facilmente si radica nei cuori degli uomini d’oggi e che nei suoi effetti incommensurabili già grava sulla vita presente e sembra chiudere le vie verso il futuro!

    Dalla fame e dalla guerra, liberaci!

    Dalla guerra nucleare, da un’autodistruzione incalcolabile, da ogni genere di guerra, liberaci!

    Dai peccati contro la vita dell’uomo sin dai suoi albori, liberaci!

    Dall’odio e dall’avvilimento della dignità dei figli di Dio, liberaci!

    Da ogni genere d’ingiustizia nella vita sociale, nazionale e internazionale, liberaci!

    Dalla facilità di calpestare i comandamenti di Dio, liberaci!

    Dal tentativo di offuscare nei cuori umani la verità stessa di Dio, liberaci!

    Dallo smarrimento della coscienza del bene e del male, liberaci!

    Dai peccati contro lo Spirito Santo, liberaci! liberaci!

    Accogli, o Madre di Cristo, questo grido carico della sofferenza di tutti gli uomini! Carico della sofferenza di intere società!

    Aiutaci con la potenza dello Spirito Santo a vincere ogni peccato: il peccato dell’uomo e il “peccato del mondo”, il peccato in ogni sua manifestazione.

    Si riveli, ancora una volta, nella storia del mondo l’infinita potenza salvifica della Redenzione: potenza dell’Amore misericordioso! Che esso arresti il male! Trasformi le coscienze! Nel tuo Cuore Immacolato si sveli per tutti la luce della sua Speranza!

    Solennità dell’Annunciazione 1984.

    IOANNES PAULUS PP. II

  5. #25
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    GIOVANNI PAOLO II

    PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO

    DISCORSO DURANTE LA VEGLIA MARIANA NEL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DI FATIMA


    Domenica, 12 maggio 1991

    Senhor Bispo de Leiria-Fátima, Dom Alberto,
    Senhores Cardeais, Arcebispos e Bispos,
    Amados irmãos e irmãs, peregrinos de Nossa Senhora de Fátima!

    Sentimo-nos bem aqui neste Solar de Maria... Esta multidão inumerável de peregrinos com as velas da fé acesas e o terço nas mãos confirma-me que cheguei a Fátima, ao Santuário da Mãe de Deus e dos homens. Senhor Dom Alberto, ao pastorear esta diocese abençoada, cabe-lhe fazer as honras da casa. Muito obrigado pela sua cordial saudação de Boas Vindas. Venho ajoelhar-me mais uma vez aos pés de Nossa Senhora de Fátima, agradecer-lhe o Seu desvelo sobre os caminhos dos homens e das Nações e as maravilhas e bênçãos do Todo-Poderoso realizadas n’Ela, a Omnipotência suplicante. Viva sempre em vossos corações Jesus Cristo qual facho luminoso a indicar o caminho da Terra Prometida!

    1. “Salve, ó Mãe Santa: Vós destes à luz o Rei que governa o céu e a terra pelos séculos sem fim! (Sollemnitas Matris Dei: “Ant. ad Introitum”)".

    Naquele memorável dia 25 de Março de 1984, Vós, ó Mãe Santa, dignastes-vos fazer-nos a graça da Vossa Visita a nossa Casa, a Basílica de São Pedro, para quase visivelmente depormos no Vosso Coração Imaculado o nosso Acto de consagração do mundo, da grande família humana, de todos os povos.

    Hoje, com esta multidão de irmãos, vim junto do Vosso Trono aclamar-Vos: Salve, ó Mãe Santa! Salve, ó Esperança segura que nunca decepciona! Totus tuus, ó Mãe! Obrigado, Celeste Pastora, por terdes guiado com carinho maternal os povos para a liberdade! A Vós, Maria, totalmente dependente de Deus e orientada para Ele, ao lado do Seu e Vosso Filho, saudamos como “o ícone mais perfeito da liberdade e da libertação da humanidade e do universo” (Congr. pro Doctrina Fidei Libertatis Conscientia, 97)!

    2. Estimados irmãos e irmãs,

    A caminho do Além, impelidos pela força inexorável do tempo, temos necessidade de verificar o rumo, o sentido de Deus, para que os nossos passos de peregrino não esmoreçam nem errem a estrada, e os nossos ombros não carreguem outro fardo que não seja o de Jesus Cristo. Impõe-se uma pausa, um momento de recolhimento, de transformação pessoal, de renovação interior. Fátima, na sua mensagem e na sua bênção, é conversão a Deus. Aqui se sente e testemunha a Redenção do homem, pela intercessão e com o auxílio d’Aquela que com o Seu pé virginal sempre esmagou e esmagará a cabeça da serpente antiga.

    Aqui se pode encontrar o ponto de referência para o testemunho de muitos homens e mulheres que, em circunstâncias difíceis e até frequentemente na perseguição e na dor, permaneceram fiéis a Deus, com os olhos e o coração postos na Virgem Maria, que é “a primeira entre os humildes e pobres do Senhor que confiadamente esperam a salvação de Deus” (Lumen Gentium, 55). Nossa Senhora foi, com efeito, para multidões de crentes, assim tão duramente provados no infortúnio, o penhor por excelência da sua fidelidade e a certeza da salvação, visto que, “por Eva, foi fechada aos homens a porta do céu, mas a todos foi de novo aberta por Maria” (Laudes Dominae Nostrae: “Ant. ad Benedictus”).

    Na verdade, “o nó da desobediência de Eva foi desatado pela obediência de Maria; e aquilo que a virgem Eva atou, com a sua incredulidade, a Virgem Maria desatou-o com a sua fé” (S. Irenaei Adversus Haereses, III, 22, 4). Fé, sim, na Palavra de Deus, fé incondicional, pronta e jubilosa, que a cena da Anunciação exprime com particular eloquência: “Eis a escrava do Senhor, faça-se em mim, segundo a Tua palavra” (Lc 1, 38). E o Verbo encarnou e habitou entre nós! A Virgem Maria deu à luz um Filho, que as Escrituras Sagradas saudaram como o Emanuel, que significa Deus connosco (Cfr. Is. 7, 14; Matth. 1, 21-23).

    3. Ó Mãe do Emanuel, “mostrai-nos Jesus bendito Fruto do Vosso ventre!”.

    Toda a vida de Maria, de cujo seio se desprendeu e brilhou “a Luz que ilumina todo o homem que vem a este mundo”(Io. 1, 9) se desenrola em comunhão intima com a de Jesus. “Levando, na terra, uma vida semelhante à do comum dos homens, cheia de cuidados domésticos e de trabalhos, Ela a todo o momento se mantinha unida a Seu Filho” (Apostolicam Actuositatem, 4), permanecendo na intimidade com o mistério do Redentor. Ao longo deste caminho de colaboração na obra redentora, a sua própria maternidade “veio a conhecer uma transformação singular, sendo cada vez mais cumulada de "caridade ardente" para com todos aqueles a quem se destinava a missão de Cristo”(Redemptoris Mater, 39) e para os quais e no Qual, se vê consagrada Mãe, aos pés da cruz: “Eis o teu filho”! Deste modo, tendo Ela gerado Cristo, Cabeça do Corpo Místico, deveria também gerar os membros do mesmo Corpo. Por isso “Maria abraça, com a sua nova maternidade no Espírito, todos e cada um dos homens na Igreja; e abraça também todos e cada um mediante a Igreja” (Redemptoris Mater, 47) . A Igreja, por sua vez, não cessa de lhos consagrar.

    Exorto-vos, irmãos amados, a perseverar na devoção a Maria. Quanto mais vivemos e progredimos na atitude de entrega, tanto mais Maria nos aproxima das “insondáveis riquezas de Cristo”(Eph. 3, 8) e, deste modo, nos possibilita reconhecermos cada vez mais, em toda a sua plenitude, a nossa dignidade e o sentido definitivo da nossa vocação, porque “só Cristo revela plenamente o homem a si próprio” (Gaudium et spes, 22). Na maternidade espiritual de Maria, nós somos adoptados como filhos no Filho, o primogénito de muitos irmãos. Transcendemo-nos e libertamo-nos para formarmos uma família, autêntica comunidade humana, orientada para o seu destino último - o próprio Deus que “será tudo em todos” (1 Cor. 15, 28).

    Maria, ajudai os vossos filhos nestes anos de Advento do Terceiro Milénio, a encontrarem, em Cristo, o caminho de regresso à Casa do Pai comum!

    4. “Salve, ó Mãe Santa: Vós destes à luz o Rei que governa o céu e a terra pelos séculos sem fim”!

    Nesta noite de Vigília, com as velas da fé acesas, a Igreja levanta para Vós uma ardente prece em favor dos homens, para que, com humilde disponibilidade e corajosa confiança, eles possam guiar-se pelos caminhos da salvação. Oà Mãe amada, auxiliai-nos neste deserto, vazio de Deus, onde parecem perdidas a nossa geração e a geração dos seus filhos, para que finalmente reencontrem e repousem nas Nascentes divinas das suas vidas.

    No respeito das suas raízes cristãs e no desejo profundo de Jesus Cristo que se levanta no coração dos homens, queremos agora encontrar os caminhos que os povos do inteiro continente europeu devem percorrer. Abençoai, pois, Mãe de Igreja e Senhora de Fátima, a próxima Assembleia especial do Sínodo dos Bispos para a Europa.

    O facto de Nossa Senhora ter escolhido este país para manifestar a Sua protecção materna pela humanidade é uma garantia de que Portugal manterá o que de mais precioso tem: a fé. A fé, luz suprema da humanidade! Que ela se reacenda cada vez mais forte e penetre as profundidades de alma deste povo querido e os diversos âmbitos sócio-culturais do seu viver! Que todos - adultos e anciãos, jovens e crianças -, à imitação do Vosso Coração Imaculado, se empenhem a perseverar num coração puro e firme, ao serviço do Evangelho!

    Acolhei, ó Mãe de Deus e Mãe de todos os filhos de Eva, esta Vigília de Oração em vossa honra e para glória da Santíssima Trindade, Luz sem ocaso que os nossos passos demandam ansiosos e tantas vezes incertos. Virgem de Fátima, caminhai connosco! Rogai por nós, pecadores, agora e na hora da nossa morte! Amém!

  6. #26
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    GIOVANNI PAOLO II

    PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO

    SANTA MESSA AL SANTUARIO DELLA VERGINE DI FATIMA

    OMELIA


    Lunedì, 13 maggio 1991

    "Ecco la tua Madre" (Gv. 19, 27)!

    1. La Liturgia mette oggi davanti ai nostri occhi, cari fratelli e sorelle, un vasto orizzonte della storia dell’uomo e del mondo. Le parole del libro della Genesi ci fanno meditare sull’origine dell’universo, sull’opera della creazione; dal primo libro andiamo all’ultimo, l’Apocalisse, per contemplare con gli occhi della fede "un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi" (Ap. 21, 1). Abbiamo, quindi, il principio e la fine; l’Alfa e l’Omega (cfr. ibid. 21, 6). Ma la fine è un nuovo principio, perché costituisce la piena realizzazione di tutto in Dio: "la dimora di Dio con gli uomini" (ibid. 21, 3).

    Così, fra il primo principio e questo nuovo e definitivo inizio, scorre la storia dell’uomo creato da Dio "a sua immagine", come ci dice la Parola del Signore: "Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (Gn. 1, 27).

    2. Al centro di questa storia dell’uomo e del mondo si erge la Croce di Cristo sul Golgota. L’uomo, creato maschio e femmina, ritrova in questa Croce l’esatta profondità del suo stesso mistero, che si rivela nelle parole dell’Uomo dei Dolori a sua Madre, che stava accanto alla Croce: "Donna, ecco il tuo figlio!". E poi, rivolgendosi al discepolo che amava: "Ecco la tua Madre" (Gv. 19, 26-27).

    L’uomo, creato a immagine di Dio, è il coronamento di tutta la creazione. Confuso dinanzi alla sua grandezza, il Salmista esclama: "Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, / di gloria e di onore lo hai coronato: / gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, / tutto hai posto sotto i suoi piedi;... / O Signore, nostro Dio, / che cosa è l’uomo perché te ne ricordi? / Il figlio dell’uomo perché te ne curi?" (Sal. 8, 6-7.2.5).

    Che cos’è l’uomo?

    La domanda del Salmista suona con una meraviglia ancora più profonda dinanzi a questo mistero che trova il suo climax sul Golgota. Che cos’è l’uomo, se il Verbo, il Figlio consustanziale al Padre, si è fatto uomo, Figlio dell’Uomo nato dalla Vergine Maria per opera dello Spirito Santo?

    Che cos’è l'uomo... se lo stesso Figlio di Dio, e nello stesso tempo vero uomo, ha preso su di sé i peccati di tutti gli uomini e li ha portati, come Uomo dei Dolori, come Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, sull’altare della Croce?

    Che cos’è l'uomo?

    Lo stupore del Salmista al cospetto della misteriosa grandezza dell’uomo, così come gli appare nell’opera della creazione, diventa ancora più grande nella contemplazione dell’opera della Redenzione.

    Che cos’è l’uomo?

    3. Dall’inizio, è stato costituito signore della Terra, signore del mondo visibile. Ma la sua grandezza non si manifesta soltanto nel fatto di assoggettare e di dominare la Terra (cfr. Gn. 1, 28). La dimensione stessa della sua grandezza è la gloria di Dio: come scriverà sant’Ireneo, "la gloria di Dio è l’uomo vivente, ma la vita dell’uomo è la contemplazione di Dio" (Adversus Haereses, IV, 20, 7). L’uomo è posto al centro del mondo delle creature visibili e invisibili, tutte ricolme della gloria del Creatore: proclamano la sua gloria.

    E così attraverso la storia del Cosmo visibile (e invisibile) s’innalza, come un Tempio immenso, un abbozzo del Regno eterno di Dio. L’uomo — maschio e femmina — è stato posto dall’inizio al centro di questo Tempio. Lui stesso ne è diventato la dimensione centrale, e vera "dimora di Dio con gli uomini", perché, a motivo e per amore dell’uomo, Dio è entrato nel mondo creato.

    Carissimi fratelli, la "dimora di Dio con gli uomini" ha raggiunto il suo culmine in Cristo. Egli è "la nuova Gerusalemme" (cfr. Ap. 21, 2) di tutti gli uomini e popoli, dato che in Lui tutti sono stati eletti per il destino eterno in Dio. È anche l’inizio del Regno eterno di Dio nella storia dell’uomo, e questo Regno — in Lui e per Lui — è la realtà definitiva del cielo e della terra. È "un nuovo cielo e una nuova terra", in cui "il cielo e la terra di prima" troveranno il loro pieno compimento.

    4. Lo testimonia la Croce del Golgota, che è la Croce della nostra Redenzione. Nella Croce è manifesta tutta la storia dell’uomo, che è allo stesso tempo la storia del peccato e della sofferenza. È segnata dalle lacrime e dalla morte, come riferisce il Libro dell’Apocalisse: quante lacrime negli occhi degli uomini, quanto lutto e lamento, quanta fatica umana (cfr. Ap. 21, 4). E, alla fine dell’esistenza terrena, la morte. Questa ha costituito appunto la progressiva sparizione "del cielo e della terra di prima", segnati dall’eredità del peccato.

    Non è forse questa la verità di tutta la storia? Tale verità non è confermata — in modo particolare — dal nostro secolo, ormai prossimo alla fine, insieme al secondo millennio della storia dopo Cristo?

    Il nostro secolo conferma — forse come nessun altro fino a ora — la verità delle parole del Salmista sull’uomo e la sua grandezza, e nello stesso tempo la verità dell’Apocalisse a proposito delle lacrime, della sofferenza e della morte. L’uomo è diventato più che mai signore della creazione, dominando gli elementi e le energie della natura; ma, nello stesso tempo, ha provato la potenza dominatrice del peccato, che nasce all’interno dell’uomo, e fruttifica in depravazione, in distruzione e in morte, portata fino all’estremo di guerre totali, e di metodi che sterminano non solo gli individui, ma popoli e nazioni intere.

    5. La Croce di Cristo non cessa di testimoniarlo! Ma soltanto essa — questa Croce di Cristo — rimane, attraverso la storia dell’uomo, come segno della certezza della Redenzione.

    Attraverso la Croce di suo Figlio, Dio ripete di generazione in generazione la sua verità sulla creazione: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap. 21, 5). Il cielo e la terra di prima continuano a passare... Davanti a essi rimane Cristo indifeso, spogliato di tutto nel tormento della morte, Figlio dell’Uomo crocifisso! E, nel frattempo, Egli non cessa di essere segno della vittoriosa certezza della vita. Attraverso la sua morte è stato seminato, nel seno della terra, il potere invincibile della vita nuova; la sua morte è principio di Risurrezione:

    "Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?" (1 Cor. 15, 55).

    Attraverso la Croce sul Golgota, scende dal cospetto di Dio, nella storia dell’umanità, nella storia di ogni secolo, "la città santa, la nuova Gerusalemme... come una sposa adorna per il suo sposo" (Ap. 21, 2).

    6. Con il cuore profondamente commosso e stupito dinanzi al piano creatore e salvifico di Dio per realizzare la pienezza a cui Egli ci ha chiamato, io, pellegrino con voi di questa Nuova Gerusalemme, vi esorto, cari fratelli e sorelle, ad accogliere la grazia e l’appello che in questo luogo si avverte in modo più tangibile e penetrante, nel senso di adattare le nostre vie a quelle di Dio. Vi saluto tutti, cari pellegrini della Madonna di Fatima, qui presenti fisicamente o spiritualmente. Ma in modo particolare il mio saluto cordiale e deferente va al Signor Presidente della Repubblica, in questa terra di Santa Maria; saluto affettuosamente Mons. Alberto, Vescovo di Leiria-Fátima — che ringrazio delle amabili parole di benvenuto —, e tutti gli altri venerabili Fratelli nell’Episcopato qui presenti. Un saluto fraterno, latore di speranza e d’incoraggiamento, alla Chiesa di Angola, qui presente nelle persone dei Pastori con un numero significativo di loro diocesani, in pellegrinaggio di gratitudine alla loro Patrona, in quest’Anno Giubilare della loro evangelizzazione, iniziata a Soyo, il luogo dove, nel secolo XV, i portoghesi hanno per la prima volta celebrato la Santa Messa e hanno battezzato i primi nativi di quel territorio.

    Infine, mosso dalla Parola di Dio in questa celebrazione eucaristica — "maschio e femmina li creò" (Gn. 1, 27)! — mi è gradito rivolgere alle famiglie il mio saluto propiziatore di tutte le benedizioni di Dio per le vostre case, per i vostri figli e per la vostra vita in comune. Il vostro dovere fondamentale è realizzare attraverso la storia la benedizione originaria del Creatore — "siate fecondi e moltiplicatevi" (Gn. 1, 28) — trasmettendo l’"immagine divina" con la generazione di nuovi figli.

    Care famiglie, il vostro servizio generoso e rispettoso della vita sarà possibile oggi, come lo è sempre stato, se vi manterrete nella contemplazione della dignità umana e soprannaturale dei figli che generate: ogni uomo è oggetto dell’amore infinito di Dio che lo ha riscattato. Le famiglie che non rifiutano i loro doveri riguardo alla procreazione, nell’ambito di un opportuno senso di paternità responsabile e di fiducia nella Provvidenza divina, danno al mondo un’insostituibile testimonianza del valore più alto. Costituiscono una sfida alla mentalità antinatalistica imperante, e una giusta condanna di tale mentalità, che nega la vita al punto da sacrificarla, in molti casi, anche nel seno materno, attraverso l’aborto, crimine nefando, come dichiara il Concilio (cfr. Gaudium et Spes, 27). Vi chiedo quindi, care famiglie, questo servizio generoso e rispettoso della vita. "Contro il pessimismo e l’egoismo, che oscurano il mondo, la Chiesa sta dalla parte della vita: e in ciascuna vita umana sa scoprire lo splendore di quel "sì", di quell’"amen", che è Cristo stesso (cfr. 2 Cor. 1, 19; Apoc. 3, 14). Al "no" che invade e affligge il mondo, contrappone questo vivente "sì", difendendo in tal modo l’uomo e il mondo da quanti insidiano e mortificano la vita" (Familiaris consortio, 30).

    7. "Donna, ecco il tuo figlio!" — "Ecco la tua Madre!". Il Santuario di Fatima è un luogo privilegiato, dotato di un valore speciale: ha in sé un messaggio importante per l’epoca che stiamo vivendo. È come se qui, all’inizio del nostro secolo, fossero risuonate, con una nuova eco, le parole pronunciate sul Golgota.

    Maria, che era accanto alla Croce di suo Figlio, ha dovuto accettare ancora una volta la volontà di Cristo, Figlio di Dio. Ma mentre sul Golgota il Figlio le indicava un solo uomo, Giovanni, il discepolo che amava, qui lei ha dovuto accoglierli tutti. Tutti noi, gli uomini di questo secolo e della sua difficile e drammatica storia.

    In questi uomini del secolo XX si sono manifestate con uguale grandezza sia la loro capacità di dominare la Terra, sia la loro libertà di trasgredire il comandamento di Dio e di negarlo, come eredità del loro peccato. L’eredità del peccato si palesa come una folle aspirazione a costruire il mondo — un mondo creato dall’uomo — "come se Dio non esistesse". E anche come se non esistesse quella Croce sul Golgota, in cui "Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello" (Sequenza pasquale), per mostrare che l’amore è più potente della morte e che la gloria di Dio è l’uomo vivente.

    Madre del Redentore! Madre del nostro secolo!

    Per la seconda volta sono davanti a Te in questo Santuario, per baciare le tue mani, perché sei stata ferma accanto alla Croce di tuo Figlio, che è la croce di tutta la storia dell’uomo anche del nostro secolo.

    Sei stata e continuerai a rimanere, posando il tuo sguardo sui cuori di questi figli e figlie, che ormai appartengono al terzo millennio. Sei rimasta e continuerai a restare, vegliando, con mille attenzioni di madre, e difendendo, con la tua potente intercessione, l’albeggiare della Luce di Cristo in seno ai popoli e alle nazioni.

    Tu sei e resterai, perché il Figlio Unigenito di Dio, tuo Figlio, ti ha affidato tutti gli uomini, quando, morendo sulla Croce, ci ha introdotti nel nuovo principio di tutto quanto esiste. La tua maternità universale, o Vergine Maria, è l’àncora sicura di salvezza dell’umanità intera.

    Madre del Redentore!

    Piena di Grazia!

    Io ti saluto, Madre della fiducia di tutte le generazioni umane!



    --------------------------------------------------------
    * In Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XIV, 1, pp. 1228-1234. Traduzione redazionale.

    FONTE

  7. #27
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    GIOVANNI PAOLO II

    PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN PORTOGALLO

    ATTO DI AFFIDAMENTO ALLA VERGINE A FATIMA


    Lunedì, 13 maggio 1991

    1. "Santa Madre del Redentore,
    Porta del cielo, Stella del mare,
    soccorri il tuo Popolo che anela a risorgere".
    Ancora una volta
    ci rivolgiamo a Te,

    Madre di Cristo e della Chiesa,
    inginocchiati ai tuoi piedi nella Cova da Iria,
    per ringraziarti di quanto Tu hai fatto
    in questi anni difficili
    per la Chiesa, per ciascuno di noi
    e per l’intera umanità.

    2. "Monstra te esse Matrem!".
    Quante volte Ti abbiamo invocato!
    Ed oggi siamo qui a ringraziarti,
    perché sempre ci hai ascoltato.
    Tu ti sei mostrata Madre:

    Madre della Chiesa, missionaria sulle vie della terra
    verso l’atteso terzo Millennio cristiano;

    Madre degli uomini, per la costante protezione
    che ci ha evitato sciagure e distruzioni irreparabili,
    e ha favorito il progresso
    e le attuali conquiste sociali.

    Madre delle Nazioni, per i mutamenti inaspettati
    che hanno ridato fiducia a popoli
    a lungo oppressi e umiliati;

    Madre della vita, per i molteplici segni
    con cui ci hai accompagnati
    difendendoci dal male e dal potere della morte;

    Madre mia tenera da sempre,
    ma in modo particolare
    in quel 13 maggio del 1981,
    in cui ho avvertito accanto a me
    la tua presenza soccorritrice;

    Madre di ogni uomo, che lotta per la vita che non muore.
    Madre dell’umanità riscattata dal sangue di Cristo.
    Madre dell’amore perfetto, della speranza e della pace,
    Santa Madre del Redentore.

    3. "Monstra te esse Matrem!".
    Sì, continua a mostrarti Madre per tutti,
    perché il mondo ha bisogno di Te.
    Le nuove situazioni dei popoli e della Chiesa
    sono ancora precarie e instabili.
    Esiste il pericolo
    di sostituire il marxismo
    con un’altra forma di ateismo,
    che adulando la libertà tende a distruggere
    le radici dell’umana e cristiana morale.

    Madre della speranza, cammina con noi!
    Cammina con l’uomo di questo fine secolo,
    con l’uomo d’ogni razza e cultura,
    d’ogni età e condizione.
    Cammina con i popoli verso la solidarietà e l’amore,
    cammina con i giovani, protagonisti di futuri giorni di pace.
    Hanno bisogno di Te
    le Nazioni che di recente
    hanno riacquistato il loro spazio vitale di libertà
    e ora sono impegnate a costruire il loro futuro.
    Ha bisogno di Te l’Europa
    che dall’Est all’Ovest
    non può ritrovare la sua vera identità
    senza riscoprire le sue comuni radici cristiane.
    Ha bisogno di Te il mondo per risolvere
    i tanti e violenti conflitti che ancora lo minacciano.

    4. "Monstra te esse Matrem!".
    Mostrati Madre dei Poveri,
    di chi muore di fame e senza assistenza nella malattia,
    di chi subisce ingiustizie e soprusi,
    di chi non trova lavoro, né casa né rifugio,
    di chi è oppresso e sfruttato,
    di chi dispera
    o invano ricerca la quiete lontano da Dio.
    Aiutaci a difendere la vita, riflesso dell’amore divino,
    aiutaci a difenderla sempre,
    dall’alba al suo naturale tramonto.
    Mostrati Madre dell’unità e della pace.
    Cessino ovunque la violenza e l’ingiustizia,
    crescano nelle famiglie la concordia e l’unità,
    e fra i popoli il rispetto e il dialogo;
    regni sulla terra la pace, la pace vera!
    O Vergine Maria, dona al mondo Cristo, nostra pace.
    non riaprano i popoli nuovi fossati di odio e di vendetta;
    non ceda il mondo all’illusione di un falso benessere
    che mortifica la dignità della persona
    e compromette per sempre le risorse del creato.
    Mostrati Madre della speranza!
    Veglia sulla strada che ancora ci attende.
    Veglia sugli uomini e sulle nuove situazioni dei popoli
    ancora minacciati da rischi di guerra.
    Veglia sui responsabili delle Nazioni
    e su tutti quanti reggono le sorti dell’umanità.
    Veglia sulla Chiesa
    sempre tentata dallo spirito del mondo.
    Veglia, in particolare, sulla prossima Assemblea speciale
    del Sinodo dei Vescovi, tappa importante sulla via
    della nuova evangelizzazione in Europa.
    Veglia sul mio ministero petrino,
    al servizio del Vangelo e dell’uomo
    verso i nuovi traguardi dell’azione missionaria della Chiesa.

    Totus tuus!

    5. In collegiale unità con i Pastori,
    in comunione con l’intero Popolo di Dio,
    sparso ai quattro angoli della terra,
    anche oggi rinnovo a Te
    la consacrazione filiale del genere umano.

    A Te, con fiducia, tutti ci consacriamo.
    Con Te intendiamo seguire Cristo, Redentore dell’uomo:
    la stanchezza non ci abbatta, né la fatica ci rallenti,
    le difficoltà non spengano il coraggio,
    né la tristezza la gioia nel cuore.
    Tu, Maria, Madre del Redentore,
    continua a mostrarti Madre per tutti,
    veglia sul nostro cammino,
    fa’ che pieni di gioia vediamo
    il tuo Figlio nel Cielo.
    Amen!



    --------------------------------------------------------
    * In Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XIV, 1, pp. 1228-1234. Traduzione redazionale.

    FONTE

  8. #28
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    GIOVANNI PAOLO II

    MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

    IN OCCASIONE DELLE CELEBRAZIONI A FATIMA

    PER GLI 80 ANNI DELLA PRIMA APPARIZIONE

    DELLA VERGINE AI TRE PASTORELLI


    Al Venerato Fratello
    D. Serafim De Sousa Ferreira e Silva
    Vescovo di Leiria-Fatima

    “Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

    Queste parole dell’Apocalisse mi tornano alla mente al compiersi degli ottant’anni dalla prima apparizione della Vergine Maria ai tre pastorelli nella Cova da Iria. Il messaggio che in quella occasione la Vergine Santissima rivolse all’umanità continua a risuonare con tutta la sua forza profetica, invitando ciascuno alla preghiera insistente, alla conversione interiore e ad un generoso impegno di espiazione per i propri peccati e per quelli del mondo.

    Pensando ai numerosi pellegrini che in questa ricorrenza converranno nel Santuario di Fatima per esprimere a Maria la loro devozione e la ferma volontà di corrispondere alle sue sollecitudini materne, desidero unirmi alle comuni preghiere, per implorare l’intercessione di Colei che ha dato al mondo il Verbo incarnato ed ha partecipato così da vicino alla sua opera redentrice. Ella che “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce... soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui” (“Lumen gentium”, 58), voglia essere accanto ai suoi figli in questo scorcio di millennio per sostenerne il cammino verso lo storico traguardo del Grande Giubileo.

    Nelle difficoltà dell’ora presente ci rivolgiamo a lei con fiducia, chiedendole di sostenere i nostri passi sulle orme di Cristo. Maria, Madre del Redentore, continui a mostrarsi Madre per tutti. “L’umile Fanciulla di Nazaret, che duemila anni fa offerse al mondo il Verbo incarnato, orienti l’umanità del nuovo millennio, verso Colui che è “la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9)” (“Tertio Millennio adveniente”, 59).

    Con questo auspicio, rivolgo a Lei, Venerato Fratello, il mio saluto affettuoso, chiedendoLe di farsene interprete presso quanti si recheranno in devoto pellegrinaggio al Santuario di Fatima, con un particolare pensiero per tutti coloro che soffrono nel corpo o nello spirito. Nell’affidare all’intercessione della Vergine Santissima le necessità della Chiesa in codesta terra benedetta e in ogni altra parte del mondo, a tutti invio, propiziatrice di copiosi doni celesti, l’Apostolica Benedizione.

    Dal Vaticano 12 maggio 1997.

    GIOVANNI PAOLO II

  9. #29
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    GIOVANNI PAOLO II

    BEATIFICAZIONE DEI VENERABILI GIACINTA E FRANCESCO,
    PASTORELLI DI FÁTIMA,

    AL SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DEL ROSARIO DI FÁTIMA

    OMELIA


    Sabato, 13 Maggio 2000

    1. "Ti benedico, o Padre, (...) perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25).

    Con queste parole, cari fratelli e sorelle, Gesù loda il Padre celeste per i suoi disegni; Egli sa che nessuno può venire a Lui se non lo attira il Padre (cfr Gv 6, 44), perciò loda questo suo disegno e vi aderisce filialmente: "Sì, o Padre, perché così è piaciuto a Te" (Mt 11, 26). Ti è piaciuto di aprire il Regno ai piccoli.

    Secondo il disegno divino, è venuta dal Cielo su questa terra, alla ricerca dei piccoli privilegiati dal Padre, "una Donna vestita di sole" (Ap. 12,1). Essa parla loro con voce e cuore di mamma: li invita ad offrirsi come vittime di riparazione, dicendosi pronta a condurli, sicuri, fino a Dio. Ed ecco, essi vedono uscire dalle sue mani materne una luce che penetra nel loro intimo, così che si sentono immersi in Dio come quando una persona – essi stessi spiegano - si contempla allo specchio.

    Più tardi Francesco, uno dei tre privilegiati, osservava: "Noi stavamo ardendo in quella luce che è Dio e non ci bruciavamo. Com’è Dio! Non si può dire. Questo sì, che noi non lo potremo mai dire". Dio: una luce che arde, però non brucia. Fu la medesima percezione che ebbe Mosè, quando vide Dio nel roveto ardente; in quell'occasione Dio gli parlò, dicendosi preoccupato per la schiavitù del suo popolo e deciso a liberarlo per mezzo di lui: "Io sarò con te" (cfr Es 3, 2-12). Quanti accolgono questa presenza diventano dimora e, conseguentemente, "roveto ardente" dell'Altissimo.

    2. Ciò che più meravigliava il beato Francesco e lo compenetrava era Dio in quella luce immensa che li aveva raggiunti tutti e tre nel loro intimo. Soltanto a lui, però, Dio si fece conoscere "tanto triste", come egli diceva. Una notte, suo padre lo sentì singhiozzare e gli domandò perché piangesse; il figlio rispose: "Pensavo a Gesù che è tanto triste a causa dei peccati che si fanno contro di Lui". Un unico desiderio - così espressivo del modo di pensare dei bambini - muove ormai Francesco ed è quello di "consolare e far contento Gesù".

    Nella sua vita si opera una trasformazione che si potrebbe dire radicale; una trasformazione sicuramente non comune per bambini della sua età. Egli si impegna in una intensa vita spirituale, con una preghiera così assidua e fervente da raggiungere una vera forma di unione mistica col Signore. Proprio questo lo spinge ad una crescente purificazione dello spirito, mediante tante rinunce a quello che gli piace e persino ai giochi innocenti dei bambini.

    Francesco sopportò le grandi sofferenze causate dalla malattia, della quale poi morì, senza alcun lamento. Tutto gli sembrava poco per consolare Gesù; morì con il sorriso sulle labbra. Grande era, nel piccolo, il desiderio di riparare per le offese dei peccatori, offrendo a tale scopo lo sforzo di essere buono; i sacrifici, la preghiera. Anche Giacinta, la sorella più giovane di lui di quasi due anni, viveva animata dai medesimi sentimenti.

    3. "Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago" (Ap 12, 3).

    Queste parole che abbiamo ascoltate nella prima lettura della Messa ci portano a pensare alla grande lotta tra il bene e il male, nonché a costatare come l'uomo, mettendo Dio da parte, non possa raggiungere la felicità, anzi finisca per distruggere se stesso.

    Quante vittime nel corso dell'ultimo secolo del secondo millennio! Il pensiero va agli orrori delle due "grandi guerre" e quelli delle altre guerre in tante parti del mondo, ai campi di concentramento e di sterminio, ai gulag, alle pulizie etniche e alle persecuzioni, al terrorismo, ai rapimenti di persone, alla droga, agli attentati contro la vita non nata e la famiglia.

    Il messaggio di Fatima è un richiamo alla conversione, facendo appello all'umanità affinché non stia al gioco del "drago", il quale con la "coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra" (Ap 12, 4). L'ultima meta dell'uomo è il Cielo, sua vera casa dove il Padre celeste, nel suo amore misericordioso, é in attesa di tutti.

    Dio vuole che nessuno si perda; per questo, duemila anni fa, ha inviato sulla terra il suo Figlio a "cercare e salvare quel che era perduto" (Lc 19, 10). Egli ci ha salvati con la sua morte sulla croce. Nessuno renda vana quella Croce! Gesù è morto e risorto per essere "il primogenito di molti fratelli" (Rom 8, 29).

    Nella sua sollecitudine materna, la Santissima Vergine è venuta qui, a Fatima, per chiedere agli uomini di "non offendere più Dio, Nostro Signore, che è già molto offeso". È il dolore di mamma che l'obbliga a parlare; è in palio la sorte dei suoi figli. Per questo Ella chiede ai pastorelli: "Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori; tante anime finiscono nell'inferno perché non c'è chi preghi e si sacrifichi per loro".

    4. La piccola Giacinta ha condiviso e vissuto quest'afflizione della Madonna, offrendosi eroicamente come vittima per i peccatori. Un giorno, quando essa e Francesco avevano ormai contratto la malattia che li costringeva al letto, la Vergine Maria venne a visitarli in casa, come racconta Giacinta: "La Madonna è venuta a vederci e ha detto che molto presto verrà a prendere Francesco per portarlo in Cielo. A me ha chiesto se volevo ancora convertire più peccatori. Le ho detto di sì". E, quando si avvicina il momento della dipartita di Francesco, la piccola gli raccomanda: "Da parte mia porta tanti saluti a Nostro Signore e alla Madonna e dì loro che sono disposta a sopportare tutto quanto vorranno per convertire i peccatori". Giacinta era rimasta così colpita dalla visione dell'inferno, avvenuta nell'apparizione di luglio, che tutte le mortificazioni e penitenze le sembravano poca cosa per salvare i peccatori.

    Giacinta potrebbe benissimo esclamare con San Paolo: "Mi rallegro di soffrire per voi, completando in me stessa quello che manca alle tribolazioni di Cristo a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa" (Col 1, 24). Domenica scorsa, presso il Colosseo a Roma, abbiamo fatto memoria i moltissimi testimoni della fede del secolo XX, ricordando, attraverso le incisive testimonianze lasciateci, le tribolazioni che hanno patito. Una nube innumerevole di coraggiosi testimoni della fede ci ha lasciato un preziosa eredità, che dovrà restare viva nel terzo millennio. Qui a Fatima, dove sono stati preannunciati questi tempi di tribolazione e la Madonna ha chiesto preghiera e penitenza per abbreviarli, voglio oggi render grazie al Cielo per la forza della testimonianza che si è manifestata in tutte quelle vite. E desidero una volta di più celebrare la bontà del Signore verso di me, quando, duramente colpito in quel 13 maggio 1981, fui salvato dalla morte. Esprimo la mia riconoscenza anche alla beata Giacinta per i sacrifici e le preghiere fatte per il Santo Padre, che ella aveva visto tanto soffrire.

    5. "Ti benedico, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli". La lode di Gesù prende oggi la solenne forma della beatificazione dei pastorelli Francesco e Giacinta. La Chiesa vuole, con questo rito, mettere sul lucerniere queste due fiammelle che Dio ha acceso per illuminare l'umanità nelle sue ore buie e inquiete. Risplendano dunque queste luci sul cammino di questa moltitudine immensa di pellegrini e di quanti altri ci accompagnano tramite la radio e la televisione. Siano Francesco e Giacinta una luce amica che illumina il Portogallo intero e, in modo speciale, questa diocesi di Leiria-Fátima.

    Ringrazio Monsignore Serafim, Vescovo di questa illustre Chiesa particolare, per le sue parole di benvenuto e con grande gioia saluto tutto l'Episcopato portoghese e le rispettive comunità ecclesiali che amo di cuore ed esorto ad imitare i loro Santi. Un fraterno saluto ai Cardinali e Vescovi presenti, con menzione particolare per i Pastori delle Comunità dei Paesi di lingua portoghese: la Vergine Maria ottenga la riconciliazione al popolo angolano; porti conforto agli alluvionati del Mozambico; vegli sui passi di Timor Lorosae, della Guinea Bissau, di Capo Verde, di São Tomé e Príncipe; e custodisca nell'unità della fede i suoi figli e figlie del Brasile.

    Il mio deferente saluto va al Signor Primo Ministro e alle Autorità che hanno voluto partecipare a questa Celebrazione. Profitto dell'occasione per esprimere, nella persona del Capo del Governo, la mia riconoscenza a tutti per la collaborazione con cui hanno reso possibile questo mio pellegrinaggio. Un abbraccio cordiale ed una particolare benedizione alla parrocchia e alla città di Fatima, le quali oggi si rallegrano per i loro figli elevati agli onori degli altari.

    6. La mia ultima parola è per i bambini: Cari bambini e bambine, vedo tanti di voi con addosso vestiti simili a quelli usati da Francesco e Giacinta. Vi stanno molto bene! Il guaio è che, questa sera o forse domani, toglierete questi abiti e... i pastorelli spariranno. Non vi pare che non dovrebbero scomparire?! La Madonna ha bisogno di tutti voi per consolare Gesù, triste per i torti che gli si fanno; ha bisogno delle vostre preghiere e dei vostri sacrifici per i peccatori.

    Chiedete ai vostri genitori ed ai vostri maestri di inscrivervi alla "scuola" della Madonna, affinché vi insegni a diventare come i pastorelli, i quali cercavano di far quanto Ella chiedeva loro. Vi dico che "si progredisce più in poco tempo di sottomissione e dipendenza da Maria che durante anni interi di iniziative personali, appoggiati soltanto su se stessi" (San Luigi Maria Grignion di Montfort, Trattato della vera devozione alla Santissima Vergine, n. 155). E’ stato così che i pastorelli sono diventati rapidamente santi. Una donna che aveva accolto Giacinta a Lisbona, nel sentire i consigli tanto belli e saggi che la piccola dava, le domandò chi era stato ad insegnarglieli. "È stata la Madonna" - rispose. Lasciandosi guidare, con totale generosità, da una Maestra così buona, Giacinta e Francesco hanno raggiunto in poco tempo le vette della perfezione.

    7. "Ti benedico, o Padre, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli".

    Ti benedico, o Padre, per tutti i tuoi piccoli, a cominciare dalla Vergine Maria, l'umile tua Serva, e fino ai pastorelli Francesco e Giacinta.

    Il messaggio delle loro vite resti sempre vivo ad illuminare il cammino dell'umanità!



    --------------------------------------------------------
    * In Supplemento a L’Osservatore Romano, del 17 maggio 2000.

    FONTE

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    GIOVANNI PAOLO II

    GIUBILEO DEI VESCOVI

    OMELIA


    Domenica, 8 Ottobre 2000

    1. "Donaci, o Dio, la sapienza del cuore" (Sal. resp.).

    Oggi Piazza San Pietro è simile a un grande cenacolo: essa ospita, infatti, Vescovi di ogni parte del mondo, venuti a Roma per celebrare il loro Giubileo. La memoria dell'apostolo Pietro, evocata dalla sua tomba sotto l'altare della grande Basilica Vaticana, invita a tornare spiritualmente alla prima sede del Collegio apostolico, a quel Cenacolo di Gerusalemme, dove ho avuto recentemente la gioia di celebrare l'Eucaristia, durante il mio pellegrinaggio in Terra Santa.

    Un ponte ideale, che valica secoli e continenti, congiunge oggi il Cenacolo a questa Piazza, nella quale si sono dati appuntamento coloro che, nell'Anno Santo 2000, sono i successori di quei primi Apostoli di Cristo. A tutti voi, carissimi e venerati Fratelli, giunga il mio abbraccio cordiale, che estendo con pari affetto a quanti non hanno potuto venire e sono spiritualmente uniti a noi dalle loro sedi.

    Insieme facciamo nostra l'invocazione del Salmo: "Donaci, o Dio, la sapienza del cuore". In questa "sapientia cordis", che è dono di Dio, possiamo riassumere il frutto della nostra convocazione giubilare. Essa consiste nell'interiore conformazione a Cristo, Sapienza del Padre, mediante l'azione dello Spirito Santo. Per ottenere tale dono, indispensabile per il buon governo della Chiesa, noi, i Pastori, dobbiamo passare per primi attraverso di Lui, "porta delle pecore" (Gv 10,7). Dobbiamo imitare Lui, "buon Pastore" (Gv 10,11.14), perché ascoltando noi i fedeli ascoltino Lui, e seguendo noi seguano Lui, unico Salvatore, ieri, oggi e sempre.

    2. Dio dona la sapienza del cuore mediante la sua Parola, viva, efficace, capace di mettere a nudo l'intimo dell'uomo - come ci ha detto l'Autore della Lettera agli Ebrei (cfr Eb 4,12), nel brano appena proclamato. La divina Parola, dopo essere stata rivolta "nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti" (Eb 1,1), negli ultimi tempi è stata inviata agli uomini nella persona stessa del Figlio (cfr Eb 1,2).

    Noi pastori, in forza del munus docendi, siamo chiamati ad essere annunciatori qualificati di questa Parola. "Chi ascolta voi, ascolta me!" (Lc 10,16). Compito esaltante, ma anche grande responsabilità! Ci è stata affidata una parola viva: dobbiamo dunque annunciarla con la vita, prima che con la bocca. E' parola che coincide con la persona di Cristo stesso, il "Verbo fatto carne" (Gv 1,14): è dunque il volto di Cristo che dobbiamo mostrare agli uomini; la sua croce che dobbiamo annunciare, facendolo con il vigore di Paolo: "Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi, se non Gesù Cristo, e questi crocifisso" (1 Cor 2,2).

    3. "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mc 10,28). Questa affermazione di Pietro esprime la radicalità della scelta che è richiesta all'apostolo. Una radicalità che si chiarisce alla luce del dialogo esigente, fatto da Gesù con il giovane ricco. Quale condizione per la vita eterna, il Maestro gli aveva additato l'osservanza dei comandamenti. Di fronte al suo desiderio di maggiore perfezione, aveva risposto con uno sguardo di amore e una proposta totalitaria: "Va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi" (Mc 10,21). Su questa parola di Cristo calò, come un oscurarsi improvviso del cielo, la tristezza del rifiuto. Fu allora che Gesù pronunciò una delle sue sentenze più severe: "Com'è difficile entrare nel regno di Dio!" (Mc 10,24). Sentenza che egli stesso, di fronte allo sbigottimento degli apostoli, mitigò, facendo leva sulla potenza di Dio: "Tutto è possibile presso Dio" (Mc 10,27).

    L'intervento di Pietro diventa espressione della grazia con cui Dio trasforma l'uomo e lo rende capace di un dono totale. "Abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mc 10,28). E' così che si diventa apostoli. Ed è così che si sperimenta anche l'avverarsi della promessa di Cristo circa il «centuplo»: l'apostolo che ha lasciato tutto per seguire Cristo vive già su questa terra, nonostante le immancabili prove, un'esistenza realizzata e gioiosa.

    Come non esprimere in questo momento, venerati Fratelli, la nostra riconoscenza al Signore per il dono della vocazione, dapprima al sacerdozio e poi alla sua pienezza nell'Episcopato? Volgendo indietro lo sguardo alle vicende della nostra vita, la commozione ci invade il cuore nel costatare in quanti modi il Signore ci ha dimostrato il suo amore e la sua misericordia. Davvero, "misericordias Domini in aeternum cantabo!" (Sal 89/88, 2).

    4. Il Vescovo, successore degli Apostoli, è uno per il quale Cristo è tutto. Con Paolo egli può ripetere ogni giorno: "Per me vivere è Cristo..." (Fil 1,21). Questo egli deve testimoniare con tutto il suo comportamento. Il Concilio Vaticano II insegna: "I Vescovi devono compiere il loro dovere apostolico come testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini" (Decr. Christus Dominus, 11).

    Parlando dei Vescovi come testimoni, non posso non fare memoria, in questa solenne celebrazione giubilare, dei tanti Vescovi che, nell'arco di due millenni, hanno reso a Cristo la suprema testimonianza del martirio, conformandosi al modello apostolico e fecondando la Chiesa con l'effusione del proprio sangue.

    Il secolo ventesimo, in modo particolare, è stato ricco di tali testimoni, alcuni dei quali ho avuto la gioia di elevare io stesso agli onori degli altari. Una settimana fa ho iscritto nell'Albo dei Santi quattro Vescovi martiri in Cina: Gregorio Grassi, Antonino Fantosati, Francesco Fogolla e Luigi Versiglia. Tra i Beati, veneriamo Michaël Kozal, Antoni Julian Nowowiejski, Leon Wetmański e Władusław Goral, morti nei campi di concentramento nazisti. Ad essi si aggiungono Diego Ventaja Milán, Manuel Medina Olmos, Anselmo Polanco e Florentino Asensio Barroso, uccisi durante la guerra civile spagnola. Nel lungo inverno del totalitarismo comunista, poi, sono fioriti, nell'Europa Orientale, i Beati martiri Guglielmo Apor, Vincenzo Eugenio Bossilkov e Alojzije Stepinac.

    Al tempo stesso, è bello e doveroso rendere grazie a Dio per tutti i Pastori saggi e generosi, che nel corso dei secoli hanno illustrato la Chiesa con i loro insegnamenti ed i loro esempi. Quanti santi e beati Confessori vi sono fra i Vescovi! Penso ad esempio, alle luminose figure di Carlo Borromeo e di François de Sales; penso anche ai Papi Pio IX e Giovanni XXIII, che ho avuto recentemente la gioia di proclamare Beati.

    Carissimi Confratelli, "circondati da un così gran numero di testimoni" (Eb 12,1), rinnoviamo la nostra risposta al dono di Dio, ricevuto con l'Ordinazione episcopale. "Deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci intralcia, corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù" (Eb 12,1-2), Pastore dei pastori.

    5. Considerando il mistero della Chiesa e la sua missione nel mondo contemporaneo, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha sentito il bisogno di dedicare speciale attenzione all'ufficio pastorale dei Vescovi. Oggi, alle soglie del terzo millennio, la sfida della nuova evangelizzazione pone in ulteriore risalto il ministero episcopale: il Pastore è il primo responsabile e animatore della comunità ecclesiale sia nell'esigenza di comunione che nella proiezione missionaria. Di fronte al relativismo e al soggettivismo che inquinano tanta parte della cultura contemporanea, i Vescovi sono chiamati a difendere e promuovere l'unità dottrinale dei loro fedeli. Solleciti per ogni situazione in cui la fede è smarrita o ignorata, essi si adoperano con tutte le forze in favore dell'evangelizzazione, preparando a tal fine sacerdoti, religiosi e laici e mettendo a disposizione le necessarie risorse (cfr Decr. Christus Dominus, 6).

    Memori dell'insegnamento conciliare (cfr ivi, 7), oggi vogliamo esprimere da questa Piazza la nostra fraterna solidarietà ai Vescovi che sono fatti oggetto di persecuzione, si trovano in carcere o sono impediti nell'esercizio del loro ministero. E in nome del vincolo sacramentale, estendiamo con affetto il ricordo e la preghiera ai fratelli sacerdoti che patiscono le medesime prove. La Chiesa è loro riconoscente per il bene inestimabile che con la loro preghiera e con il loro sacrificio recano al Corpo mistico.

    6. "Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l'opera delle nostre mani, l'opera delle nostre mani rafforza" (Sal 89,17).

    In questo nostro Giubileo, carissimi Fratelli nell'Episcopato, la bontà del Signore si è posata con abbondanza su di noi. La luce e la forza che da essa promanano non mancheranno di rafforzare l'"opera delle nostre mani", cioè il lavoro a noi affidato nel campo di Dio che è la Chiesa.

    A nostro sostegno e conforto abbiamo voluto sottolineare, in queste giornate giubilari, la presenza in mezzo a noi di Maria Santissima, nostra Madre. Lo abbiamo fatto ieri sera, con la recita comunitaria del Rosario; lo facciamo oggi, con l'Atto di affidamento, che compiremo al termine della Messa. E' un atto che vivremo con spirito collegiale, sentendo vicini a noi i numerosi Vescovi che, dalle rispettive Sedi, si uniscono alla nostra celebrazione compiendo insieme con i loro fedeli questo medesimo Atto. La venerata immagine della Madonna di Fatima, che abbiamo la gioia di ospitare in mezzo a noi, ci aiuta a rivivere l'esperienza del primo Collegio apostolico, radunato in preghiera nel Cenacolo con Maria, la Madre di Gesù.

    Regina degli Apostoli, prega con noi e per noi, affinché lo Spirito Santo discenda con abbondanza sulla Chiesa, ed essa risplenda nel mondo sempre più unita, santa, cattolica e apostolica. Amen.



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    * In L’Osservatore Romano, 9/10 ottobre 2000.

    FONTE

 

 
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