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    Libro I, Cap. 16, §§ 224-242

    CAPITOLO 16

    L'Altissimo rivestì di virtù l'anima di Maria santissima; ella compì le prime opere nel grembo di sant'Anna. Sua Maestà comincia ad insegnarmi ad imitarla.


    224. Dio avviò l'impetuoso torrente della sua divinità per rallegrare la mistica città dell'anima santissima di Maria facendolo sgorgare dal fonte della sua infinita sapienza e bontà. L'Altissimo aveva deciso di porre in questa divina Signora i più grandi tesori di grazie e virtù che mai siano stati dati, o saranno dati in eterno ad altra creatura. Quando giunse l'ora di donarli a lei, cioè nel medesimo istante in cui fu concepita, l'Onnipotente, con soddisfazione, esaudì il desiderio che fin dall'eternità aveva come in sospeso, finché non ne fosse giunto il tempo opportuno. Il fedelissimo Signore fece questo: riversò nell'anima santissima di Maria, nell'istante della sua concezione, tutte le grazie e i doni in grado così eminente che nessuno dei santi né tutti insieme vi poterono mai arrivare. Con parole umane tutto ciò non si può manifestare.

    225. Sebbene allora fosse ricolmata, come sposa che discendeva dal cielo, di ogni perfezione e di ogni sorta di grazia interiore, non fu necessario che le esercitasse tutte subito, ma solamente quelle che poteva e che erano convenienti allo stato in cui si trovava nel grembo di sua madre. Le prime furono le virtù teologali, fede, speranza e carità, che hanno per oggetto Dio. Ella esercitò subito queste virtù conoscendo la Divinità, le sue perfezioni, i suoi attributi infiniti, la trinità e la distinzione delle Persone, con profonda fede. Questa conoscenza di Dio non ne impedì un'altra che le fu data, come presto dirò. Esercitò anche la virtù della speranza che riguarda Dio come oggetto della beatitudine e come fine ultimo. Quell'anima santissima si sollevò e s'incamminò verso Dio con intensissimi desideri di unirsi a lui senza essersi prima rivolta ad altro e senza vivere un istante solo senza questo movimento interiore. Nello stesso modo e nel medesimo istante, ella esercitò la virtù della carità, che riguarda Dio come infinito e sommo bene, con tale forza e tale stima della divinità che tutti i serafini, nella loro grande veemenza e virtù, non potranno mai giungere a così alto grado.

    226. Ebbe poi le altre virtù, che ornano e perfezionano la parte razionale della creatura, nella stessa misura delle teologali; le furono date anche virtù morali e naturali in grado miracoloso e soprannaturale, e nello stesso grado, soltanto però a un livello molto più alto nell'ordine della grazia, le furono infusi i doni e i frutti dello Spirito Santo. Ebbe scienza infusa, sapienza di tutte le scienze e delle arti naturali. Da questo conobbe e seppe tutto il naturale e il soprannaturale che porta alla grandezza di Dio, di modo che fin dal primo istante, nel grembo di sua madre, fu sapiente, prudente, illuminata e capace di comprendere Dio e tutte le sue opere più di quanto lo furono e lo saranno in eterno tutte le altre creature, ad eccezione del suo Figlio santissimo. Una tale perfezione consistette non solo nelle virtù che le furono infuse in così eminente grado, ma anche negli atti che vi corrispondevano secondo la loro condizione ed eccellenza, di modo che nello stesso momento poté esercitarli col potere divino, il quale per ogni bisogno non si pose dei limiti, né si assoggettò ad altra legge se non a quella della sua divina e più che giusta volontà.

    227. Di tutte queste virtù e grazie e di quanto operano si dirà molto nel corso della presente Storia della vita santissima di Maria; esprimerò qui solo qualcosa di ciò che operò nell'istante della sua concezione mediante i benefici che le furono dati e la luce che ricevette da essi. Con gli atti delle virtù teologali, come ho detto, della virtù della religione e delle altre virtù cardinali che ne conseguono, conobbe Dio nel suo essere, e come creatore e come glorificatore. Con atti eroici lo riverì, lo lodò, lo ringraziò perché l'aveva creata; lo amò, lo temette e lo adorò offrendogli sacrifici di magnificenza, lode e gloria per il suo essere immutabile. Conobbe i doni che riceveva, nonostante qualcuno le fosse nascosto: per questo rese grazie con profonda umiliazione e con prostrazioni corporali che subito fece nel grembo di sua madre con quel così piccolo corpo. Con tali atti ella ebbe più merito in quello stato che non tutti i santi nel massimo grado della loro perfezione e santità.

    228. Ella ebbe un'altra visione e cognizione, superiore agli atti della fede infusa, del mistero della Divinità e della santissima Trinità. Se in quell'istante non la vide intuitivamente come i beati, la vide però astrattivamente con altra luce e visione inferiore a quella beatifica, ma superiore a tutti gli altri modi in cui Dio si può manifestare o si manifesta all'intelletto creato. Le furono mostrate alcune specie o immagini della Divinità così chiare e manifeste, che in esse conobbe l'essere immutabile di Dio e in lui tutte le creature, con maggiore luce ed evidenza di come una creatura può essere conosciuta da un'altra. Queste immagini fecero da specchio chiarissimo che rifletteva tutta la Divinità e in essa le creature: in questa luce e in queste immagini di Dio le vide più distintamente e chiaramente di quanto le conoscesse in se stesse per mezzo della scienza infusa.

    229. In tutti questi modi le furono evidenti, fin dalla sua concezione, tutti gli uomini e tutti gli angeli nel loro ordine, le loro dignità e i loro compiti, nonché tutte le creature irragionevoli nelle loro nature e qualità. Conobbe la creazione, lo stato e la rovina degli angeli, la giustificazione e la gloria dei buoni, la caduta e il castigo dei cattivi, la primitiva innocenza di Adamo ed Eva, l'inganno, la colpa e la miseria che ne seguì sia per loro stessi sia per tutto il genere umano, e il decreto della volontà divina per la loro riparazione ormai già disposta e quasi giunta al momento di essere compiuta. Conobbe l'ordine e la natura dei cieli, degli astri e dei pianeti, la qualità e disposizione degli elementi, il purgatorio, il limbo e l'inferno, come tutte queste cose e quelle racchiuse in esse erano state create e conservate dal potere divino, solamente per la sua bontà infinita, senza che ne avesse necessità alcuna. Soprattutto conobbe ciò che Dio avrebbe rivelato del suo mistero facendosi uomo per redimere tutto il genere umano, lasciando i cattivi angeli senza questo rimedio.

    230. Mentre l'anima santissima di Maria conosceva per ordine tutte queste meraviglie, nell'istante in cui fu unita al corpo, operava gesti eroici delle varie virtù con incomparabile stupore, lode, glorificazione, adorazione, umiliazione, amore di Dio e dolore dei peccati commessi contro quel sommo Bene che riconosceva autore e fine di tante ammirabili opere. Contemporaneamente offrì se stessa in sacrificio gradito all'Altissimo, cominciando da quel momento a benedirlo, amarlo e riverirlo con fervoroso affetto, per riparare alla mancanza di amore e di riconoscenza da parte sia degli angeli cattivi sia degli uomini. Invitò poi gli angeli santi, ella che già ne era la Regina, ad aiutarla a glorificare il creatore e Signore di tutti, e a pregare anche per lei.

    231. In quell'istante il Signore le presentò gli angeli che le assegnava per custodirla: ella li vide e li conobbe, mostrò loro benevolenza ed ossequio invitandoli ad inneggiare con canti di lode all'Altissimo. Li preavvisò che questo sarebbe stato il compito che dovevano svolgere con lei in tutto il tempo della vita mortale, mentre l'assistevano e la custodivano. Conobbe similmente tutta la sua genealogia, tutto il resto del popolo santo eletto da Dio, i Patriarchi, i Profeti e quanto sua Maestà fosse stata meravigliosa nei doni, nelle grazie e nei favori che aveva operati con loro. È’ davvero stupendo che la beatissima Vergine, già fin dal primo istante in cui la sua santissima anima fu creata, nonostante le diverse parti del suo santissimo corpo si distinguessero appena, piangesse di dolore per la caduta del genere umano e versasse lacrime nel grembo di sua madre ben sapendo quanto fosse terribile peccare contro il sommo Bene. Dio, nella sua onnipotenza, operò questo prodigio affinché non le mancasse nessuna eccellenza che potesse tornare a onore di colei che era eletta ad essere Madre di Dio.

    232. Per questo miracoloso affetto fece suppliche, fin dal primo istante, per la salvezza del genere umano, assumendo l'ufficio di mediatrice, avvocata e riparatrice. Presentò a Dio il grido dei santi Padri e degli altri giusti della terra, affinché la sua misericordia non ritardasse la salvezza dei mortali, che ella già guardava come fratelli. Ancor prima di vivere tra loro, li amava con ardentissima carità; appena fu concepita cominciò ad essere loro benefattrice per l'amore divino e fraterno che ardeva nel suo infiammato cuore. L'Altissimo gradì tali domande più di tutte le orazioni dei santi e degli angeli; questo fu manifestato a lei, che era creata per essere Madre dello stesso Dio, nonostante ella ignorasse allora questo fine. Conobbe però l'amore dello stesso Signore e il suo ardente desiderio di scendere dal cielo per redimere gli uomini. Ed era giusto che Dio, per affrettare la sua venuta, si mostrasse obbligato, più che da ogni altro, dalle preghiere e richieste di quella creatura per la quale principalmente veniva e dalle cui viscere doveva ricevere la carne, compiendo in essa la sua opera più ammirabile, fine di tutte le altre.

    233. Pregò ancora nello stesso istante della sua concezione per i suoi genitori, Gioacchino ed Anna, che, prima di vedere col corpo, vide e conobbe in Dio. Subito esercitò con loro la virtù dell'amore, della riverenza e della gratitudine di figlia, riconoscendoli causa seconda della sua esistenza. Fece anche molte altre domande generali e particolari per differenti necessità. Con la scienza infusa di cui era fornita, compose nella sua mente e nel suo cuore un inno di lode per aver trovato, alla porta della vita, la preziosa dramma che perdemmo tutti fin dal principio. Trovò la grazia che le andò incontro e la Divinità che l'aspettava ai limiti della natura. Le sue facoltà incontrarono, nel primo istante del suo esistere, il nobilissimo Oggetto che le mosse cominciando a porle in esercizio, perché solo per lui erano create. Dovendo essere sue in tutto e per tutto, a lui si dovevano le primizie delle loro attività, cioè la cognizione e l'amore divino. Non vi fu, così, in questa Signora né istante di vita senza conoscere Dio, né cognizione senza amore, né amore senza merito. In questo, niente fu piccolo o misurato con le leggi comuni e le regole generali. Tutto fu grande e tale uscì dalla mano dell'Altissimo, perché ella camminasse, crescesse, ed arrivasse ad essere così magnifica che Dio solo ne fosse maggiore. Oh, che bei passi furono i tuoi, o figlia del principe, dato che col primo di essi giungesti alla Divinità! Bella sei ben due volte, poiché la tua grazia e bellezza è ogni bellezza e grazia. Divini sono i tuoi occhi ed i tuoi pensieri sono come la porpora del re, poiché rapisti il suo cuore e lo legasti, facendolo prigioniero del tuo amore nel santuario del tuo grembo verginale e del tuo cuore.

    234. Qui veramente dormiva la sposa del re, e il suo cuore vegliava. Dormivano quei sensi che appena avevano la loro forma naturale e non avevano ancora visto la luce materiale del sole; intanto quel divin cuore, più incomprensibile per la grandezza dei suoi doni che per la piccolezza della sua conformazione, vegliava nel talamo di sua madre con la luce della Divinità che lo irraggiava, infiammandolo nel fuoco del suo immenso amore. Non conveniva che in questa divina creatura le facoltà inferiori dell'anima operassero prima di quelle superiori, né che l'operare di queste fosse inferiore o uguale a quello delle altre creature. Infatti, se l'operare corrisponde all'essere di ciascuna cosa, colei che da sempre era superiore a tutte in dignità ed eccellenza, doveva operare con proporzionata superiorità rispetto ad ogni creatura angelica o umana. Non le doveva mancare l'eccellenza degli spiriti angelici, i quali nel momento in cui furono creati fecero subito uso delle loro facoltà, perché questa stessa grandezza e prerogativa le era dovuta, come a colei che era creata per essere loro Regina e signora. Le spettava, anzi, con vantaggi tanto più grandi, quanto la dignità di Madre di Dio è superiore a quella di suo servo e il nome di Regina a quello di vassallo, poiché a nessuno degli angeli il Verbo disse: «Tu sei mia madre»; né qualcuno di loro poté mai dire a lui: «Tu sei mio figlio». Soltanto tra Maria e il Verbo eterno ci fu questa comunicazione e questa vicendevole corrispondenza. In ragione di ciò si deve misurare e ponderare la grandezza di Maria, come fece l'Apostolo con quella di Cristo.

    235. Nello scrivere questi misteri del Re, quando già è un onore rivelare le sue opere, confesso la mia limitatezza di donna e mi affliggo perché parlo con termini comuni e vuoti, che non arrivano a definire ciò che intendo nella luce di cui è investita la mia anima in tali misteri. Per non avvilire tanta grandezza sarebbero necessarie ben altre parole ed espressioni particolari e appropriate, ma la mia ignoranza non le trova. E quando le possedesse, sarebbero troppo elevate per l'umana debolezza. Essa si riconosca inferiore ed impotente a fissare il suo sguardo su questo sole divino, che con raggi di divinità viene al mondo, sebbene coperto dalla nube del grembo materno di sant'Anna. Se tutti desideriamo che ci sia data l'opportunità di avvicinarci a contemplare questa meravigliosa visione, andiamoci nudi e liberi: gli uni dalla naturale pusillanimità, gli altri dal timore, benché il tutto sia mascherato dall'umiltà. Andiamoci poi con somma devozione e pietà, lontani dallo spirito di discordia, così che ci sia dato di vedere da vicino, in mezzo al roveto, il fuoco della Divinità, senza esserne consumati.

    236. Ho detto che l'anima santissima di Maria, quando fu concepita, vide in modo astrattivo la divina Essenza, dal momento che non mi fu data luce per dire ch'ella vide la gloria quale veramente è. Con ciò intendo esprimere che questo privilegio fu solo della santissima anima di Cristo per l'unione sostanziale con la Divinità nella persona del Verbo, affinché rimanesse sempre unita con essa per mezzo delle facoltà dell'anima per somma grazia e gloria. E come Cristo nostro bene cominciò ad essere contemporaneamente uomo e Dio, così cominciò a conoscere Dio e ad amarlo come comprensore. Ma l'anima della sua Madre santissima non era unita sostanzialmente alla Divinità, e così non agì subito come beata, poiché entrava nella vita per essere viatrice. Essendo la più vicina all'unione ipostatica, ebbe tuttavia una visione di poco inferiore a quelia beatifica, ma superiore a tutte le altre visioni e rivelazioni della Divinità avute dalle creature, eccettuata la chiara visione con la piena fruizione. La visione di Dio, che ebbe la Madre di Cristo nel primo istante, sia per alcune modalità sia per alcune qualità, eccelse su quella chiara di altri, in quanto ella conobbe più misteri astrattivamente, che non altri con visione intuitiva. Il non aver visto, però, la Divinità faccia a faccia nel momento della sua concezione, non significa che poi non l'abbia veduta molte volte nel corso della sua vita, come in seguito dirò.

    Insegnamento che mi diede la Regina del cielo su questo capitolo

    237. Ho detto sopra come la Regina e madre di misericordia mi aveva promesso che, quando sarei giunta a scrivere le prime azioni delle sue facoltà e virtù, m'avrebbe istruita affinché riflettessi la mia vita nello specchio purissimo della sua: è questo l'intento principale del suo rivelarsi a me. Questa gran Signora, fedelissima nelle sue parole e sempre vicina a me con la sua presenza, quando cominciò a rivelarmi tali misteri, iniziò a mantenere la sua promessa in questo capitolo, come fece ugualmente negli altri. Così io scriverò alla fine di ogni capitolo ciò che sua Altezza m'insegnerà, come faccio ora.

    238. Figlia mia, io voglio che, dallo scrivere i misteri della mia santissima vita, tu raccolga per te stessa il frutto che desideri. Voglio che il premio della tua fatica sia la maggior purezza e perfezione della tua vita, se con la grazia dell'Altissimo ti disponi ad imitarmi, mettendo in pratica ciò che udrai. Questa è anche la volontà del mio Figlio santissimo: che tu applichi le tue forze a compiere ciò che io t'insegnerò, facendo attenzione, con tutta la stima del tuo cuore, alle mie virtù ed opere. Ascoltami con accuratezza e con fede, perché io ti dirò parole di vita eterna, t'insegnerò il massimo della santità e della perfezione cristiana e quello che è maggiormente accetto agli occhi di Dio. Da questo momento comincerai a prepararti per ricevere la luce nella quale intuirai chiaramente gli occulti misteri della mia santissima vita e la dottrina che desideri. Prosegui questo lavoro e scrivi ciò che a tal fine t'insegnerò. Or dunque ascolta.

    239. La creatura che indirizza il suo primo movimento a Dio, quando riceve l'uso della ragione, compie un atto di giustizia verso di lui, così che, conoscendolo, lo possa amare, riverire e adorare come suo creatore e Signore unico e vero. I genitori hanno l'obbligo naturale di guidare i loro figli fin da bambini in questa conoscenza, indirizzandoli con cura perché subito cerchino il loro ultimo fine e lo incontrino attraverso i primi atti della ragione e della volontà. Dovrebbero essere attenti ad allontanarli dalle ingenuità e burle puerili, alle quali la stessa natura corrotta li inclina se si lasciano agire senza alcun educatore. Se i padri e le madri prevenissero questi inganni e questi costumi non buoni dei loro figli, e fin dalla loro giovane età li ammaestrassero sul loro Dio e creatore, questi sarebbero preparati a conoscerlo e ad adorarlo. La santa mia madre, che ignorava la mia sapienza e il mio stato, fece con me tutto questo così puntualmente e per tempo che, portandomi nelle sue viscere, adorava in mio nome il Creatore, tributandogli per me atti di somma riverenza e rendendogli grazie per avermi creata. Lo supplicava anche che mi custodisse, difendesse e liberasse dallo stato in cui io allora mi trovavo. Similmente i genitori devono chiedere con fervore a Dio che disponga con la sua provvidenza che le anime dei bambini arrivino a ricevere il battesimo e siano libere dalla schiavitù del peccato originale.

    240. Se poi la creatura ragionevole non avesse riconosciuto e adorato il Creatore al momento dell'uso della ragione, deve farlo nel momento in cui lo conosce per mezzo della fede. Non deve, però, fermarsi qui; anzi l'anima dovrà impiegare questa conoscenza per non perderlo mai di vista, per temerlo sempre, amarlo ed onorarlo. Quanto a te, figlia mia, hai ottemperato questo dovere d'adorazione verso Dio in tutto il corso della tua vita; ma ora voglio che tu lo adempia ancora meglio come io te lo insegnerò. Fissa lo sguardo interiore della tua anima nell'essere di Dio, che non ha né principio né fine, e contemplalo infinito negli attributi e nelle perfezioni. Egli solo è la vera santità, il sommo bene, l'oggetto nobilissimo della creatura, colui che diede l'essere a tutte le cose create e che, senza averne alcun bisogno, le sostenta e governa. Egli è la somma bellezza senza macchia, né difetto alcuno; egli è eterno nell'amore, veritiero nelle parole, fedelissimo nelle promesse; egli è colui che diede la sua stessa vita, abbandonandosi ai tormenti per il bene delle sue creature, senza che alcuna lo abbia meritato. In questo immenso campo di bontà e di benefici, dilata la tua vista ed impegna le tue forze per non dimenticarlo e non allontanarti da lui. Sarebbe una scortesia e slealtà se, dopo aver conosciuto in questo modo il sommo Bene, lo dimenticassi con esecrabile ingratitudine. Tale sarebbe la tua, se dopo aver ricevuto una maggiore luce divina della fede, superiore a quella comune, traviassi il tuo intelletto con la tua volontà dalla via dell'amore divino. Se qualche volta, per tua debolezza, tu ti trovassi in questa situazione, torna subito a ricercare la strada con prontezza e diligenza; umiliata, adora l'Altissimo dandogli onore, magnificenza e lode eterna. Bada bene che devi considerare come tuo proprio compito fare questo incessantemente per te e per tutte le altre creature, e voglio che tu te ne mostri sempre sollecita.

    241. Per esercitarti in questo con più forza, medita nel tuo cuore ciò che sai che ho fatto, e come quella prima visione del sommo Bene lasciò il mio cuore ferito d'amore. Per questo mi diedi tutta a lui per non perderlo, vivendo sollecita, mai riposando, ma camminando fino a raggiungere il centro dei miei desideri ed affetti, perché, essendo infinito l'oggetto, l'amore non vuole essere finito, né deve riposare fino a che non lo possieda. Alla conoscenza di Dio e all'amore per lui deve seguire la conoscenza di te stessa, pensando e riflettendo sulla tua pochezza e viltà. Sappi che queste verità bene intese, ripetute e meditate, producono divini effetti nelle anime. Udite queste ed altre parole della Regina, dissi a sua Maestà:

    242. «Signora mia, di cui sono schiava e a cui, per esserlo nuovamente, mi dedico e mi consacro, non senza motivo il mio cuore, per vostra materna degnazione, bramava ardentemente questo giorno nel quale potessi conoscere l'ineffabile altezza delle vostre virtù nello specchio delle vostre divine opere e udire la dolcezza delle vostre salutari parole. Confesso, Regina mia, con tutto il mio cuore, di non avere compiuto opera buona per meritare in premio questo beneficio. Penso che scrivere la vostra santissima vita sia piuttosto un'opera d'eccessiva audacia, tanto che non meriterei perdono, se non lo facessi unicamente per obbedire alla vostra volontà e a quella del vostro Figlio santissimo. Accogliete, o mia Signora, questo sacrificio di lode e parlate: la vostra serva vi ascolta. Risuoni, dolcissima Signora mia, nei miei orecchi la vostra soavissima voce, dal momento che voi avete parole di vita. Proseguite così, o mia Padrona, il vostro insegnamento, affinché in questo mare immenso delle vostre perfezioni il mio cuore si dilati ed abbia degna materia per lodare l'Onnipotente. Nel mio petto arde quel fuoco che la vostra pietà ha acceso, per desiderare ardentemente ciò che la virtù ha di più santo, di più puro e di più accetto agli occhi vostri. Nel profondo di me sento la legge della carne contrastare quella dello spirito; ciò mi causa ritardo od imbarazzo e giustamente temo che m'impedisca il bene che voi, o pietosissima Madre, mi offrite. Guardatemi, dunque, o Signora mia, come figlia istruendomi come discepola, correggendomi come serva e costringendomi come schiava se dovessi tardare o resistere. Non voglio che accada questo, ma purtroppo per debolezza cadrò. Io alzerò gli occhi per conoscere l'essere di Dio, con la divina sua grazia controllerò i miei affetti, così che si innamorino delle sue infinite perfezioni; se lo raggiungo non lo lascerò più. Però voi, Signora e madre della conoscenza e del bell'amore, chiedete a vostro Figlio e mio Signore che non mi abbandoni, dal momento che si mostrò generosissimo nel favorire la vostra umiltà, o Regina e signora di tutto il creato.

  2. #12
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    Libro I, Cap. 17, §§ 243-263

    CAPITOLO 17

    Proseguendo il mistero della concezione di Maria santissima mi fu fatta comprendere la prima parte del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse.


    243. Il beneficio della concezione immacolata di Maria santissima racchiude tanti e così imperscrutabili misteri che, per rendermi più capace di penetrarlo, sua Maestà me ne rivelò molti di quelli che san Giovanni pone nel capitolo ventunesimo dell'Apocalisse, rimettendomi alla comprensione che di essi mi era data. Per dichiarare qualcosa di ciò che mi fu manifestato, dividerò la spiegazione di quel capitolo in tre parti, al fine di evitare un poco la molestia che potrebbe causare se si trattasse tutto insieme. Darò prima la versione letterale, che è la seguente:

    244. Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»; e soggiunse:

    «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci. Ecco sono compiute! Io sono l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e zolfo. È’ questa la seconda morte».

    245. Questa è la prima delle tre parti del testo letterale ed io la spiegherò in questo capitolo dividendola nei suoi versetti. Vidi poi - dice l'Evangelista - un nuovo cielo e una nuova terra. Essendo già uscita Maria santissima dalle mani di Dio onnipotente e trovandosi così già nel mondo la materia immediata da cui si sarebbe formata l'umanità santissima del Verbo che doveva morire per l'uomo, l'Evangelista dice che vide un cielo nuovo e una nuova terra. Non senza grande proprietà poterono chiamarsi cielo nuovo quella natura e il seno verginale in cui e da cui si formò. In questo cielo, infatti, Dio cominciò ad abitare in un modo nuovo, ben differente da quello in cui aveva fino allora abitato nel cielo antico ed in tutte le creature. Si chiamò cielo nuovo anche quello dei santi dopo il mistero dell'incarnazione, poiché da questa ebbe origine per esso la novità di venire abitato dai mortali, cosa che prima non accadeva, e di venire rinnovato dalla gloria dell'umanità santissima di Cristo, nonché da quella della sua purissima Madre. Tale gloria fu tanto grande, dopo quella essenziale, che bastò per rinnovare i cieli e dare loro nuova bellezza e splendore. Benché qui stessero gli angeli buoni, questa era già come cosa antica e vecchia, per cui fu grande novità che l'Unigenito del Padre con la sua morte restituisse agli uomini il diritto alla gloria perduto per il peccato e li introducesse nel cielo, da cui erano stati esclusi, impotenti a riacquistarlo da se stessi. Siccome questa novità per il cielo cominciò da Maria santissima quando l'Evangelista la vide concepita senza il peccato, che impediva tutto ciò, questi disse che aveva visto un nuovo cielo.

    246. Vide anche una nuova terra, perché la terra antica di Adamo era maledetta, macchiata e rea della colpa e della condanna eterna, mentre la terra santa e benedetta di Maria fu terra nuova, scevra dalla colpa e dalla maledizione di Adamo. Fu terra talmente nuova che dall'epoca della prima formazione, cioè quella di Adamo ed Eva, non si era vista né conosciuta al mondo altra terra nuova sino a Maria santissima. Fu terra talmente nuova e scevra dalla maledizione di quella antica e vecchia che in questa terra benedetta si rinnovò anche tutta l'altra dei figli di Adamo. Veramente per la terra benedetta di Maria, e con essa ed in essa, restò benedetta, rinnovata e vivificata quella di Adamo, che fino allora era stata maledetta ed era invecchiata nella sua maledizione. Si rinnovò tutta per Maria santissima e per la sua innocenza. Essendo cominciato in lei questo nnnovamento della natura umana e terrena, san Giovanni dice che in Maria concepita senza peccato vide un cielo nuovo ed una terra nuova. Quindi prosegue:

    247. Perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi. Venendo al mondo ed apparendo in esso la nuova terra ed il nuovo cielo di Maria santissima e di suo Figlio, uomo e Dio vero, era conseguente che sparissero l'antico cielo e la terra invecchiata della natura umana e terrena con il peccato. Ci fu un nuovo cielo per la Divinità nella natura umana, che, preservata e libera dalla colpa, dava una nuova abitazione al medesimo Dio mediante l'unione ipostatica nella persona del Verbo, mentre cessò di esistere il primo cielo, che Dio aveva creato in Adamo, ma che si era macchiato rendendosi inadatto ad essere abitato da Dio. Questo scomparve e subentrò un altro cielo nuovo con la venuta di Maria. Cominciò anche ad esistere un nuovo cielo della gloria per la natura umana, non perché fosse stato rimosso o fosse scomparso l'empireo, ma perché questo cessò di essere senza uomini come era stato per tanti secoli. Quanto a questo, cessò di essere il primo cielo e divenne un cielo nuovo per i meriti di Cristo, che già cominciavano a risplendere nell'aurora della grazia, Maria santissima sua madre. Così, scomparvero il primo cielo e la prima terra, che sino allora era stata senza rimedio. Anche il mare non c'era più, poiché con la venuta di Maria santissima e di Cristo venne meno il mare di abominazioni e peccati che inondava il mondo e sommergeva la terra della nostra natura. In verità, il mare del sangue di Cristo sovrabbondò e superò quello dei peccati, essendo di valore tale che in comparazione nessuna colpa ha peso. Se i mortali volessero approfittare di questo mare infinito della misericordia divina e del merito di Gesù Cristo nostro Signore, cesserebbero di esistere tutti i peccati del mondo, essendo l'Agnello di Dio venuto per cacciarli e distruggerli tutti.

    248. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Poiché tutti questi misteri cominciavano da Maria santissima e si fondavano su lei, l'Evangelista dice che la vide sotto la forma della città santa di Gerusalemme, parlando della regina con questa metafora. Gli fu concesso di vederla in tale forma affinché conoscesse meglio il tesoro che ai piedi della croce gli era stato raccomandato ed affidato e lo custodisse con degna stima; infatti, anche se nessuna predisposizione del discepolo poteva essere tale da supplire alla mancanza della presenza del Figlio della Vergine, poiché san Giovanni prendeva il suo posto, era conveniente che fosse illuminato in modo conforme alla dignità ed all'ufficio che riceveva venendo sostituito al Figlio naturale.

    249. La santa città di Gerusalemme, per i misteri operati da Dio in essa, era il simbolo più conveniente di colei che era sua Madre, nonché centro e compendio di tutte le meraviglie dell'Onnipotente. Per questa stessa ragione è simbolo anche della Chiesa militante e di quella trionfante. La vista dell'aquila generosa che fu Giovanni si estese a tutte queste cose, per la corrispondenza e l'analogia che hanno tra loro queste mistiche città di Gerusalemme, ma contemplò soprattutto la Gerusalemme suprema che è Maria santissima, in cui stanno raccolte e riepilogate tutte le grazie, le meraviglie, i doni e le virtù della Chiesa militante e di quella trionfante. Tutto quello che fu operato nella Gerusalemme di Palestina e tutto ciò che essa ed i suoi abitanti significano si trova racchiuso in Maria purissima, città santa di Dio, in modo più mirabile ed eccellente che nel resto del cielo, della terra e di quanti lì vivono. La chiama nuova Gerusalemme per la novità di tutti i suoi doni, della sua grandezza e delle sue virtù, causa di nuova meraviglia per i santi; inoltre, perché venne dopo tutti i Padri antichi, i Patriarchi e i Profeti ed in lei si compirono e rinnovarono le loro voci, i loro oracoli, le loro promesse; ancora, perché viene senza il contagio della colpa e discende dalla grazia secondo un ordine tutto nuovo, distante dalla comune legge del peccato; infine, perché entra nel mondo trionfando sul demonio e sul primo inganno, e questa è la cosa più nuova che si sia vista nel mondo dal suo principio in poi.

    250. Essendo ciò del tutto nuovo sulla terra e non potendo provenire da questa, san Giovanni dice che discendeva dal cielo. Anche se secondo l'ordine comune della natura discese da Adamo, non venne per la via battuta ed ordinaria della colpa per la quale erano passati tutti i suoi predecessori, figli di quel primo delinquente. Per questa sola Signora ci fu un decreto a parte nella divina predestinazione e si aprì un nuovo sentiero attraverso il quale venisse al mondo con il suo Figlio santissimo, senza essere compagna nell'ordine della grazia ad alcun altro mortale e senza che alcun altro fosse compagno a lei ed a Cristo nostro Signore. Così, scese nuova dal cielo della mente e della determinazione di Dio. Dalla terra, macchiati da essa, discendono tutti gli altri figli di Adamo, mentre questa Regina di tutto il creato venne dal cielo, discendendo solo da Dio per l'innocenza e la grazia. Comunemente diciamo che uno viene da quella casa o prosapia da cui discende e discende da dove ha ricevuto il suo essere. Ora, l'essere naturale che Maria santissima ricevette da Adamo si ravvisa appena nel contemplarla madre del Verbo eterno e quasi a lato dell'eterno Padre per la grazia e la partecipazione alla sua divinità che ricevette per tale dignità. Questo è in lei l'essere principale, per cui l'altro, quello che ha dalla natura, risulta accessorio e secondario. Per questo, l'Evangelista fissò lo sguardo su quello principale, che scese dal cielo, e non su quello accessorio, che venne dalla terra.

    251. Prosegue dicendo che era pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Per il giorno del matrimonio i mortali cercano il maggiore ornamento e l'abbigliamento più elegante che si possano trovare per abbellire la sposa terrena e non importa che i gioielli più ricchi si abbiano in prestito, purché niente le manchi. Quindi, se confessiamo, come è necessario confessare, che Maria purissima fu sposa della santissima Trinità ed allo stesso tempo madre della persona del Figlio e che per tali dignità fu adornata e preparata dal medesimo Dio onnipotente, infinito e ricco senza misura e limiti, quale ornamento, quale preparazione, quali gioielli saranno quelli con cui egli impreziosì la sua sposa e madre perché divenisse degna sposa e degna madre? Avrà forse riservato qualche gioiello nei suoi tesori? Le avrà negato qualche grazia di quelle con cui il suo potente braccio avrebbe potuto arricchirla ed abbellirla? L'avrà lasciata brutta, scomposta, macchiata in qualche parte o per qualche istante? Sarà stato scarso od avaro con la madre e sposa sua colui che elargisce prodigiosamente i tesori della sua divinità a tante anime che rispetto a lei sono meno che serve, meno che schiave della sua casa? Tutte loro confessano, con il medesimo Signore, che una sola è l'eletta e la perfetta, che le altre devono riconoscere, testimoniare e magnificare come immacolata e fortunatissima fra le donne e della quale piene di ammirazione con giubilo e lode domandano: «Chi è costei che sorge come l'aurora, bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come schiere a vessilli spiegati?». È’ Maria santissima, unica sposa e madre dell'Onnipotente, che discese nel mondo adorna e preparata come sposa della beatissima Trinità, per il suo sposo e figlio. Questo arrivo ed ingresso nel mondo avvenne con tanti doni della Divinità che la sua luce la rese più vaga dell'aurora, più bella della luna, più eletta e singolare del sole, senza che nessuna a lei si potesse paragonare, più forte e potente di tutti gli eserciti del cielo e dei santi. Discese adornata e preparata per Dio, che le diede tutto ciò che egli volle, volle darle tutto ciò che poté e poté darle tutto ciò che non era essere Dio, sebbene fosse quanto di più vicino alla sua divinità e di più distante dal peccato potesse trovarsi in una semplice creatura. Questo ornamento fu intero e perfetto; non sarebbe stato tale se le fosse mancato qualcosa e le sarebbe mancato se fosse esistita qualche istante senza l'innocenza e la grazia. Forse, senza questa, sarebbe bastato a renderla così bella che l'ornamento ed i brillanti della grazia fossero posti sopra un volto deforme, macchiato dalla colpa, o sopra una veste sudicia ed indecente? Vi sarebbe rimasta sempre qualche imperfezione, per cui, per quanti accorgimenti si fossero usati, non si sarebbe mai potuto togliere l'ombra o il segno della macchia. Tutto ciò era poco conveniente per Maria, madre e sposa di Dio, e quindi anche per lui, che non l'avrebbe affatto adornata e preparata con amore di sposo né con attenzione di figlio, se per vestire la madre e sposa sua avesse cercato una stoffa macchiata e vecchia, mentre ne aveva in casa una ricca e preziosa.

    252. È’ ormai tempo che l'intelletto umano si estenda e si dilati per onorare la nostra grande Regina e chi avesse opinioni contrarie su tale punto, fondate su percezioni diverse, si ritiri e si trattenga dallo spogliarla dell'ornamento della sua purezza immacolata nell'istante della sua divina concezione. Per la forza della verità e della luce in cui vedo questi ineffabili misteri, confesso una e più volte che tutti i privilegi, le grazie, le prerogative, i favori ed i doni di Maria santissima, incluso quello di essere madre di Dio - per come mi sono fatti conoscere - dipendono ed hanno origine dall'essere stata immacolata e piena di grazia nella sua concezione purissima, cosicché senza questo beneficio tutti gli altri apparirebbero informi e mancanti ovvero come un sontuoso edificio senza fondamento solido e proporzionato. Hanno tutti relazione secondo un certo ordine e collegamento con la purezza ed innocenza della concezione. Per questo si è dovuto necessariamente toccare tante volte questo mistero nel corso di questa Storia, cominciando dai decreti divini sulla formazione di Maria e del suo Figlio santissimo in quanto uomo. Non mi dilungo più su questo, ma avverto tutti che la Regina del cielo apprezzò talmente l'ornamento e la bellezza che il suo Figlio e sposo le diede nella sua purissima concezione che in proporzione di tale stima sarà la sua indignazione contro chi con ostinazione e perfidia pretenderà di spogliarla di ciò, infliggendole tale macchia mentre il suo Figlio santissimo si è degnato di manifestarla al mondo così adorna e bella, per gloria sua e speranza dei mortali.

    253. Udii allora una voce potente che usciva dal trono:

    «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro ». La voce dell'Altissimo è grande, forte, soave ed efficace per muovere ed attirare completamente a sé la creatura. Tale fu questa voce che san Giovanni udì uscire dal trono della santissima Trinità. Essa gli rapì tutta l'attenzione che era richiesta, dicendogli di fissare lo sguardo sul tabernacolo di Dio, affinché mediante il raccoglimento conoscesse perfettamente il mistero che gli veniva palesato vedendo la dimora di Dio con gli uomini: egli avrebbe vissuto con loro, sarebbe stato il loro Dio ed essi suo popolo. Tutto questo mistero era racchiuso nel vedere Maria santissima discendere dal cielo nella forma che ho detto, perché, stando questa dimora di Dio nel mondo, conseguiva che lo stesso Dio venisse a stare con gli uomini, vivendo ed abitando in essa senza allontanarsene. In verità, fu come dire all'Evangelista: «Il re ha già la sua casa e corte nel mondo, per cui è evidente che andrà ad abitare in essa». Ma in che modo abiterà in tale dimora? Prendendo da essa stessa la forma umana, per passare nel mondo ed abitare con gli uomini, essere loro Dio ed essi suo popolo, come eredità di suo padre ed allo stesso tempo di sua madre. Del Padre eterno fummo eredità per il suo Figlio santissimo non solo perché in lui e per lui creò tutte le cose e le diede a lui in eredità nell'eterna generazione, ma anche perché come uomo egli ci riscattò nella nostra stessa natura, facendoci suo popolo e sua eredità paterna e rendendoci suoi fratelli. Per la stessa ragione della natura umana fummo e siamo eredità legittima della sua santissima Madre, perché ella gli diede la forma della carne umana con cui ci acquistò per sé. Per questo ella, essendo sua Madre e figlia e sposa della santissima Trinità, veniva ad essere signora dell'intero creato, che il suo unigenito doveva ereditare. Certamente ciò che concedono le leggi umane, essendo basato sulla ragione naturale, non doveva mancare in quelle divine.

    254. Uscì questa voce dal trono regale per mezzo di un angelo che mi parve dicesse all'Evangelista: «Fa' bene attenzione e guarda la dimora di Dio con gli uomini, in cui vivrà con loro ed essi saranno suo popolo. Egli diventerà loro fratello prendendo la loro forma per mezzo di questo tabernacolo che è Maria, che vedi scendere dal cielo per la sua concezione e formazione». Noi possiamo rispondere con lieto sembiante a questi cortigiani del cielo che la dimora di Dio sta molto bene con noi, perché è nostra ed attraverso di essa diverrà nostro anche Dio. In essa riceverà vita e sangue da offrire per noi, facendoci suo popolo, vivendo con noi come in sua casa e dimora, poiché lo riceveremo come sacramento, resi così a nostra volta sua dimora. Siano contenti, questi divini spiriti e principi, di essere fratelli più grandi e meno bisognosi degli uomini. Noi siamo i piccoletti e deboli che abbiamo bisogno dei doni e dei favori del nostro Padre e fratello. Venga nella dimora della Madre sua e nostra, prenda la forma della carne umana dalle sue viscere verginali; la Divinità si rivesta e viva con noi ed in noi. Teniamocelo così vicino che egli sia nostro Dio e noi suo popolo e sua dimora. Ne stupiscano gli spiriti angelici e, rapiti da tali meraviglie, lo benedicano; godiamolo noi mortali, accompagnandoli nella medesima lode di ammirazione e di amore. Ora il testo continua:

    255. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. Mediante il frutto della redenzione umana, di cui ci fu dato pegno certo nella concezione di Maria santissima, si asciugarono le lacrime che il peccato aveva provocato negli occhi dei mortali. Per questo, per coloro che approfitteranno delle misericordie dell'Altissimo, del sangue e dei meriti di suo Figlio, dei suoi misteri e sacramenti, dei tesori della sua Chiesa e dell'intercessione della sua santissima Madre, non ci sarà morte, né dolore, né pianto, avendo cessato di esistere la morte causata dal peccato ed avendo avuto fine tutto ciò che da essa era conseguito. Il vero pianto se ne andò negli abissi con i figli della perdizione, dove non è rimedio. Il dolore delle tribolazioni temporali, poi, non è pianto né dolore vero, ma apparente; esso sta bene insieme alla vera e somma allegrezza ed anzi, accolto di buon animo, è di inestimabile valore. Come pegno di amore lo scelse per sé, per sua Madre e per i suoi fratelli lo stesso Figlio di Dio.

    256. Neppure vi saranno grida e voci di lamento, perché i giusti ed i saggi sull'esempio del loro Maestro e della Madre umilissima devono imparare a tacere, come fa la semplice pecorella quando è condotta ad essere vittima e sacrificio. Al diritto che ha la fragile natura di cercare qualche sollievo in grida e lamenti devono rinunciare gli amici di Dio, che vedono sua Maestà, loro capo ed esempio, umiliato sino alla morte obbrobriosa della croce per riparare i danni della nostra poca capacità di soffrire e di sopportare. Di fronte ad un simile esempio, come si può permettere alla nostra natura di alterarsi e lamentarsi nelle tribolazioni? Come le si può accordare di muoversi in modo disordinato e contrario alla carità, mentre Cristo viene a stabilire la legge dell'amore fraterno? L'Evangelista torna a dire che non ci sarà più dolore, perché, se ne doveva restare uno negli uomini, era quello della cattiva coscienza, ma come rimedio a questo male fu medicina così soave l'incarnazione del Verbo nelle viscere di Maria santissima che già esso è piacevole e causa di allegrezza. Anzi, neanche merita il nome di dolore, perché contiene in sé il sommo e vero gaudio e con la sua introduzione nel mondo passarono le cose di prima, cioè i dolori ed i rigori inefficaci della legge antica, poiché si temperarono e terminarono con l'abbondanza della legge evangelica nel dare la grazia. Per questo, soggiunge: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Questa voce venne da Colui che stava assiso sul trono, poiché egli stesso si dichiarò artefice di tutti i misteri della nuova legge del Vangelo. Poiché questa novità cominciava da una cosa così singolare e non pensata dalle creature come l'incarnazione dell'Unigenito del Padre in una Madre vergine e purissima, era necessario che, se tutto doveva essere nuovo, non vi fosse in lei alcuna cosa vecchia, come è il peccato originale, antico quasi quanto la natura, per cui, se la madre del Verbo che stava per incarnarsi lo avesse avuto in sé, Dio non avrebbe fatto nuove tutte le cose.

    257. E soggiunse: «Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci. Ecco, sono compiute!». Per parlare umanamente, Dio soffre vivamente della dimenticanza delle grandi opere d'amore che egli fece per noi con la sua incarnazione e con la redenzione degli uomini. Perciò, in memoria di tanti benefici ed in riparazione della nostra ingratitudine, comanda che si scrivano. Così i mortali dovrebbero scriverle nei loro cuori e temere l'offesa che commettono contro Dio con una così villana ed esecrabile dimenticanza. Benché sia vero che i cattolici hanno fede in tali misteri, con la noncuranza che mostrano nel gradirli e con quella che fanno supporre nel dimenticarli, pare che tacitamente li neghino, vivendo come se non li credessero. Quindi, affinché abbiano un accusatore della loro triste ingratitudine, il Signore dice che queste parole sono certe e veraci. Ed essendo veramente tali, si vedano il torpore e la grettezza dei mortali nel non convincersi di verità che, come sono fedelissime, sarebbero efficaci per muovere il cuore umano e vincerne la ribellione, quando come vere e fedelissime si fissassero nella memoria, si ruminassero in essa e si ritenessero certe, infallibili ed operate da Dio per ciascuno di noi.

    258. Per altro, non essendo i doni di Dio soggetti a pentimento, poiché non ritratta il bene che fa anche se disobbligato dagli uomini, dice che già è compiuto, quasi lasciasse intuire che, sebbene per la nostra ingratitudine lo abbiamo irritato, non vuole retrocedere nel suo amore. Anzi, avendo inviato al mondo Maria santissima senza la colpa originale, già dà per compiuto tutto quanto appartiene al mistero dell'incarnazione. Trovandosi, infatti, Maria purissima sulla terra, non pare che il Verbo eterno possa restare nel solo cielo senza scendere a prendere carne umana nel suo seno. Assicura maggiormente ciò soggiungendo: «Io sono l'Alfa e l'Omèga, la prima e l'ultima lettera, che come principio e fine racchiude la perfezione di tutte le opere, per cui, se do a queste principio, è per condurle fino alla perfezione del loro ultimo fine. Così farò per mezzo di questa opera di Cristo e Maria; come con essa diedi principio a tutte le opere della grazia, così attraverso di essa darò loro fine. E nell'uomo porterò e guiderò tutte le creature a me, come a loro ultimo fine e come a centro dove riposano».

    259. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni. Affinché s'intendesse che tutto quanto Dio fa ed ha fatto per gli uomini è gratuito e senza obbligazioni di sorta, disse l'Apostolo: Chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo, sì che abbia a riceverne il contraccambio?. L’origine di tutte le fonti non deve la sua corrente a nessuno di quelli che vanno a bere da esse, ma spontaneamente ed in modo gratuito vengono date a tutti quelli che vi accorrono. Se non tutti partecipano della sua acqua, ciò non è colpa della fontana, ma solo di chi non va a berne, mentre essa sta invitando tutti con abbondanza ed allegrezza. Anzi, poiché non vanno a lei e non la cercano, esce essa stessa a cercare chi la riceva e corre senza fermarsi. Tanto gratuitamente e spontaneamente si offre a tutti! Oh, tiepidezza riprensibile dei mortali! Oh, abominevole ingratitudine! Se niente ci deve il vero Signore Dio e se ci diede e ci dà ogni cosa per grazia, se tra tutti i benefici e le grazie il maggiore fu essersi fatto uomo ed essere morto per noi, poiché con tale beneficio ci diede tutto se stesso, correndo l'impeto della divinità fino ad incontrarsi con la nostra natura per unirsi con essa e con noi, com'è possibile che, essendo noi tanto assetati di onore, gloria e piaceri, non andiamo a bere tutto questo a tale fontana che ce lo offre gratuitamente? Così ne vedo la causa: non è della gloria vera e del vero onore e riposo che siamo assetati; perciò aneliamo a ciò che èingannevole ed apparente, disprezzando le fonti della grazia che ci aprì Gesù Cristo nostro bene con i suoi meriti e con la sua morte. A chi avrà sete della divinità e della grazia, però, il Signore promette che darà gratuitamente dell'acqua della vita. Oh, quale compassione e dolore che, essendosi scoperta la sorgente della vita, tanto pochi siano assetati di essa e tanti invece corrano alle acque di morte! Soltanto chi vincerà in se stesso il demonio, il mondo e la propria carne possederà queste cose. Dio aggiunge che costui le possederà, perché, essendo queste acque date a lui per grazia, potrebbe temere che venga un tempo in cui gli siano negate o tolte; quindi, per rassicurarlo, Dio dice che gli saranno date in possesso pieno ed illimitato.

    260. Lo assicura, inoltre, con un'altra nuova e maggiore affermazione, dicendogli: Io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio. Ora, se egli è per noi Dio e noi siamo figli, è evidente che con ciò egli ci ha fatto suoi figli. Essendo figli, consegue che siamo eredi dei suoi beni; ed essendo eredi, sebbene tutta questa eredità sia gratuita, è per noi sicura come lo sono per i figli i beni del loro padre. Di più, essendo egli allo stesso tempo Padre e Dio infinito negli attributi e nelle perfezioni, chi potrà dire quanti o quali siano i beni che ci offre facendoci suoi figli? Qui si comprendono l'amore paterno, l'esistenza, la vocazione, la storia e la giustificazione, i mezzi per raggiungerla e, come fine di tutto, la glorificazione ed uno stato di felicità che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo. Tutto questo è riservato per quelli che vinceranno, mostrandosi figli coraggiosi e veri.

    261. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e zolfo. È questa la seconda morte. In questo terribile elenco si sono iscritti con le loro stesse mani innumerevoli figli della perdizione, perché è infinito il numero degli stolti che ciecamente scelgono la morte, rinunciando al cammino della vita. Non accade perché questo è nascosto a quanti hanno occhi, ma perché li chiudono alla luce, lasciandosi sempre affascinare ed accecare dalle arti di satana, che, secondo le differenti inclinazioni e voglie degli uomini, offre loro il veleno nascosto in diverse bevande di vizi che appetiscono. I vili sono quelli che ora vogliono ed ora non vogliono, senza avere gustato la manna della virtù, che a loro si presenta insipida, e senza avere inoltrato il piede nel cammino della vita eterna, che appare loro un'impresa terribile, mentre il giogo del Signore è dolce ed il suo carico è leggero. Ingannati così da questo timore, si lasciano vincere prima dalla codardia che dalla fatica. Altri poi, increduli, o non ammettono le verità rivelate negando loro fede, come gli eretici, i pagani e gli infedeli, oppure, se le credono come cattolici, pare che le odano da lontano e che le credano per altri anziché per se stessi. Così, hanno una fede morta ed operano come se fossero increduli.

    262. Gli abietti sono quelli che, seguendo senza ritegno né freno qualunque vizio, anzi gloriandosi delle malvagità e non facendo alcun caso di commetterle, si rendono spregevoli a Dio, esecrabili e maledetti, giungendo ad uno stato di ribellione che rende loro quasi impossibile fare il bene. Costoro, allontanandosi dal cammino della vita eterna come se non fossero creati per essa, si separano e si alienano da Dio, dai suoi benefici e dalle sue benedizioni, divenendo abominevoli allo stesso Signore ed ai suoi santi. Gli omicidi sono quelli che, senza timore né riverenza della divina giustizia, usurpano a Dio il diritto di supremo signore per governare l'universo e castigare e vendicare le ingiurie, meritando in tale modo di venire misurati e giudicati con la stessa misura con cui essi hanno voluto misurare gli altri e giudicarli. Gli immorali sono quelli che per un breve ed immondo piacere, aborrito appena compiuto senza che ne venga saziato il disordinato appetito, non si curano dell'amicizia di Dio e disprezzano le gioie eterne, le quali, saziando, sono desiderate sempre più e soddisfano senza che mai si debbano perdere. I fattucchieri sono quelli che credettero e sperarono nelle false promesse del serpente mascherato sotto l'apparenza di amico, restando così ingannati e pervertiti per ingannare e pervertire altri. Gli idolatri sono quelli che, andando in cerca della divinità, non la trovarono, mentre sta vicino a tutti. La attribuirono ad oggetti che non potevano averla, perché la davano loro quelli stessi che li fabbricavano: ombre inanimate della verità e cisterne screpolate, incapaci di contenere la grandezza del Dio vero. I mentitori sono quelli che si oppongono alla somma Verità che è Dio e, abbandonandosi all'estremo contrario, si privano della sua rettitudine e virtù; confidano più nel finto inganno che nello stesso autore della verità e di ogni bene.

    263. L'Evangelista dice di avere udito che per tutti costoro è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E’ questa la seconda morte. Avendo Dio giustificato la sua causa con la grandezza dei suoi benefici e delle sue misericordie senza numero, con lo scendere dal cielo a vivere e morire tra gli uomini per riscattarli con la sua medesima vita ed il suo sangue, con il lasciare tante sorgenti di grazia a nostro libero uso e gratuite nella santa Chiesa, e soprattutto la madre della medesima grazia e fonte della vita, Maria santissima, per mezzo della quale poterla ottenere, chi mai potrà redarguire la divina equità e giustizia, se di tutti questi benefici e tesori i mortali non hanno voluto approfittare e se hanno rinunciato all'eredità della vita per seguire con un momentaneo diletto quella della morte? È naturale che raccolgano quello che hànno seminato e che la loro parte ed eredità sia il fuoco eterno in quell'abisso terribile di zolfo dove non è redenzione né più speranza di vita, per essere incorsi nella seconda morte. Questa è interminabile per la sua eternità, ma tuttavia meno abominevole della prima morte del peccato che i reprobi si attirarono volontariamente con le proprie mani, poiché fu morte alla grazia, causata dal peccato che si oppose alla bontà ed alla santità infinita di Dio offendendolo quando doveva essere adorato e riverito. Giusto castigo è la morte per chi merita di essere condannato; a lui l'applica la giustizia rettissima. Per mezzo di essa Dio viene glorificato e magnificato, come con il peccato fu disprezzato ed oltraggiato. Sia egli per tutti i secoli temuto ed adorato. Amen.

  3. #13
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    Libro I, Cap. 18, §§ 264-281

    CAPITOLO 18

    Prosegue il mistero della concezione di Maria santissima con la seconda parte del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse.


    264. Proseguendo, la versione letterale del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse si esprime così: Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello». L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.

    265. Questi angeli, di cui parla in questo luogo l'Evangelista, sono sette tra quelli che stanno alla presenza di Dio, ai quali egli ha dato potere di punire alcuni peccati degli uomini. Questa vendetta dell'ira dell'Onnipotente avverrà negli ultimi secoli del mondo ed il castigo sarà così nuovo che né prima né dopo nella vita mortale se ne sarà visto altro maggiore. Siccome questi misteri sono arcani e non di tutti ho luce, né appartengono tutti a questa Storia, non occorre che mi dilunghi in essi; passo subito a ciò che mi interessa. Questo angelo che parlò a san Giovanni è quello per mezzo del quale Dio vendicherà con terribile castigo le ingiurie fatte contro la sua santissima Madre, poiché, per averla disprezzata con folle audacia, hanno eccitato l'indignazione della sua onnipotenza. Essendosi la santissima Trinità impegnata ad onorare ed innalzare questa Regina del cielo sopra ogni creatura umana ed angelica e a porla nel mondo come specchio della divinità ed unica mediatrice dei mortali, Dio avrà particolare cura di punire le eresie, gli errori, le bestemmie e qualsiasi irriverenza commessa contro di lei, il non averlo glorificato, conosciuto ed adorato in questa sua dimora e il non avere approfittato di una così incomparabile misericordia. Questi castighi sono profetizzati nella Chiesa santa. E sebbene l'enigma dell'Apocalisse copra di oscurità questo rigore, guai agli infelici cui toccherà e guai a me che offesi un Dio così forte e potente nel castigo! Rimango stupefatta nel venire a conoscere una calamità così grande come Dio la minaccia.

    266. L'angelo parlò all'Evangelista e gli disse: Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello. Qui dichiara che la città santa di Gerusalemme che gli mostrò è la sposa dell'Agnello, intendendo sotto questa metafora - come ho già detto - Maria santissima, che san Giovanni contemplava, madre e sposa dell'Agnello che è Cristo, perché tutti e due questi uffici la regina ebbe ed esercitò divinamente. Fu sposa di Dio, unica e singolare per la particolare fede e per l'amore con cui questo matrimonio fu compiuto. Fu madre del Signore incarnato, dandogli la sua sostanza e carne mortale ed allevandolo e nutrendolo nella forma umana che gli aveva dato. Per vedere ed intendere così alti misteri, l'Evangelista fu sollevato in spirito su di un alto monte di santità e di luce, poiché senza uscire da se stesso e sollevarsi sopra la debolezza umana non li avrebbe potuti comprendere, come per le stesse cause non li intendiamo noi creature imperfette, terrene ed abiette. Così sollevato, dice: Mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, edificata e formata non sulla terra, dove era come pellegrina e straniera, ma in cielo, dove non si poté costruire con materiali di terra semplice e comune. In verità, se dalla terra ne fu presa la natura, fu allo scopo di sollevarla al cielo, per edificare qui questa città mistica in modo tutto celestiale, angelico ed anche divino e simile alla Divinità.

    267. Aggiunge che era risplendente della gloria di Dio, poiché l'anima di Maria santissima partecipò della divinità, dei suoi attributi e delle sue perfezioni in modo tale che, se fosse possibile vederla nel suo proprio essere, apparirebbe illuminata con lo splendore eterno del medesimo Dio. Cose grandi e magnifiche sono state dette nella Chiesa cattolica su questa città di Dio e sulla gloria che ricevette dallo stesso Signore. Eppure, tutto è poco ed i termini umani sono insufficienti, cosicché l'intelletto creato, vedendosi vinto, finisce per dire che Maria santissima ebbe un non so che della Divinità, confessando così la verità nella sostanza ed allo stesso tempo la propria ignoranza inabile a spiegare ciò che si riconosce vero. Se fu costruita in cielo, solo il suo artefice conosce la sua grandezza, la parentela e l'affinità che egli contrasse con Maria santissima, assimilando le perfezioni che le donò a quelle stesse che racchiude in sé la sua infinita divinità e grandezza.

    268. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. Non è tanto difficile intendere come assomigli al cristallo e al diaspro insieme, cose così dissimili tra loro, quanto lo è comprendere come sia somigliante a Dio; però, per mezzo di quella similitudine conosceremo in qualche modo quest'ultima. Il diaspro contiene molti colori, aspetti e molteplicità di ombre, di cui si compone; invece, il cristallo è chiarissimo, purissimo ed uniforme. Tutti e due insieme formano una singolare e bella varietà. L'anima di Maria santissima fu composta ed intessuta di diverse virtù e perfezioni, in modo tale che tutte queste grazie, e lei stessa, furono simili ad un cristallo purissimo, senza neo né atomo di colpa. Anzi, nella sua limpidezza e purezza, ella riflette e presenta aspetti di divinità, come il cristallo che, colpito dal sole, pare lo tenga dentro di sé riverberando come il sole stesso. Questo diaspro cristallino ha anche delle ombre, poiché Maria è figlia di Adamo, non più che creatura, e tutto il suo splendore le è comunicato dal sole della Divinità. Così, benché sembri sole divino, non lo è per natura, ma per partecipazione e comunicazione della sua grazia; è creatura formata e plasmata dalla mano dello stesso Dio, ma quale doveva essere per divenire sua Madre.

    269. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte. I misteri racchiusi in questa muraglia ed in queste porte di una tale città mistica, cioè Maria santissima, sono così grandi ed imperscrutabili che io, donna ignorante e tarda, potrò difficilmente esprimere a parole ciò che mi verrà rivelato. Avverto che nel primo istante della concezione di Maria santissima, quando Dio le si manifestò per mezzo di quella visione ed in quel modo che ho riferito sopra, tutta la beatissima Trinità - a nostro modo di intendere - fece un accordo e quasi un contratto con questa signora, come rinnovando gli antichi decreti di crearla ed esaltarla, ma senza per il momento darne a lei conoscenza. Avvenne con un dialogo tra le tre divine Persone, in cui si espressero così:

    270. «La dignità che stiamo per dare a quella semplice creatura, di nostra sposa e Madre del Verbo, richiede come cosa a lei dovuta che noi la costituiamo regina e signora dell'intero creato. Per questo, oltre ai doni ed alle ricchezze della nostra divinità, che le concediamo in dote per lei stessa, conviene che le diamo autorità di disporre dei tesori delle nostre misericordie infinite, perché da essi possa trarre e distribuire a suo piacere le grazie ed i favori necessari ai mortali, specialmente a quelli che la invocheranno come suoi figli e devoti, e perché possa arricchire i poveri, risanare i peccatori, fare grandi i giusti ed essere universale patrocinio di tutti. Perciò, affinché tutte le creature la riconoscano come loro Regina, superiora e depositaria dei nostri beni infiniti con facoltà di poterli dispensare, le consegneremo le chiavi del nostro cuore e volere, dovendo essere in tutto l'esecutrice del nostro beneplacito con le creature. Le daremo anche dominio e potere sul dragone nostro nemico e su tutti i suoi alleati, cosicché temano la sua presenza ed il suo nome e da questo siano schiacciati e fatti svanire i loro inganni. Inoltre, tutti i mortali che ricorreranno a questa città di rifugio, lo trovino certo e sicuro, senza timore dei demoni né dei loro inganni».

    271. Senza manifestare all'anima di Maria santissima tutto ciò che era contenuto in questo decreto ed in questa promessa, il Signore in quel primo istante le comandò di pregare con affetto e di intercedere per tutti, procurando e sollecitando la loro salvezza eterna, specialmente per quelli che si fossero raccomandati a lei nel corso della loro vita. La santissima Trinità le prometteva che in quel rettissimo tribunale niente le sarebbe stato mai negato: comandasse, dunque, al demonio cacciandolo con autorità e forza da tutte le anime, poiché in tutto questo l'avrebbe assistita il braccio dell'Onnipotente. Non le fu, però, rivelata la ragione per cui le veniva concesso tale favore e gli altri contenuti in esso, e cioè che doveva diventare Madre del Verbo. Perciò san Giovanni, dicendo che la città santa aveva un grande e alto muro, volle significare questo beneficio fatto da Dio a sua Madre costituendola sacro rifugio, custodia e difesa degli uomini, affinché tutti i figli di Adamo trovassero ciò in lei come in una città forte e dentro una muraglia sicura contro i nemici e facessero ricorso a lei come a regina potente, signora dell'intero creato e dispensatrice di tutti i tesori del cielo e della grazia. Dice, poi, che questa muraglia era molto alta, perché il potere di Maria purissima per vincere il demonio e per sollevare le anime alla grazia è così alto che è prossimo a Dio stesso. Insomma, questa città è così ben guarnita e difesa ed è talmente sicura per sé e per quanti cercano in essa protezione che tutte le forze create non potranno mai conquistare né scalare le sue mura; lo può solo Dio.

    272. Queste mura della città santa hanno dodici porte, perché il suo ingresso è libero ed aperto a tutte le nazioni e le generazioni, senza escluderne alcuna. Tutti, anzi, essa invita, affinché nessuno - se non lo vuole - sia privato della grazia e dei doni dell'Altissimo né della sua gloria, per mezzo della Regina madre di misericordia. Sulle dodici porte stanno dodici angeli. Questi santi principi sono i dodici da me sopra citati tra i mille che furono destinati alla custodia della Madre del Verbo che stava per incarnarsi. Ministero di questi dodici angeli, oltre che l'assistenza alla regina, fu il servirla specialmente nell'ispirare e difendere le anime che con devozione invocano Maria nostra regina in loro difesa e si distinguono nella devozione, nella venerazione e nell'amore verso di lei. L'Evangelista dice che li vide sulle porte di questa città perché essi sono ministri che agiscono nell'aiutare, ispirare e dirigere i mortali, cosicché entrino per le porte della pietà di Maria santissima all'eterna felicità. E molte volte ella li manda con ispirazioni e favori, affinché sottraggano dai pericoli e dalle tribolazioni dell'anima e del corpo coloro che la invocarlo e sono suoi devoti.

    273. Soggiunge che avevano nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele, perché gli angeli ricevono i loro nomi dal ministero e dall'ufficio per cui vengono inviati nel mondo. Poiché questi dodici principi assistevano la Regina del cielo specialmente per cooperare secondo il suo volere alla salvezza degli uomini e poiché sotto il nome delle dodici tribù d'Israele sono significati tutti gli eletti che formano il popolo santo di Dio, l'Evangelista dice che tali angeli avevano i dodici nomi delle dodici tribù, come destinati ciascuno alla propria tribù, e che attendevano alla protezione ed alla cura di quanti per queste porte dell'intercessione di Maria santissima sarebbero entrati nella Gerusalemme celeste da tutte le nazioni e le generazioni.

    274. Meravigliandomi io di tale e tanta grandezza di Maria purissima e che ella fosse la mediatrice e la porta per tutti i predestinati, mi fu fatto intendere che questo beneficio corrispondeva all'ufficio di madre del Cristo e al beneficio che come madre aveva fatto al suo Figlio santissimo ed agli uomini: aveva donato a lui dal suo purissimo sangue e dalla sua sostanza il corpo umano, con cui avrebbe patito e redento gli uomini. Così, in qualche maniera ella pati e morì in Cristo per questa unità di carne e di sangue; inoltre, lo accompagnò nella sua passione e morte, che pati volontariamente come poté, con sovrumana umiltà e fortezza. Per questo, avendo cooperato alla passione ed avendo dato a suo Figlio la sostanza in cui soffrire per il genere umano, il Signore in cambio la fece partecipe della dignità di redentrice e le consegnò i meriti ed il frutto della redenzione affinché li distribuisse e solo per sua mano venissero comunicati ai salvati. Oh, ammirabile tesoriera di Dio, quanto sicure si trovano nelle tue divine e liberali mani le ricchezze della destra dell'Onnipotente! La città aveva a oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. A ciascuna parte del mondo corrispondono tre porte e nel numero di tre dispensa a tutti noi mortali quanto possiedono cielo e terra, anzi quello stesso che diede l'esistenza a tutto il creato, cioè le tre divine Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ciascuna delle tre vuole e dispone che Maria santissima abbia porte per sollecitare i doni di Dio a favore dei mortali. E sebbene sia un Dio solo in tre Persone, ciascuna delle tre le dà ingresso e libero accesso perché questa purissima Regina entri al tribunale della santissima Trinità per intercedere, chiedere ed ottenere doni e grazie da distribuire ai suoi devoti che la cercheranno e la legheranno a sé in qualsiasi parte del mondo, cosicché in nessun luogo ci sia scusa per alcuno dei mortali di ogni generazione e nazione, essendovi non una sola, ma tre porte aperte verso tutte le parti dell'universo. Già accedere ad una città che abbia libero ed aperto l'ingresso per una porta è cosa così facile che se qualcuno non entrasse non sarebbe per mancanza di porte, ma perché egli stesso si trattiene e non vuole mettersi in salvo. Che cosa potranno qui rispondere gli increduli, gli eretici ed i pagani? E che cosa i cattivi cristiani e i peccatori ostinati? Se i tesori del cielo stanno in mano alla nostra Madre e signora, se ella per mezzo dei suoi angeli ci chiama e sollecita e se è la porta, anzi molte porte del cielo, come avviene che siano tanti quelli che se ne stanno fuori e tanto pochi quelli che vi entrano?

    275. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. I basamenti immutabili e forti su cui Dio edificò la città santa di Maria sua madre furono tutte le virtù che lo Spirito Santo le dava con speciale disposizione. Dice poi che furono dodici, con i dodici nomi degli Apostoli, sia perché ella fu fondata al di sopra della più alta santità di coloro che sono i più grandi tra i santi, secondo quel detto di Davide per cui le sue fondamenta sono sui monti santi, sia perché la santità e la sapienza di Maria furono per gli Apostoli il loro fondamento e la loro fermezza dopo la morte di Cristo e la sua ascesa al cielo. Anche se sempre fu loro maestra ed esempio, allora fu lei sola il maggiore sostegno della Chiesa primitiva. Essendo stata destinata a questo ministero fin dalla sua immacolata concezione mediante le grazie e le virtù corrispondenti, viene detto qui che i suoi basamenti erano dodici.

    276. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro e misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi. In queste misure l'Evangelista racchiuse grandi misteri riguardanti la dignità, le grazie, i doni ed i meriti della Madre di Dio. Fu veramente grande la sua misura, cioè quella della dignità e dei benefici che Dio pose in lei; ma a questa corrispose l'altra della sua gratitudine per quanto fu possibile, cosicché le due misure furono uguali. La sua lunghezza è uguale alla larghezza, cosicché in tutte le sue parti è proporzionata ed uguale, senza che in lei si trovino mancanza, disuguaglianza o sproporzione alcuna. Non mi dilungo per ora su questo, rimettendomi a ciò che dirò in tutto il corso della sua vita. Avverto solamente che questa misura, con cui furono misurate la dignità, i meriti e le grazie di Maria santissima, fu l'umanità del suo benedettissimo Figlio unita al Verbo divino.

    277. Questa umanità viene chiamata canna dall'Evangelista per la fragilità della nostra natura di debole carne e viene detta d'oro per la divinità della persona del Verbo. Fu con questa dignità di Cristo, Dio ed uomo vero, con i doni della natura unita alla divina Persona e con i meriti di questa che venne misurata dallo stesso Signore la sua Madre santissima. Fu lui che la misurò con se stesso ed ella, misurata così da lui, risultò uguale e proporzionata nell'altezza della sua dignità di madre. Nella lunghezza dei suoi doni e benefici e nella larghezza dei suoi meriti, in tutto fu uguale senza mancanza né sproporzione. Se non poté essere uguale in modo assoluto al suo Figlio santissimo con quella uguaglianza che i dotti chiamano matematica, a quanto sento - e ciò perché, essendo Cristo Signore nostro uomo e Dio vero ed ella semplice creatura, la misura doveva necessariamente eccedere infinitamente la cosa misurata - Maria purissima ebbe una certa uguaglianza di proporzione con il suo Figlio santissimo. Di fatto, come a lui niente mancò di quanto gli conveniva e di quanto doveva avere come Figlio vero di Dio, così a lei niente mancò di quanto le era dovuto né ella mancò a quanto doveva come Madre vera dello stesso Dio. Così, ella come madre e Cristo come figlio ebbero uguale proporzione di dignità, di grazia e di doni, come anche di meriti; e nessuna grazia creàta vi fu in Cristo che con data proporzione non fosse nella sua Madre purissima.

    278. Dice che misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi. Questa misura di stadi ed il numero dodicimila con cui fu misurata la divina Signora nella sua concezione racchiudono profondi misteri. L'Evangelista chiamò stadi la misura perfetta con cui si misura l'altezza di santità dei predestinati, secondo i doni di grazia e di gloria che Dio nella sua mente e nei suoi eterni decreti dispose ed ordinò di comunicare loro per mezzo del suo Figlio che stava per incarnarsi, valutandoli e determinandoli con la sua infinita equità e misericordia. Con questi stadi tutti gli eletti e l'altezza delle loro virtù e dèi loro meriti sono misurati dal medesimo Signore. Infelicissimo colui che non giungerà a tale misura né si troverà corrispondente ad essa, quando il Signore lo misurerà! Il numero dodicimila comprende tutto il resto dei predestinati ed eletti, ricondotti ai dodici capi di queste migliaia, cioè i dodici Apostoli principi della Chiesa cattolica, così come nel capitolo settimo dell'Apocalisse sono ricondotti alle dodici tribù d'Israele. Ciò accade perché tutti gli eletti si devono conformare ed attenere alla dottrina che gli Apostoli dell'Agnello insegnarono, come ho già detto sopra circa quel capitolo.

    279. Da tutto ciò si conosce la grandezza di questa città di Dio, Maria santissima, poiché, se agli stadi materiali assegniamo almeno centoventicinque passi per ciascuno, immensa si stimerebbe una città di dodicimila stadi. Maria santissima, signora nostra, fu misurata con gli stadi con cui Dio misura tutti i predestinati. Dell'altezza, lunghezza e larghezza di tutti loro insieme non avanzò nulla, perché colei che era Madre del medesimo Dio e loro regina e signora li uguagliò e da sola poté contenere più del resto dell'intero creato.

    280. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Questa non fu la misura della lunghezza delle mura della città di Dio, ma della sua altezza. Se gli stadi del quadrato della città erano da tutte le parti dodicimila sia in lunghezza sia in larghezza, necessariamente le mura dovevano averne un po' di più, specialmente nella superficie esterna, per potere racchiudere dentro di sé tutta la città. Ora, la misura di centoquarantaquattro cubiti, di qualunque specie fossero, era poco per le mura di una città tanto estesa, mentre era assai proporzionata per la loro altezza e per la sicura difesa di chi in essa vivesse. Questa altezza indica quanto e come fossero al sicuro in Maria santissima tutti i doni e tutte le grazie, sia di santità sia di dignità, che pose in lei l'Altissimo. Spiega ciò dicendo che l'altezza conteneva centoquarantaquattro cubiti, che è somma composta da tre distinti numeri disuguali, designanti tre diversi muri - uno grande, uno di media misura, uno piccolo - corrispondenti alle opere che la Regina del cielo fece in ciò che era maggiore, in ciò che era medio ed in ciò che era piccolo. In lei non c'era niente di piccolo, ma le materie in cui operava erano differenti, e quindi anche le opere. Le une erano miracolose e soprannaturali, le altre morali, riguardanti le varie virtù; di queste, poi, alcune erano interiori ed altre esteriori. A tutte diede tanta pienezza di perfezione che per quelle grandi non tralasciò quelle piccole, né per queste mancò in quelle superiori. Le praticò tutte in così alto grado di santità e con tale compiacimento del Signore che fu a misura del suo Figlio santissimo, tanto nei doni naturali quanto in quelli soprannaturali. Perciò, la misura era nient'altro che quella dell'uomoDio. Questo è l'angelo del gran consiglio, elevato sopra tutti gli uomini e tutti gli angeli; e come il Figlio superò tutti gli angeli e gli uomini così fece in proporzione anche la Madre. L'Evangelista prosegue dicendo:

    281. Le mura sono costruite con diaspro. Le mura di una città sono ciò che prima si incontra e si offre alla vista di chi la guarda. Ora, la varietà degli aspetti e dei colori con le loro ombre che contiene il diaspro, di cui erano costruite le mura di questa città di Dio, Maria santissima, significa l'umiltà ineffabile dalla quale erano celati ed accompagnati tutti i privilegi e le grazie di questa grande regina. Infatti, pur essendo degna Madre del suo Creatore, esente da ogni macchia di peccato e da ogni imperfezione, si presentò alla vista degli uomini con le ombre della legge comune agli altri figli di Adamo, sottomettendosi ai disagi della vita ordinaria, come a suo luogo dirò. Però, questa muraglia di diaspro, che lasciava vedere queste ombre come nelle altre donne, era solo nell'apparenza come parte esterna della città, a cui serviva da inespugnabile difesa. Della parte interiore, invece, l'Evangelista dice:

    La città è di oro puro, simile a terso cristallo. Maria santissima, infatti, né nella sua formazione né nel corso della sua vita innocentissima ebbe mai in sé alcuna macchia che oscurasse la sua cristallina purezza. Come una macchia o un neo, fossero pure una particella, se cadessero nel cristallo mentre questo si forma, non si potrebbero mai più togliere via in modo che non si riconosca il difetto, o almeno che una volta c'è stato, e sempre sarebbero una impurità nella sua trasparente chiarezza; così, se Maria purissima avesse contratto nella sua concezione la macchia o il segno della colpa originale, sempre quel difetto si scorgerebbe in lei e la sfigurerebbe, per cui ella non potrebbe più essere cristallo purissimo e nitidissimo. Non sarebbe neppure oro puro, poiché la sua santità ed i suoi doni conterrebbero quella lega del peccato originale che la farebbe reputare di valore minore, mentre questa città fu oro e cristallo, perché fu purissima e simile a Dio.

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    Libro I, Cap. 19, §§ 282-310

    CAPITOLO 19

    Contiene l'ultima parte del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse sulla concezione di Maria santissima.


    282. Il testo della terza ed ultima parte del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse, che sto spiegando, è come segue:

    Le fondamenta delle mura della città sono adorne di ogni specie di pietre preziose. Il primo fondamento è di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedònio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardònice, il sesto di cornalina, il settimo di crisòlito, l'ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l'undecimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. Le nazioni cammineranno alla sua luce e i re della terra a lei porteranno la loro magnificenza. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte. E porteranno a lei la gloria e l'onore delle nazioni. Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello. Sin qui il testo letterale del capitolo ventunesimo.

    283. Avendo l'altissimo Dio eletto questa città santa di Maria come sua abitazione, la più proporzionata e gradita che fuori di se stesso potesse avere in una semplice creatura, non era grande cosa che dei tesori della sua divinità e dei meriti del suo Figlio santissimo fabbricasse le fondamenta delle mura della città adorne di ogni specie di pietre preziose, affinché con uguale corrispondenza la fortezza e sicurezza, che sono le mura, la bellezza ed eminenza di santità e di doni, che sono le pietre preziose, e la concezione, che è il fondamento del muro, fossero proporzionate in se stesse e con il fine altissimo per cui le fondava, che era vivere in lei per amore e per l'umanità che doveva ricevere nel suo ventre verginale. L'Evangelista dice di avere visto tutto questo in Maria santissima, perché alla sua dignità e santità, come anche alla sicurezza richiesta dal fatto che Dio doveva vivere in lei come in fortezza inespugnabile, conveniva che le fondamenta delle sue mura, ossia i primi principi della sua concezione immacolata, fossero fabbricati con ogni genere di virtù in grado eminentissimo e talmente prezioso che non si potessero trovare altre pietre più ricche come fondamento di questo muro.

    284. Dice che il primo fondamento o pietra era di diaspro. La varietà e la durezza di questa pietra significano la costanza e la fortezza che furono infuse a questa grande Signora al momento della sua concezione santissima, perché con esse rimanesse disposta nel corso della sua vita a praticare tutte le virtù con invincibile magnificenza e perseveranza. E siccome queste virtù concesse a Maria santissima ed infuse in lei nella sua concezione, significate da queste pietre preziose, ebbero uniti singolari privilegi donati dall'Altissimo e simboleggiati in ciascuna di queste dodici pietre, io li spiegherò come mi sarà possibile, affinché si intenda il mistero che racchiudono i dodici fondamenti della città di Dio. Con la virtù della fortezza, fu a lei concessa una speciale superiorità ed il potere sopra l'antico serpente, perché lo potesse abbattere, vincere e sottomettere; le fu dato anche di incutere un certo terrore ai demoni, affinché fuggissero da lei e da molto lontano la temessero, come tremando di avvicinarsi alla sua presenza. Perciò, essi non si avvicinavano mai a Maria santissima senza restare afflitti da grande pena. La divina Provvidenza con lei fu così liberale che non solo la escluse dalla legge comune ai figli del primo padre sottraendola alla colpa originale ed a quella soggezione al demonio che contraggono tutti coloro che in essa sono compresi, ma, scevra da tutti questi danni, le concesse anche quel potere contro i demoni che tutti gli uomini persero per non essersi conservati nello stato di innocenza. Inoltre, essendo Madre del Figlio dell'Eterno, sceso nelle sue viscere per distruggere l'impeto malvagio di questi nemici, le fu concessa potestà regale partecipata dall'essere di Dio, mediante la quale soggiogava i demoni e li ricacciava più volte nelle caverne infernali, come poi dirò.

    285. Il secondo fondamento era di zaffiro. Questa pietra imita il colore del cielo sereno e chiaro e mostra certi piccoli punti o particelle d'oro risplendente; significa la serenità e tranquillità che l'Altissimo accordò ai doni ed alle grazie di Maria santissima, affinché sempre godesse, come un cielo immutabile, di una pace serena senza nubi di turbamento. In tale serenità tralucevano certi aspetti di divinità fin dalla sua concezione, sia per la partecipazione e la somiglianza delle sue virtù agli attributi divini, specialmente quello dell'immutabilità, sia perché molte volte, mentre era ancora viatrice, le fu aperto il velo e vide chiaramente Dio, come dirò in seguito. In questo dono sua divina Maestà le accordò ancora la singolare virtù ed il privilegio di comunicare quiete e serenità di mente a chi la chiedesse per sua intercessione. La domandassero tutti i cattolici angustiati e turbati dalle inquiete tempeste dei vizi, che così la otterrebbero!

    286. Il terzo fondamento era di calcedònio. Questa pietra prende il nome dalla provincia dove si trova, che è la Calcedonia. Ha il colore del carbonchio e di notte il suo splendore imita quello di una lanterna. Il mistero di questa pietra sta nel significare il nome di Maria santissima e la virtù del medesimo. Ella lo prese da questa provincia del mondo dove si trovò, chiamandosi figlia di Adamo come gli altri e Maria, che in latino, mutato l'accento, significa i mari, perché fu l'oceano delle grazie e dei doni di Dio. Per inondare e sommergere il mondo con essi, entrò in questo mediante la sua concezione purissima, eliminando in tal modo la malizia del peccato ed i suoi effetti e scacciando le tenebre dell'abisso con la luce del suo spirito illuminato dalla sapienza divina. Corrispondente a questo fondamento, le fu concessa dall'Altissimo la speciale virtù di dissipare, mediante il suo nome di Maria, le spesse nubi dell'infedeltà, di distruggere gli errori delle eresie, del paganesimo, dell'idolatria e tutti i dubbi contro la fede cattolica. Se gli infedeli si rivolgessero a questa luce invocandola, certamente dileguerebbero assai presto dalle loro menti le tenebre dell'errore, che si estinguerebbero tutte in questo mare per la virtù celeste che a tal fine le fu concessa.

    287. Il quarto fondamento era di smeraldo, il cui colore verde ed allegro ricrea la vista senza stancarla. Simboleggia misticamente la grazia ricevuta da Maria santissima nella sua concezione, perché, essendo piena di amabilità e di grazia agli occhi di Dio ed a quelli delle creature, senza offendere mai il suo dolcissimo nome né la sua reputazione, mantenesse in se stessa il verde e la forza della santità, delle virtù e dei doni che aveva e che avrebbe ricevuto. Corrispondentemente a tale dono, l'Altissimo le diede anche facoltà di distribuire questo beneficio, comunicandolo ai fedeli devoti che l'avrebbero invocata per ottenere la perseveranza e la fermezza nell'amicizia di Dio e nelle virtù.

    288. Il quinto fondamento era di sardònice. Questa pietra è trasparente ed il suo colore imita soprattutto l'incarnato chiaro, sebbene partecipi di tre colori: in basso del nero, in mezzo del bianco ed in alto del rosso chiaro; tutto ciò rende una varietà graziosa. Misticamente questa pietra con i suoi colori rappresenta contemporaneamente la Madre ed il Figlio che doveva generare. Il nero contrassegna in Maria la parte inferiore e terrena, cioè il corpo annerito dalla mortificazione e dalle tribolazioni che patì, nonché il corpo del suo santissimo Figlio deformato per le nostre colpe. Il bianco significa la purezza dell'anima della vergine Madre e quella di Cristo nostro bene. L'incarnato indica nell'umanità la divinità unita ipostaticamente e nella Madre manifesta l'amore partecipatole dal suo Figlio divino e tutti gli splendori della divinità che le furono comunicati. Per questo fondamento le fu inoltre concesso che il valore dell'incarnazione e della redenzione, già sufficiente per tutti, divenisse per i suoi devoti efficace mediante la sua intercessione e le sue preghiere e che, perché conseguissero questo beneficio, impetrasse loro una devozione particolare ai misteri ed alla vita di Cristo Signore nostro.

    289. Il sesto fondamento era di cornalina. Anche questa pietra è trasparente. Poiché imita la fiamma chiara del fuoco, è simbolo del dono concesso alla Regina del cielo di ardere incessantemente nel suo cuore del divino amore, come la fiamma del fuoco. Mai tale fiamma si estinse o diminuì nel suo petto. Anzi, accesa dall'istante medesimo della sua concezione, andò poi sempre crescendo; ora arde in lei nel più alto grado di cui può essere capace una semplice creatura ed arderà così per tutta l'eternità. Corrispondentemente a tale dono, le fu concesso il privilegio speciale di dispensare l'influsso dello Spirito Santo, il suo amore ed i suoi doni a chi li avrebbe domandati per mezzo di lei.

    290. Il settimo fondamento era di crisòlito. Questa pietra imita nel suo colore l'oro rifulgente con qualche somiglianza di lume o di fuoco; ciò si scopre più di notte che di giorno. Rappresenta, perciò, l'amore ardente che Maria santissima portò alla Chiesa militante, ai suoi misteri, alla legge di grazia. Tale amore spiccò tanto più nella notte da cui essa fu coperta per la morte di suo Figlio, nella quale fu maestra degli Apostoli nella comprensione della legge santa del Vangelo ed implorò incessantemente con l'ardore più profondo lo stabilirsi della Chiesà e la salvezza dell'umanità intera. Ella sola seppe e poté stimare degnamente la legge santissima di suo Figlio. Di questo amore fu preventivamente dotata fin dalla sua immacolata concezione, per divenire coadiutrice di Cristo nostro Signore. Così, le fu concesso il particolare privilegio di ottenere a chi l'avrebbe invocata la grazia di disporsi a ricevere i sacramenti della santa Chiesa con frutto spirituale e di non mettere ostacolo ai loro effetti.

    291. L'ottavo fondamento era di berillo. Questo è di colore verde e giallo; ha però più del verde, per cui imita molto l'oliva e riluce brillantemente. Rappresenta le singolari virtù della fede e della speranza che furono date a Maria santissima nella sua concezione con speciale splendore, affinché intraprendesse ed operasse cose ardue ed alte, come difatti operò per la gloria del suo Creatore. Insieme a questo dono, le fu concesso di poter dare ai suoi devoti coraggio, forza e pazienza nelle tribolazioni e nelle difficoltà, dispensando queste virtù e questi doni in forza della fedeltà divina e dell'assistenza del Signore.

    292. Il nono fondamento era di topazio. Questa pietra è trasparente, di colore viola scuro; è stimata di grande valore. Fu simbolo dell'onestissima verginità di Maria signora nostra ed allo stesso tempo della sua divina maternità, cose che ella stimò grandemente, con umile gratitudine che le durò tutta la vita. Nella sua concezione domandò all'Altissimo la virtù della castità e subito il Signore gliela offrì per tutto il tempo in cui sarebbe stata viatrice. Ella conobbe fin da allora che le veniva accordata in misura superiore ai suoi desideri, e non solo per sé; il Signore, infatti, le concesse anche di essere maestra e guida delle vergini e delle anime caste e di ottenere con la sua intercessione ai suoi devoti questa virtù e la perseveranza in essa.

    293. Il decimo fondamento era di crisopazio, il cui colore è verde e mostra un po' di oro. È’ figura della fermissima speranza concessa a Maria santissima nella sua concezione, ritoccata con l'amore divino che la faceva risaltare. Tale virtù fu salda nella nostra Regina, come era conveniente perché comunicasse questa medesima qualità alle altre virtù; la sua stabilità si fondava sulla fermezza immutabile del suo animo generoso e forte in tutte le tribolazioni e le prove della sua vita santissima, specialmente durante la passione e morte del suo Figlio benedettissimo. Allo stesso tempo le venne concessa la grazia singolare di essere efficace mediatrice presso l'Altissimo per ottenere ai suoi devoti questa virtù della fermezza nella speranza.

    294. L'undicesimo fondamento era di giacinto, che presenta il colore viola perfetto. Questo fondamento significa l'amore per la redenzione del genere umano, infuso in Maria santissima nella sua concezione, partecipato anticipatamente da quello che il suo Figlio e nostro redentore avrebbe avuto per morire per gli uomini. Come da questo si sarebbe originato tutto il rimedio della colpa e la giustificazione delle anime, così con tale amore, che da quell'istante sarebbe durato sempre in seguito, fu concesso alla nostra Regina il privilegio speciale che per sua intercessione i peccatori di ogni genere, per quanto grandi ed abominevoli, se l'avessero invocata di cuore, non sarebbero stati esclusi dal frutto della redenzione e dalla giustificazione e per mezzo di questa potente avvocata avrebbero potuto conseguire la vita eterna.

    295. Il dodicesimo fondamento era di ametista, di colore rifulgente cangiante in violetto. Il mistero di questa pietra o fondamento corrisponde in parte al primo, perché significa una specie di virtù che fu data nella sua concezione a Maria santissima contro le potestà dell'inferno, affinché i demoni, anche quando non comandava loro né operava cosa alcuna contro di loro, sentissero uscire da lei una forza che li affliggesse e tormentasse quando volessero avvicinarsi alla sua persona. Questo privilegio le fu dato per l'incomparabile zelo che ella aveva di esaltare e difendere la gloria di Dio ed il suo onore. In virtù di questo singolare beneficio, Maria santissima ha un particolare potere per scacciare i demoni dai corpi umani con l'invocazione del suo dolcissimo nome, così potente contro questi spiriti maligni che al sentirlo le loro forze restano abbattute ed infrante. Questi sono in sostanza i misteriosi significati dei dodici fondamenti sui quali Dio edificò la sua città santa, Maria. È’ vero che essi contengono molti altri segreti relativi ai favori da lei ricevuti che non posso ora spiegare, ma nel corso di questa Storia li andrò manifestando, come il Signore mi darà luce e forza per farlo.

    296. L'Evangelista prosegue dicendo: E le dodici porte sono dodici perle; ciascuna porta è formata da una sola perla. Il numero di tante porte di questa città fa conoscere che, per mezzo di Maria santissima, della sua dignità ineffabile e dei suoi meriti, l'accesso alla vita eterna si rese agevole e libero. Era come cosa dovuta e corrispondente all'eccellenza di questa eminente Regina che in lei e per lei si magnificasse l'infinita misericordia dell'Altissimo per l'apertura di tante vie attraverso le quali Dio si potesse comunicare ai mortali e questi potessero entrare a parteciparne per mezzo di Maria purissima avvalendosi dell'aiuto dei suoi meriti e della sua potente intercessione. Il pregio, la grandiosità e l'attraente bellezza di queste dodici porte, che erano altrettante perle, dimostrano la dignità ed il valore di questa imperatrice delle altezze, come anche la soavità del suo nome dolcissimo per attirare a Dio i mortali. Maria santissima conobbe bene questo beneficio del Signore per il quale era fatta singolare mediatrice del genere umano e dispensatrice dei tesori della Divinità per mezzo del suo Figlio unigenito. Compresa da tale conoscenza, la prudente e amorevole Signora seppe rendere i meriti delle sue opere e della sua dignità tanto preziosi e belli che formano l'ammirazione dei beati del cielo. Per questo le porte di questa città furono perle preziose per il Signore e per gli uomini.

    297. Corrispondentemente a ciò, l'Evangelista dice: E la piazza della città è di oro puro, come cristallo trasparente. La piazza di questa città di Dio, Maria santissima, è il suo intimo, dove, come in piazza e centro comune, concorrono tutte le facoltà e tutto ciò che entra per mezzo dei sensi e per altre vie e dove ha luogo il commercio e si trattano gli affari della repubblica dell'anima. In Maria santissima questa piazza fu oro molto lucente e puro, perché era come formata di sapienza e di amore divino. Mai si trovò qui tiepidezza, ignoranza o inavvertenza; tutti i suoi pensieri furono elevati ed i suoi sentimenti infiammati d'immensa carità. In questa piazza furono trattati i misteri altissimi della Divinità; qui fu pronunciato quel «fiat mihi» che diede inizio alla più grande opera che Dio abbia fatto o farà mai; qui furono formulate e discusse innumerevoli petizioni da presentare al tribunale di Dio per il genere umano; qui sono anche depositate ricchezze tali che basterebbero per sollevare dalla povertà tutto il mondo, se tutti partecipassero al commercio di questa piazza. È’ anche piazza d'armi contro il demonio e contro ogni genere di vizi, poiché nell'intimo di Maria purissima si trovano tali grazie e virtù che, mentre la rendono terribile contro l'inferno, danno anche a noi forza e coraggio per vincerlo.

    298. Dice di più: Non vidi alcun tempio in essa perché il Signore Dio, l'Onnipotente, e l'Agnello sono il suo tempio. Il tempio nelle città serve per la preghiera e per il culto che rendiamo a Dio e sarebbe una grande mancanza se nella città di Dio non ce ne fosse uno quale conviene alla sua grandezza ed eccellenza. In questa città, che è Maria santissima, ci fu un tempio così sacro che il medesimo Dio onnipotente e l'Agnello, cioè la divinità e l'umanità del suo Unigenito, furono il suo tempio, poiché in Maria abitarono come nel loro luogo legittimo, e tempio in cui vennero adorati ed onorati in spirito e verità più degnamente che in tutti i templi del mondo. Essi a loro volta furono tempio di Maria purissima, perché ella stette compresa, circondata e come racchiusa nella divinità e nell'umanità, che le servivano come abitazione e dimora. Mai cessò, stando in essa, di adorare, venerare e pregare il medesimo Dio ed il Verbo incarnato nel suo grembo, per cui stava in Dio e nell'Agnello come in un tempio, poiché ad esso conviene la santità continua in tutti i tempi. Anzi, per considerare degnamente questa divina Signora, sempre dobbiamo immaginarcela chiusa come in un tempio in Dio e nel suo Figlio santissimo. Qui intenderemo quali atti di amore, adorazione e venerazione doveva compiere, quali delizie doveva sentire con il Signore e quali suppliche in quel tempio doveva porgergli a beneficio del genere umano, poiché, vedendone in Dio la grande necessità di riscatto, accesa di carità, gridava e supplicava dall'intimo del cuore per la salvezza dei mortali.

    299. Dice poi l'Evangelista: La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l'Agnello. Dov'è uno splendore sommamente maggiore e più vivo di quello del sole e della luna, certo questi astri non sono necessari. Così anche nel cielo empireo, dov'è splendore di infiniti soli, non c'è bisogno di questo che illumina noi, sebbene sia così lucente e bello. In Maria santissima, nostra regina, non fu necessario che si trovassero altro sole o altra luna di creature che la istruissero o illuminassero, poiché da sola e senza bisogno di esempio seppe rendersi gradita a Dio; nemmeno la sua sapienza, santità e perfezione nell'operare poterono avere altro maestro ed arbitro che il medesimo sole di giustizia, il suo Figlio santissimo. Tutte le altre creature furono ignoranti per insegnarle come meritare di essere Madre degna del suo Creatore. A questa medesima scuola ella apprese ad essere umilissima ed ubbidientissima tra le umili e le ubbidienti. Per questo, sebbene venisse istruita da Dio stesso, non tralasciò di interrogare anche i più piccoli e di ubbidire loro in ciò in cui conveniva; anzi, come singolare discepola di colui che corregge i sapienti, imparò questa divina filosofia da tale maestro. Ne uscì così sapiente che l'Evangelista poté aggiungere:

    300. Le nazioni cammineranno alla sua luce. Di fatto, se Cristo Signore nostro chiamò i Dottori ed i Santi con il nome di lucerne accese e poste sul candelabro della Chiesa per illuminarla e se i Patriarchi, i Profeti, gli Apostoli, i Martiri ed i Dottori, con la luce che hanno diffuso, hanno riempito la Chiesa cattolica di tanto chiarore che sembra divenuta un cielo con molti soli e molte lune, che cosa si doveva dire di Maria santissima, il cui splendore eccede incomparabilmente quello di tutti i maestri della Chiesa, anzi dei medesimi angeli del cielo? Se i mortali avessero gli occhi aperti per vedere questi raggi di Maria santissima, ella sola basterebbe senza dubbio per illuminare ogni uomo che viene al mondo e per avviarlo sui retti sentieri dell'eternità. Alla luce di questa santa città hanno camminato quelli che sono giunti alla conoscenza di Dio ed è per questo che san Giovanni dice che le nazioni cammineranno alla sua luce. Aggiunge poi:

    301. I re della terra a lei porteranno la loro magnificenza. Grandemente felici saranno i re ed i principi che nelle loro persone e monarchie lavoreranno con sollecitudine per adempiere questa profezia. Tutti lo dovrebbero fare, perché saranno beati coloro che eseguiranno ciò rivolgendosi con affetto intimo del cuore a Maria santissima ed impiegando la vita, l'onore, le ricchezze e la grandezza delle loro forze e dei loro stati nella difesa di questa città di Dio, nel diffondere la sua gloria per il mondo e nel renderne il nome sempre più grande nella Chiesa e contro la folle audacia degli infedeli ed eretici. Con profondo dolore mi stupisco dei principi cattolici, che non si curano di guadagnarsi il favore di questa Signora e di invocarla, perché sia per loro rifugio e protezione, ausiliatrice ed avvocata nei pericoli, che per loro sono maggiori. Se per i re ed i potenti i pericoli sono grandi, ricordino che non è minore il loro dovere di mostrarsi grati a questa divina Regina e signora, poiché ella dice di se stessa che per lei regnano i re, i principi comandano ed i potenti amministrano la giustizia, che ama quelli che la amano e che quelli che renderanno illustre il suo nome conseguiranno la vita eterna, perché sperando in lei non peccheranno.

    302. Non voglio nascondere la luce che più volte mi fu data, e specialmente in questo luogo, perché la manifesti. Nel Signore mi fu mostrato che a tutte le afflizioni della Chiesa cattolica ed a tutte le tribolazioni che il popolo cristiano soffre fu sempre posto rimedio per l'intercessione di Maria santissima e che nell'afflitto secolo presente, in cui la superbia degli eretici tanto si innalza contro Dio e la sua Chiesa affranta e piangente, esiste un solo rimedio per tali deplorabili miserie. Questo è che i monarchi ed i regni cattolici si rivolgano alla madre della grazia e misericordia, Maria santissima, guadagnandosi il suo favore con qualche singolare servizio atto ad accrescere e dilatare la sua devozione e la sua gloria per tutta la terra, affinché, volgendosi verso di noi, ci guardi con misericordia, ottenga grazia dal suo Figlio santissimo per la riforma dei vizi oltremodo sfrenati che il nemico comune ha seminato nel popolo cristiano e con la sua intercessione plachi l'ira del Signore che così giustamente ci castiga, minacciandoci flagelli e disgrazie ancora più gravi. Da questa riforma e dalla conversione dai nostri peccati seguiranno anche la vittoria contro gli infedeli e l'estirpazione delle false sette che opprimono la santa Chiesa, poiché Maria santissima è la spada che le deve estinguere e recidere in ogni luogo.

    303. Oggi il mondo sperimenta il danno di questa dimenticanza. Se i principi cattolici non perseguono prosperi successi nel governo e nel mantenimento dei loro regni, nell'aumento della fede cattolica, nella lotta con i loro nemici, nelle guerre o vittorie contro gli infedeli, tutto ciò avviene perché non dirigono il proprio cammino tenendo Maria come punto di orientamento e non l'hanno posta come principio e fine immediato delle loro azioni e dei loro pensieri, dimenticando che questa regina passeggia per i sentieri della giustizia per insegnarla agli altri, portarli ad essa ed arricchire coloro che la amano.

    304. Oh, principe e capo della santa Chiesa cattolica! Oh, prelati, che vi chiamate anche suoi principi! Oh, principe cattolico e monarca di Spagna, a cui, per legame naturale, per singolare affetto e per ordine dell'Altissimo indirizzo questa umile ma vera esortazione! Gettate la vostra corona ed il vostro regno ai piedi di questa Regina e signora del cielo e della terra, cercate la riparatrice di tutto il genere umano, ricorrete a colei che con potere divino è al di sopra di ogni potenza umana ed infernale, rivolgete il vostro affetto a colei che tiene nelle sue mani le chiavi della volontà e dei tesori dell'Altissimo, pòrtate il vostro onore e la vostra gloria a questa città santa di Dio, che non li chiede perché ne ha bisogno per accrescere i suoi, ma piuttosto per migliorare e dilatare i vostri. Offritele con la vostra pietà cattolica, e di tutto cuore, qualche omaggio grande e gradito, in ricompensa del quale sono pronti per voi infiniti beni, la conversione dei gentili, la vittoria contro gli eretici ed i pagani, la pace e la tranquillità della Chiesa, nuova luce e nuovi aiuti per migliorare i costumi e per rendere voi stesso un re grande e glorioso in questa vita e nell'altra.

    305. Oh, regno e monarchia della Spagna cattolica, e come tale fortunatissima! Oh, se alla fermezza ed allo zelo della tua fede, che hai ricevuto oltre i tuoi meriti dalla destra onnipotente, tu aggiungessi il santo timore di Dio corrispondente alla professione di questa tua fede, che ti rende singolare fra le nazioni di tutta la terra! Oh, se per conseguire questo fine e questa corona delle tue felicità tutti i tuoi abitanti si innalzassero con ardente fervore alla devozione di Maria santissima! Come risplenderebbe allora la tua gloria! Come saresti illuminata! Come saresti protetta e difesa da questa Regina e come sarebbero arricchiti di tesori celesti i tuoi re cattolici! Come verrebbe propagata per loro mano in tutte le nazioni la soave legge evangelica! Considera attentamente che questa grande principessa onora coloro che la onorano, arricchisce coloro che la cercano, glorifica quelli che celebrano il suo nome e difende quelli che sperano in lei. Per esercitare con te questi uffici di madre singolare ed usare nuove misericordie, ti assicuro che aspetta e desidera che tu cerchi la sua benevolenza e ne solleciti il materno amore. Allo stesso tempo, però, considera che Dio non ha bisogno di nessuno e può cambiare le pietre in altrettanti figli di Abramo, cosicché, se ti rendi indegna di un bene tanto grande, egli può riservare questa gloria per chi lo servirà e se ne renderà meno immeritevole.

    306. Ora, perché non ignori il servizio con cui potrai oggi guadagnarti il favore di questa Regina e signora di tutti, tra i molti che ti insegnerà la tua devozione e pietà, considera lo stato in cui si trova in tutta la Chiesa il mistero della sua immacolata concezione e ciò che ancora manca per stabilire con fermezza le fondamenta di questa città di Dio. Nessuno giudichi questo suggerimento come proprio di donna debole ed ignorante o effetto di una devozione particolare e dell'amore al mio Istituto ed alla mia professione, che va sotto il titolo religioso di Maria immacolata, poiché a me bastano la fede e la luce che ho ricevuto in questa Storia. No, non è per me questa esortazione, né mi permetterei di farla semplicemente basandomi sul mio giudizio ed opinione; ma in ciò ubbidisco al Signore che apre la bocca dei muti e scioglie la lingua degli infanti. Chi ancora si stupisse di questa tanto liberale misericordia, faccia attenzione a ciò che di questa Signora aggiunge l'Evangelista, dicendo:

    307. Le sue porte non si chiuderanno mai durante il giorno, poiché non vi sarà più notte. Le porte della misericordia di Maria santissima non sono mai state né stanno mai chiuse, né vi fu in lei notte di colpa che, dal primo istante della sua vita e concezione, chiudesse le porte di questa città di Dio, come negli altri santi. Come in un luogo dove le porte stanno sempre aperte entrano ed escono tutti quelli che lo vogliono, in ogni tempo ed ora, così a nessuno dei mortali è interdetto l'entrare liberamente in relazione con Dio attraverso le porte della misericordia di Maria purissima, dove è aperto il banco del tesoro del cielo, senza limitazione di tempo, luogo, età o sesso. Tutti sono potuti entrare fin dalla sua fondazione, perché per questo l'Altissimo la edificò con tante porte, e non chiuse, ma aperte, con libero accesso ed in piena luce. Fin dalla sua concezione purissima, infatti, cominciarono ad uscire da queste porte misericordie e favori per tutto il genere umano. Avere tante porte, attraverso le quali escano le ricchezze di Dio, non la rende però meno sicura dai nemici. Per questo il testo aggiunge:

    308. Non entrerà in essa nulla d'impuro, né chi commette abominio o falsità, ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell'Agnello. L'Evangelista conclude questo capitolo ritornando sul privilegio delle immunità di questa città di Dio, Maria, cioè assicurandoci che in lei non entrò nulla d'impuro, perché le furono dati immacolati l'anima ed il corpo. Non si sarebbe potuto dire che non sarebbe entrato in lei nulla d'impuro quando avesse avuto la colpa originale, sebbene non i peccati attuali. Tutto ciò che entrò in questa città santa fu quello che era scritto nel libro della vita dell'Agnello; Dio, infatti, prese l'esempio e l'originale per formarla dal suo Figlio santissimo e da nessun altro poté copiare virtù alcuna di Maria santissima, per quanto piccola, se in lei potevano esservene di piccole. E se a questa porta di Maria corrisponde l'essere città di rifugio per i mortali, ciò è sotto la condizione che in lei non possa aver parte né ingresso chiunque commette abominio o falsità. Non devono, però, gli impuri e peccatori figli di Adamo disperare di avvicinarsi alle porte di questa città santa di Dio, poiché, se si recano a cercare la purezza della grazia umiliati e compunti, la troveranno in queste porte della grande Regina, non in altre. È limpida, è pura, è sovrabbondante di grazie; soprattutto, è madre della misericordia, dolce, amorevole e potente per arricchire la nostra povertà e togliere le macchie di tutte le nostre colpe.

    Insegnamento che mi diede la Regina del cielo in questi capitoli

    309. Figlia mia, i misteri di questi capitoli racchiudono grande dottrina e luce, benché in essi tu abbia tralasciato di dire molte cose. Approfitta di quanto hai inteso e scritto, per non ricevere invano la luce della grazia. Quello, poi, di cui ti voglio brevemente avvertire è che non devi perderti d'animo nel combattere le passioni per essere stata concepita nel peccato, discendente dalla terra e con inclinazioni terrene, finché tu le abbia vinte ed abbia vinto in esse i tuoi nemici. Con le forze della grazia di Dio altissimo, che ti aiuterà, puoi innalzarti sopra te stessa e farti discendente del cielo, da dove viene la grazia. Per conseguire questo, tu devi tenere la tua continua abitazione nelle altezze, stando fissa con la mente nella conoscenza dell'essere immutabile e delle perfezioni di Dio, senza permettere che di lì ti strappino i pensieri di alcun'altra cosa, benché necessaria. Con questa incessante memoria e visione interiore della grandezza di Dio, starai disposta in tutto il resto per operare quello che è più perfetto nelle virtù e ti renderai idonea a ricevere l'influsso ed i doni dello Spirito Santo, giungendo così allo stretto vincolo dell'amicizia e della comunicazione con il Signore. Per non impedire in questo la sua santa volontà, che molte volte ti è stata indicata e manifestata, sforzati di mortificare la parte inferiore della creatura, dove vivono le inclinazioni e le passioni negative. Muori a tutto ciò che è terreno, sacrifica in presenza dell'Altissimo tutti i tuoi appetiti sensitivi, senza soddisfarne neppure uno, non fare la tua volontà senza obbedienza e non uscire dal segreto del tuo intimo, dove ti illuminerà la luce dell'Agnello. Adornati per entrare nel talamo del tuo sposo e lasciati abbellire, come farà la destra dell'Onnipotente, se tu collaborerai e non gli porrai ostacolo. Purifica la tua anima con molti atti di dolore per averlo offeso e con ardentissimo amore lodalo e magnificalo. Cercalo, non ti riposare finché trovi colui che l'anima tua desidera e non lo lasciare. Voglio che tu viva in questo pellegrinaggio come quelli che già lo hanno terminato, contemplando senza interruzione l'Oggetto che li rende gloriosi. Questa deve essere la norma della tua vita, perché con la luce della fede e lo splendore di Dio onnipotente, che ti illuminerà e riempirà il tuo spirito, lo ami, lo adori e lo veneri senza interruzione. Questa è la volontà dell'Altissimo a tuo riguardo. Bada bene a ciò che puoi guadagnare ed a ciò che puoi perdere. Non volere da te stessa metterlo a rischio, ma assoggetta la tua volontà rimettendoti totalmente alla direzione del tuo sposo, alla mia ed a quella dell'ubbidienza, con la quale ti devi misurare in tutto. Questo fu l'insegnamento che mi diede la Madre del Signore, alla quale io, piena di confusione, risposi dicendo:

    310. Regina e signora di tutto il creato, io che sono vostra e bramo esserlo per tutta l'eternità, lodo l'onnipotenza dell'Altissimo, che tanto si compiacque di farvi grande. Poiché siete così felice e potente presso di lui, vi supplico, Signora mia, di guardare con occhi di misericordia questa vostra serva povera e misera. Con i doni che il Signore ha posto nelle vostre mani per distribuirli ai bisognosi, ponete riparo alla mia piccolezza, arricchite la mia estrema povertà e costringetemi come Signora a volere ed operare efficacemente ciò che è più perfetto, cosicché trovi grazia agli occhi del vostro Figlio santissimo e mio Signore. Guadagnatevi questo onore, sollevando dalla polvere la più inutile creatura. Nelle vostre mani io pongo la mia riuscita. Vogliatela con efficacia, o Signora e regina mia, poiché il vostro volere è santo e potente per i meriti del vostro Figlio santissimo e per la parola della beatissima Trinità impegnata con voi ad accettare ogni vostra volontà e domanda, senza respingerne alcuna. Non posso vincolarvi a questo in alcun modo, poiché sono indegna; ma in cambio vi presento, o Signora mia, la vostra medesima santità e clemenza.

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    Libro I, Cap. 21, §§ 325-343

    CAPITOLO 21

    La nascita fortunata di Maria santissima, signora nostra. I favori che ricevette subito dalla mano dell'Altissimo e come le posero il nome nel cielo e sulla terra.


    325. Giunse il giorno, lieto per il mondo, del felicissimo parto di sant'Anna e della nascita di colei che veniva alla luce santificata e consacrata per diventare Madre di Dio. Questo parto avvenne l'ottavo giorno del mese di settembre, compiuti nove mesi interi dalla concezione della santissima anima della nostra Regina e signora. Fu preavvertita sua madre Anna da una illuminazione interiore, nella quale il Signore le diede l'avviso che si avvicinava l'ora del parto. Così, piena della gioia dello Spirito divino, era tutta presa ad ascoltare la sua voce e prostratasi in orazione chiese al Signore che l'assistesse con la sua grazia e la sua protezione, per il buon esito del parto. Subito sentì nel suo seno un movimento, che è naturale quando le creature stanno per venire alla luce. Nello stesso tempo, la bambina Maria, più che fortunata, fu rapita, per provvidenza e virtù divina, in un'estasi altissima, nella quale assorta ed astratta da tutte le operazioni sensitive, venne al mondo senza percepirlo con i sensi, come invece avrebbe potuto se assieme all'uso della ragione, che aveva, li avesse lasciati, per natura, operare in quel momento. Il potere dell'Altissimo, però, dispose in questo modo, affinché la Principessa del cielo non avvertisse il naturale evento del parto.

    326. Maria nacque pura, bella e tutta piena di grazie, manifestando con esse che era esente dalla legge e dal tributo del peccato. E benché nella sostanza venne al mondo come gli altri figli di Adamo, tuttavia la sua nascita fu accompagnata da circostanze e grazie particolari, che la resero miracolosa ed ammirabile in tutta la natura, nonché lode eterna per il suo Autore. Questa divina stella mattutina spuntò, dunque, al mondo, intorno alla mezzanotte, cominciando così a dividere la notte dell'antica legge e delle prime tenebre dal giorno nuovo della grazia, che stava già per apparire. Colei che aveva la mente fissa nella Divinità fu così, conformemente agli altri bambini, avvolta in panni e posta ed accomodata in una culla; e venne trattata come una bambina quella che, in sapienza, eccedeva tutti i mortali e gli stessi serafini. Sua madre Anna non consentì che in quel momento fosse toccata da altri, ma lei stessa, con le sue mani, l'avvolse in fasce, senza esserne impedita dal parto, poiché fu libera dal doloroso travaglio cui sono soggette, ordinariamente, tutte le altre madri.

    327. Sant'Anna ricevette nelle sue mani colei che, essendo figlia sua, era insieme il maggior tesoro del cielo e della terra; semplice creatura sì, ma inferiore solo a Dio e superiore invece ad ogni cosa creata. Con fervore e con lacrime la offrì alla sua divina Màestà, dicendo nel suo intimo: «Signore d'infinita sapienza e potenza, creatore di tutto ciò che esiste, io vi offro il frutto del mio seno, che ho ricevuto dalla vostra bontà, con eterna riconoscenza per avermelo concesso senza che io potessi meritarlo. Fate della figlia e della madre ciò che piace alla vostra santissima volontà e guardate la nostra piccolezza, dall'alto della vostra sede e grandezza. Siate eternamente benedetto, perché avete arricchito il mondo con una creatura così gradita al vostro beneplacito e perché in lei avete preparato la dimora e il tabernacolo in cui viva il Verbo eterno. Io mi congratulo con i miei santi Padri e Profeti, ed in loro con tutto il genere umano per il pegno sicuro, che ad essi donate, della redenzione. Ma come tratterò io quella che mi date per figlia, non meritando nemmeno di essere sua serva? Come toccherò la vera arca dell'alleanza? Concedetemi, o Signore e mio re, la luce necessaria per conoscere la vostra volontà e per eseguirla con il vostro compiacimento ed al servizio di mia figlia».

    328. Il Signore rispose alla santa suggerendole nell'intimo l'ispirazione di trattare la bambina come fa qualsiasi madre, senza dimostrarle all'esterno riverenza, e portandogliela, però, nel suo interno: nel crescerla adempisse, quindi, i doveri di una vera madre, avendone cura con sollecitudine ed amore. Così fece appunto la felice madre ed usando questa facoltà, senza venir meno alla riverenza dovuta, si deliziava con la sua santissima figlia, trattandola ed accarezzandola come fanno le altre madri con le loro figlie, sempre però con la stima e con l'attenzione degne di quel mistero così imperscrutabile e divino che si racchiudeva tra madre e figlia. Gli angeli con tanti altri spiriti celesti venerarono devoti la dolce bambina, tra le braccia di sua madre, e le suonarono delle celesti sinfonie, di cui udì qualcosa sant'Anna; i mille angeli, invece, destinati alla custodia, si presentarono davanti alla gran Regina, per dedicarsi al suo servizio. Fu questa la prima volta che la divina signora li vide in forma corporea con i segni e le vesti, di cui parlerò in un altro capitolo; e la bambina li pregò che lodassero l'Altissimo con lei ed in nome suo.

    329. Nel momento in cui nacque la nostra principessa Maria, l'Altissimo inviò l'arcangelo san Gabriele a portare ai santi Padri del limbo questa notizia tanto lieta per loro. Subito il messaggero celeste scese ad illuminare quella profonda caverna, rallegrando i giusti che vi si trovavano. Annunciò loro che già cominciava a spuntare il giorno della felicità eterna e della redenzione del genere umano; giorno tanto desiderato ed aspettato dai santi Padri e preannunziato dai Profeti. Era già nata la Madre del Messia promesso, per cui essi avrebbero ben presto visto la salvezza e la gloria dell'Altissimo. Il santo principe inoltre svelò loro le eccellenti virtù di Maria e tutto ciò che la mano dell'Onnipotente aveva cominciato ad operare in lei, affinché conoscessero meglio il felice principio del mistero, che avrebbe posto fine alla loro prolungata prigionia. Di questa notizia, si rallegrarono in spirito i Padri, i Profeti e gli altri giusti che dimoravano nel limbo; e con nuovi cantici lodarono il Signore per tale beneficio.

    330. Tutto ciò che ho riferito successe in breve tempo. Intanto, la nostra Regina, appena vide la luce del sole materiale, conobbe con i sensi i suoi naturali genitori ed altre creature; questo fu il primo passo della sua vita nel mondo. Il braccio onnipotente dell'Altissimo ricominciò così ad operare per lei nuove meraviglie, superiori ad ogni pensiero umano. La prima, oltremodo stupenda, fu d'inviare innumerevoli angeli, affinché sollevassero in anima e corpo, al cielo empireo, l'eletta per madre del Verbo eterno, secondo quello che il Signore disponeva. Ubbidirono i santi principi e, prendendo la bambina Maria dalle braccia di sua madre sant'Anna, si ordinarono con pompa solenne in una festosa processione, portando fra cantici d'incomparabile giubilo la vera arca della nuova alleanza, perché dimorasse per un po' di tempo non nella casa di ObedÈdom, ma nel tempio del sommo Re dei re, dove poi sarebbe dovuta rimanere eternamente. Da questo mondo al supremo cielo fu il secondo passo che Maria santissima fece nella sua vita.

    331. Chi potrà degnamente esaltare questo stupendo prodigio della destra dell'Onnipotente? Chi potrà descrivere il gaudio e lo stupore degli spiriti celesti, quando guardavano quella meraviglia così nuova tra le opere dell'Altissimo, e con nuovi cantici la celebravano? In Maria riconobbero e riverirono la loro regina e signora, eletta per madre di colui che doveva essere loro capo, e che era causa della grazia e della gloria che possedevano, poiché egli le aveva loro ottenute con i suoi meriti in previsione del divino consenso. Ma quale lingua o pensiero dei mortali potrebbe entrare nel segreto del cuore di quella tenera bambina, e capire o descrivere che cosa sentì durante lo svolgimento di un privilegio così singolare? Lo lascio pensare a coloro che sono animati da sentimenti di vera pietà cattolica e molto più a quelli cui sarà dato conoscerlo nel Signore; noi invece lo vedremo quando per la sua infinita misericordia giungeremo a goderlo faccia a faccia.

    332. La bambina Maria fece il suo ingresso nel cielo empireo per mano degli angeli e prostratasi con amore alla presenza del trono dell'Altissimo, si avverò - secondo il nostro modo d'intendere - ciò che prima era accaduto in figura, quando Betsabea si presentò al figlio Salomone, che dal suo trono giudicava il popolo d'Israele; ed egli alzatosi ricevette sua madre e la colmò di onori dandole il posto di regina al suo fianco. Lo stesso fece, ma con maggiore gloria ed in modo ancor più ammirabile la persona del Verbo eterno con la bambina Maria, che si era eletta per madre. Egli la innalzò sul suo trono e le diede, al suo fianco destro, il titolo di madre sua e di regina di ogni cosa creata, benché tutto ciò si operasse senza che ella conoscesse la propria dignità né il fine di misteri e privilegi così ineffabili; ma per ricevere questi le sue deboli forze furono sostenute dalla potenza divina. Le vennero, infatti, elargite grazie e doni nuovi, con i quali furono rispettivamente elevate le sue capacità esteriori; e riguardo alle facoltà interiori, oltre alla nuova grazia ed alla luce con le quali furono preparate, Dio le elevò in modo adeguato a ciò che le doveva essere rivelato. Inoltre, avendole dato il lume necessario, svelò la sua divinità, manifestandosi a lei in modo chiaro e indicibilmente sublime. Fu questa la prima volta che la bambina Maria vide la santissima Trinità.

    333. Della gloria che in questa visione ebbe la bambina Maria, dei nuovi misteri che le furono rivelati e degli effetti che ridondarono nella sua purissima anima, furono solo testimoni l'autore di così inaudito miracolo e gli angeli stupefatti, che in Dio stesso conoscevano già qualcosa di questo mistero. Ritrovandosi la Regina alla destra del Signore che doveva divenire suo figlio e vedendolo faccia a faccia, gli chiese, più felicemente di Betsabea, che donasse l'intatta Sunnamita Abisag, cioè la sua inaccessibile divinità, all'umana natura sua propria sorella, e che adempisse la sua parola scendendo dal cielo sulla terra, celebrando così il matrimonio dell'unione ipostatica nella persona del Verbo, poiché tante volte lo aveva promesso agli uomini per mezzo dei Patriarchi e dei Profeti. Lo pregò anche di affrettare la redenzione del genere umano, attesa da tanti secoli, poiché si moltiplicavano i peccati e la rovina del-le anime. Ascoltò l'Altissimo questa richiesta a lui tanto gradita, e promise a sua Madre, diversamente da Salomone, che subito si sarebbe disobbligato dalle sue promesse e sarebbe venuto nel mondo, incarnandosi per redimerlo.

    334. In quel concistoro e tribunale divino della santissima Trinità si decise di dare il nome alla bambina Regina; e siccome nessun nome è legittimo e proprio se non quello che si pone nell'essere immutabile di Dio, dove con equità, peso, misura ed infinita sapienza si dispensano ed ordinano tutte le cose, allora la divina Maestà volle imporglielo da se stessa, nel cielo. Manifestò così agli spiriti angelici che le tre divine Persone avevano decretato e formulato, sin dall'eternità, i dolcissimi nomi di Gesù e di Maria per il figlio e per la madre; e si erano compiaciute in essi, tenendoli scolpiti nella loro mente eterna, e presenti in tutte le cose a cui avevano dato esistenza, poiché proprio per il loro servizio le avevano create. Mentre i santi angeli venivano a conoscenza di questi e di altri misteri, udirono una voce dal trono, che, nella persona del Padre eterno, diceva: «La nostra eletta sarà chiamata Maria e questo nome deve essere meraviglioso e grande; quelli che lo invocheranno con devoto affetto, riceveranno copiosissime grazie; quelli che lo apprezzeranno e pronunceranno con riverenza, saranno consolati e vivificati; tutti ritroveranno in esso il rimedio dei loro mali, i tesori per arricchirsi e la luce che li guidi verso la vita eterna. Questo nome sarà terribile contro l'inferno, schiaccerà il capo al serpente, ed otterrà insigni vittorie sui principi delle tenebre». Ordinò poi il Signore agli spiriti angelici, che annunziassero questo felice nome a sant'Anna, affinché si operasse sulla terra quello che si era stabilito nel cielo. La divina bambina, prostratasi con affetto dinanzi al trono, rese riconoscenti ed umili grazie all'Essere eterno e con ammirabili e dolcissimi cantici ricevette il suo nome. Se si dovessero descrivere i privilegi e le grazie, che le furono concessi, sarebbe necessaria unopera a parte, di più volumi. I santi angeli, nel trono dell'Altissimo, venerarono e riconobbero, di nuovo, Maria santissima come futura madre del Verbo e come loro regina e signora; e ne ossequiarono il nome prostrandosi, ogni volta che lo pronunciava la voce dell'eterno Padre. Particolarmente lo venerarono quelli che lo avevano come stemma sul petto; tutti invece intonarono cantici di lode per misteri così grandi ed insondabili. La neonata Regina, però, continuò ad ignorare la causa di tutto ciò che vedeva, perché non le venne manifestata la sua dignità di madre del Verbo sino al tempo dell'incarnazione. Intanto sempre con giubilo e con riverenza i santi angeli la riportarono sulla terra nelle braccia di sant'Anna, alla quale rimase nascosto quanto era accaduto, nonché l'assenza di sua figlia, poiché in vece sua suppli uno degli angeli custodi, prendendo, per questo scopo, un corpo aereo. Oltre a ciò, per molto tempo, mentre la divina fanciulla dimorava nel cielo empireo, sua madre Anna ebbe un'estasi di altissima contemplazione, in cui, benché ignorasse quel che si operava nella sua bambina, le furono manifestati gli ineffabili misteri della dignità di madre di Dio, per la quale era stata eletta la sua figlia santissima. La prudente donna li conservò nascosti nel suo cuore, tenendoli, però, sempre presenti nella mente, per tutto quello che doveva operare con lei.

    335. Otto giorni dopo la nascita della grande Regina, scese dall'alto una moltitudine di angeli béllissimi e maestosi, portanti uno scudo sul quale era scolpito, a caratteri brillanti e risplendenti, il nome di Maria. Manifestandosi tutti alla fortunata sant'Anna le dissero che il nome di sua figlia doveva essere quello che essi portavano sullo scudo, e cioè Maria: nome che le aveva dato la divina Provvidenza, ordinando in tal modo che anche lei e Gioacchino glielo imponessero subito. La santa chiamò il marito e gli fece conoscere la volontà di Dio riguardo al nome della loro figlia ed il fortunatissimo padre lo accolse con giubilo e con devoto affetto. Decisero così di chiamare i parenti ed un sacerdote, e con un sontuoso e solenne banchetto posero il nome di Maria alla loro neonata. Gli angeli celebrarono questa festa cantando una dolcissima melodia, sentita solo dalla madre e dalla figlia che restò così col nome che la santissima Trinità le aveva dato nel cielo il giorno in cui era nata e sulla terra l'ottavo giorno dopo l'evento. Fu scritto poi nel registro comune, quando sua madre andò al tempio per adempiere la legge, come si dirà in seguito. Sino allora il mondo non aveva visto un parto simile a questo né un altro sarebbe potuto accadere in una semplice creatura. Questa fu la nascita più fortunata che la natura poté salutare, poiché portò una bambina la cui vita, già dal primo giorno, non solo fu esente dalla macchia del peccato, ma fu più pura e santa di quella dei supremi serafini. La nascita di Mosè fu celebrata per la bellezza e l'avvenenza del bambino; ma questa non era che apparente e corruttibile. Oh, come è bella la nostra grande bambina! Oh, com'è bella! È tutta bella e soavissima nelle sue delizie, perché possiede tutte le grazie e le bellezze, senza alcun difetto. Fu motivo di sorriso e di letizia, per la casa di Abramo, la nascita di Isacco, il figlio promesso da Dio e concepito da madre sterile; ma tale parto non ebbe una grandezza maggiore di quella originata e trasmessa dalla nostra bambina Regina, per cui fu preordinata tutta quella gioia straordinaria. E se quel parto fu ammirabile e di tanto giubilo per la famiglia del patriarca, perché era prefigura e preparazione della natività della dolcissima Maria, così in questo si devono rallegrare il cielo e la terra, perché nasce colei che viene a restaurare le rovine del cielo e a santificare il mondo. Quando nacque Noè, si consolò suo padre Lamech, perché seppe che Dio attraverso suo figlio avrebbe assicurato la continuità del genere umano, per mezzo dell'arca, e avrebbe accordato di nuovo le benedizioni che gli uomini avevano demeritato per i peccati commessi. Tutto questo, però, avvenne affinché nascesse questa bambina, che doveva essere la vera riparatrice, essendo, ancora una volta, l'arca mistica a contenere il nuovo e vero Noè, attirandolo dal cielo, per riempire di benedizioni tutti gli abitanti della terra. Oh, felice parto! Oh, lieta nascita, che in tutti i secoli passati sei stata il compiacimento della santissima Trinità, il gaudio degli angeli, il refrigerio dei peccatori, l'allegrezza dei giusti e la singolare consolazione dei santi che ti stavano aspettando nel limbo!

    336. Oh, preziosa e fulgida margarita, che ti dischiudesti alla luce del sole racchiusa nella grezza conchiglia di questo mondo! Oh, grande bambina! Se alla luce materiale gli occhi terreni ti ravvisano appena, dinanzi a quelli del sovrano e della sua corte superi in dignità e bellezza tutto ciò che non è Dio stesso. Tutte le generazioni ti benedicano; tutte le nazioni riconoscano e lodino la tua grazia e la tua bellezza. La terra sia rischiarata da questa nascita; i mortali si rallegrino perché è nata per loro la corredentrice che colmerà il vuoto causato dalla prima colpa; vuoto in cui da essa sono stati lasciati. Sia benedetta ed esaltata la vostra benignità verso di me che sono polvere e cenere, la più abietta. E se mi date il permesso, o mia Signora, di parlare alla vostra presenza, vi esporrò un dubbio, che mi è affiorato su questo mistero della vostra nascita, riguardo a quello che operò l'Altissimo con voi nell'ora in cui vi pose alla luce materiale del sole.

    337. Questo è il dubbio: «Come si potrà intendere che per mano dei santi angeli siete stata portata con il corpo fino al cielo empireo ed alla vista della Divinità? Poiché secondo la dottrina della santa Chiesa e dei santi dottori, il cielo fu chiuso e come interdetto per gli uomini fino a che il vostro santissimo Figlio non lo aprì con la sua vita e la sua morte, entrando in esso come redentore e capo, quando, cioè risorto, vi salì nel giorno della sua ammirabile ascensione, essendo egli il primo per il quale furono aperte quelle porte eterne, che erano state chiuse per il peccato».

    Risposta ed insegnamento della Regina del cielo

    338. Carissima figlia mia, è vero che la divina giustizia, per il primo peccato chiuse il cielo ai mortali fino a quando il mio santissimo Figlio non lo aprì, pagando abbondantemente per gli uomini con la sua vita e la sua morte. Fu così conveniente e giusto che il Redentore, che come capo aveva unito a sé le membra redente, entrasse pnma degli altri figli di Adamo nel cielo, aprendolo per loro. E’ vero che se Adamo non avesse peccato, non sarebbe stato necessario osservare questo ordine, per poter gli uomini salire al cielo empireo a godere della Divinità, ma vista la caduta del genere umano, la santissima Trinità stabilì quello che ora si sta eseguendo ed adempiendo. Davide cantò questo grande mistero nel salmo ventitreesimo, quando, parlando con gli spiriti del cielo, disse due volte: «Sollevate, porte, i vostri frontali, alzatevi porte antiche, ed entri il re della gloria». E ripeté agli angeli che le porte erano aperte solo per loro, mentre per gli uomini stavano chiuse. E benché quei cortigiani del cielo non ignorassero che il Verbo incarnato aveva già tolto a quelle porte le sbarre e le serrature della colpa - salendo ricco e glorioso con le spoglie della morte e del peccato e presentando nella gloria dei santi Padri del limbo il frutto della passione che portava su di sé - con tutto ciò, i santi angeli vengono qui descritti come meravigliati e stupiti di questa novità straordinaria, domandandosi tra loro: «Chi è questo re della gloria, essendo uomo e della stessa natura di Adamo che perdette per sé e per tutto il genere umano il diritto di salire al cielo?».

    339. Al dubbio rispondono loro stessi, dicendo che il re della gloria è il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia, il Signore degli eserciti. Il che è un mostrarsi consapevoli che quell'uomo, venuto dal mondo per aprire le porte eterne, non era solo uomo, né era sottomesso alla legge del peccato, ma era vero uomo e vero Dio e che, forte e potente in battaglia aveva vinto il forte armato che regnava nel mondo, e lo aveva spogliato del suo regno e delle sue armi. Gli angeli lo chiamano il re della gloria, il signore delle virtù, perché le aveva operate come loro Signore, cioè con autorità e senza gli ostacoli del peccato e delle sue conseguenze. E, come signore delle virtù e re della gloria, veniva ora trionfando e ripartendo virtù e gloria ai suoi redenti, per i quali, in quanto uomo, aveva patito ed era morto; in quanto Dio, invece, li sollevava all'eternità della visione beatifica, avendo spezzato le serrature, ossia gli ostacoli posti dal peccato.

    340. O anima, questo fu quello che fece il mio diletto figlio, vero Dio e vero uomo, che, come signore d'ogni virtù e grazia, m'innalzò e mi adornò fin dal primo istante della mia immacolata concezione. Quindi non essendo stata colpita dall'obice del primo peccato, non ebbi l'ostacolo, proprio degli altri mortali, ad entrare per le porte eterne del cielo, anzi, riguardo a questo, il potente braccio di mio figlio si comportò con me, come con la signora delle virtù e regina del cielo. Parimenti, dovendolo rivestire, nel suo farsi uomo, della mia carne e del mio sangue, per la sua benignità volle prevenirmi, facendomi simile a lui in purezza e nella esenzione della colpa come anche in altri doni e privilegi divini. Inoltre, poiché non ero schiava della colpa, non esercitavo affatto le virtù come chi è soggetta ad essa, ma come signora delle mie facoltà, senza conflitto interiore e con pieno dominio; simile non tanto ai figli di Adamo quanto al Figlio di Dio che era anche mio figlio.

    341. Per questa ragione gli spiriti celesti mi aprirono le porte eterne che reputavano loro, riconoscendo così che il Signore mi aveva creata più pura di tutti i supremi angeli del cielo, anzi loro Regina e signora di tutte le creature. E comprendi, o carissima, che chi fece la legge, poté senza contraddizione dispensare da essa. In questo modo, operò il supremo Signore e legislatore, stendendo verso di me lo scettro della sua clemenza più nobilmente di quanto non fece Assuero verso Ester, affinché non si intendesse che le leggi circa la colpa, comuni agli altri mortali, fossero fatte per me, che dovevo diventare la Madre dell'autore della grazia. E benché io, come semplice creatura non potessi meritare questi benefici, tuttavia la clemenza e la bontà divina si volsero verso di me liberalmente, rimirandomi come umile serva, affinché lodassi eternamente l'autore di tali opere. E voglio che anche tu, o figlia mia, lo esalti e lo benedica per esse.

    342. L'insegnamento che ora ti do è questo: avendoti eletta con liberale pietà, come mia discepola e compagna, quando eri ancora povera e abbandonata, cerca con tutte le tue forze di imitarmi in un esercizio che io ho praticato per tutta la mia vita da quando venni al mondo, senza tralasciarlo nemmeno un giorno, per quanti pensieri e tribolazioni avessi. L'esercizio consisteva nel prostrarmi alla presenza dell'Altissimo, ogni giorno allo spuntare della luce, ringraziandolo e lodandolo per il suo essere immutabile, per le sue infinite perfezioni e per avermi creata dal nulla. Inoltre, riconoscendomi sua creatura e sua fattura, lo benedicevo ed adoravo rendendogli onore e magnificenza come si deve al supremo Signore e al creatore mio e di tutto ciò che esiste. Sollevavo così il mio spirito, mettendolo nelle sue mani, e con fiducia e profonda umiltà mi abbandonavo chiedendogli che, in quel giorno e per tutti gli altri della mia vita, disponesse di me secondo il suo volere e che m'insegnasse tutto ciò che gli fosse di maggiore gradimento, per adempierlo. Nell'espletare i diversi impegni quotidiani replicavo più volte questi atti e nell'interno consultavo prima la divina Maestà chiedendole consigli, licenza e benedizione per tutte le mie azioni.

    343. Sii molto devota del mio dolcissimo nome. Sappi intanto che sono stati molti i privilegi e le grazie che l'Onnipotente ha legato al mio nome. Nel rendermene conto alla vista di Dio, mi sentii, in modo sommo, tenuta alla riconoscenza e fui presa da una grande sollecitudine di corrispondere, tanto che tutte le volte che mi veniva alla memoria il mio nome, Maria, ed accadeva molto spesso, e tutte le volte che mi sentivo nominare, provavo un incitamento alla gratitudine e al compimento di ardue imprese per il Signore, che me lo aveva dato. Lo stesso nome hai tu. Perciò voglio che questo nome operi in te i medesimi effetti, in modo che tu mi imiti fedelmente in ciò che hai appreso in questo capitolo, senza venirvi meno da oggi in poi, qualunque cosa accadesse. Qualora, per debolezza, tu cadessi nell'indolenza, rientra subito in te stessa e, alla presenza del Signore e a quella mia, riconosci con dolore la tua colpa. Con sollecitudine e costanza in questo santo esercizio, eviterai molte imperfezioni e ti abituerai piano piano a praticare le virtù nel più alto grado, secondo il volere dell'Altissimo. Egli allora non ti negherà la sua grazia divina se ricercherai davvero la sua luce e ciò che è più gradito e desiderato dal tuo cuore e dal mio, cioè di ascoltare e ubbidire con tutta te stessa al tuo sposo e Signore, il quale vuole per te ciò che è più puro, santo e perfetto e una volontà pronta e disposta ad eseguirlo.

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    Libro I, Cap. 22, §§ 344-359

    CAPITOLO 22

    Come sant'Anna adempì nel suo parto alla legge di Mosè e come la bambina Maria procedeva nella sua infanzia.


    344. Era precetto della legge, nel capitolo dodicesimo del Levitico, che la donna, partorendo una figlia, si considerasse immonda per due settimane e rimanesse poi nella purificazione del parto sessantasei giorni, cioè il doppio del parto di un maschio. Compiuti tutti i giorni della sua purificazione, era stabilito che offrisse un agnello di un anno in olocausto, sia per le figlie che per i figli, e un colombino o una tortorella per il peccato, consegnandoli al sacerdote davanti alla porta del tabernacolo perché li offrisse al Signore e pregasse per lei; con ciò veniva purificata. Il parto della fortunata sant’Anna fu purissimo come conveniva alla sua divina figlia, dalla quale traeva origine la purezza della madre. E sebbene, per questo motivo, non avesse bisogno di altra purificazione, volle, tuttavia, pagare il debito della legge, adempiendola puntualmente e lasciandosi così reputare come immonda, agli occhi degli uomini, quando invece era del tutto libera dalle prescrizioni di purificazione che la legge ordinava.

    345. Trascorsi i sessanta giorni della purificazione, sant'Anna salì al tempio, con la mente infiammata d'amore divino, portando nelle sue braccia la sua benedetta bambina. Accompagnata da innumerevoli angeli e avendo con sé le offerte secondo la legge, arrivò alla porta del tabernacolo e parlò con il sommo sacerdote, il santo Simeone. Egli dimorando a lungo nel tempio ebbe il privilegio che la bambina Maria fosse offerta al Signore, in sua presenza e proprio fra le sue braccia. E sebbene, nelle varie occasioni capitategli, Simeone non conoscesse la dignità della divina signora, tuttavia, come diremo in seguito, avvertì, per tutto il tempo, nel suo spirito intense movenze ed impulsi che gli facevano intuire la grandezza di quella bambina agli occhi di Dio.

    346. Sant'Anna gli offri l'agnello e la tortora insieme ad altri doni, e con umiltà e tra le lacrime gli chiese di pregare per lei e per sua figlia, affinché il Signore perdonasse loro, se avessero avuto qualche colpa. Dio, però, non ebbe di che perdonare ad una figlia e ad una madre in cui la grazia era così abbondante; ebbe, piuttosto, di che premiare la loro umiltà, essendosi presentate come peccatrici, quando invece erano santissime. Il santo sacerdote ricevette l'oblazione e sentendosi lo spirito infiammato e mosso da uno straordinario giubilo, senza avvertire altra cosa né manifestare quello che sentiva, disse tra sé: «Che novità è questa che sento? Forse per caso queste donne sono parenti del Messia che deve venire?». Restando con questo dubbio e con questa gioia, mostrò loro grande benevolenza. Intanto, la santa madre Anna entrò tenendo in braccio la sua santissima figlia e, con devotissime e tenere lacrime, la offrì al Signore, conoscendo lei sola al mondo il tesoro che le era stato dato in deposito.

    347. Rinnovò, allora, sant'Anna il voto, fatto innanzi, di offrire al tempio la sua primogenita, appena fosse giunta all'età conveniente; e subito fu illuminata dall'Altissimo con l'infusione di nuova grazia e nuova luce, sentendo nel suo cuore una voce che le diceva di adempiere il voto portando e offrendo al tempio la sua bambina entro tre anni. Questa voce fu come un'eco di quella della santissima Regina che con la sua preghiera toccò il cuore di Dio, affinché risuonasse in quello di sua madre. In verità, quando la madre e la figlia entrarono nel tempio, la dolce bambina vedendo con i propri occhi la grandezza e la maestosità riservate al culto di Dio, rimase piena di stupore, tanto che avrebbe voluto prostrarsi e baciare il suolo del tempio, per adorare il Signore. E così a quello che non poté fare esternamente supplì l'affetto interiore: adorò e benedisse Dio con un amore così ardente e con una riverenza così profonda che né prima e né dopo la eguagliò altra creatura. Parlando interiormente con il Signore elevò allora questa preghiera:

    348. «Altissimo ed ineffabile Dio, re e Signor mio, degno di ogni gloria, di ogni lode e di ogni riverenza; io, umile polvere, ma vostra fattura, vi adoro in questo luogo santo, vostro tempio; vi esalto e vi glorifico per il vostro essere e per le vostre infinite perfezioni. Rendo grazie, per quanto può la mia povertà, alla vostra benignità, perché avete concesso di vedere con i miei occhi questo tempio santo, questa casa di preghiera, dove i vostri Profeti ed i miei antichi Padri vi lodarono e vi benedirono, e dove la vostra generosa misericordia operò per mezzo loro tante meraviglie e tanti misteri. Degnatevi, o Signore, di accogliermi, affinché io possa servirvi nel tempo stabilito dal vostro santo volere».

    349. Si offrì così come umile serva del Signore, quella che era Regina di tutto l'universo; e come prova, che l'Altissimo accettava tale offerta, scese dal cielo una luce fulgidissima che rivestì la bambina e la madre, ricolmandole di nuovi splendori di grazia. Sant'Anna tornò a sentire che al terzo anno era, di nuovo, chiamata a presentare sua figlia al tempio, poiché il compiacimento che l'Altissimo avrebbe dovuto ricevere da quell'offerta e l'amore con cui la divina bambina lo desiderava non consentivano un ulteriore ritardo. Gli angeli santi assegnati alla sua custodia e tanti altri presenti a questo atto intonarono dolcissimi canti di lode all'Autore delle meraviglie; ma di quanto successe non ebbero cognizione altre persone, all'infuori della santa bambina e di sua madre Anna che avvertirono, in parte interiormente e in parte all'esterno, ciò che era avvenuto di spirituale ed anche di sensibilmente percettibile. Accanto a loro soltanto il santo Simeone riuscì a vedere qualcosa di quella luce sensibile. Sant'Anna ritornò così a casa sua, ricca del suo tesoro e colma dei nuovi doni dell'Altissimo.

    350. Alla vista di tali opere l'antico serpente anelava a conoscere ogni cosa, ma il Signore gli occultava ciò che non doveva sapere e gli lasciava intravedere quanto conveniva perché, opponendosi a tutto ciò che egli cercava di distruggere, venisse a servire come strumento dell'esecuzione dei giudizi misteriosi di Dio. Questo nemico faceva molte congetture circa le singolari ed eccezionali cose che scopriva nella madre e nella figlia. Quando vide, tuttavia, che portavano le offerte al tempio e come peccatrici osservavano quello che la legge comandava, chiedendo per di più al sacerdote che pregasse per loro perché fossero perdonate, rimase accecato ed il suo furore si acquietò, credendo che quella madre e quella figlia fossero allo stesso livello di altre donne comuni, e di uguale condizione, benché più perfette e sante delle altre.

    351. La sovrana bambina veniva, intanto, trattata come gli altri bambini della sua età. Il suo cibo era quello comune e assai parco nella quantità; lo stesso valeva per il sonno, sebbene venisse coricata per dormire. Non importunava né infastidiva, come gli altri bambini, con i soliti vagiti, ma si rivelava gentile e dolce. Dissimulava, però, spesso questa singolarità - benché già si mostrasse Regina e signora - piangendo e singhiozzando più volte per i peccati del mondo e per ottenerne il rimedio con la venuta del Redentore degli uomini. In questa tenera età, infatti, l'espressione del suo viso era si gioiosa, ma velata da una certa severità e da una straordinaria autorevolezza e, pur accogliendo alcune carezze, non ammetteva vezzi puerili. Delle carezze, però, che non erano date da sua madre e che quindi erano meno misuràte ed imperfette, limitava il numero con speciale virtù e con la serietà che mostrava già da piccolina. La prudente sant'Anna trattava la bambina con incomparabile cura, diligenza e delicatezza. Anche suo padre Gioacchino l'amava come padre e come santo, benché allora ne ignorasse il mistero; e la bambina si mostrava con lui affettuosa, dal momento che lo riconosceva come padre e pertanto caro a Dio. Nonostante da lui accettasse di essere accarezzata più che dagli altri, tuttavia Dio fin d'allora infuse sia nel padre sia negli altri uno straordinario rispetto e riverenza verso colei che si era eletta per madre, tanto che il puro amore del padre nelle espressioni sensibili era sempre misurato e moderato.

    352. La bambina Regina era in tutto amabile, ammirabile e perfettissima, e se nell'infanzia fu sottomessa alle comuni leggi della natura, queste tuttavia non furono di ostacolo alla grazia. Quando dormiva vigilava con il cuore: non tralasciava né interrompeva gli atti interni d'amore o altre mozioni affettuose che non dipendono dai sensi esterni.

    Essendo ciò possibile anche ad altre anime, cui la potenza divina voglia concederlo, è certo che Dio non tralasciò di operarlo in colei che elesse per Madre sua e per regina di tutto il creato, largheggiando con lei in ogni genere di grazie più che con tutte le altre creature ed oltre la loro stessa immaginazione. Dio, nel sonno naturale, parlò a Samuele nonché ad altri Santi e Profeti, ed a molti mandò sogni misteriosi o visioni, poiché per illuminare l'intelletto poco importa alla sua potenza che i sensi esterni dor-mano nel sonno naturale o siano sospesi dalla forza che li rapisce in estasi. Nell'uno e nell'altro caso l'attività dei sensi cessa: eppure anche senza di essi lo spirito ode, ascolta e parla con gli oggetti con cui è in relazione. Per la celeste Regina fu questa una legge perenne, dalla sua concezione e per tutta l'eternità; e mentre era pellegrina sulla terra godette di queste grazie non ad intervalli, come le altre creature, ma incessantemente. Quando era sola o l'adagiavano per dormire, benché il suo sonno fosse breve, conversava con i suoi angeli dei misteri e delle lodi dell'Altissimo e godeva di visioni divine e del colloquio con il sommo re. Essendo stato tanto frequente il suo trattare con gli angeli, nel capitolo seguente spiegherò anche i modi in cui le si manifestavano e qualcosa delle loro straordinarie virtù.

    353. Regina e signora del cielo, se come madre pietosa e mia maestra vorrete ascoltare, senza offendervi, le mie ignoranti parole, vi esporrò alcuni dubbi che in questo capitolo mi sono affiorati alla mente. E qualora, per la mia ignoranza e il mio ardire, cadessi in errore invece di rispondermi, o Signora, correggetemi con la vostra materna pietà. Il mio dubbio è questo: «Sentivate, voi, durante l'infanzia, l'abbandono e la fame che provano naturalmente gli altri bambini? E se così era, in che modo chiedevate gli alimenti e gli aiuti necessari, essendo tanto ammirabile la vostra pazienza da non usare il pianto come voce e come parola, a differenza degli altri bambini?». Inoltre ignoro se alla vostra Maestà fossero penosi i bisogni di quell'età, come l'essere ora fasciata ora sfasciata, essere nutrita con il cibo dei bambini e ricevere quello che gli altri accolgono senza riflettervi, perché privi dell'uso della ragione; mentre a voi, o Signora, niente passava inosservato. Infatti, mi sembra quasi impossibile che non dovesse esservi esagerazione o difetto riguardo alla misura, al tempo o alla quantità o a simili condizioni: voi ne avevate la piena consapevolezza, perché pur bambina per l'età, eravate grande per cognizione, conferendo così il giusto peso ad ogni cosa. D'altra parte, per divina prudenza, voi conservavate la serietà e la dovuta compostezza, mentre la vostra età e le leggi di natura richiedevano il necessario. Intanto, non lo chiedevate piangendo come i bambini, né parlando come gli adulti. Il vostro pensiero non era manifesto, né eravate trattata come una persona avente già l'uso della ragione; tantomeno vostra madre poteva conoscere quello di cui avevate bisogno - se, come e quando - per provvedere e servire vostra Maestà convenientemente ed in tutto. Questo mi causa stupore e suscita in me il desiderio di conoscere i misteri che vi si celano.

    Risposta ed insegnamento della Regina del cielo

    354. Figlia mia, volentieri rispondo a ciò che ti meraviglia. È’ vero che io ebbi la grazia e l'uso perfetto della ragione fin dal primo istante del mio concepimento come tante volte ti illustrai. Inoltre come gli altri bambini, provai i bisogni dell'infanzia e fui allevata secondo l'uso comune a tutti. Sentii fame, sete, sonno e disagi corporali, andando incontro a questi inconvenienti, come una figlia naturale di Adamo. D'altra parte era giusto che io imitassi il mio santissimo Figlio, che doveva accettare tali difetti e tali pene; e ciò al fine di riportarne merito ed essere anch'io esempio di imitazione per gli altri mortali. Essendo, tuttavia, governata dalla grazia divina, io facevo uso del cibo e del sonno con peso e misura, pigliandone meno degli altri e solo quello che era di stretta necessità per la crescita naturale e per preservare la vita e la salute. Il disordine in queste cose, infatti, non solo è contro la virtù, ma anche contro la stessa natura, perché ne viene alterata e corrotta. Per l'equilibrio della mia persona, nella perfetta armonia delle sue parti e componenti, certo io sentivo la fame e la sete più degli altri bambini ed in me questa mancanza di cibo era ancor più pericolosa. Tuttavia, se non me lo davano nel tempo prescritto, sopportavo con pazienza ed aspettavo il momento opportuno per chiederlo. Invece, sentivo meno la mancanza del sonno perché rimanendo sola avevo la libertà di vedere gli angeli e conversare con loro sui misteri divini.

    355. Lo stare coperta e avvolta con fasce non mi arrecava grande fastidio, ma viva allegrezza, conoscendo per luce divina che il Verbo incarnato doveva patire una morte ignominiosa e doveva essere legato in modo obbrobrioso. Quando ero sola mi ponevo perciò a forma di croce, pregando come lui, perché sapevo che il mio diletto doveva morire proprio su quella, sebbene ignorassi, allora, che il crocifisso doveva essere mio figlio. In tutti i disagi che patii dopo essere venuta al mondo, però, conservai sempre l'equilibrio e la gioia, tanto che non si dipartì mai dal mio cuore una considerazione che voglio che tu tenga presente continuamente, ed è questa: di ponderare sempre nella mente e nel cuore le verità eterne ed infallibili, per discernere tutte le altre cose rettamente, senza sbagliare, dando così a ciascuna il peso e il valore che si merita. Comunemente, infatti, è qui che cadono in errore e si accecano i figli di Adamo; ed io non voglio, figlia mia, che questo capiti pure a te.

    356. Appena venni al mondo e vidi la luce che mi illuminava, sentendo gli effetti degli elementi, gli influssi dei pianeti e degli astri, la terra che mi accoglieva, il cibo che mi nutriva, io resi subito grazie all'Autore della vita, e riconobbi le sue opere non come un debito che egli avesse verso di me, ma come un beneficio. In seguito perciò quando mi mancava qualcosa di cui avevo bisogno, sopportavo senza inquietarmi, anzi con gioia ammettevo che si faceva con me quanto era nella ragione, poiché essendomi tutto elargito per grazia e senza merito, era giusto che io ne fossi priva. Dimmi dunque, o anima: se io penso e confesso una verità che la ragione umana non può né ignorare né negare, dove hanno il senno gli uomini e quale senso di giudizio mostrano, quando mancando loro qualcosa che bramano e, forse, per niente utile, si rattristano e s'infuriano gli uni contro gli altri e perfino si irritano con Dio stesso, come se ricevessero da lui qualche torto? Si interroghino: quali tesori, quali ricchezze possedevano prima di ricevere la vita? Quali servizi fecero al Creatore perché donasse loro l'esistenza? Se il niente non può altro guadagnare che il niente né meritare l'essere che dal niente gli fu dato, quale obbligo ha Dio di conservare per giustizia ciò che gli fu elargito per grazia? Quando Dio crea e chiama all'esistenza, non è un beneficio che prodiga a se stesso, bensì alla creatura ed è così grande come lo sono la vita ed il suo fine. Se l'uomo con il dono della vita ha contratto un debito di riconoscenza che non riuscirà mai a pagare - dica - quale diritto rivendica ora perché avendogli dato Dio l'essere, senza che lo meritasse, debba conservarglielo, nonostante i reiterati e frequenti demeriti? E dove tiene la garanzia o la carta di assicurazione in cui si attesti che niente debba mancargli?

    357. Se inoltre il primo movimento e la prima opera furono una nuova concessione e quindi un nuovo debito contratto, come può chiederne un secondo con impazienza? E se la somma bontà del Creatore gratuitamente provvede all'uomo il necessario, perché egli si turba quando gli manca il superfluo? Oh, figlia mia, che colpa esecrabile e che cecità abominevole è questa degli uomini! Ciò che il Signore dà loro per grazia non lo gradiscono, né si mostrano riconoscenti, e per quello che nega loro, per giustizia e talvolta per somma misericordia, si inquietano e si insuperbiscono e se lo procurano con mezzi ingiusti ed illeciti attirandosi le conseguenze dell'errore. Già con il primo peccato che l'uomo commette, perde Dio e insieme perde l'amicizia di tutte le creature, che - se non fosse Dio stesso a trattenerle - si rivolterebbero a vendicare l'ingiuria fatta al creatore e negherebbero all'uomo la possibilità di servirsi dei beni come sostentamento e vita. Il cielo lo priverebbe della sua luce e dei suoi influssi, il fuoco del suo calore; l'aria gli negherebbe il respiro e tutte le altre cose a loro modo farebbero lo stesso, per giustizia. Poi, quando la terra non darà più i suoi frutti e gli elementi negheranno il loro contributo e le altre creature si armeranno per vendicare le irriverenze fatte contro il creatore, allora l'uomo ingrato e vile si umilii e non accumuli su di sé l'ira del Signore nel giorno stabilito per il rendiconto, in cui gli verrà fatta questa accusa così terribile.

    358. E tu, anima mia, fuggi da un'ingratitudine tanto perniciosa e riconosci umilmente che per grazia ricevesti l'essere e la vita, e questa il suo Autore ti conserva per grazia. Riconosci che senza meriti ricevi gratuitamente tutti gli altri benefici e che ricevendo molto e restituendo poco, ti rendi, ogni giorno, meno degna: cresce pertanto verso di te la generosità dell'Altissimo e così anche il tuo debito verso di lui. Voglio che questa considerazione ti accompagni sempre, per risvegliarti e spingerti a compiere molti atti virtuosi. Se poi ti mancherà l'apporto delle creature irrazionali, possa tu rallegrarti nel Signore, rendendo a lui grazie e a loro benedizioni, perché obbediscono al creatore. Parimenti, se le creature razionali ti perseguiteranno, tu amale con tutto il cuore e considerale come strumenti della giustizia divina, perché in qualche modo la tua colpa venga gradualmente estinta. Abbraccia i travagli, le avversità e le afflizioni e cerca in essi consolazione, perché, oltre a divenire il mezzo per scontare le colpe che hai commesso, sono l'ornamento della tua anima e le gioie più ricche agli occhi dello sposo.

    359. Questa sia la risposta al tuo dubbio. Ora, desidero darti l'insegnamento che ti ho promesso per ogni capitolo. O anima rifletti, dunque, sulla puntuale sollecitudine che la mia santa madre Anna mostrò nell'adempiere, con il massimo compiacimento del Signore, il precetto della legge divina. Ti esorto, allora, ad imitarla, osservando inviolabilmente ed indistintamente tutti i precetti della tua Regola e delle Costituzioni, perché Dio premia largamente questa fedeltà, mentre, invece, si offende della negligenza. Io, sin dalla concezione, fui senza peccato e quindi non sembrava necessario presentarmi al sacerdote, perché il Signore mi purificasse. Nemmeno mia madre aveva peccato, perché era molto santa, tuttavia ubbidimmo con umiltà alla legge e perciò meritammo di crescere grandemente in virtù e grazia. Il disprezzo delle leggi giuste e ben ordinate ed anche la dispensa da esse, per ogni piccola cosa, scompaginano il culto e il timor di Dio, e confondono e sconvolgono il sistema delle regole umane. Negli obblighi del tuo Ordine guardati bene, perciò, dall'elargire facili dispense sia per te sia per le altre. Quando l'infermità o qualche giusta causa lo permetterà, fallo con misura e con il consiglio del tuo confessore, giustificando la tua azione davanti a Dio e agli uomini mediante l'approvazione dell'obbedienza. Se ti troverai stanca e spossata non tornare indietro dal tuo rigore, poiché Dio ti darà forza secondo la tua fede. Non dispensare mai per motivi di occupazioni: serva ciò che vale di meno a ciò che vale di più, e lo segua, come la creatura il Creatore. Inoltre, bada che nell'esercitare l'ufficio di superiora sarai meno discolpata, poiché per dare esempio devi essere la prima nell'osservanza delle leggi; e giammai tu possa trovare motivi o giustificazioni umane che ti dispensino da essa, anche se, talvolta e per la stessa ragione, tu debba trovarti nella condizione di farlo per le tue sorelle e suddite. Considera, o carissima, che ti do questo insegnamento per il fatto che da te esigo il meglio e la perfezione: necessario si rivela questo rigore, essendo l'osservanza dei precetti un debito verso Dio e verso gli uomini. Nessuno si lusinghi pensando che basti soddisfare il Signore, senza pagare il debito che si ha con il prossimo: dare il buon esempio e non essere occasione di scandalo. Regina e signora di tutto il creato, io vorrei raggiungere la purezza e la virtù degli spiriti celesti, perché il corpo corruttibile, che appesantisce l'anima, sia sollecito nell'adempire questo divino insegnamento. Sono diventata di peso a me stessa; ma con l'aiuto della vostra intercessione e col favore della grazia cercherò, o Signora, di ubbidire alla volontà vostra e di Dio con prontezza ed affetto di cuore. Non mi venga mai meno la vostra intercessione e la vostra protezione né l'insegnamento della vostra santa ed altissima dottrina.

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    Libro I, Cap. 23, §§ 360-376

    CAPITOLO 23

    I segni con cui i santi angeli custodi di Maria santissima le si manifestavano. Le loro perfezioni.


    360. Ho già detto che gli angeli custodi di Maria erano mille, e non uno solo come capita per ogni comune mortale. E in considerazione della sua dignità, i mille angeli custodivano e assistevano Maria con una vigilanza superiore a quella di qualsiasi altro angelo verso l'anima a lui raccomandata. Oltre questi mille, che erano suoi custodi assidui ed ordinari, la servivano, nelle diverse occasioni che si presentavano, molti altri angeli, specialmente dopo il concepimento del Verbo divino incarnato. Dissi anche, come sopra, che la scelta e la nomina di questi mille angeli furono fatte da Dio al tempo della creazione, della giustificazione dei buoni e della cadutà dei cattivi. Dopo che fu loro proposto, come a viatori, l'oggetto della divinità, venne anche manifestata la santissima umanità che avrebbe assunto il Verbo, nonché raffigurata la sua purissima Madre, affinché li potessero riconoscere come loro superiori.

    361. Quindi, gli angeli apostati furono castigati, mentre furono premiati quelli ubbidienti, secondo la proporzione che il Signore nella sua giustissima equità volle osservare. Or dunque, per quanto concerne il premio accidentale elargito agli angeli, come ho già avuto modo di dire, esso non fu dato in egual misura: la diversità dipendeva dai differenti sentimenti di affetto che provavano verso i misteri del Verbo incarnato e della sua purissima Madre; misteri che, per ordine, andarono conoscendo prima e dopo la caduta degli angeli cattivi. Proprio a questo premio accidentale si riferiscono l'essere stati eletti per assistere e servire Maria santissima e il Verbo incarnato, come anche il modo e la forma che prendevano, nell'apparire visibilmente alla regina. Questo è quello che intendo spiegare in questo capitolo, confessando, tuttavia, la mia incapacità: è molto difficile, infatti, racchiudere in un semplice discorso, fatto di parole e di termini materiali, le perfezioni e le operazioni di questi spiriti puri ed eccelsi. Se io passassi sotto silenzio questo punto, tralascerei nella storia una gran parte delle sublimi occupazioni che tenevano impegnata la Regina del cielo, quando era pellegrina sulla terra. Dopo aver esercitato le opere con il Signore, la sua occupazione principale era quella di trattare con i suoi ministri, gli spiriti angelici; e pertanto senza questa illustre parte, il racconto della sua santissima vita sarebbe rimasto incompleto.

    362. Presupponendo, dunque, quanto finora ho detto degli ordini, delle gerarchie e delle differenze di questi mille angeli, aggiungerò qui la descrizione della forma con la quale apparivano corporalmente alla Regina e signora, rimandando ad altri capitoli il racconto delle apparizioni puramente spirituali e soprannaturali, e dei vari generi di visioni che aveva la regina. I novecento angeli eletti dai nove cori, cento cioè da ciascuno, furono scelti tra quelli che nutrivano maggiore stima, affetto e rispetto per Maria santissima. Quando, poi, le apparivano visibili, davanti agli occhi, avevano l'aspetto di ragazzetti, ma di estrema bellezza e grazia. Il corpo mostrava poco di terreno, perché era purissimo, quasi un cristallo animato e sfavillante di gloria, simile a corpi gloriosi e rifulgenti. Alla bellezza univano dignità e compostezza nel portamento, unitamente ad un'amabile severità. Il vestito era talare, ma sembrava formato di una luce raggiante, simile ad oro brillante e fulgidissimo, tramezzato da assortimenti di finissimi colori, che apparivano alla vista come un'ammirabile e bellissima varietà. Ci si accorgeva, però, facilmente, che quell'ornamento e quella forma visibili non erano qualcosa di percepibile al tatto materiale né si sarebbero potuti toccare con la mano, sebbene si lasciassero distinguere, come avviene per il raggio del sole che, facendo apparire le particelle lucenti, entra per le fessure di una finestra. La radiosità di questi angeli era, tuttavia, incomparabilmente più viva e più bella dello splendore del sole.

    363. Tutti gli angeli portavano sulle loro teste delle corone di vivacissimi e finissimi fiori che olezzavano una fragranza soavissima, celeste, mai odorata sulla terra. In mano portavano delle palme tessute e variopinte, significanti le virtù che Maria santissima doveva esercitare santamente e le corone di gloria che doveva conseguire. Tutto questo le veniva manifestato anticipatamente e con dissimulazione, e produceva in lei effetti di gaudio e di giubilo. Sul petto portavano un distintivo simile, in qualche modo, a quelli tessuti sugli abiti degli ordini militari. Era una scritta che diceva: Maria madre di Dio, e costituiva per questi santi principi un segno di gloria, ornamento e bellezza; ma alla regina Maria ne venne tenuto nascosto il significato, finché non ebbe concepito il Verbo incarnato.

    364. Questo distintivo con la scritta colpiva l'occhio per lo straordinario splendore che emanava, risaltando e rilucendo in mezzo al fulgido ornamento degli angeli. Essi, inoltre, variavano le loro comparse e i colori per dare significato e senso alla diversità dei misteri e delle molteplici prerogative racchiusi nella santa Città di Dio. La scritta Maria madre di Dio conteneva il più alto titolo onorifico e la più elevata dignità che si potessero avverare in una semplice creatura; con questo titolo essi onoravano la loro e nostra regina, restandone a loro volta onorati... In verità, ricevettero questo sigillo come segno d'appartenenza e premio, per essersi distinti nella devozione e nella venerazione di colei ritenuta la più degna di onore da tutte le creature. Mille volte felici quelli che meritarono la singolare corrispondenza dell'amore di Maria e del suo santissimo Figlio!

    365. Gli effetti che questi santi principi con il loro abbigliamento suscitarono nell'animo di Maria, nessuno, al di fuori di lei, potrebbe spiegarli. Le manifestavano metaforicamente il mistero della grandezza di Dio e la perfezione dei suoi attributi: i benefici che le aveva reso e le rendeva, quando l'aveva creata, eletta, arricchita e favorita di tanti doni celesti e tesori divini. Il suo cuore, mediante questi, s'infiammava in grandi incendi d'amore e di lode a Dio, mentre gli effetti crescevano in lei con l'età e il succedersi degli avvenimenti. Quando, poi, si compì l'incarnazione del Verbo, gli angeli le svelarono i misteri, e spiegarono la misteriosa scritta che portavano sul petto, fino allora rimasta a lei nascosta. Dinanzi alla spiegazione del contenuto di quella incantevole scritta ed a quello che le venne fatto comprendere circa la sua dignità al cospetto di Dio, tanto furono il fuoco d'amore, la profonda umiltà, il tenero affetto che si risvegliarono nel candido cuore di Maria - pur riconoscendosi ella incapace e indegna di una elezione così ineffabile e di un mistero così immenso - che non ci sono parole adeguate a spiegarlo.

    366. I settanta serafini, piu vicini al trono di Dio, scelti per assistere la Regina, furono quelli che più si distinsero nella venerazione e nell'ammirazione del mistero dell'unione ipostatica delle due nature, divina e umana, nella persona del Verbo. Dal momento che erano più intimamente uniti a Dio per la conoscenza intellettuale e l'amore, desiderarono più degli altri che questo mistero si operasse nel seno di una donna; a questa singolare e speciale inclinazione corrispose il premio, sia quello che concerne la gloria essenziale, sia quello che concerne la gloria accidentale. A quest'ultima - di cui sto parlando - si riferiscono l'onore di assistere Maria santissima e l'essere testimoni dei misteri che in lei si operano.

    367. Quando i settanta serafini le apparivano visibilmente, la Regina li contemplava nella stessa forma in cui li vide nell'immaginazione il profeta Isaia e cioè con sei ali. Con due si coprivano il capo, per significare, con questo umile atteggiamento, la debolezza del loro intelletto a penetrare il mistero al cui servizio erano chiamati: prostrati dinanzi alla maestà del loro autore, credevano in questi misteri e li distinguevano attraverso il velo dell'oscura conoscenza che veniva loro data e per la quale esaltavano con eterna lode i santi ed imperscrutabili giudizi dell'Altissimo. Con le altre due ali si coprivano i piedi, la parte inferiore del corpo, e con ciò volevano alludere alla stessa Regina e signora del cielo e alla sua natura umana e terrena. Coprivano i piedi in segno di venerazione, perché reputavano Maria la suprema tra tutte le creature: per la sua incomprensibile dignità e per la sua incommensurabile grandezza la più vicina a Dio stesso e superiore ad ogni intelletto umano creato. E li coprivano, anche, per indicare che, per quanto fossero sublimi serafini, non potevano paragonare i loro passi con quelli di Maria, per la sua eccelsa dignità e nobiltà.

    368. Con le due ali del petto volavano, oppure le dispiegavano, per dare ad intendere similmente due cose:

    una, l'incessante movimento e volo di amore verso Dio, nonché la lode e la profonda riverenza che gli tributavano; l'altra, la rivelazione che facevano, a Maria santissima, della parte più interna del loro petto, dove nell'essere e nell'operare riverberavano, come in un limpidissimo specchio, i raggi della Divinità. Non era perciò necessario né opportuno che questa si manifestasse continuamente a Maria, mentre era ancora pellegrina sulla terra. La santissima Trinità dispose che la figlia e sposa avesse per ministri i serafini, che sono le creature più intimamente unite e vicine alla Divinità, affinché in essi, questa grande Regina vedesse ritratto, come in un'immagine viva colui che non poteva guardare sempre nella sua forma originale.

    369. In questa maniera, la divina sposa godeva del ntratto del suo amato, mentre ne era lontana come viatrice e pellegrina sulla terra; la visione di questi infiammati, sublimi principi del cielo e le conversazioni con essi accendevano il suo cuore con il fuoco ardente dell'amore divino. Il genere e il modo poi di comunicare con gli angeli, indipendentemente dai sensi, erano gli stessi di quelli che osservavano tra loro: gli angeli superiori di un coro illuminano gli inferiori, come ho già detto altre volte. Sebbene la Regina del cielo fosse in dignità e grazia superiore a tutti, tuttavia nella natura, come dice Davide, l'uomo fu fatto inferiore agli angeli. Pertanto, l'ordine, in cui si comunicano le illuminazioni e si ricevono le influenze divine, segue la natura e non la grazia.

    370. Gli altri dodici angeli che, come dissi sopra, sono quelli delle dodici porte, di cui san Giovanni parla nel capitolo ventunesimo dell'Apocalisse, si distinsero nell'amore e nella lode a Dio, poiché erano a conoscenza che egli voleva farsi uomo, essere maestro degli uomini, conversare familiarmente con loro e quindi redimerli e, con i suoi meriti, aprire loro le porte del cielo, assumendo come sua coadiutrice, in questo mirabile mistero, la sua santissima Madre. Questi angeli posero un'attenzione speciale alle meravigliose opere della redenzione ed alle vie che Dio avrebbe insegnato, perché gli uomini s'incamminassero verso la vita eterna; vie simboleggiate dalle dodici porte, che corrispondono alle dodici tribù. La ricompensa di questa singolare devozione fu di destinare, come Dio fece, questi angeli ad essere testimoni e segretari dei misteri della redenzione e cooperatori della stessa Regina del cielo nel pnvilegio e servizio di essere madre di misericordia e mediatrice di salvezza per tutti coloro che fossero ricorsi a lei. Perciò, dissi sopra che la regina Maria si serve particolarmente di questi dodici angeli per proteggere, difendere ed aiutare i suoi devoti nelle loro necessità e bisogni, e soprattutto per liberarli dal peccato, ogni volta che questi si rivolgono a lei ed agli angeli nella supplica ed invocazione.

    371. Questi dodici angeli le apparivano in forma corporea, come quelli a cui accennai precedentemente, salvo che portavano numerose corone e palme, come segno dei premi riservati ai suoi devoti. Il loro servizio consisteva nel farle conoscere, in modo singolare, l'ineffabile pietà del Signore verso il genere umano, e nel sollecitarla perché ella lo lodasse e ne chiedesse l'esecuzione per gli uomini. A tale scopo, sua Altezza inviava questi angeli, con tali richieste, al trono dell'eterno Padre, come pure li mandava ad illuminare e soccorrere i devoti che la invocavano o quelli che ella voleva aiutare e proteggere. Ciò avvenne frequentemente al tempo della Chiesa primitiva, quando attraverso il ministero degli angeli aiutò gli Apostoli che si trovavano in mezzo alle tribolazioni ed ai travagli. Tuttora dal cielo questi dodici angeli esercitano il medesimo ufficio, assistendo i devoti della loro e nostra Regina.

    372. Gli altri diciotto angeli, che restano a formare il numero di mille, furono quelli che si distinsero per l'amorevole dedizione ai misteri dolorosi del Verbo incarnato; per questo fu molto grande la gloria che ne ebbero in premio. Apparivano a Maria santissima in una forma oltre-modo bella: come ornamento portavano diversi segni della passione di Cristo e di altri misteri della redenzione; in particolare avevano una croce sul cuore e una sul braccio, entrambe di singolare bellezza e rifulgenti di una vivissima luce. La vista di un abito così singolare risvegliò nella Regina una grande ammirazione nonché la memoria, colma di tenerezza e compassione, di ciò che avrebbe dovuto patire il Redentore del mondo; suscitò anche fervorosi atti di riconoscenza e rendimento di grazie per i benefici che gli uomini avrebbero ricevuto attraverso la redenzione e il riscatto dal peccato. La nostra amata Signora si serviva, spesso, di questi angeli e li inviava al suo santissimo Figlio con diversi messaggi e suppliche per il bene e la salvezza delle anime.

    373. Nel descrivere le forme ed i segni, ho detto anche qualcosa sulle perfezioni di questi spiriti celesti e sui servizi che prestavano, ma molto limitatamente in confronto a quello che in realtà sono. Si tratta di invisibili raggi della Divinità, velocissimi nei movimenti e nelle operazioni, potentissimi nella forza, perfettissimi nella capacità di intendere, senza cadere nel pericolo dell'inganno, ed immutabili nella natura e nella volontà. Inoltre, quello che apprendono una volta non lo dimenticano più né lo perdono più di vista. Sono pieni di grazia e di gloria e non corrono il rischio di perderie; essendo incorporei ed invisibili, quando l'Altissimo permette agli uomini di vederli, assumono un corpo apparente, percettibile ai sensi e conforme allo scopo. Tutti questi mille angeli della regina Maria erano, nella schiera dei loro cori, superiori e tale rango di superiorità riguardava la grazia e la gloria. Essi provvidero alla custodia della nostra amata Signora, incessantemente e per tutta la vita. Adesso in cielo godono della sua vista e della sua compagnia in modo del tutto speciale e gratuito. Ve ne sono alcuni tra loro che lei invia di preferenza ed ordinariamente; però, tutti e mille in alcune occasioni servono per questo ministero, secondo il volere di Dio.

    Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

    374. Figlia mia, voglio condensare la dottrina di questo capitolo in tre ammonizioni. La prima è che ti mostri grata con eterna lode e riconoscenza al beneficio che Dio ti elargì nel donarti gli angeli a che ti assistano, ti ammaestrino e ti indirizzino nelle tue tribolazioni e fatiche. Questo è un beneficio che i mortali ordinariamente dimenticano con biasimevole ingratitudine e grave villania, non considerando quanto siano grandi la misericordia e la benignità divina nell'ordinare a questi santi principi - che sono di una natura superiore, spirituale, e pieni di gloria, dignità e bellezza - di assistere, custodire e difendere le creature terrene, così piene, invece, di miserie e di colpe. Per questo oblio, gli uomini ingrati si privano di molti favori da parte degli stessi angeli e suscitano lo sdegno e la collera del Signore. Tu, perciò, o carissima, riconosci il dono che hai ricevuto e cerca con tutte le tue forze di corrispondervi.

    375. La seconda ammonizione è che tu, sempre ed in ogni luogo, porti riverenza ed amore a questi spiriti divini, come se li vedessi con gli occhi del corpo. Sii, dunque, attenta ed accorta, come chi sta alla continua presenza dei cortigiani del cielo e non ardire di fare in presenza loro ciò che in pubblico non faresti; né osa tralasciare di operare per il servizio del Signore ciò che essi fanno o che vogliono da te. Considera bene, anche, che essi contemplano sempre il volto di Dio, quali beati; per cui non è giusto che, se volgono contemporaneamente lo sguardo su di te, vedano qualcosa di indecente. Mostrati dunque grata della loro vigilanza, difesa e protezione.

    376. La terza ammonizione è che tu stia attenta alle ispirazioni, chiamate ed ammonizioni con cui ti sollecitano ed illuminano in modo da orientare la tua mente e il tuo cuore a vivere nella memoria ed alla presenza di Dio, e all'esercizio di tutte le virtù. Pondera bene: tu spesso li chiami ed essi ti rispondono; tu li cerchi e li trovi; quanto spesso hai chiesto loro notizie sugli attributi e le qualità del tuo diletto ed essi te li hanno elencati; quante altre volte ti hanno spronato ad amare il tuo sposo, e ripreso dolcemente a causa delle tue trascuratezze e tiepidezze. E quando per le tue tentazioni e la tua debolezza hai perduto l'orientamento della luce, essi ti hanno aspettato, sopportato pazientemente e aperto gli occhi, riconducendoti sul diritto cammino della giustificazione e della testimonianza del Signore. Non dimenticare, dunque, o anima, il tanto che tu, a preferenza di molte nazioni e generazioni, devi a Dio, per i benefici di questi angeli; e sforzati di essere grata al Signore e agli stessi angeli, suoi ministri.

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    Libro I, Cap. 24, §§ 377-387

    CAPITOLO 24

    I santi esercizi e le occupazioni della Regina del cielo nel primo anno e mezzo della sua infanzia.


    377. Il silenzio, che nei primi anni gli altri bambini osservano per necessità naturale, perché non sanno né possono parlare, se non balbettando in modo maldestro, fu, invece, per la nostra divina bambina, una virtù eroica. Infatti, se le parole sono frutto dell'intelletto e comunicazione del pensiero, e se Maria santissima ne fu perfettamente dotata sin dalla sua concezione, ne consegue che ella, subito dopo la nascita, non scelse il silenzio perché non poteva parlare, ma perché liberamente non voleva farlo. E se agli altri bambini mancano le forze naturali per aprire la bocca, muovere la tenera lingua e pronunciare le parole, invece nella bambina Maria non fu presente questo difetto: per la sua natura più robusta, e per l'autorità e il dominio che esercitava su tutte le cose, le sue stesse facoltà le avrebbero infatti ubbidito, qualora lo avesse ordinato. In lei invece il non parlare fu virtù e grande perfezione; teneva nascosta così la sua sapienza e grazia, evitando l'ammirazione che di fatto avrebbe suscitato il veder parlare una neonata. Del resto, non so se, chi avesse parlato, nonostante ne fosse impedito per natura, sarebbe stato da ammirare più di colei che, potendolo invece fare, tacque per un anno e mezzo.

    378. Fu volontà dell'Altissimo che, nel tempo in cui gli altri bambini non possono ordinariamente parlare, la nostra bambina mantenesse questo silenzio. Venne eccezionalmente dispensata da questo ordine, soltanto quando poteva, da sola, conversare con i suoi santi angeli custodi o rivolgersi al Signore con suppliche e preghiere vocali. E in verità, non vi era nessun motivo che ella si astenesse - come capitava con i mortali - dal parlare con Dio, autore di questo beneficio, e con gli angeli suoi messaggeri quando le apparivano sotto sembianze corporee; anzi era conveniente che, non essendone impedita, pregasse con la bocca, ed evitasse così di tenerla in ozio per lungo tempo. Sua madre sant'Anna, tuttavia, non sentì mai parlare la bambina, né venne a conoscenza che potesse farlo in quell'età. Il che evidenzia quanto lo stare in silenzio di Maria, in quel primo anno e mezzo della sua infanzia, fosse veramente il frutto della virtù. In quel tempo, quando le parve opportuno, la madre sant'Anna liberò, slegando le fasce, le braccia e le mani della bambina Maria, così che ella poté stringere quelle dei suoi genitori e baciarle con deferente sottomissione e riverente umiltà. Rimase fedele a quest'usanza fin tanto che essi vissero. In quell'età, inoltre, lasciava intendere ai suoi genitori, con segni e gesti esteriori, di desiderare la loro benedizione e perché lo facessero preferiva parlare al loro cuore piuttosto che chiederlo con la bocca. Fu così grande la riverenza che nutrì nei loro confronti da non venirne mai meno, come del re-sto giammai mancò all'obbedienza, recò loro molestia o pena, poiché conosceva i loro pensieri e preveniva i loro desideri.

    379. In tutte le sue azioni e i suoi movimenti era illuminata dallo Spirito Santo e perciò faceva ogni cosa nel modo più perfetto. Benché l'esecuzione risultasse completa, tuttavia il suo ardentissimo amore non restava soddisfatto, e rinnovava continuamente i fervorosi affetti dell'amore, anelando e aspirando così a carismi migliori. Le rivelazioni divine e le visioni puramente spirituali erano, nella bambina Regina continue ed ininterrotte, poiché l'Altissimo le stava sempre vicino e l'assisteva. E se talvolta la divina provvidenza sospendeva temporaneamente queste forme di visioni e di cognizioni, ella dirigeva la sua attenzione a quelle precedenti, poiché della rappresentazione chiara di Dio - che, come dissi sopra, ebbe subito dopo la nascita allorché fu portata in cielo dagli angeli - le erano rimaste impresse le immagini cognitive (species intellegibiles) di quanto aveva visto. Dopo che ebbe lasciato la cella del vino, inebriata d'amore, il suo cuore restò talmente ferito che ella, ogni qualvolta si volgeva a questa contemplazione, si infiammava tutta. Essendo però il suo corpo delicato e debole, mentre l'amore era forte come la morte, giungeva a languire appassionatamente d'amore e ne sarebbe morta se l'Altissimo non le avesse rafforzato, mediante una miracolosa virtù, la parte più debole e conservato la vita. Molte volte, tuttavia, il Signore permetteva che quel corpo delicato e vergineo, per la veemenza dell'amore, cadesse in deliquio. Allora i santi angeli la sorreggevano e confortavano e così si adempì la parola della sposa del Cantico dei Cantici: Fulcite me floribus quia amore langueo! - Sostenetemi e rinfrancatemi con fiori perché languisco d'amore. Questo fu per la Regina del cielo un martirio del genere più nobile, ripetutosi migliaia di volte, con il quale sorpassò tutti i martiri sia nell'acquistare meriti che nel patire sofferenze e dolori.

    380. La pena dell'amore è qualcosa di così dolce e desiderabile, che chi la patisce, tanto più ardentemente brama di sentir parlare della persona che ama, quanto più ha motivo per amarla: vuole curare la ferita con il rinnovarla. Con questa graziosissima illusione l'anima rimane sospesa tra una vita penosa e una dolce morte. Questo succedeva alla bambina Maria quando parlava con i suoi angeli di Dio, del suo amato e essi le rispondevano. Molte volte li interrogava con queste parole: «Servi del mio Signore e suoi messaggeri, che siete le opere più belle delle sue mani e le scintille di quel fuoco divino che accende il mio cuore, che godete della sua bellezza eterna senza velo né copertura, descrivetemi le caratteristiche e le qualità del mio amato. Avvisatemi se in qualche modo gli ho dato dispiacere. Fatemi sapere ciò che brama e vuole da me, e non indugiate ad alleviare la mia pena, perché languisco d'amore».

    381. Gli spiriti celesti le rispondevano: «Sposa dell'Altissimo, l'amato vostro è solo. Egli è il solo che ha l'essere da se stesso. Non ha bisogno di nessuno, mentre tutti hanno bisogno di lui. Egli è infinito nelle perfezioni, immenso nella grandezza, senza limiti nel potere, confini nella sapienza, misura nella bontà. È colui che diede principio a tutto il creato, senza avere egli principio; egli governa il mondo senza stancarsi, e lo conserva senza averne bisogno. Veste di bellezza il creato e le creature e nessuno può contenere la sua infinita bellezza: rende beati quelli che giungono a vederlo faccia a faccia. Sì, o Signora, immense sono le perfezioni del vostro Sposo; la nostra intelligenza si perde nell'abisso della sua luce e i suoi giudizi sono ininvestigabili per qualsiasi creatura».

    382. In questi ed in altri simili colloqui, superiori alla nostra comprensione, la bambina Maria si intratteneva con i suoi angeli e con l'Altissimo, rimanendone trasformata. Cresceva sempre più nel fervore e nel desiderio ardente di vedere il sommo Bene, che amava oltre l'immaginabile. Così spesso, per volontà del Signore e per mezzo dei suoi angeli, veniva rapita con tutto il corpo al cielo empireo, dove godeva della presenza di Dio. Alcune di queste volte ne aveva un'idea nitida, altre invece soltanto per mezzo di immagini cognitive infuse (species infusae), quantunque chiarissime e sempre sublimi. Accanto a molti altri misteri, conosceva pure, per intuizione e in modo evidente, gli angeli nonché i gradi, l'ordine del loro rango e le gerarchie. Dal momento che questo beneficio venne concesso a Maria più volte, di conseguenza e proprio per gli atti che esso suscitava in lei, ne venne a contrarre un amore così intenso e forte da sembrare una creatura più divina che umana. Nessun'altra sarebbe stata in grado di comprendere questo dono o altri corrispondenti, nemmeno la stessa natura mortale della bambina avrebbe potuto riceverli senza morirne e se Dio per miracolo non l'avesse tenuta in vita.

    383. Quando in quella tenera età le capitava di ricevere qualche ossequio o favore, da parte dei suoi santi genitori o da qualche altro, lo accettava sempre con cuore umile e riconoscente, chiedendo al Signore che li ricompensasse per quel bene che per amore suo le facevano. E pur avendo raggiunto un così grande ed elevato grado di santità, ripiena della luce di Dio e della scienza dei suoi misteri, si reputava l'ultima tra le creature. Nella stima di se stessa, in confronto a loro, si metteva all'ultimo posto e si riteneva indegna perfino dell'alimento necessario alla vita, ella che era Regina e signora di tutto il creato.

    Insegnamento della Regina del cielo

    384. Figlia mia, tanto più uno riceve, quanto più si deve reputare come il più povero perché il suo debito è maggiore. E se tutti devono umiliarsi, perché da se stessi sono nulla, nulla possono e nulla posseggono, per la stessa ragione si deve abbassare ancor più nella polvere, chi essendo polvere e cenere è stato innalzato dalla potente mano dell'Altissimo più degli altri. In verità limitandosi a se stesso e riconcentrandosi in se stesso, senza essere né valere cosa alcuna, egli si ritrova così più indebitato ed obbligato per ciò che da se stesso non può giungere a soddisfare. La creatura conosca allora quello che è da se stessa, cosicché nessuno potrà mai dire: «Io mi sono fatto da me; mi sostento da me e per me; posso allungarmi la vita; io posso allontanare la morte». Tutto l'essere e la conservazione delle creature dipende dalla mano del Signore. Si umilii dunque, in sua presenza, la creatura; e tu, o carissima, fa' in modo di non dimenticare questi insegnamenti.

    385. Voglio anche che tu apprezzi, come un prezioso tesoro, la virtù del silenzio, che io ho cominciato ad osservare dalla mia nascita. Infatti avendo conosciuto nell'Altissimo tutte le virtù, mediante la luce di cui beneficiai, mi affezionai molto a quella del silenzio, tanto da propormela come amica e compagna di tutta la vita; così la osservai con inviolabile silenzio, benché potessi parlare fin da quando venni al mondo. Sappi che il parlare senza peso e misura, è una spada a due tagli che con una lama ferisce chi parla e con l'altra chi ascolta; ed ambedue distruggono la carità o quantomeno la ostacolano insieme alle altre virtù. Da ciò puoi comprendere quanto Dio resti offeso dal vizio di una lingua sfrenata e quanto sia giusto che allontani il suo spirito e nasconda il suo volto a chi si abbandona a ciarle, rumori e pettegolezzi; se si parla molto non si possono evitare gravi peccati. Soltanto con Dio e con i santi si può conversare senza pericolo, ed anche con essi è opportuno usare misura e discrezione; ma con le creature è molto difficile tenere la via maestra, senza passare dal giusto e necessario all'ingiusto e superfluo.

    386. Il rimedio che ti preserverà da questo pericolo consiste nel tenerti sempre più vicina all'estremo contrario, eccedendo piuttosto nel tacere e nello stare in silenzio, perché il mezzo prudente di dire solo il necessario si trova più dalla parte del tacere molto, che non da quella del parlare eccessivo. Rifletti, o anima: tu non puoi andare dietro alle inutili e superflue conversazioni delle creature, senza lasciare di conversare con Dio nel segreto del cuore. E ciò che non faresti, senza vergogna e senza temere di essere sgarbata, con le creature, non devi farlo con il Signore, Dio tuo e di tutti. Chiudi l'orecchio alle chiacchiere fallaci e menzognere che potrebbero istigarti a dir ciò che non devi, poiché non è giusto che parli più di quel che ti ordina il tuo Dio e Signore. Attendi invece alla sua santa legge, che ha scritto liberamente di sua mano nel tuo cuore; ascolta la voce del tuo pastore che ti parla dentro e rispondi a lui, e a lui solo. Voglio perciò avvisarti che se tu vuoi essere mia discepola e compagna, devi distinguerti soprattutto nella virtù del silenzio. Taci molto e scrivi fin d'ora questo insegnamento nel tuo cuore e cerca di affezionarti sempre più a questa virtù, perché io per prima cosa desidero da te quest'amore per il silenzio e poi ti insegnerò come devi parlare.

    387. Non intendo, con ciò, vietarti di parlare con le tue figlie e suddite, quando si tratta di ammonirle e di consolarle; discorri inoltre con quelli che ti possono parlare del tuo amato Signore e delle sue perfezioni, risvegliando in te l'ardente sete del suo amore. Con queste conversazioni invece di perdere, acquisterai così quel desiderato silenzio tanto utile alla tua anima, e proverai avversione e nausea per i ragionamenti mondani. Inoltre proverai gusto a parlare solo del bene eterno che brami, e per la forza dell'amore che trasformerà il tuo essere in quello del tuo diletto, in te verrà meno l'impeto delle passioni. Sarà così che giungerai a sentire qualcosa di quel dolce martirio che io pativo quando mi lamentavo del corpo e della vita, perché mi sembravano dure prigioni che trattenevano il mio volo verso Dio; ma non il mio amore. O figlia mia, dimentica ogni cosa terrena nel segreto del tuo silenzio e seguimi con tutto il fervore e le forze del tuo spirito, per giungere allo stato in cui il tuo sposo t'invita, e dove tu possa sentire quella consolazione che io provavo nella mia soave pena di amore, sentendomi dire: «Colomba mia, dilata il tuo cuore ed accogli, diletta mia, questa dolcissima pena perché dal tuo affetto il mio cuore è ferito». Questo mi diceva il Signore ed anche tu l'hai sentito più volte poiché sua Maestà parla a chi se ne sta solo e ama il silenzio.

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    Libro I, Cap. 25, §§ 388-411

    CAPITOLO 25

    Come ad un anno e mezzo la santissima bambina Maria cominciò a parlare. Le sue occupazioni fino all'ingresso nel tempio.


    388. Venne il tempo in cui il sacro silenzio della purissima Maria doveva infrangersi in modo salutare e gradito a Dio per ascoltare sulla nostra terra la voce di quella tortora divina, annunciatrice della primavera della grazia. Prima però di ricevere il permesso dal Signore di cominciare a parlare con gli uomini - che avvenne nel diciottesimo mese della sua infanzia - ebbe una visione intellettuale della Divinità, non per intuizione, ma per immagini. Il Signore le rinnovò le visioni che altre volte aveva ricevuto e moltiplicò le grazie ed i favori. In questa visione si svolse tra la bambina e il Signore un dolcissimo colloquio che con timore oso riportare con mie parole.

    389. La piccola Regina parlò dunque a Dio e disse: «Altissimo Signore ed incomparabile Dio! Come potete essere così prodigo di favori con la più povera e la più inutile delle creature? Come potete riversare, con così amabile degnazione, la vostra grandezza sulla vostra ancella che è incapace di ricambiarvi? Dunque l'Altissimo si degna di guardare l'umiltà della sua serva? L'Onnipotente arricchisce la tapina? Il Santo dei santi s'inchina sulla polvere? Io, o Signore, sono la più piccola fra tutte le creature; sono quella che merito meno i vostri benefici. Che cosa farò dunque alla vostra presenza? Con che cosa vi ricambierò di ciò che vi devo? O Signore, che cosa ho mai io, che non vi appartenga, se siete voi a darmi la vita, l'essere e il movimento? Io mi rallegro anche, mio amatissimo Signore, nel vedere che non c'è bene che non sia vostro e che fuori di voi stesso la creatura non possiede nulla; che sia consuetudine e gloria per voi innalzare chi è più basso, favorire chi è più misero e dare l'essere a chi non lo ha, affinché la vostra magnificenza sia maggiormente conosciuta ed esaltata».

    390. Il Signore le rispose e disse: «Colomba e diletta mia, tu trovasti grazia ai miei occhi; tu sei la mia amica, scelta per la mia delizia. Ed io voglio manifestarti ciò che maggiormente desidero e bramo da te». Questi accenti del Signore ferirono di nuovo il cuore tenerissimo, sebbene forte, della bambina, sciogliendolo d'amore; e l'Altissimo compiacendosene proseguì dicendo: «Io sono il Dio della misericordia e amo con immenso amore i mortali: tra i molti che mi hanno tradito con i loro peccati conto alcuni uomini giusti ed amici che mi hanno servito e mi servono di cuore. Ed io ho stabilito di salvarli, inviando loro il mio Unigenito, perché non siano privi della mia gloria, né io della loro eterna lode».

    391. A questa dichiarazione, replicò la bambina Maria:

    «Altissimo Signore e re potente, vostre sono le creature e vostro è ogni potere; voi Solo siete il santo, la guida suprema di tutto il creato. La vostra stessa bontà v'impegni ad affrettare la discesa del vostro Figlio unigenito per redimere i figli di Adamo. Giunga finalmente il giorno sospirato dai miei antichi Padri e vedano i mortali la vostra eterna salvezza. Perché mai, o mio amato Signore, essendo voi il padre pietoso delle misericordie, rimandate tanto l'opera della salvezza per i vostri figli prigionieri ed afflitti, che da tanto tempo l'aspettano? Se la mia vita può contribuire a qualcosa, io ve la offro, pronta a sacrificarla per loro».

    392. Allora l'Altissimo con grande benevolenza le ordinò che, da quel momento in poi, più volte e tutti i giorni, gli chiedesse di affrettare l'incarnazione del Verbo per il riscatto di tutto il genere umano; e che piangesse i peccati degli uomini che ostacolavano la loro stessa redenzione e salvezza. E subito le dichiarò che era giunto il tempo di esercitare tutti i sensi e che per sua maggior gloria conveniva ormai che parlasse con le creature umane. La bambina per adempire bene questo precetto si rivolse a Dio e disse:

    393. «Altissimo Signore di incomprensibile grandezza, come oserà la polvere; l'infima delle creature, trattare misteri così alti e reconditi e considerati di inestimabile prezzo perfino da voi? Come potrò esigerne da voi il compimento e che cosa può mai ottenere la creatura che non vi ha servito in niente? Tuttavia voi, o mio diletto, vi sentirete obbligato dalla stessa necessità e così l'inferma cercherà la salute, l'assetata desidererà le sorgenti della vostra misericordia ed ubbidirà alla vostra divina volontà. E se voi ordinate, o Signore, che io apra le mie labbra per trattare e parlare con altri fuori di voi stesso, che siete tutto il mio bene e il mio desiderio, vi supplico di volgere lo sguardo alla mia fragilità e al pericolo in cui potrei cadere. È molto difficile, infatti, per la creatura dotata di ragione, non eccedere nelle parole e non sbagliare ed io, perciò, tacerei tutta la vita, con il vostro consenso, per non cadere nel rischio di perdervi. E se ciò dovesse accadere, per me sarebbe impossibile vivere anche un solo istante».

    394. Questa fu la risposta della bambina Maria, che temeva tantissimo il nuovo e pericoloso ministero della parola che le veniva comandato; sicché per quanto dipendeva dalla sua volontà, se Dio glielo avesse consentito, avrebbe desiderato osservare un perfetto silenzio e starsene zitta tutta quanta la vita. Quale umiliazione e quale esempio sublime per l'insipienza dei mortali! Colei che parlando non poteva peccare, temeva tanto il pericolo della lingua; e noi, che non possiamo parlare senza peccare, ci sentiamo morire e ci consumiamo per farlo. Dunque, o dolcissima bambina e Regina di tutto il creato, perché volete tacere? Non considerate, o mia Signora, che il vostro silenzio sarebbe rovina del mondo, tristezza per il cielo e perfino, a nostro limitato modo di intendere, una grande perdita per la santissima Trinità? Non sapete che con la risposta «Fiat mihi» all'arcangelo, contribuirete, in un certo modo, al compimento di tutto ciò che è stato preordinato, dando all'eterno Padre una figlia, all'eterno Figlio una madre, allo Spirito Santo una sposa, riparazione agli angeli, rimedio agli uomini, gloria ai cieli, pace alla terra, un'avvocata al mondo, salute agli infermi, vita ai morti, compiendo inoltre la volontà di Dio circa tutto quello che egli può desiderare fuori di se stesso? Ora, se dalla vostra sola parola dipende la maggior opera dell'onnipotenza divina e il bene di tutto il creato, come potete, o Signora e maestra mia, tacere, mentre è d'uopo che voi parliate? Parlate pure, o bambina, e la vostra voce si faccia sentire in tutto il cielo!

    395. Iddio si compiacque del prudentissimo riguardo della sua sposa ed il suo cuore fu nuovamente ferito dall'amorevole timore della nostra bambina. Soddisfatte della loro diletta, le tre divine Persone, conferendo tra loro circa la sua richiesta, pronunciarono le parole del Cantico dei Cantici: «Piccola è la nostra sorella e ancora non ha seni; che faremo per la nostra sorellina il giorno in cui parlerà? Se lei fosse un muro, le costruiremmo sopra un recinto d'argento. Piccola sei agli occhi tuoi, sorella nostra diletta, ma grande sei e sarai agli occhi nostri. Per questo disprezzo di te stessa con uno dei tuoi capelli hai rapito il nostro cuore. Sei piccola anche nella stima che hai di te stessa e proprio questo ci affeziona a te e ci fa innamorare ancora di più. Non hai capezzoli per nutrire con le tue parole e neppure la legge sull'impurità, che non volli e non voglio che s'intenda fatta per te, ti riconosce donna. Ti umilii, mentre sei grande sopra ogni altra creatura; temi, mentre sei sicura; vuoi prevenire il pericolo, mentre non ti può minacciare. Che faremo noi con la nostra sorella il giorno che per nostra volontà aprirà le sue labbra per benedirci, quando invece i mortali le aprono per bestemmiare il nostro santo nome? Che faremo per celebrare un giorno così festivo come è quello in cui parlerà? Con che cosa premieremo questa sua precauzione così umile e sempre gradita ai nostri occhi? Dolce fu il suo silenzio e dolcissima sarà al nostro orecchio la sua voce. Se lei è un muro forte, per essere stata edificata con la virtù della nostra grazia e rafforzata con la potenza del nostro braccio, riedifichiamo allora sopra una così grande fortezza, nuove torri d'argento, aggiungendo così nuovi doni ai passati. E siano d'argento questi doni, perché ne divenga più ricca e preziosa; siano purissime le sue parole quando parlerà, candide, terse e sonore al nostro orecchio; sulle labbra abbia sempre diffusa la nostra grazia e sia sempre con lei la nostra onnipotente mano e protezione».

    396. Nello stesso tempo in cui, a nostro modo di intendere, conferivano le tre divine Persone, la nostra divina bambina venne consolata e confortata nell'umile angustia di dover incominciare a parlare. Il Signore le promise allora di essere presente in lei e di dirigerla nelle parole, affinché tutte fossero di suo gradimento. Impetrò così da sua Maestà di nuovo la benedizione, per aprire le sue labbra piene di grazia. Quindi per agire in tutto con attenzione e prudenza, la prima parola che proferì, la rivolse ai suoi genitori, san Gioacchino e sant'Anna, chiedendo loro la benedizione, poiché erano quelli che dopo Dio le avevano dato la vita. I due fortunati santi la sentirono parlare con gioia e nello stesso tempo videro che cominciava a camminare da sola. Sua madre Anna felice, prendendola in braccio, le disse: «Figlia mia e diletta del mio cuore, sia per volontà e per gloria dell'Altissimo che noi ascoltiamo la tua voce e le tue parole e che tu cominci a camminare per crescere nel suo servizio. Siano le tue espressioni e le tue parole poche, misurate e ben ponderate; ed i tuoi passi siano retti e indirizzati al servizio e all'onore del nostro Creatore».

    397. La santissima bambina ascoltò queste ed altre parole che sua madre sant'Anna le disse; le scrisse nel suo tenero cuore, per custodirle con profonda umiltà ed obbedienza. Nell'anno e mezzo seguente, fino al compimento dei tre anni, quando andò al tempio, furono però molto poche le parole che pronunciò, eccetto quando la chiamava sua madre per sentirla parlare e le ordinava di conversare con lei sui misteri divini. E questo faceva la bambina, ascoltando ed interrogando sua madre. Colei che in sapienza superava tutti i mortali voleva invece essere istruita ed educata: e così figlia e madre s'intrattenevano in dolcissimi colloqui sul Signore.

    398. Non sarebbe facile e neanche possibile narrare quello che fece la bambina Maria, durante questi diciotto mesi in cui visse in compagnia di sua madre che, contemplando alcune volte la propria figlia, più degna di venerazione dell'arca figurativa dell'alleanza, versava copiose e dolci lacrime d'amore e di gratitudine. Mai le rivelò però il segreto che teneva chiuso nel suo cuore, cioè che lei era eletta a diventare madre del Messia, nonostante trattassero molte volte di questo ineffabile mistero, nel quale Maria si infiammava di ardentissimo amore e diceva cose sublimi su di esso e sulla propria dignità che ancora ignorava. Nella fortunatissima madre sant'Anna cresceva così sempre più l'allegrezza, l'amore e la cura per la propria figlia, il suo tesoro più prezioso.

    399. Le forze della tenera bambina Regina non erano proporzionate agli umili lavori cui la spingevano la profonda umiltà ed il suo amore, poiché la signora di tutte le creature, stimandosi l'ultima, voleva mostrarsi tale anche in tutto ciò che faceva, occupandosi dei lavori più vili e più servili della casa. E credeva che se non avesse servito tutti, non avrebbe soddisfatto il suo debito né corrisposto al volere del Signore; ma nell'appagare il suo infiammato amore restava indietro, perché le sue forze non arrivavano a quanto desiderava. I supremi serafini baciavano la terra su cui lei posava i suoi santi piedi. Tuttavia si sforzava alcune volte di compiere dei lavori umili, come pulire e spazzare la casa e, siccome non glielo permettevano, cercava di farlo quando si trovava da sola; allora l'assistevano e l'aiutavano i santi angeli, affinché raccogliesse in qualcosa il frutto della sua umiltà.

    400. La casa di Gioacchino non era molto ricca, ma nemmeno povera. Quindi conformemente allo stato dignitoso della sua famiglia, sant'Anna desiderava adornare la sua santissima figlia con il miglior vestito che poteva permettersi, sia pure entro i limiti della morigeratezza e della modestia. L'umilissima bambina accettò questo segno di affetto e delicatezza materni, senza opporsi, per tutto il tempo in cui ancora non parlava. Quando invece incominciò a parlare, chiese umilmente a sua madre che non le mettesse vestiti costosi ed eleganti ma che fossero grossolani, poveri e, se possibile, usati da altri e di colore scuro, cinereo, simile a quello che oggi usano le monache di santa Chiara. La santa madre, che riguardava e venerava la propria figlia come sua Signora, le rispose: «Figlia mia, io farò quello che mi chiedi riguardo alla forma ed al colore del vestito che desideri, però tu sei una bambina debole e non puoi portare stoffe grossolane come chiedi; perciò in questo ubbidirai a me».

    401. La bambina, ubbidiente al volere di sua madre sant'Anna, non replicò, perché mai lo faceva. Si lasciò così vestire di quell'abito che le diede e che fu, però, del colore e della forma che aveva desiderato: simile agli abiti con cui sogliono vestire i bambini, per i quali si è fatto un voto. Certo lei lo avrebbe desiderato più povero e ruvido, ma compensò questo con l'obbedienza, che è la virtù più sublime del sacrificio. Così la santissima bambina fu ubbidiente a sua madre e allo stesso tempo povera nel vestire, ritenendosi indegna anche di quello che usava per difesa naturale della vita. Nell'obbedienza ai genitori fu bravissima e prontissima per tutti i tre anni che visse in loro compagnia perché, conoscendo per divina scienza i loro pensieri e gli intimi desideri, si teneva pronta ad ubbidire in tutto. Per quello, poi, che faceva da sé chiedeva sempre il permesso e la benedizione di sua madre, baciandole la mano con umiltà e riverenza. E benché la prudente madre esternamente vi acconsentisse, tuttavia internamente era colma di venerazione per la grazia e la dignità della figlia.

    402. Questa, alcune volte, in tempi favorevoli, si ritirava in solitudine per godere con più libertà della vista e dei colloqui divini con i santi angeli e per manifestare loro con segni esterni l'ardente amore verso il suo e loro Dio. Faceva molti esercizi; si prostrava piangendo ed affliggeva quel corpicino, delicato e innocente, per i peccati dei mortali, implorando la misericordia dell'Altissimo affinché prodigasse loro grandi benefici: doni e grazie che fin d'allora cominciò ad ottenere. E benché il dolore interiore, per le colpe che conosceva, e la forza dell'amore, che le causava tale dolore, producessero in lei, gli effetti di una pena e di un tormento intensissimo, tuttavia, non soddisfatta di questo, cominciò ad usare in quell'età le prime forze corporali. Le mise in pratica con la mortificazione e la penitenza, per essere in tutto Madre di misericordia e mediatrice della grazia, senza trascurare neppure per un istante, alcuna azione per cui ottenere benedizioni su di sé e su di noi.

    403. Giunta all'età di due anni cominciò a distinguersi molto nella dedizione e nella carità verso i poveri. Chiedeva a sua madre sant'Anna l'elemosina per loro; e la pia madre piena di bontà e di compassione veniva incontro sia ai poveri che alla sua santissima figlia, esortando quest'ultima, maestra di carità e di perfezione, ad amarli e riverirli. Oltre quello che riceveva dalla madre, la santa bambina, fin da quella tenera età, riservava parte del suo cibo per distribuirlo ai poveri. Poteva così dire con più diritto di Giobbe: «Dalla mia fanciullezza crebbe con me la compassione ». Dava poi l'elemosina, non come chi fa un beneficio gratuito, ma come chi soddisfa un debito di giustizia, dicendo nel suo cuore: «A questo fratello e signor mio ciò è ben dovuto, perché, se lui non lo possiede, io lo possiedo senza meritarlo». Consegnandogli l'elemosina gli baciava la mano e, se si trovava da sola, gli baciava anche i piedi o, non potendo far questo, baciava il suolo che il povero aveva toccato. Mai dava, però, l'elemosina a qualcuno senza farla anche all'anima, pregando per essa; e così i poveri andavano via rifocillati nel corpo e nello spirito.

    404. Non meno ammirabili furono l'umiltà e l'obbedienza della santissima bambina nel farsi insegnare a leggere e istruire su altre cose, come è naturale in quell'età. Così l'educarono i suoi genitori; e tutto imparava colei che era piena di scienza infusa su tutte le cose create. Taceva ed ascoltava, con stupore degli angeli che ammiravano in una tale bambina una prudenza tanto singolare. Sua madre sant'Anna, conformemente all'amore e all'illuminazione che riceveva, stava attenta alla divina Principessa e per le sue azioni benediceva l'Altissimo. Avvicinandosi però il tempo di condurla al tempio, cresceva con l'amore anche il batticuore, al pensiero che al termine dei tre anni, stabiliti dall'Onnipotente, le sarebbe stato imposto di adempiere il voto. La bambina Maria incominciò così a preparare sua madre, manifestandole, sei mesi prima, il desiderio che aveva di vedersi già nel tempio. Le parlava dei benefici che aveva ricevuto dalla mano del Signore, di come fosse doveroso adempiere alla sua santissima volontà e di come nel tempio, dedicandosi a Dio, sarebbe stata più vicina a lei di quanto non lo fosse in casa.

    405. Sant'Anna ascoltava le prudenti parole della sua bambina Maria; e benché fosse rassegnata alla volontà divina e volesse adempiere la promessa di offrire la sua amata figlia, tuttavia la forza dell'amore naturale verso un pegno così unico e caro - il tesoro di cui ella conosceva il valore inestimabile - combatteva nel suo fedelissimo cuore con il dolore della sua assenza, che già la opprimeva pur essendo vicino alla bambina. E senza dubbio di una pena così veemente e dura ne sarebbe morta, se la mano onnipotente dell'Altissimo non l'avesse confortata, perché la dignità e la grazia - note solo a lei - della sua divina figlia, le avevano rapito il cuore; e la sua presenza e il suo tratto erano più desiderabili della sua stessa vita. Con questa angoscia rispondeva talvolta alla bambina, dicendo: «Figlia mia diletta, per molti anni ti ho desiderato, per pochi invece merito di godere della tua compagnia, purché si adempia la volontà di Dio. Tuttavia sebbene non mi oppongo alla promessa di portarti al tempio, nondimeno mi resta tempo per adempierla; abbi per ora pazienza, finché arrivi il giorno in cui si avvereranno i tuoi desideri».

    406. Pochi giorni prima che compisse tre anni, Maria santissima ebbe una visione astratta della Divinità, nella quale le fu manifestato che già si avvicinava il tempo in cui Dio ordinava che fosse portata al suo tempio, per vivere ivi dedicata e consacrata al suo servizio. A questo annuncio il suo purissimo spirito si riempì di nuova gioia e riconoscenza; e parlando con il Signore lo ringraziò e disse: «Altissimo Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mio eterno e sommo bene, poiché io non posso lodarvi degnamente lo facciano, a nome di questa umile serva, tutti gli spiriti angelici, perché voi, immenso Signore, che di nessuna cosa avete bisogno, riguardate questo vile vermiciattolo con la grandezza della vostra prodiga misericordia. Come mai proprio a me questo beneficio: che mi riceviate nella vostra casa ed al vostro servizio, mentre non merito neppure l'angolo più oscuro e spregevole della terra? Lasciatevi muovere dalla vostra bontà, così che io possa supplicarvi di ispirare ai miei genitori il compimento della vostra santa volontà».

    407. Immediatamente sant'Anna ebbe un'altra visione, nella quale il Signore le ordinò di adempiere la promessa, portando al tempio sua figlia per presentarla a Dio, nello stesso giorno in cui compiva tre anni. Non vi è dubbio che questo precetto fu per la santa madre di maggior dolore di quanto non fu per Abramo quello di sacrificare Isacco; ma il Signore stesso la consolò e confortò, promettendole la sua grazia ed il suo sostegno, quando le avrebbe tolta la sua amata figlia e sarebbe rimasta da sola. La santa madre si mostrò allora rassegnata e pronta per adempiere quello che l'altissimo Signore le comandava; ed ubbidiente fece questa orazione: «Signore, Dio eterno, padrone di tutto il mio essere, io ho già offerto al vostro tempio e per il vostro servizio la figlia mia, che voi mi avete donato con ineffabile misericordia; è vostra ed io ve la dono, rendendovi grazie per il tempo in cui l'ho tenuta e per averla concepita e cresciuta. Ricordatevi, però, o Dio e Signor mio, che nel custodire questo vostro inestimabile tesoro io ero ricca. Avevo compagnia in questo deserto ed in questa valle di lacrime; allegrezza nella malinconia; sollievo nei miei travagli; specchio per regolare la mia vita ed esempio di sublime perfezione, che spronava la mia tiepidezza ed infervorava il mio affetto. E per questa sola creatura, io attendevo la vostra grazia e la vostra misericordia. Ora temo nel ritrovarmi senza di lei, che mi manchi tutto! Guarite, o Signore, la ferita del mio cuore e non trattatemi secondo quello che merito, bensì guardatemi come pietoso Padre di misericordia. Io porterò mia figlia al tempio, come voi, o Signore, mi comandate».

    408. Nello stesso tempo san Gioacchino aveva avuto un'altra visita o visione divina, nella quale il Signore gli comandava lo stesso ordine che aveva comunicato a sant'Anna. I santi coniugi conferirono tra loro due e conoscendo la volontà divina decisero di adempierla con rassegnazione; stabilirono così il giorno per portare la bambina al tempio. Il dolore che il santo vegliardo sentì nel profondo del suo cuore fu immenso, ma non così violento come quello di sant'Anna, perché lui ignorava il mistero altissimo che sua figlia sarebbe divenuta la Madre di Dio.

    Insegnamento della Regina del cielo

    409. Figlia mia, carissima, considera che tutti i viventi nascono destinati alla morte. Non conoscono il termine della loro vita, ma sanno con certezza che il loro tempo è breve e l'eternità è senza fine ed in essa l'uomo raccoglierà solamente ciò che avrà seminato di cattive o di buone opere; queste daranno allora il loro frutto, di morte o di vita eterna. In un viaggio così pericoloso non vuole perciò Dio che qualcuno conosca con certezza se sia degno del suo amore o del suo disprezzo, affinché, se dotato di ragione, questo dubbio gli serva da stimolo a cercare con tutte le sue forze l'amicizia del Signore. E Dio giustifica la sua causa dal momento in cui l'anima comincia a fare uso della ragione, perché da allora accende in essa una luce e sinderesi, che la stimola e la inizia alla virtù; la distoglie dal peccato, insegnandole a distinguere tra il fuoco e l'acqua approvando il bene e correggendo il male, scegliendo la virtù e riprovando il vizio. Egli inoltre risveglia l'anima e la chiama a sé con ispirazioni sante, con impulsi continui e per mezzo dei sacramenti, dei comma di fede, dei precetti, dei santi angeli, dei predicatori, dei confessori, dei superiori, dei maestri; di ciò che l'anima prova in sé nelle afflizioni e nei benefici che Dio le manda; di ciò che sente nelle tribolazioni altrui, nelle morti ed in altri avvenimenti e mezzi che la sua provvidenza dispone per attirare tutti a sé, perché vuole che tutti siano salvi. Di tutte queste cose Dio fa una catena di grandi aiuti e favori, di cui la creatura può e deve usare a suo vantaggio.

    410. A tutto ciò si oppone la parte inferiore e sensitiva dell'uomo che, con il fomite del peccato, inclina verso le cose sensibili e muove la concupiscenza e l'irascibilità, affinché, confondendo la ragione, trascinino la volontà cieca ad abbracciare la libertà del piacere. Il demonio, da parte sua, con inganni e con false ed inique suggestioni oscura il senso interiore e nasconde il veleno mortale che si trova nei piaceri transeunti. L'Altissimo però non abbandona subito le sue creature, anzi rinnova la sua misericordia, gli aiuti e le grazie. E se esse rispondono alla sua chiamata ne aggiunge tante altre secondo la sua equità; dinanzi alla corrispondenza dell'anima le va aumentando e moltiplicando. Così come premio, perché l'anima ha dovuto vincersi, si vanno attenuando le inclinazioni alle sue passioni ed al fomite e lo spirito si alleggerisce sempre più, potendosi sollevare in alto, molto al di sopra delle tendenze negative e del cattivo nemico, il demonio.

    411. L'uomo invece che si lascia trasportare dal diletto e dalla spensieratezza porge la mano al nemico di Dio e suo; e quanto più si allontana dalla divina bontà tanto più si rende indegno delle sue grazie e sente meno gli aiuti, benché siano grandi. Così il demonio e le passioni acquistando maggiore forza e dominio sulla ragione la rendono sempre più inetta ed incapace di accogliere la grazia dell'Altissimo. O figlia ed amica mia, in questa dottrina consiste il punto principale da cui dipende la salvezza o la perdita delle anime, cioè dal cominciare a fare resistenza agli aiuti del Signore o ad accettarli. Voglio perciò che non trascuri questo insegnamento affinché tu possa rispondere alle molte chiamate che l'Altissimo ti volge. Cerca allora di essere forte nel resistere ai tuoi nemici, puntuale e costante nell'eseguire i desideri del tuo Signore, così gli darai soddisfazione e sarai attenta nel fare il suo volere, che già conosci con la sua luce divina. Un grande amore portavo ai miei genitori e le parole e la tenerezza di mia madre mi ferivano il cuore, ma, sapendo che era ordine e compiacimento del Signore che io li lasciassi, mi dimenticai della mia casa e del mio popolo, non per altro fine se non per quello di seguire il mio sposo. La buona educazione ed il buon insegnamento della fanciullezza giovano molto per il resto della vita, affinché la creatura si ritrovi più libera e già abituata all'esercizio delle virtù, incominciando così dal porto della ragione a seguire questa stella, guida vera e sicura.

    Fine del 1° libro

  10. #20
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    Da "La Vita della Madonna" secondo le contemplazioni della Beata Anna Caterina Emmerick

    PARTE PRIMA

    Capitolo II

    VISIONI SUI MISTERI E IL CONCEPIMENTO DI MARIA SANTISSIMA


    16 - Visioni intorno alla festa della Concezione di Maria Santissima. 17 - La Santa Vergine parla dei misteri del Concepimento. 18 - Il Monte dei Profeti. La Veggente di Dùlmen annuncia la Concezione di Maria Santissima nei vari Paesi del mondo. 19 - I Santi tre Magi celebrano la Concezione di Maria. 20 - Abolizione dei sacrifici cruenti di fanciulli da parte dei popoli Caldei osservatori delle stelle. 21 - Visione ed interpretazione delle offerte sacrificali dei fanciulli. 22 - Visioni sulla storia della Concezione di Maria Santissima. 23 - Precisazioni dello scrittore sull'incontro tra Gioacchino ed Anna. 24 - Concepimento di Maria Santissima. 25 - Nascita di Maria Santissima. 26 - Letizia in Paradiso per la nascita di Maria Santissima. 27 - La nascita della Santissima Vergine è annunciata nel Limbo agli antichi Patriarchi. 28 - Commozione nella natura e negli uomini per la nascita della "Vergine celeste". Considerazioni su Simeone ed Anna. 29 - La nascita di Maria Santissima è annunciata ai Caldei da cinque vergini veggenti. 30 - La caduta della "vergine alata" in Egitto. 31 - Visite alla neonata Maria. 32 - La neonata riceve il nome "Maria". 33 - L'avvenimento che diede origine alla festa della nascita di Maria Santissima. 34 - La preghiera nella ricorrenza della nascita di Maria Santissima (La novena delle partorienti). 35 - Sacrificio di purificazione della Santa Madre Anna. 36 - La festa della vestizione della Santa Vergine. 37 - Partenza di Maria Santissima per il tempio e il simbolismo dei profeti. 38 - In viaggio verso il tempio. 39 - Arrivo a Gerusalemme: la città e il tempio. L'abitazione dei sacerdoti La casa di Zaccaria. 40 - Maria Santissima viene presentata e accolta al tempio: passaggio della Santa Vergine attraverso la "porta d'oro". Il sacrificio di Gioacchino. Maria portata all'altare sacrificale. Le cerimonie di presentazione. La cella di Maria nel tempio. 41 - Visioni intorno alla vita di Maria nel tempio. Noemi, la maestra delle vergini del tempio. 42 - Visioni sulla gioventù di San Giuseppe: la casa di Giuseppe. L'infanzia e la famiglia. Le angherie dei fratelli. La fuga. I fratelli maggiori di Giuseppe Le pie Essene e il vecchio falegname. L'Angelo del Signore. Notizie su un fratello maggiore di Giuseppe. 43 - L'Angelo annuncia a Zaccaria la nascita di Giovanni.

    16 - Visioni intorno alla festa della Concezione di Maria Santissima.

    Narrazione dell'8 dicembre 1819.

    Dopo aver trascorso tutta la notte assorta nella triste contemplazione dei peccati e delle colpe degli uomini, allo spuntar dell'alba mi addormentai e vidi Gerusalemme, mi vidi vicina al tempio, poi mi recai nei dintorni di Nazareth dove c'era la casa di Anna e di Gioacchino. Riconobbi quei posti per averli contemplati altre volte. Improvvisamente, nella visione, vidi sorgere dal terreno una debole colonna di luce che, come uno stelo, portava alla sommità un fiore simile ad un calice. Esso portava alla cima una chiesa ottangolare piena di luce: era la Chiesa celeste. La colonna luminosa assumeva la forma di un alberello all'interno della chiesa, sui cui rami stavano le figure dei componenti la famiglia della Beata Vergine Maria. La Santa Madre Anna stava tra San Giacomo e un altro uomo, forse suo padre. Sotto il petto della Santa vidi uno spazio luminoso a forma di calice in cui appariva in embrione la figura di una fanciulla vestita di luce, la quale diveniva sempre più grande invadendo lo spazio luminoso. Teneva le mani incrociate sul petto e la piccola testa, pure inclinata sul petto, mandava un'infinità di raggi lucenti verso una determinata direzione del globo. Mi sorprese di vedere che i raggi erano diretti in una sola e precisa direzione. Sopra gli altri rami dell'albero vidi diverse figure in adorazione, mentre intorno alla Chiesa c'erano Cori innumerevoli di Santi che pregavano e veneravano la Santa Madre della Madonna. La dolce armonia e la concordia soave, che prendeva sempre più posto in quel rito, non può essere descritta con le parole umane perché appartiene al mondo celeste. A queste visioni mi sovviene però l'immagine di un soave campo di fiori, i quali emanano il loro profumo nell'aria e mostrano i variopinti colori al sole da cui hanno ricevuto la vita. Questo era il simbolo della festa della venerazione dell'Immacolata Concezione. Alla cima dell'alberello si riprodussero nuovi rami dove vidi Maria e Giuseppe inginocchiati e, sotto di essi, la Santa Madre Anna in preghiera: essi adoravano solennemente il bambino Gesù che sedeva alla cima suprema dell'albero circondato da uno splendore abbagliante mentre manteneva il globo del mondo. Vidi inoltre, genuflessi a terra, assorti in profonda orazione, i Re Magi, gli Apostoli, i pastori e i discepoli, e, ad una certa distanza da tutti, i Cori dei Santi. Più in alto ancora scorsi delle forme indefinite di altre potenze e dignità Celesti illuminate da un fascio di luce vivissima. Ancora più sopra, come attraverso la cupola di una chiesa, provenivano i raggi di un mezzo sole. Ebbi la sensazione spirituale che quest'immagine annunciasse la prossima festa della Nascita di Cristo dopo quella della Concezione. Dapprima contemplai la visione sentendomi fuori della chiesa celeste ma poco dopo mi sentii all'interno, vicino alla colonna di luce. A questo punto mi fu svelato nei particolari il mistero della Concezione senza il peccato originale, allora vidi la nascitura che, da sotto il cuore luminoso della Santa Madre Anna, inviava i raggi dorati dell'amore più sublime in direzione di una chiesa in cui si onorava questa nascita divina. Il sacro luogo poi andò distrutto a causa di indecenti controversie sul santissimo mistero; la Chiesa celeste però continua a festeggiarne la ricorrenza nello stesso posto.

    17 - La Santa Vergine parla dei misteri del Concepimento.

    Così narrò in stato estatico Suor Emmerick, il 16 dicembre 1822, interrompendo le visioni sulla vita di Gesù.

    Spesso odo la Santa Vergine partecipare alle sue devote, Giovanna Chusa, Susanna di Gerusalemme e altre, i misteri della sua vita e quelli del suo Signore. La Madonna aveva appreso questi misteri per rivelazione interiore al tempio, e in parte anche dalla sua Santa Madre Anna. Un'altra volta Maria raccontò a Susanna e a Marta che quando portava Nostro Signore sotto il proprio cuore non ebbe a risentire il minimo dolore ma la gioia più grande. Anch'Ella fu concepita sotto il cuore di sua madre per intervento dello Spirito Divino nel momento solenne in cui Gioacchino ed Anna si erano ritrovati sotto la "porta d'oro" del tempio. Maria Santissima disse che altrettanto pura come la sua sarebbe stata la concezione di tutti gli altri uomini se non ci fosse stato il peccato originale. Poi parlò della sua amata sorella maggiore, Maria Heli, la quale non era il vero frutto promesso. Allora i genitori, divenuti coscienti della propria impurità, decisero di ritirarsi nell'astinenza più completa e nelle preghiere. Mi fece piacere sentire proprio dalla Santa Vergine quelle stesse cose che avevo precedentemente udito da altre persone e visto in altre occasioni. Rividi quei due sposi eletti circondati da una schiera di Angeli fiammanti. Credo che sotto la "porta d'oro" si eseguissero pure gli esami e le cerimonie di purificazione e di assoluzione delle donne incolpate di adulterio e altre cerimonie di riconciliazione. Sotto il tempio si contavano cinque sotterranei simili, uno dei quali era sito sotto il corridoio abitato dalle vergini. Dopo alcune cerimonie espiatorie occorreva un permesso per essere introdotti in uno di questi vestiboli di "espiazione, purificazione e conciliazione", il cui accesso non era concesso con molta facilità. I sacerdoti infatti erano assai austeri nel concedere permessi alle coppie condannate alla sterilità. Le mie visioni mi mostrarono solo Gioacchino ed Anna introdotti nel vestibolo sotterraneo.

    18 - Il Monte dei Profeti. La Veggente di Dùlmen annuncia la Concezione di Maria Santissima nei vari Paesi del mondo.

    L'8 dicembre 1820, nella festa dell'Immacolata Concezione di Maria Santissima, l'anima della Veggente fu trasportata dal suo Angelo custode in numerose regioni della terra. Dalle visioni su questo lungo viaggio della sua anima, che lei comunicò al "pellegrino", diamo solo un accenno di quelle che qui ci riguardano. La Veggente giunse a Roma e si recò presso il Santo Pontefice, visitò una monaca in Sardegna a lei assai cara; poi fu a Palermo, arrivò in Palestina e nelle Indie, finalmente salì sopra un Monte chiamato "dei profeti” . Giunse poi nell'Abissinia e salì sopra un'altra rupe sulla quale sorgeva una meravigliosa città ebraica, vi si recò a visitare la regina Giuditta con la quale tenne una conversazione intorno al Messia e all'odierna festa della Concezione di Maria. In questo lunghissimo viaggio mistico attraverso il mondo e i continenti, la Veggente di Dulmen si comportò come un diligente Apostolo, approfittando di ogni occasione per pregare, insegnare, prestare soccorso, consolare e preparare il mondo di quell'epoca alla festa della Concezione di Maria.

    19 - I Santi tre Magi celebrano la Concezione di Maria.

    L'8 dicembre di ogni anno, secondo la loro corrispondente datazione, i Magi celebravano col popolo una solennità di tre giorni per commemorare la ricorrenza dell'apparizione della cometa. Quella era la stella promessa da Balaam che, quindici anni prima della nascita di Cristo, essi avevano veduto nella notte ed era attesa da diversi secoli dai loro antenati. I Magi riconobbero nella stella il simbolo di una Vergine che teneva in una mano lo scettro e nell'altra la bilancia,. Manteneva da un lato della bilancia una bella spiga e sull'altro un grappolo, in modo da stabilire un perfetto equilibrio. Dei tre Magi ne sopravvissero poi due che celebrarono sempre più devotamente la ricorrenza dell'8 dicembre.

    20 - Abolizione dei sacrifici cruenti di fanciulli da parte dei popoli Caldei osservatori delle stelle.

    Dalla notte in cui la stella fece la sua apparizione nei cieli della Caldea, annunciando la Concezione della Santa Vergine, i popoli astronomi abolirono l'orribile culto del crudele sacrificio di fanciulli, usanza sanguinaria praticata fin dai tempi più antichi. Il rito proveniva da rivelazioni diaboliche. Costoro sceglievano un fanciullo tra i figli di una donna nota per la sua devozione, la quale si sentiva felice di vedere suo figlio prescelto per il sacrificio. La vittima veniva cosparsa di farina poi la si immolava e se ne raccoglieva il sangue. La farina intrisa nel sangue veniva trangugiata come un cibo sacro, e, finché il ragazzo non era del tutto dissanguato, continuavano a coprirlo di farina ed inghiottirla. Infine la vittima veniva tagliata a pezzi, divisa e divorata. La pratica cannibalesca affondava la sua origine in una devozione demoniaca e grossolana. Dalla mia voce interiore seppi che questi sacrifici orrendi erano frutto della cattiva interpretazione dei profeti intorno alle visioni della santa Cena. Nel giorno della Concezione di Maria, il re della Caldea ebbe una rivelazione celeste in cui venne esortato interiormente ad abolire quei sacrifici disumani.

    21 - Visione ed interpretazione delle offerte sacrificali dei fanciulli.

    Una notte, mentre ero stesa sul mio giaciglio, vidi alla mia destra l'immagine straziante del fanciullo assassinato. Ne fui molto spaventata, mi voltai sul fianco sinistro e mi trovai ancora dinanzi la sanguinosa scena. Pregai ardentemente il Signore che mi liberasse da quell'immagine così orribile. Allora mi svegliai e, mentre udivo battere l'orologio, mi apparve il mio Sposo celeste che indicò col dito lo spazio intorno a sé dicendomi: "Guarda quante offese si commettono ogni giorno nel mondo contro di me!" Si presentò così nella mia anima una visione in cui mi fu concesso di contemplare in modo profondo la crudeltà di quel sacrificio e di tutti i crimini orrendi della cosiddetta umanità. Scorsi Gesù stesso, crudelmente immolato sull'altare sacrificale, celebrato falsamente e spietatamente, così come oggigiorno i Santi Misteri vengono celebrati da alcuni sacerdoti. Vidi il bambino Gesù giacente sull'altare, dinanzi a sacerdoti indegni e degenerati, mutilato con la patena. Vidi i tormenti e le persecuzioni fatte a innumerevoli brave persone ed anche ai buoni sacerdoti veri figli Dio, come se questi tormenti fossero fatti a Gesù Cristo stesso. I nostri tempi sono davvero orribili, nessuno può più sfuggire la nebbia densa della colpa che pesa sull'universo intero. La cosa più tragica è che vedo l'uomo perseverare con fredda indifferenza nelle perversità. Mentre venivo trasportata con l'anima da un luogo all'altro del mondo mi si presentavano numerose visioni, tra queste ancora alcune sulla festa della Concezione di Maria.

    22 - Visioni sulla storia della Concezione di Maria Santissima.

    Mentre dormivo fui trasportata in luoghi lontanissimi e in epoche diverse, dove ho veduto celebrare la solennità della Concezione della Santa Vergine. Ad Efeso vidi la celebrazione di questa solennità nella casa della Madre di Dio, la casa mi apparve in forma di tempio e dietro vidi la seconda Via della Passione eretta da Maria. La prima Via Crucis fu segnata a Gerusalemme con le lacrime della Madonna sulle orme insanguinate di suo Figlio, la terza poi a Roma. Molto tempo prima che si staccassero dalla Chiesa cattolica, vidi i Greci che celebravano già la Concezione di Maria. Mi apparve un Santo (forse Sabas) il quale aveva veduto la Santa Vergine sul globo terrestre mentre schiacciava la testa del serpente. Da allora egli comprese che la Madre di Dio era stata concepita Immacolata, cioè non toccata dall'alito del serpente. In questo contesto vidi anche che una chiesa dei Greci, o un vescovo, non voleva accettare la festa dell'Immacolata Concezione. Allora l'immagine dell'Immacolata si presentò a loro attraversando il mare, entrò nella chiesa e si collocò sull'altare maggiore. Subito dopo quell'evento miracoloso, la festa fu accettata e celebrata. Allo stesso posto dove era apparsa l'Immacolata Concezione fu appeso un dipinto meraviglioso di San Luca, raffigurante in grandezza naturale la Santa Vergine biancovestita e con un velo dello stesso colore, che corrispondeva all'abbigliamento effettivamente usato nella sua vita. Io credo che quel dipinto fosse un dono di Roma e sostituì in quella chiesa un altro di Maria Santissima a mezzo busto. In Inghilterra vidi introdurre e celebrare la festa dell'Immacolata Concezione fin dai tempi più antichi. Alla festa di San Nicolò ebbi una visione in cui un prete inglese che si trovava su un vascello in alto mare correva il serio pericolo di annegare nei marosi. Mentre tutti i marinai invocavano soccorso alla Madre Divina, vidi apparire nell'aria la figura del vescovo Nicolò di Myra inviato dalla Madonna che, librandosi sulle onde agitate, s'avvicinò al vascello ed offrì al prete inglese la salvezza a condizione che egli introducesse in Inghilterra la celebrazione della Concezione dell'Immacolata. Quando il prete domandò quali preghiere si dovessero elevare, il Santo gli rispose: "Le stesse che si usano in occasione del parto di Maria". Dopo che la festa fu istituita si suppose che il sacerdote sul vascello in pericolo fosse stato un certo Anselmo. Vidi la solennità introdotta anche in Francia e San Bernardo opporsi con i suoi scritti perché la festa non era stata ufficializzata da Roma.

    23 - Precisazioni dello scrittore sull'incontro tra Gioacchino ed Anna.

    Nella ricorrenza dell'Immacolata Concezione del 1821, Suor Emmerick ebbe la percezione che l'incontro tra Gioacchino e Anna sotto la "porta d'oro" non si sarebbe svolto in occasione della festa dei Tabernacoli (25 novembre Casleu), citata dalle fonti ufficiali, ma piuttosto alla fine dei Tabernacoli, durante la ricorrenza della consacrazione del tempio fatta da Salomone. A quest'ultima vi assistè una volta anche Gesù nel secondo anno di predicazione. Le più autorevoli fonti di antichità ebraiche tacciono su questa festa. Durante la solennità Dio benedì con la sua grazia l'incontro della santa coppia, e con i raggi luminosi della sua volontà sigillò la nuova epoca di purificazione nel mondo.

    24 - Concepimento di Maria Santissima.

    Fui confortata da una meravigliosa visione sull'unione dell'anima di Maria Santissima col suo castissimo corpo: mi apparve una massa luminosa che assumeva dimensioni sempre più grandi. Si trovava sotto la Santissima Trinità. Era un'anima pura che lentamente veniva rivestita di forme materiali finché assunse l'aspetto di una figura umana. Era sola al cospetto di Dio. Vidi il Signore indicare l'indescrivibile bellezza di quell'anima agli Angeli e questi ultimi provare un indefinibile gioia nel contemplarla. Non posso descrivere con parole opportune questa meravigliosa visione. Subito dopo vidi Anna a buon punto con la sua gravidanza: aveva concepito nel suo seno la Santa Vergine da diciassette settimane e due giorni. La vidi dormire tranquilla nel letto della sua casa vicino a Nazareth, ricoperta da un raggio luminoso. Da questo se ne prolungava un altro che penetrava all'interno del suo corpo e si trasformava in una piccola figura umana luminosa. Ad un tratto Anna, avvolta da uno splendore indescrivibile, si alzò dal giaciglio. La vidi entrare in uno stato di santo rapimento, contemplava l'interno del suo corpo trasformato nel tabernacolo salvifico dell'umanità. Quello fu il momento in cui Anna iniziò a sentire il corpicino di Maria che si muoveva sotto il suo cuore. Allora si vesti e partecipò la sua gioia a Gioacchino; quindi ambedue ringraziarono il Signore con l'orazione. Vidi la Santa pregare in giardino vicino all'albero dove fu consolata dall'Angelo.

    25 - Nascita di Maria Santissima.

    Giunse il momento del parto, vidi Anna mentre lo annunciava a Gioacchino. Quindi la santa Donna inviò alcuni messi ad invitare le parenti a recarsi da lei: a Sephoris presso sua sorella minore Maraha, nella valle di Zabulon dalla vedova Enue e dalla sorella Elisabetta, ed infine anche a Betsaida dalla nipote Maria Salome. Vidi queste donne mettersi in viaggio: la vedova Enue fu accompagnata da due servi mentre le altre due dai rispettivi mariti, che le accompagnarono fino alle porte di Nazareth. Il giorno prima del parto di Anna, Gioacchino mandò i suoi servi a pascolare il gregge. Egli stesso se ne andò al pascolo più vicino mentre a casa restarono solo le ancelle. Maria Heli si assunse la cura delle cose domestiche; allora aveva diciannove anni ed era sposata con Cleofa, il capo dei pastori di Gioacchino. Maria di Cleofa, di quattro anni, era la loro figlioletta. Gioacchino scelse i migliori agnelli, capretti e buoi per offrirli a Dio come dono di ringraziamento; li fece quindi condurre al tempio dai pastori. Egli ritornò a casa a notte inoltrata. Quella stessa sera giunsero da Anna le tre congiunte: entrate nella stanza da letto dietro al focolare, abbracciarono la santa Donna. Anna disse loro che il momento del parto era vicino, allora tutte insieme intonarono il salmo: "Lodate Dio, il Signore, poiché ebbe pietà del suo popolo, ha redento Israele ed ha compiuto la promessa fatta nel paradiso ad Abramo; il seme della donna schiaccerà la testa al serpente...". Vidi Anna che, rapita in questa preghiera, iniziò ad esaltare la Vergine con simpatiche espressioni: "In me è maturato il seme dato dal Signore ad Abramo". Poi parlò della promessa fatta ad Isacco e Sara: "Il fiore dello scettro d'Aronne è nato in me". Mentre Anna innalzava questi canti di lode, vidi la stanza illuminarsi intensamente di una luce meravigliosa e apparirle vicino la Scala di Giacobbe; credo che anche le altre donne avessero avuto quest'apparizione perché le vidi intimamente rapite in estasi profonda. Dopo le preghiere, seguì un pasto frugale consistente in pane, frutta e aromi. Le donne mangiarono in piedi, poi andarono a riposarsi e dormirono fino a mezzanotte, momento in cui Anna le destò. Si alzarono e si recarono in un luogo chiuso da una tenda dove la Santa era solita ritirarsi in meditazione. Vidi Anna accostarsi vicino ad un piccolo armadio infisso nella parete che conteneva alcune reliquie chiuse in un'urna con due candele ai lati. Nel reliquiario, posto su una specie di sedia a due braccioli, vidi una ciocca di capelli di Sara, per i quali Anna coltivava una devozione particolare, inoltre c'erano le ossa di Giuseppe, che Mosè aveva recato con sé dall'Egitto, e alcune reliquie di Tobia, consistenti in brandelli di una sua veste; vidi pure quel piccolo bicchiere scintillante a forma di pera in cui aveva bevuto Abramo quando fu benedetto dall'Angelo. Questo bicchiere fu poi tolto dall'Arca e dato a Gioacchino quando gli fu impartita la grazia. Adesso comprendo che la grazia gli fu donata nel pane e nel vino, il cibo e ristoro. Dopo aver aperto l'armadio, Anna s'inginocchiò e iniziò a cantare un salmo nel quale mi sembrò si accennasse al roveto ardente di Mosè. Frattanto due delle parenti si posero ai lati della santa madre, l'una a destra e l'altra a sinistra, la terza si mise dietro a lei. Allora vidi una luce soprannaturale invadere nuovamente la stanza, poi, agitandosi vicino al corpo di Anna, si condensò intorno a lei. Le parenti, frattanto, si erano genuflesse a terra in contemplazione profonda e il fascio di luce, che avvolgeva intensamente Anna, aveva assunto una forma simile a quella del roveto ardente veduto da Mosè. Così fu che Anna accolse tra le proprie mani quella luce fatta di forme umane, la bambina Maria intrisa di splendore. La Santa Madre l'avvolse subito nel proprio mantello e se la strinse al seno, poi continuando a pregare, la depose nuda dinanzi al reliquiario sulla sedia. Appena la Neonata iniziò a piangere, Anna l'avvolse nei pannolini color rosso e bruno che aveva estratto dall'ampio mantello. Le lasciò scoperto solo il petto, le braccia e la testa. Frattanto il roveto ardente che la circondava era scomparso. Le donne, invase dalla gioia e dalla magnificenza del momento miracoloso, presero tra le braccia la Neonata intonando un nuovo canto di lode. Infine Anna protese in alto Maria Santissima, in atto di offerta al Creatore per la salvezza del mondo e dell'umanità. A quel gésto vidi la stanza invasa dai raggi del sole, affollarsi di numerose figure angeliche che intonavano il Gloria e l'Alleluia. Gli Angeli comunicarono ad Anna che trascorsi venti giorni la Neonata avrebbe dovuto ricevere il nome "Maria". Quindi la Santa Madre si recò nella sua camera e si coricò. Le donne frattanto bagnarono Maria, la fasciarono e la posero dentro una piccola cesta di vimini vicino a sua madre. Appena le tre donne annunciarono a Gioacchino l'evento, questi entrò nella stanza e, avvicinandosi al letto di Anna, s'inginocchiò e pianse commosso contemplando la Neonata. Poi la prese tra le braccia e l'offri anch'egli al Cielo in segno di offerta devozionale, mentre intonava un canto di lode simile a quello di Zaccaria quando nascerà Giovanni. Nell'inno di lode di Gioacchino si celebrava il salmo del seme posto da Dio in Abramo. Il seme che si era conservato nell'Alleanza suggellata dalla circoncisione e aveva reso possibile quella nascita benedetta. Si compiva così anche l'Oracolo del profeta: "Nascerà un ramo dalla radice di lesse". Gioacchino esclamò con profonda umiltà che in quel momento di radiosa letizia avrebbe voluto morire. Durante la notte molti avevano visto la casa di Anna stranamente illuminata. Fin dal primo mattino servi, ancelle e gente del popolo furono richiamati dalla notizia del lieto evento. Numerosi, invasero l'alloggio della pia famiglia. Dopo aver atteso, a poco a poco vennero introdotti nella stanza di Anna e videro la Neonata. Non pochi si sentirono intimamente convinti che quella nascita fosse miracolosa, essendo stata Anna per molto tempo sterile. Alcuni si sentirono profondamente commossi e, toccati nella coscienza, si dedicarono alla vita devota. Sebbene Maria Heli fosse madre di Maria di Cleofa, non le fu consentito di assistere alla nascita della Santa Vergine, forse in osservanza alla legislazione religiosa ebraica.

    26 - Letizia in Paradiso per la nascita di Maria Santissima.

    Contemporaneamente alle visioni della venuta di Maria Santissima nel mondo, La vidi in Cielo, al cospetto della Santissima Trinità, salutata dai Cori celesti dei Santi e degli Angeli con giubili di gioia indescrivibili. Appresi allora che in quel momento le fu rivelato tutto il suo passaggio sulla terra: le future letizie e i dolori. Nonostante i grandi misteri che le furono svelati, Maria si mantenne sempre umile ed innocente. Questo suo modo silenzioso di conoscere le cose Celesti è certamente a noi sconosciuto. L'intuizione della Santissima Maria era profondissima e la sede dell'apprendimento era il centro del cuore. La Santa Vergine conosceva tutto in un modo molto semplice e ingenuo, così come un bambino che conosce istintivamente la sede dell'allattamento nel seno della madre. Scorsi la Madonna istruita dalla Grazia del Cielo; la vidi per la prima volta piangere. Sono sicura che non potrei descrivere le altre meravigliose immagini nel modo giusto e nemmeno gli altri le saprebbero comprendere nel significato più profondo, perciò preferisco tacere.

    27 - La nascita della Santissima Vergine è annunciata nel Limbo agli antichi Patriarchi.

    Nello stesso momento in cui nacque Maria Santissima giunse nel Limbo l'annuncio di quest'avvenimento e vidi gli antichi Patriarchi dell'umanità festeggiarlo con giubilo immenso. Particolarmente Adamo ed Eva videro in questa nascita il compimento della Promessa del Cielo. Appresi che da quel momento essi avanzarono nello stato di grazia, la loro dimora s'illuminò e s'ingrandì e da allora acquistarono maggiore influenza sulla terra. Era come se la penitenza e i dolori che avevano sostenuto, la lotta, la speranza, il desiderio di redenzione avessero raggiunto il loro compimento salvifico.

    28 - Commozione nella natura e negli uomini per la nascita della "Vergine celeste". Considerazioni su Simeone ed Anna.

    Quando nacque Maria Santissima ci fu un risveglio generale della natura assopita, negli animali e nei cuori delle persone buone, mentre una deliziosa armonia si diffondeva su tutta la terra. Al contrario, i peccatori erano invasi da angoscia e da spavento. Infatti in tutta la terra promessa, in particolare nella zona di Nazareth, al momento della santa nascita molti ossessi caddero in un delirio disperato. Con strida violente venivano gettati di qua e di là ed i demoni, insediati nelle viscere di costoro, sussurravano: "Dobbiamo cedere, non abbiamo speranza! Dobbiamo andarcene da questo luogo!" Il vecchio Simeone, un sacerdote di Gerusalemme che abitava vicino al tempio, rimase spaventato dalle grida strazianti dei pazzi e degli ossessionati che stavano rinchiusi in un edificio sito vicino al tempio. Simeone aveva con altri l'incarico di sorvegliare quei numerosi infelici. A mezzanotte, quando le urla di questi indemoniati si erano fatte terrificanti, il sacerdote si recò nella piazza dinanzi alla Casa degli ossessionati e domandò ad uno di loro quale fosse il motivo per cui mandava tali grida che svegliavano tutti dal sonno. Questi, gridando forte, gli disse che voleva uscire; allora gli fu aperta la porta e il posseduto si precipitò fuori mentre Satana gridava all'interno di lui: "Devo partire! È nata la Vergine celeste! La terra è piena di Angeli che ci tormentano; dobbiamo andar via, non possiamo possedere più nessuno". Il vecchio sacerdote pregò ardentemente per quel povero uomo posseduto dal demonio; alla fine, dopo essere caduto in convulsioni tremende, lo spirito infernale dovette abbandonare la vittima e allontanarsi. Mi ha fatto molto piacere aver avuto visioni del vecchio Simeone. Anche le profetesse Anna e Noemi, quest'ultima era la sorella della madre di Lazzaro, si svegliarono improvvisamente e per mezzo di visioni vennero edotte sulla nascita dell'eletta Fanciulla. Esse si comunicarono quanto avevano veduto; credo che conoscessero già la Santa Madre Anna.

    29 - La nascita di Maria Santissima è annunciata ai Caldei da cinque vergini veggenti.

    Nella stessa notte in cui nacque la Madonna vidi cinque vergini sibille in una città caldea. Queste ebbero una visione molto significativa della nascita della Madre di Dio e subito corsero ad avvertire i sacerdoti. Annunciarono dappertutto la Concezione di una Vergine più grande di tutte le vergini, in ossequio alla quale erano scese sulla terra numerose figure angeliche e spiriti buoni mettendo in fuga i demoni e gli spiriti del male. Quel popolo osservatore degli astri aveva già veduto in una stella l'immagine di una Vergine con una bilancia, dentro c'era dell'uva e del frumento; ma quando Maria Santissima venne alla luce, e fu annunciata dalle cinque veggenti, nell'astro l'immagine non si vide più. Dopo l'annuncio delle verginiveggenti, i Caldei collocarono nel loro tempio un idolo mostruoso che si riferiva a questa Vergine. Tempo dopo posero un'altra immagine della Vergine e un piccolo giardino recintato con una grata d'oro. Nel tempio Caldeo c'erano animali dalle più strane fattezze; vidi anche dei cani assai grandi ben accuditi, capii allora che quegli animali servivano da loro alimento. Nel tempio dei Santi Magi si manteneva per tutta la notte un'illuminazione magnifica, con torce e lampade. Guardando verso il soffitto vi era dipinto un cielo stellato simile al naturale, alcuni lumi erano disposti in modo tale da ottenere quest'effetto. Quel cielo artificiale seguiva il cambiamento delle osservazioni delle stelle: i candelieri erano disposti nella posizione adatta ad indicare le diverse situazioni. Così avvenne anche in occasione della nascita di Maria Santissima: l'illuminazione fu disposta in modo che i raggi di luce provenissero dal di fuori verso l'interno.

    30 - La caduta della "vergine alata" in Egitto.

    Quando nacque Maria Santissima, vidi che l'idolo della vergine alata in Egitto fu rovesciato in mare. Qualche tempo dopo il tempio fu sostituito da una chiesa. Nello stesso giorno, nell'altro tempio egiziano, l'idolo della vergine con tre mammelle assicurato al soffitto, improvvisamente si lesionò: il volto e tutta la parte inferiore del corpo si frantumarono in cento pezzi, mentre la corona che la statua teneva sul capo, le braccia che tenevano le spighe di frumento e le ali rimasero intatte.

    31 - Visite alla neonata Maria.

    Due giorni dopo la nascita della Santa Vergine, cioè il dieci settembre, numerosi parenti si recarono in visita dalla Santa Madre Anna. Sentii pronunciare i nomi di molte persone. Dai pascoli più lontani vidi giungere i pastori di Gioacchino. A tutti venne mostrata la Neonata, e li vidi ricolmi di gioia. Fu tenuto un allegro banchetto. Il 10 e l'11 settembre altre persone giunsero in visita alla piccola Maria, e fra queste, gli altri parenti di Gioacchino che abitavano nella valle di Zabulon. La Bimba venne portata nella parte anteriore della casa e posta con la sua culla sopra un alto piedistallo simile ad un tronco su cui si sega il legname. In questo modo tutti poterono ammirarla meglio. Fu avvolta in un panno rosso che la fasciava fin sotto le ascelle ed intorno al collo aveva un velo trasparente. La piccola culla era dipinta esternamente di bianco e di rosso. Vidi Maria di Cleofa, una bella bambina, accarezzare Maria e giocare con lei. Era molto robusta e indossava una piccola veste bianca senza maniche, il cui orlo rosso era adornato di bottoncini dello stesso colore che parevano piccole mele. Le sue braccine ignude portavano dei braccialetti bianchi fatti di penne, seta o lana.

    32 - La neonata riceve il nome "Maria".

    Visioni del 22-23 settembre.

    Oggi ho veduto nella casa di Anna una gran festa; tutte le pareti di vimini erano state rimosse per preparare un'ampia sala con al centro una tavola lunghissima e bassa, addobbata di vasi e di altri arredi per il banchetto. Vidi molti arredi e vasi che altre volte non avevo notato. Si mostravano colà disposti dei vasi leggerissimi e forati alle estremità, somigliavano a canestri e pareva che dovessero servire per riporvi dei fiori. Sopra un tavolo vidi dei piccoli bastoncini bianchi che parevano d'osso, cucchiai che assomigliavano a profonde conchiglie munite di un manico e terminanti con un anello, delle canne ricurve che servivano forse a succhiare bevande. Nel mezzo della sala si ergeva una specie di altare addobbato di rosso e bianco sul quale stava una culla dai medesimi colori, con una piccola coperta azzurra; vicino a questa vidi un leggio con sopra vari rotoli di pergamene sacre per le preghiere. Cinque sacerdoti di Nazareth stavano dinanzi all'altare rudimentale, fieri nei loro pomposi abiti sacerdotali. Uno di quei religiosi portava una veste adornata con i simboli del supremo sacerdote. In mezzo a costoro vidi anche Gioacchino. Circondavano l'altare molti uomini e donne con abbigliamenti da cerimonia. Vidi anche la sorella di Anna, Maria di Sephoris, e altri. Nonostante si fosse alzata, Anna non si presentò alla cerimonia ma rimase nella propria camera dietro al focolare. Enue pose Maria tra le braccia di Gioacchino, la Neonata era tutta fasciata fino agli omeri da un velo rosso e trasparente. I sacerdoti avanzarono verso l'altare ponendosi intorno alle sacre pergaméne e cominciarono a pregare ad alta voce.Due di essi sostenevano lo strascico dei paramenti al sommo sacerdote. Allora Gioacchino tese la Neonata a quest'ultimo che la sollevò verso il cielo, elevandola alla grazia di Dio e offrendola in sacrificio, indi la ripose nella culla sull'altare. Poi prese un paio di forbici, alla cui estremità c'era un piccolo contenitore dove cadeva quello che si era tagliato, e tagliò alla neonata tre ciocche di capelli: l'una a destra, l'altra a sinistra e la terza nel mezzo del capo; quindi le arse sopra un braciere. Prese una boccetta d'olio e unse alla Neonata le sedi dei cinque sensi, col pollice le strofinò le orecchie col balsamo, gli occhi, il naso, la bocca e la cavità del petto. Scrisse, infine, sopra una pergamena il nome "Maria" e pose lo scritto sul petto della Fanciulla. Poi Gioacchino riebbe Maria e la consegnò ad Enue che la riportò ad Anna. Quindi si intonarono dei salmi ed incominciò il banchetto. A questo punto non vidi più nulla....

    33 - L'avvenimento che diede origine alla festa della nascita di Maria Santissima.

    La sera del 7 settembre, la vigilia della solennità, sebbene Suor Emmerick si sentisse assai male, appariva d'umore straordinariamente lieto, come poi confermò Lei stessa. La pia Suora parlò vivacemente del giubilo che inondava l'intera natura per la ricorrenza della nascita di Maria. Disse che l'indomani sarebbe stato un giorno di vera gioia per lei e per molti altri.

    Odo il cinguettio degli uccelli, vedo gli agnelli ed i capretti che saltellano, e le colombe che volano aggirandosi sul luogo dove fu la casa di Anna. Adesso non è rimasto nulla che la ricordi, è tutto abbandonato. La natura però emana una piena armonia come se fosse stata rigenerata. Nei tempi antichi questo luogo fu abitato da eremiti scesi dal monte Carmelo. Vidi alcuni pellegrini di passaggio domandare meravigliati agli eremiti quale fosse la causa della gioia che regnava nella natura. I pellegrini portavano il cappuccio calato sul volto ed erano appoggiati ai loro bordoni, essi attraversavano questo territorio con profondo spirito devozionale ed avevano ricevuto da Dio la sensibilità di percepire i movimenti interiori della natura circostante. Alla domanda dei pellegrini risposero che alla vigilia di ogni ricorrenza della Concezione di Maria la natura reagiva con movimenti di gioia e di armonia, anche per il fatto che probabilmente in quel luogo si era trovata la casa di Anna. Mi fu poi mostrata l'origine della festività della nascita della Madonna. Duecentocinquant'anni dopo la morte della Beata Vergine Maria vidi un mistico pellegrinare in Terrasanta; visitò tutti i luoghi dove era vissuto il Salvatore, i suoi discepoli e i parenti. Sentii che quell'uomo era guidato da ispirazioni divine, lo vidi soffermarsi, meditare e pregare per diversi giorni nei luoghi che portavano impressi i ricordi più evidenti delle sante persone vissute all'epoca di Gesù. Spesso il mistico cadeva in dolcissimo rapimento. Da molti anni, nella notte tra il sette e l'otto settembre, percepiva il levarsi nella natura ed udiva una deliziosa armonia diffondersi nell'aria. Una volta gli comparve in sogno un Angelo e gli rivelò che quella data corrispondeva all'anniversario in cui era nata la Vergine Maria. Egli ebbe tale visione mentre era in viaggio per il monte Sinai. L'Angelo gli rivelò pure che su quel Monte si trovava la caverna del profeta Elia, ed in essa una cappella murata eretta in onore della Madre del Messia; infine lo esortò a comunicare queste notizie agli eremiti di quel luogo. Il mistico giunse al Sinai, precisamente nel luogo dove ora sorge il convento; in quel tempo gli eremiti vivevano isolati nelle caverne. Dalla parte della valle, il Monte si ergeva a picco e quindi per raggiungere la cima bisognava farsi alzare per mezzo di rudimentali carrucole di legno e funi. L'uomo manifestò la cosa ad un gruppetto di eremiti e poi si genuflesse assorbendosi in preghiera e chiedendo a Dio che gli fosse rivelato dove si trovasse la caverna di Elia. Per mezzo della locuzione interiore gli fu risposto che avrebbe riconosciuto la caverna del profeta da un segno evidente: dal rifiuto di un Giudeo di entrarvi. Un vecchio si prestò ad accompagnarlo e insieme si posero alla ricerca della grotta. Dopo aver cercato tra le numerose caverne abitate dagli eremiti e dagli Esseni, ne trovarono a fatica una che sembrava quella di Elia con la cappelletta eretta in onore della Vergine. La spelonca era circondata da giardini di piante fruttifere ormai inselvatichite. Quando giunsero all'ingresso angusto della spelonca, il Giudeo ne fu rigettato fuori da una forza misteriosa. In tal modo il mistico e gli eremiti seppero con certezza che quella era la caverna di Elia. Scoprirono all'interno della medesima una seconda caverna murata. Vi praticarono quindi un foro e penetrarono nel luogo in cui Elia aveva pregato per il compimento della Promessa. L'ingresso era stato chiuso con grandi pietre scolpite a florami, le quali più tardi furono adoperate per erigere la chiesa. Nella spelonca furono rinvenute le sante ossa dei profeti e degli antichi abitanti delle caverne, così pure i resti delle pareti di vimini e gli arredi sacri che erano servite ai riti antichi. Tutto questo venne conservato nella chiesa che sorse più tardi. In quest'occasione vidi molte cose intorno al monte Oreb, ma ora mi ricordo solo del posto dove Mosè scorse il roveto ardente, "il luogo dell'ombra di Dio". Vidi anche un monte di sabbia rossa sopra il quale cresceva della bellissima frutta. In seguito alle rivelazioni del mistico, i devoti eremiti celebrarono la Festa della nascita della Santa Vergine l'8 settembre dell'anno 250. La solennità sarà adottata poi da tutta la Chiesa di Gesù Cristo.

    34 - La preghiera nella ricorrenza della nascita di Maria Santissima (La novena delle partorienti).

    Ebbi molte visioni su Santa Brigida, la quale mi comunicò alcune rivelazioni che aveva avuto sulla Concezione e la nascita della Madre di Dio. La Santa Vergine, fra l'altro, così le aveva detto: "Se le partorienti celebreranno la vigilia della ricorrenza della mia nascita con digiuni e con la devozione delle nove Ave Maria, onoreranno la mia permanenza nel grembo materno, e se questa commemorazione fosse rinnovata più spesso dalle partorienti anche durante il corso della loro gravidanza, innanzi tutto alla vigilia del loro parto con l'accoglienza dei Santi Sacramenti, allora io porterò le mie preghiere davanti a Dio per loro. In particolare per quelle partorienti che si trovano in circostanze difficili, esorterò Dio a soccorrerle affinché abbiano un parto fortunato". Stamattina ho avuto io stessa un'apparizione della Santa Vergine che, avvicinandosi al mio letto, mi ha detto tra l'altro: "Chi, oggi a mezzogiorno, per onorare la mia nascita e per dimostrare il suo amore per me nel tempo della mia permanenza nel grembo materno potrà recitare le nove Ave Maria e proseguire così per nove giorni, l'Angelo allora riceverà da queste preghiere quotidianamente nove fiori. Egli me li porterà ed io ne farò subito dono alla Santissima Trinità esortandoLa ad esaudire la preghiera dell'orante". Quindi mi sentii come trasportata sopra un'altura fra il cielo e la terra. La terra era mesta ed oscura sotto i miei piedi; in Cielo vedevo i Cori degli Angeli, i Santi ed in mezzo a loro la Santa Vergine dinanzi al trono di Dio. Vidi due porte e due troni di gloria innalzarsi alla Vergine, crescere e divenire templi e poi trasformarsi in intere città nate dalle preghiere dei credenti. Era meraviglioso vedere quegli edifici formati da erbe, fiori e ghirlande, che esprimevano la maniera ed il valore dei diversi modi con cui erano state elevate quelle preghiere dai singoli credenti. Gli Angeli ed i Santi prendevano dalla mano degli oranti le loro preghiere sacrificali e le portavano in Cielo.

    35 - Sacrificio di purificazione della Santa Madre Anna.

    Alcune settimane dopo la cerimonia battesimale, Anna e Gioacchino con la Figlioletta intrapresero un viaggio verso il tempio per offrire il sacrificio di ringraziamento. Condussero la Neonata nel tempio come atto di devozione e di gratitudine verso Dio che li aveva liberati dalla lunga sterilità. Il giorno seguente al loro arrivo offrirono il sacrificio e promisero di consacrare per alcuni anni la loro Bimba al servizio di Dio nel tempio. Quindi ritornarono a Nazareth con Maria. Così pure farà la Santa Vergine, quando, obbedendo alla Legge, offrirà nel tempio il bambino Gesù.

    36 - La festa della vestizione della Santa Vergine.

    Il 28 ottobre 1821, in stato estatico, la Veggente così descrisse le sue visioni sulla piccola Maria: Alcuni anni dopo la Fanciulla era già preparata per essere condotta al tempio di Gerusalemme: Anna sedeva in una stanza della sua casa di Nazareth e istruiva Maria Santissima alla preghiera, mentre si attendevano i sacerdoti che dovevano esaminare la Fanciulla per ammetterla al tempio. Nella casa di Anna si festeggiava la festa della preparazione e presso di lei vedevo raccolti tutti gli ospiti, parenti, uomini, donne e perfino ragazzi. Vidi tre sacerdoti, tra i quali Sephoris, un nipote di Anna, un altro di Nazareth e l'ultimo di un paese di montagna distante circa quattro ore da Nazareth. Erano venuti per esaminare se Maria Santissima fosse stata idonea per essere presentata al tempio ed anche per istruire i genitori sui dettagli della vestizione prescritta per quest'occasione dal tempio. Tre erano gli abbigliamenti di differenti colori e consistevano ciascuno in una piccola giubba, in una tunica e in un mantello. Si aggiungevano due ghirlande aperte, una di seta e l'altra di lana e una corona con sopra piccoli archi. il sacerdote tagliò alcune parti degli abiti e le adattò insieme secondo la prescrizione di rito.

    Alcuni giorni dopo il 2 novembre, la narrazione della mistica continuò.

    Oggi ho visto di nuovo una gran festa in casa dei genitori della Santa Vergine. Non posso dire se questa fosse una continuazione della festa che vidi o solo una ripetizione della mia visione, perché già da tre giorni mi si presenta la stessa immagine dinanzi agli occhi. Ho visto ancora i tre sacerdoti, numerosi parenti e molti figli, come per esempio Maria Heli con la figlia di sette anni, Maria di Cleofa, molto più forte e robusta della Madonna. Maria Santissima infatti aveva un fisico molto delicato, aveva i capelli biondi, un po' rossicci e ricci. La Santa Fanciulla sapeva già leggere e tutti si meravigliavano della sapienza delle sue risposte. Era presente anche la sorella di Anna, Maraha, venuta da Sephoris con le sue figlie; vidi altri parenti con le loro figliole. Dopo che i sacerdoti ebbero tagliato le vesti di Maria Santissima, le donne le ricucirono insieme. Quegli abiti furono fatti indossare alla Fanciulla in differenti occasioni. Mentre si abbigliava delle sacre vesti le furono poste varie domande. La cerimonia fu solenne. I vecchi sacerdoti guardavano sorridendo con santa soddisfazione la saggia Fanciulla ed i suoi genitori che piangevano di gioia. La funzione si svolgeva in una camera quadrata, vicino alla sala dei banchetti, ed era illuminata da un'apertura praticata nel soffitto e ricoperta da un velo. Un tappeto rosso era steso al suolo dove s'ergeva l'altare addobbato di rosso e bianco. Una specie di tenda nascondeva un piccolo armadio in cui stavano gli scritti sacri e le pergamene delle preghiere. Sulla tenda era ricamata o cucita un'immagine. Oltre ai tre abbigliamenti liturgici, dinanzi all'altare erano state offerte molte stoffe donate dai parenti per la vestizione della Santa Vergine. Una specie di piccolo trono su alcuni gradini si vedeva quasi al centro della sala e intorno vi erano radunati Gioacchino, Anna e tutti gli altri parenti; le donne stavano ritirate da un lato, ma le ragazzine invece circondavano Maria Santissima e la guardavano ammirate. I sacerdoti camminavano a piedi scalzi. Adesso erano cinque, ma tre soli vestivano paramenti sacerdotali durante la cerimonia. Uno di questi prendeva i singoli pezzi del vestiario di Maria Santissima, e dopo averne indicato l'uso e il suo significato li passava alla sorella di Anna, giunta da Sephoris, la quale vestiva la piccola Maria. Prima di tutte le altre vesti la donna porse alla Santa Vergine una tunica gialla con piccoli fiocchi e con uno scapolare o un ornamento sul petto guarnito di nastri. Quest'abbigliamento veniva infilato prima intorno al collo, quindi scivolava sul corpo coprendolo. Quindi Maria indossò un mantello scuro che aveva fori per passarvi le braccia. Calzava dei sandali di colore marrone che avevano le suole alte di color verde. I capelli, arricciati alle estremità, erano ben pettinati. Si pose poi attraverso la testa della pia Bambina un gran panno di forma quadrangolare di color cenere che poteva passare fin sotto i gomiti, permettendo alle braccia di riposare fra le due grandi pieghe. Sembrava che fosse un mantello da utilizzare in viaggio o per la preghiera o da penitenza. Quando Maria Santissima fu così completamente abbigliata, i sacerdoti la istruirono e le rivolsero varie domande sul metodo di vita che dovevano tenere le ancelle del tempio, fra le altre cose le dissero: "Quando i tuoi genitori ti hanno consacrata al tempio, hanno fatto voto per te che non avresti assaggiato né vino, né aceto e nemmeno uva o fichi; vuoi aggiungere tu stessa a questo voto un altro? Pensaci durante il banchetto". Bisogna sapere che gli Ebrei e specialmente le donne amavano assai l'aceto, e Maria pure lo gradiva moltissimo. Perciò la rinuncia al medesimo costituiva da parte di un ebreo un vero sacrificio. Dopo simili interrogazioni fecero cambiare a Maria il primo abbigliamento e le si fece indossare il secondo. Questo consisteva in una veste color celeste, un corpetto molto più pesante del primo e un mantello di colore azzurrochiaro, un altro di seta scintillante e formato a pieghe era assicurato sulla testa da una coroncina di foglie verdi. Poi i sacerdoti la rivestirono di un velo bianco, annodato superiormente come un cappuccio. Tre fibbie lo tenevano unito in modo che il cappuccio si fosse potuto alzare dal viso per un terzo, per una metà o interamente. La Bambina venne istruita sull'uso che doveva fare di questo velo: doveva alzarlo mentre mangiava ed abbassarlo quando rispondeva alle domande dei sacerdoti, e così via. Inoltre venne istruita su tutte le altre pratiche da osservarsi durante il pranzo; poi tutti passarono in una sala vicina dove avrebbero pranzato. Durante il banchetto il posto di Maria Santissima fu in mezzo a due sacerdoti, l'altro le sedeva dirimpetto. Le donne e le fanciulle sedevano separate dagli uomini all'altra estremità del tavolo. Durante il pranzo Maria fu interrogata più volte sull'uso del velo, poi le dissero che poteva gustare ogni cibo e le presentarono diverse vivande per tentarla, ma la pia fanciulla non cadde nell'inganno e prese solo una piccola porzione di alcune vivande. Con i suoi assennati ragionamenti fece meravigliare tutti. Vidi che durante il banchetto fu ispirata dagli Angeli. Più tardi tutti ritornarono dinanzi all'altare. Maria indossò allora il terzo indumento, che era il paramento solenne. Questo consisteva in una veste di color violetto scuro a fiori gialli, e un corsetto ricamato a vari colori. Sopra indossava un mantello color violaceo, più adorno e pomposo degli altri, che terminava nella parte posteriore con uno strascico ricurvo. Le falde del manto avevano sul davanti tre strisce in argento e tra queste si vedevano rose dorate come bottoni. All'altezza del petto il manto era tenuto da una sciarpa che passava per un nodo del corsetto. Degli uncini tenevano unito il manto nella parte inferiore del corpo, e lungo i lembi si scorgevano cinque linee di ricami. Anche l'orlo era adorno di ricami. Lateralmente nella direzione delle braccia il manto pendeva in ricche pieghe. Infine le si pose sul capo un gran velo scintillante, bianco da una parte e violaceo dall'altra. La corona questa volta consisteva in un cerchio piccolo e leggero di cui l'arco superiore, che era più ampio di quello inferiore, era formato a punte ed adornato di nodini lucenti e da cinque pietre preziose. il cerchio risplendeva internamente d'oro. Superiormente alla corona si congiungevano cinque piccoli fili di seta che la chiudevano sul capo formando un nodo piuttosto grande. Così solennemente abbigliata, e dopo essere stata sufficientemente istruita sull'uso speciale di ciascuna parte dell'abbigliamento, Maria fu condotta sul piccolo palco dinanzi all'altare. Le altre giovinette rimasero vicino a lei. Allora Ella manifestò le rinunce che intendeva sostenere nel tempio. Disse che mai avrebbe mangiato carne né pesce e non avrebbe bevuto latte, che sarebbe stato sostituito da una bevanda consistente in succo di canna palustre con acqua e qualche volta si sarebbe permessa di aggiungere a quella pozione un po' di succo di terebinto. Le famiglie povere nella Terra Promessa usano quella bevanda pressappoco come da noi si usa l'acqua di orzo. Il succo di terebinto è una specie di olio glutinoso assai rinfrescante, sebbene non sia pregevole come il balsamo. Maria rinunciò a qualunque specie di radice e alla frutta, con la sola eccezione di alcune bacche gialle, le quali crescono in grappoli e servono di nutrimento alla povera gente. La pia fanciulla disse che avrebbe voluto dormire sulla terra nuda, e che tre volte ogni notte si sarebbe alzata per pregare. Le altre novizie non si alzavano che una volta per notte. I genitori di Maria furono intimamente commossi dalle sue parole. Gioacchino l'abbracciò esclamando: "Oh! Mia diletta figliola, questa vita è per te troppo severa ed il tuo vecchio padre forse non ti rivedrà più". I sacerdoti le dissero che bastava si alzasse una sola volta per notte come tutte le altre. Inoltre mitigarono anche i suoi proponimenti mistici, per esempio permettendole di mangiare pesce nei giorni di grande solennità. A questo punto vidi il grande mercato del pesce situato in uno dei quartieri più bassi di Gerusalemme. Vidi pure un rivolo d'acqua proveniente dal lago di Bethseda che forniva l'acqua al quartiere. Quando una volta il rivolo si essiccò, Erode il grande pensò di costruire una fontana ed un acquedotto; per sostenerne le spese pensò di vendere i paramenti sacri ed i vasi del tempio; quando si diffuse tra il popolo la notizia poco mancò che non scoppiasse una sommossa. Gli Esseni, che avevano gran considerazione e devozione per gli abiti sacerdotali, si riunirono e si recarono a Gerusalemme per opporsi chiaramente al disegno di Erode. Dopo queste visioni rividi Maria in mezzo ai sacerdoti. Essi le dissero: "Molte novizie che non possono sostenersi e non hanno corredo vengono ugualmente ricevute al tempio, devono però corrispondere alle spese di mantenimento lavando i sacri abbigliamenti cosparsi dal sangue sacrificale delle vittime. Inoltre, in un'età più matura e appena le loro forze lo concederanno, devono lavare le altre ruvide stoffe di lana. Quest'ultimo è un lavoro molto duro e faticoso, spesso le mani sanguinano, ma tu non hai bisogno di farlo poiché i tuoi parenti hanno la possibilità di mantenerti al tempio". Maria allora, senza esitazione alcuna, dichiarò che si sarebbe assunta volentieri anche quell'incarico se i sacerdoti l'avessero creduta degna di adempierlo. Con questi colloqui, ai quali Maria partecipò con molta umiltà e saggezza, si concluse la festa della vestizione. Durante la sacra cerimonia, l'immagine di Maria Santissima appariva al mio sguardo gigantesca in mezzo ai sacerdoti che la circondavano. Ciò mi parve un simbolo della sapienza e della grazia di cui Dio la colmava. Vidi i sacerdoti pieni di santa ammirazione. Appena la cerimonia ebbe termine, il loro superiore imparti a Maria la benedizione. Due sacerdoti stavano ai fianchi della Santa Vergine che sedeva su un piccolo alto trono. Mentre costoro pregavano, secondo le pergamene su cui erano scritte le preci, il capo dei sacerdoti benedisse la Santa Vergine stendendo su di lei la mano. Nello stesso momento ebbi un'altra visione in cui vidi le condizioni dello spirito della Santa Fanciulla. Fu uno spettacolo meraviglioso: la benedizione del sommo sacerdote penetrò di luce la futura Madre del Redentore e sotto il suo cuore vidi che le si manifestò, circondato da una luce indescrivibile, quello splendore che avevo già veduto nell'Arca dell'Alleanza. Ebbi poi una visione in cui il frumento ed il vino, la carne ed il sangue si fondevano insieme. Vidi infine il cuore della Madre di Dio aprirsi a questa fusione, come la porta di un tempio. L'apertura del suo cuore era circondata da pietre preziose di ogni genere. Fu come se avessi visto l'Arca entrare nel santuario del tempio. Vidi infine il cuore della divina Fanciulla chiudersi dopo aver raccolto in sé il supremo bene della terra. Mi restò dinanzi agli occhi la divina Fanciulla penetrata dal favore della Grazia e mi parve che, illuminata da Dio, s'alzasse aleggiante dal suolo. Nello stesso momento vidi cadere su uno dei sommi sacerdoti un raggio di quella Grazia ricevuta dalla Vergine. Così egli fu convinto che Maria Santissima fosse l'eletto Vaso della salvezza. Quando Maria fu abbigliata solennemente, i sacerdoti la condussero alla presenza dei suoi genitori. Anna strinse la figlioletta al petto materno e la baciò con fervore devozionale. Gioacchino, profondamente commosso, le strinse con rispetto la mano. La sorella maggiore di Maria abbracciò la Santa Vergine con molta più vivacità di Anna, che era in tutte le cose prudente e moderata. Maria di Cleofa, la piccola nipote, anch'essa piena di spontaneità, le gettò le braccia al collo. Quando tutti gli astanti se ne andarono, la Fanciulla si spogliò delle sacre vesti ed indossò il suo solito abbigliamento. Gli ospiti, e fra questi alcuni sacerdoti, prima di ritornarsene alle proprie abitazioni presero un piccolo pasto con frutta e pane e bevvero tutti da un solo bicchiere in segno di fraternità; le donne, come era d'uso, erano rimaste separate dagli uomini.

    37 - Partenza di Maria Santissima per il tempio e il simbolismo dei profeti.

    Vidi alcuni parenti nella casa di Maria Santissima immersi nel sonno, era notte fonda. La santa Famiglia era già pronta per intraprendere il viaggio verso Gerusalemme. Vicino al focolare una lampada con numerose piccole luci illuminava la sala. Tutti si svegliarono e si posero lentamente in movimento. il giorno prima Gioacchino aveva già inviato per mezzo dei servi al tempio le bestie per il sacrificio. La spiegazione del racconto si riferiva tutta a Mosè. il fanciullo minore portava nelle mani il rotolo con lo scritto e lo faceva saltare di qua e di là come un giocattolo. Mai potrei descrivere la profonda e sincera simpatia che sentivo per quei fanciulli; erano ben diversi da tutti gli altri che si trovavano in quel luogo.

    Senza poter stabilire veramente chi fossero costoro, la Veggente continuò a parlare con loro con un interesse ingenuo. Dopo un certo tempo, quando si sentì intimamente convinta, così si espresse:

    "Ho compreso finalmente chi fossero quei ragazzi, essi non erano realmente presenti, ma erano simboli dei profeti. il maggiore portava il suo rotolo con estrema serietà. Mi mostrò quel passo del secondo libro di Mosè, quando questi vede nel roveto ardente il Signore, il quale gli ordina di levarsi i sandali. Il fanciullo mi spiegò come mai il roveto ardesse senza consumarsi e mi disse che similmente ardeva in Maria Santissima, era il fuoco dello Spirito Santo, che Lei portava innocentemente in sé, senza averne la minima coscienza. Il fanciulloprofeta mi parlò della prossima fusione della divinità con l'umanità. Il fuoco si riferiva a Dio, il roveto di spine agli uomini. Mi spiegò anche quale fosse il significato del levarsi i sandali di Mosè. Sebbene non mi rammento tutto, credo avesse detto che l'ora in cui "il velo" sarebbe caduto era prossima e con questa si sarebbe manifestato l'Essere superiore a Mosè e a tutti i profeti: Colui che avrebbe compiuto la Legge. L'altro fanciullo più semplice, che agitava il rotolo, simbolizzava la purezza e l'innocenza della Vergine Santissima ed il prossimo compimento della promessa divina.

    A questo punto la Veggente, mentre era scossa dai dolori e dalle intime sofferenze, esclamo:

    "Quanto è semplice e bello tutto ciò che mi riveli! Come distintamente tu ti manifesti a me! Eppure io non posso raccontare bene tutto quello che vedo, dimentico molto a causa delle dolorose e tristi vicende di questa vita terrena".

    Verso la metà del novembre 1820, l'estatica parlando delle visioni che aveva avuto sulla resentazione di Maria Santissima al tempio, tornò a discorrere della comparsa di quei fanciulli, simboli dei profeti. La sera del 16 novembre, mentre la Emmerick dormiva, le fu posta vicino una cintura penitenziale, una larga fascia di cuoio con dei chiodi acuti. Questa cintura era stata fatta da una persona che usava grandi mortificazioni, però, mancando di una vera e illuminata direzione spirituale, passò all'esagerazione con la conseguenza che non riuscì più a portare lo strumento della penitenza. Quando la Veggente si svegliò, gettò via la cintura di mortificazione con queste parole:

    "È irragionevole! Nei primi anni di gioventù ho portato una cintura di penitenza per mortificarmi, ma era fatta di piccoli pungiglioni di filo d'ottone. La persona che portava questa cintura avrà sofferto molte pene e poi alla fine non avrà potuto sopportarla più nemmeno un paio di minuti. Non possiamo assolutamente fare queste cose senza il permesso di una guida spirituale".

    Il giorno dopo la Veggente così disse:

    "Arrivai a Gerusalemme guidata dal mio Angelo custode, penso che fosse l'epoca degli antichi re Ebrei. Mentre peregrinavo alla ricerca della casa della Santa Madre Anna in Nazareth, incontrai i due fanciulliprofeti che facevano lo stesso cammino. Mostrai loro quella cintura di penitenza ed Eliafanciullo mi disse: "Questo è uno strumento di penitenza che non è lecito adoperare. Io ho portato una cintura penitenziale, poi l'ho lasciata sul monte Carmelo ai Carmelitani che sono discendenti del mio Ordine. La cintura che ho usato però non era così severa e mi ha giovato". Mi mostrò quindi la sua cintura larga come il palmo di una mano, era segnata con linee e simboli che si riferivano alle lotte e mortificazioni con il sé medesimo, al numero dei giorni per portarla indicati secondo la struttura degli uomini. Giungemmo all'abitazione di Anna, ma non potei entrare, il mio Angelo custode mi disse che per farlo dovevo ritornare all'età di nove anni, cioè prima dell'epoca in cui avevo trascorso tre anni a curarmi dell'abbigliamento e a farmi apprezzare vanamente dagli altri. Mentre riflettevo sulle parole dell'Angelo mi sentii spiritualmente di avere nove anni. Mi vidi nella casa di Anna e Maria Santissima mentre mi veniva incontro una vispa fanciulla di tre anni della mia stessa statura. Non mi meravigliai di avere in questa visione della mia vita spirituale nove anni, come non si meravigliavano i due profeti di essere presenti con lo spirito di fanciulli in quel luogo."

    38 - In viaggio verso il tempio.

    Sull'arco della porta della casa di Anna vedemmo il gruppo partire alla volta di Gerusalemme. Era ancora notte. La Santissima Vergine indossava quell'abito gialliccio ricevuto dai sacerdoti per la prima fase d iniziazione, e si era avvolta nel suo gran velo che circondandole strettamente il corpo formava due rigonfiamenti in cui manteneva le braccia distese. Gioacchino conduceva l'asino dov'era seduta Maria Santissima, mentre si appoggiava ad un alto bastone alla cui sommità aveva un gran nodo di forma circolare come il classico bastone dei pellegrini. Anna lo precedeva di alcuni passi con la piccola Maria di Cleofa e una serva. Altre donne e ragazzi, tutti parenti, accompagnarono Anna per un tratto di cammino; poi, man mano, li vidi prendere la loro strada. Era con loro anche uno dei sacerdoti. Il piccolo corteo illuminava il tragitto tenendo le fiaccole accese. il chiarore delle fiamme si perdeva nello splendore della sacra Famiglia. Mi sembrò di camminare a fianco di Maria Santissima e dei fanciulliprofeti che spesso intonavano il salmo: Eructavit cor meum verbum; ed il nono: Deus deorum dominus locutus est, che dovevano essere cantati da due cori quando la fanciulla sarebbe entrata nel tempio. Quando si affacciò l'alba, la comitiva si fermò ai piedi di una collina, nei pressi di una fonte che dava vita ad un ruscelletto vicino ad un prato. In questo luogo i viaggiatori si riposarono presso un cespuglio di erbe balsamiche, che dopo raccolsero in alcuni vasi. Mangiarono col pane della frutta o bacche che crescevano sulle vicine siepi. Frattanto i fanciulliprofeti erano scomparsi dalla mia vista interiore. Compresi però che la piccola Vergine continuava a vederli con la fantasia propria di tutti i fanciulli, o come alcuni casi di adulti che vedono comparire le immagini dei Santi e delle Sante senza che siano visibili agli altri. il gruppo entrò in una casa isolata nella campagna, abitata dai parenti che accolsero i viaggiatori affettuosamente, offrendo loro cordiale accoglienza e rinfreschi. La piccola Maria di Cleofa fu rimandata indietro alla sua abitazione; non ne conosco il motivo. Dopo poco i viaggiatori ripresero il faticoso cammino sui monti e attraverso le valli nebbiose e ingombre di vapore, dove non si conserva traccia alcuna di vegetazione, al di fuori di alcuni rari luoghi su cui splende la luce del sole. Essi tennero durante il viaggio la stessa direzione che avrà Gesù tempo dopo, quando nel settembre del suo trentesimo anno partirà da Nazareth alla volta di Betania per farsi battezzare da Giovanni. Sempre la stessa direzione terrà anche la Sacra Famiglia nella fuga da Nazareth verso l'Egitto. Questo tragitto è disseminato da numerosi paesi sparsi nella vastità del paesaggio. La Famiglia si riposò a Nazara, un piccolo villaggio fra Massaloth ed una città posta sopra un alto monte. Questa fu la prima tappa. La città aveva mancanza d'acqua e perciò gli abitanti erano costretti a portarla dalla pianura con delle vasche legate da funi. L'ospizio dove i viaggiatori chiesero alloggio era posto ai piedi del monte.

    Il 4 novembre 1821 Suor Emmerick proseguì il suo raccontò.

    Questa sera vidi giungere ad una locanda non molto distante da Gerusalemme Gioacchino, Anna e la Beata Vergine Maria, erano preceduti da un'ancella e dal servo. Quest'albergo era solito ospitare i mandriani che conducevano al tempio le offerte sacrificali di Gioacchino. Vidi Maria Santissima dormire insieme con la madre. In questo giorno fui tanto occupata nel pensare alle anime infelici dei peccatori che dimenticai molte cose relative al viaggio di Maria.

    Il 5 novembre 1821, Anna Caterina disse:

    "Questa sera ho veduto i santi Viaggiatori giungere nella città di Bethoron che si trova vicinissima a Gerusalemme. La città sorge ai piedi di un monte. Prima di arrivarvi attraversarono un fiume che sbocca in mare, in vicinanza di un paese dove Pietro predicherà poco dopo la discesa dello Spirito Santo. Questa città è a sei ore di cammino da Gerusalemme. Bethoron è abitata da leviti; nei suoi dintorni vegetano rigogliose viti e piante da frutta. La santa Famiglia fu ospitata da amici; il padrone era un maestro che teneva nella sua casa una scuola di leviti. Fu grande il mio stupore nel veder qui riuniti nuovamente tutti i parenti di Anna e molte di quelle donne partite da Nazareth, Sephoris e Zabulon; essi, dopo aver assistito all'esame della Santa Vergine, si erano affrettati per vie più brevi a raggiungere Gerusalemme per preannunciarvi e prepararvi l'arrivo della santa Famiglia. Vidi pure la sorella maggiore della Madonna con Maria di Cleofa, partite da Sephoris, altre persone e numerosi fanciulli. Maria fu fatta sedere su una specie di trono e venne interrogata dal maestro della scuola e da altri astanti su diversi argomenti, dopo di che le posero una corona sul capo. Ascoltai che discorrevano anche di un'altra fanciulla molto savia di nome Susanna, che poi sarà tra le pie donne che seguiranno il Redentore. Questa ragazza aveva lasciato il tempio proprio in quei giorni per ritornare dai suoi genitori, Maria Santissima l'avrebbe sostituita coprendo il numero ammesso delle fanciulle. Susanna aveva lasciato il tempio all'età di quindici anni, aveva circa dodici anni più di Maria; era entrata nel tempio come Anna all'età di cinque anni. La Santa Vergine si sentiva molto felice di trovarsi così vicina al tempio. Suo padre piangeva e se la stringeva al petto continuando a dire: "Oh! Figlia mia, forse non ti rivedrò più". Frattanto il banchetto era pronto e tutti presero posto, vidi la piccola Maria che correva per la sala e spesso cingeva al collo sua madre con le sue deliziose manine".

    Il 6 novembre Anna Caterina comunicò il seguito delle sue visioni:

    "La santa Famiglia riparti per Gerusalemme, muovendo da Bethoron. Ad essa si associarono i parenti con i rispettivi figli, portando con loro i doni per Maria, vestiti e frutta. Mi sembrò che in quei giorni si svolgesse a Gerusalemme una grande festa. Nel viaggio non passarono né da Ussen Scheera e neppure da Gofria, bensì nelle vicinanze di questi luoghi".

    39 - Arrivo a Gerusalemme: la città e il tempio. L'abitazione dei sacerdoti La casa di Zaccaria.

    La stessa sera la Veggente riprese il racconto.

    Ho visto l'arrivo a Gerusalemme della Beata Vergine e di tutto il suo seguito; era verso mezzogiorno. Gerusalemme era una città straordinaria: profonde vallate e colline circondavano le mura, alle quali si appoggiavano gli alti edifici che rivolgevano al centro le loro facciate. I quartieri venivano costruiti a ritmo accelerato, l'uno dopo l'altro, occupando a poco a poco tutte le colline circostanti fuori della città antica, lasciando però sussistere le antiche mura. Le valli erano collegate da ponti di pietra alti e massicci. Le stanze che davano nei cortili interni, protetti dall'ombra di grandi pergolati, erano quelle più abitate delle case. Gli abitanti di Gerusalemme lasciavano le loro dimore ed i cortili solo per recarsi al tempio o per i loro affari, perciò le strade non erano molto affollate. Infatti nelle contrade regnava un profondo silenzio, ad eccezione dei luoghi pubblici di mercato ed i palazzi del governo in cui vi era un movimento di guardie e di viaggiatori. Quando la popolazione veniva chiamata al tempio in occasione delle solennità religiose, alcuni quartieri si spopolavano e diventavano senza vita. Gesù poteva aggirarsi tranquillo con i suoi seguaci per quelle stradine, appunto per la vita silenziosa e tranquilla che vi regnava e per la solitudine assoluta in cui si trovavano molte vie che percorrevano le valli. Gerusalemme mancava d'acqua; lunghi acquedotti la conducevano in città e veniva inviata nelle alte torri per mezzo di pompe. Nel tempio c'era bisogno di molta acqua per abluzioni o per lavare i vasi sacri, perciò si prestava ogni attenzione per moderarne il consumo. Molti negozianti abitavano a Gerusalemme e tenevano depositata la merce sotto i portici che circondavano i mercati o in leggere capanne costruite sulle pubbliche piazze. Vicino alla "porta delle pecore" si trovavano molti negozianti di gioielli, oro e pietre preziose; essi pure vivevano in piccole capanne di forma rotonda e nere, come se fossero tinte di pece o resina. Sebbene queste fossero costruite con materiale leggero, erano assai solide. Contenevano tutto quello che occorreva per gli usi domestici, mentre la merce veniva esposta fra una capanna e l'altra. Il tempio sorgeva su un monte, ad un lato del quale c'era un lieve declivio con case e stradine. I sacerdoti ed i servi abitavano in questa zona della città. I rifiuti che venivano gettati dal tempio, come per esempio gli avanzi e le ossa degli animali sacrificati, venivano trasportati dai servi giù per questo declivio fino ad una grande fossa fuori dalle mura della città e poi bruciate per giorni e giorni. Alla sommità del monte dove sorgeva il tempio si vedeva vegetazione, i sacerdoti ne avevano fatto un giardino. Sotto il tempio si trovavano molte gallerie, sotterranei e fonderie di metalli. Nell'edificio tutto era massiccio e poderoso ma io non vi rinvenni alcun buon luogo. I numerosi cortili del tempio erano angusti ed oscuri, con molte panche e scanni esposti allo sguardo pubblico. I continui sacrifici cruenti ed il sangue che scorreva incessantemente, erano cosa davvero spiacevole, sebbene tutti i sacrifici venissero eseguiti con una grande precisione. Vidi i viaggiatori al seguito di Maria entrare in città, ma nonostante la porta nord fosse più vicina al loro cammino non entrarono da quel lato, bensì si diressero verso i giardini ed i palazzi di Gerusalemme verso la porta meridionale. Attraversarono una parte della valle di Giosafat, e lasciando a sinistra il monte degli Ulivi e la via di Betania, entrarono per "la porta delle pecore", che conduce al mercato delle bestie. Presso la porta c'era lo stagno nel quale si lavavano le pecore prima del sacrificio; questo non era lo stagno di Bethesda. Il corteo si inoltrò nelle strette vie della città fino al mercato del pesce, dove si trovava la casa paterna di Zaccaria di Hebron. In questa casa vi abitava un vecchio, forse lo zio di Zaccaria. Nonostante avesse finito il suo servizio sacerdotale al tempio, Zaccaria vi si era soffermato per assistere e preparare la presentazione della Santa Vergine. Molti parenti di Gioacchino erano rimasti ad attendere fuori della casa il gruppo di viaggiatori. Il sole picchiava rovente sul capo di quella gente: donne, uomini, giovani e fanciulle, adorne con ghirlande e ramoscelli, andarono impazienti incontro alla comitiva in arrivo. Vidi tra questa gente che attendeva anche due fanciulle nipoti di Elisabetta, giunte da Betlemme e da Helbron con i loro genitori. Elisabetta non era intervenuta. Tutti accolsero gli stanchi viaggiatori con grida di gioia e di indicibile allegrezza e li condussero nella casa di Zaccaria, dove ci fu un vero tripudio universale. Più tardi rientrò Zaccaria che volle accompagnare gli ospiti all'alloggio provvisorio presso il tempio. Allora tutti si disposero come in processione: Zaccaria, Anna e Gioacchino guidavano il folto gruppo di parenti e conoscenti della fanciulla consacrata al tempio, seguiva Maria Santissima che, in mezzo a tre o quattro fanciulle vestite di bianco, indossava il secondo abbigliamento solenne col mantello color azzurro, poi venivano i parenti delle quattro fandulleancelle con le loro famiglie. Passarono dinanzi al palazzo di Erode e poi alla futura abitazione di Pilato e per molte altre contrade. Avanzarono così, sfidando i raggi prepotenti del sole, verso il lato del tempio tra levante e settentrione, lasciandosi dietro la fortezza Antonia. Salirono molti gradini fino ad un alta muraglia. Vidi la Santa Fanciulla piena di vivacità salire rapidamente da sola i gradini, sotto lo sguardo ammirato ed attonito degli astanti. L'alloggio era un edificio vastissimo; numerosi locali simili si trovavano nelle vicinanze del tempio ed erano adibiti ad ospitare i visitatori giunti da lontano. Zaccaria aveva affittato quest'alloggio per la sacra Famiglia. Il locale era formato da quattro camere da letto, una sala grande per accogliere gli ospiti ed una cucina. Il mobilio consisteva in basse tavole. Vicinissimo si trovava l'altro cortile dove stavano le stalle con il gregge e le mandrie destinate ai sacrifici. Le due ali dell'edificio erano abitate dai servi del tempio. Quando la comitiva prese dimora in quest'appartamento, vennero dei servi a lavare i piedi agli uomini e delle serve alle donne, poiché questa era l'usanza tradizionale con i nuovi arrivati. Dopo questa cerimonia passarono in una sala al cui centro pendeva una gran candeliere a più luci, sotto il quale si trovava un largo bacino di bronzo colmo d'acqua nel quale ciascuno si lavò il viso e le mani. Gli asini liberati dai loro pesi, furono condotti nelle scuderie da un servo. Gioacchino annunziò di essere venuto per il sacrificio e, nel vicino cortile, lasciò esaminare ai servi del tempio le bestie. Dopo alcune ore, Gioacchino, Anna e Maria si recarono nell'abitazione di un sacerdote. Questa era posta in una posizione elevata. Maria Santissima, vivificata da un'energia incredibile e come spinta da uno spirito interiore, salì i gradini in pochi secondi. In quella casa vidi due sacerdoti: uno assai vecchio e l'altro più giovane. I prelati salutarono cortesemente i nuovi ospiti che erano già attesi. Ambedue erano tra quei sacerdoti che avevano partecipato all'esame di Maria a Nazareth. Li sentii parlare del viaggio e della prossima iniziazione della pia Fanciulla. Essi dissero che al tempio si trovavano delle celle in cui le vergini consacrate all'altare si ritiravano per la preghiera e la meditazione, inoltre potevano guardare inosservate l'interno del santuario. Quindi fecero chiamare un'anziana vedova addetta al luogo sacro che era incaricata di vegliare sulla piccola Maria. La matrona abitava con le altre donne in una casa vicino al tempio, ma alquanto discosta, si occupava dei lavori femminili e dell'educazione delle fanciulle. Si potrebbe paragonare nei tempi moderni ad una "maestra" dei nostri paesi, cioè a quelle donne dallo spirito devoto che riuniscono intorno alla loro esperienza le fanciulle del luogo che vogliono imparare il ricamo, a scrivere e a leggere per prepararsi alla vita coniugale. La donna arrivò quindi avvolta nella sua veste, e le si poteva scorgere a malapena parte del volto. Dai genitori e dai sacerdoti le fu presentata la futura allieva. Vidi il suo viso illuminarsi dalla gioia per quel nuovo compito che lei sentiva molto importante. La Santa Vergine l'accettò con un contegno umile e rispettoso. La matrona venne istruita sulla nuova pupilla e sulla consacrazione di quest'ultima al tempio, quindi accompagnò in silenzio la Vergine e i suoi genitori al loro alloggio per prendere in consegna gli effetti più preziosi della pia Fanciulla, poi se ne ritornò al tempio a disporre l'accoglienza della nuova arrivata.

    Il 7 novembre Suor Emmerick continuò.

    In tutto il giorno ebbi visioni che riguardavano i preparativi di Gioacchino per il sacrificio e l'accettazione di Maria al tempio. Allo spuntar dell'alba, Gioacchino ed alcuni altri condussero il bestiame al luogo sacro. I sacerdoti lo esaminarono di nuovo, le bestie che rifiutarono furono subito inviate al mercato mentre quelle accettate furono condotte nel cortile del macello, dove vidi eseguire alcune operazioni. Di queste ricordo solo che Gioacchino, prima che le bestie fossero uccise, poneva una mano sul loro capo. Poi vidi alcuni pezzi degli animali uccisi che furono salati e messi da parte per l'offerta sacrificale all'Altissimo. Sacerdoti e leviti si muovevano a due per volta regolarmente e con molta precisione. Nell'abitazione provvisoria di Anna e Gioacchino frattanto si teneva una festa solenne alla quale partecipavano ben cento persone. Tra queste vidi più di ventiquattro fanciulle di diverse età, anche la giovinetta Seraphia di dieci anni; costei, dopo la morte di Gesù, fu chiamata Veronica. Si erano preparate e disposte ghirlande e corone di fiori per Maria e per le persone che l'accompagnavano. Sette fiaccole adornate ardevano rendendo l'ambiente molto solenne. Vidi molti leviti e sacerdoti entrare ed uscire dalla stanza. Anche alcuni sacerdoti presero parte al banchetto mostrandosi stupiti per la generosità di Gioacchino, il quale dichiarò che la sua riconoscenza verso l'Altissimo era assai grande. Erano veramente lontani i tempi in cui egli si era visto rifiutare la sua offerta al tempio. Vidi Maria passeggiare nei pressi della casa in compagnia di altre fanciulle.

    40 Maria Santissima viene presentata e accolta al tempio: passaggio della Santa Vergine attraverso la '1porta d'oro" Il sacrificio di Gioacchino Maria portata all'altare sacrificale Le cerimonie di presentazione La cella di Maria nel tempio

    L'8 novembre 1821, La Veggente così narrava:

    "Di buon mattino Gioacchino, Zaccaria ed altri si avviarono al tempio, erano seguiti a poca distanza da Anna, Maria di Heli, la nipotina Maria di Cleofa e la Santa fanciulla Maria. La Vergine indossava la veste dal manto color azzurro, mentre le braccia e il collo erano ornate di corone; portava in mano una fiaccola ornata di fiori. Tre giovinette la accompagnavano, erano vestite di bianco con ricami d'oro e si coprivano con un mantello azzurro; tra le mani portavano fiaccole come quella della Santissima Vergine. Ghirlande di fiori ornavano le braccia ed il collo delle giovinette. Seguivano uno stuolo di fanciulle con lampade accese, erano le altre vergini consacrate al tempio vestite tutte a festa e con i mantelli sugli omeri. Dietro a loro seguiva ancora una lunga fila di donne. Alle prime luci dell'alba furono viste queste simpatiche persone snodarsi in corteo. Nell'andare dalla casa al tempio, la compagnia fece un largo giro attraversando diverse contrade cittadine. La gente, nel vedere quella santa processione, si prostrava e qualcuno aveva esposto degli addobbi in segno di riverenza devozionale. Nel contegno e nell'aspetto di Maria Santissima si notava la santità e l'emozione per il vicino evento solenne".

    Dio ha colmato Maria delle grazie e dei doni soprannaturali più grandi, infatti l'Angelo la saluterà: "Ave Maria, piena di grazia”, come sede di tutte le grazie e i doni di Dio. La Santa Vergine si preparava così ad essere l'annuncio della primavera del mondo, Luce della salvezza di tutti gli uomini della terra.

    Quando la processione giunse al tempio, vidi i servi indaffarati per aprire un'altissima e pesante porta scintillante, come se fosse d'oro. Infatti questa era proprio la “porta d'oro" sotto la quale passarono Anna e Gioacchino al tempo della Concezione. Per passare sotto questa porta bisognava salire una scala di quindici gradini. Si voleva condurre Maria per mano, ma Lei non volle, anzi piena di fervore salì rapidamente tutti i gradini senza mai inciampare; allora tutti la guardarono di nuovo ammirati e commossi. Vidi il banchetto già disposto e la pia Fanciulla che fu ricevuta da alcuni sacerdoti, i quali la condussero a destra dell'entrata, in un andito che si divideva in parecchie sale. In una di queste i sacerdoti sottoposero la Santa Fanciulla all'ultima prova con alcune domande. Frattanto le donne e i fanciulli si erano recati nell'oratorio e Gioacchino e Zaccaria preparavano il sacrificio. Infine, rimasti soddisfatti della saggezza di quella Bambina, i religiosi del tempio furono convinti in modo definitivo. Allora Anna la vestì del terzo abbigliamento solenne, quello violetto con il manto, il velo e la corona. Vidi Gioacchino, con due sacerdoti ai suoi lati, prendere il fuoco con una specie di braciere e porlo dinanzi ad un altare. I riti che accompagnarono l'offerta sacrificale della Santa Vergine all'Onnipotente e al tempio furono molto commoventi: all'altare si poteva accedere solo da tre lati, i pezzi degli animali sacrificati erano collocati circolarmente in vario modo. Mentre l'offerta di Gioacchino ardeva già sulla fiamma, Anna con Maria, accompagnate dalle donne, si erano recate all'atrio delle dimore femminili nel tempio. Una muraglia separava quest'atrio dal luogo del sacrificio, le donne potevano assistere al sacrificio da una porta semiaperta che dava direttamente sull'altare. In un luogo appartato si trovava uno stuolo di fanciulli, erano novizi biancovestiti, addetti al tempio; essi suonavano flauti ed arpe. Dopo il sacrificio fu collocata davanti alla porta che comunicava con l'atrio delle donne una specie di tavola ricoperta come un altare. Vidi poi Gioacchino, Zaccaria e un sacerdote che lasciarono il cortile per recarsi dinanzi all'altare dove li attendevano un altro sacerdote e due leviti, i quali tenevano in mano i sacri papiri e l'occorrente per scrivere. Anna vi condusse pure la figlia adornata con gli abiti cerimoniali. Le altre fanciulle che avevano accompagnato Maria Santissima si ritirarono in un angolo dell'immensa sala del tempio. La Santa Vergine, avvolta da un bagliore luminoso, s'inginocchiò mentre i genitori le imposero le mani sul capo; allora il sacerdote, tagliata una ciocca di capelli, la bruciò su un braciere. I genitori pronunciarono alcune parole rituali che accompagnarono l'offerta al tempio della Fanciulla. Queste parole venivano scritte dai leviti su una grande pergamena. Allora le fanciulle che stavano in disparte iniziarono a intonare il salmo quarantaquattresimo: Eructavit cor meum verbum bonum, ed i sacerdoti a loro volta il salmo quarantanovesimo: Deus deorum dominus locutus est. mentre dall'altra sala si levava la musica soave dei fanciulli. Vidi la Madonna infusa in una trascendenza di simboli celesti. Due sacerdoti, i più anziani, la presero per mano e, salendo alcuni gradini, la fecero sedere su una specie di trono fatto a nicchia dal quale Lei poteva dominare tutta l'immensa sala. I due preti rimasero ai suoi fianchi, mentre gli altri si erano disposti lungo i gradini e leggevano a voce alta le preghiere nei loro libri. Al di là della parete divisoria si vedeva un vecchio sacerdote che stava dinanzi all'ara delle oblazioni, aveva una statura così alta che metà del corpo era visibile al di sopra della parete stessa. Il fumo delle sue oblazioni saliva in nuvole e si disperdeva nell'etere dinanzi a Maria. Mentre si svolgeva la cerimonia vidi apparire un simbolo sotto il cuore della Vergine che, a poco a poco, pareva invadere il tempio intero. L'aureola sotto il cuore della Santa Fanciulla consacrata al tempio era certamente l'annuncio dell'Evento, la benedizione più grande tra tutte le grazie divine. L'arca di Noè stava per trasformarsi nell'Arca della nuova Alleanza. Poco dopo quelle immagini scomparvero e vidi comparire nell'aureola sotto il cuore di Maria, il Calice della santa Cena. Un pane segnato da una croce apparve sul Calice davanti alla bocca di Maria. Vidi quindi la Beata Vergine circondata da innumerevoli raggi di luce che mostravano alle loro estremità i misteri e i simboli a lei relativi, come quelli delle Litanie lauretane. Dalla spalla destra e sinistra della Vergine Santa si incrociavano due rami diversi, quello dell'ulivo e l'altro del cipresso i quali si appoggiavano ad una bella palma che, con un piccolo fiocco di foglie, vidi spuntare pure dietro il suo dorso. In mezzo a quelle verdi foglie si mostravano in piccola dimensione gli strumenti della Passione di Gesù. Poi lo Spirito Santo, in forma umana e di colomba assieme, si librò su Maria Santissima e i suoi simboli. Il Cielo era aperto e scorsi la Gerusalemme celeste, la città di Dio, con tutti i suoi giardini, i palazzi e le dimore, pronta per accoglière i futuri Santi e Martiri del Cristianesimo. Angeli giubilanti e l'aureola che circondava la Vergine riempivano la luminosissima visione. Questa visione è stata simile a quella del santo Rosario. I simboli che fanno riferimento alla Santa Vergine nell'Antico, nel Nuovo Testamento e nell'eternità, si tramutavano di continuo. Molte persone che sembrano sagge ne parlano con poca riverenza, mentre gente ignorante pratica la devozione del santo Rosario con sincero amore e spontaneità, ricevendone le grazie. Durante questa visione il tempio mi era apparso spoglio, come se avesse perduto ogni magnificenza e ornamento, perfino la meravigliosa e immensa sala dell'altare e del trono adesso mi sembrava una cosa rozza e meschina. Tutto cadeva nell'ombra e sembrava dissolversi dinanzi alla luce della magnificenza di Maria Santissima. Adesso io non avevo più dinanzi agli occhi Maria fanciulla, bensì la Vergine adulta, la Madonna. Il sacerdote del tempio esortò infine tutti i fedeli a ringraziare il Signore per aver loro concesso la presenza di quella Vergine, portatrice di grazie di inestimabile valore. Anche se nessuno degli astanti vedeva ciò che circondava la Santa Fanciulla, molti però ne percepivano la spiritualità sublime, per questo motivo li vidi assorti in solenne raccoglimento e profondo rispetto. A poco a poco tutto scomparve, rimase solo l'aureola splendente attorno al cuore di Maria Santissima. La promessa divina che si adempiva. Vidi allora la fine della cerimonia d'iniziazione: la Fanciulla abbigliata solennemente e circondata dai sacerdoti. Essi avevano ricoperto Maria con un velo bruno, e dopo averle tolto le corone dalle braccia e la fiaccola dalla mano, la fecero discendere dal trono e la condussero in una sala. Qui erano ad attenderla sei vergini adulte del tempio, appena la videro le andarono incontro spargendo dei fiori ai suoi piedi, davanti a Lei. Dietro stavano la maestra Noemi, zia di Lazzaro, la profetessa Anna ed un'altra matrona. Consegnata Maria a quelle donne, i sacerdoti, come anche i genitori ed i parenti, si ritirarono, mentre i canti e i cori cessarono lentamente. Tutto cadde nel profondo silenzio delle misteriose volte del tempio. Prima di allontanarsi, Gioacchino strinse al petto Maria e la pregò con le lacrime agli occhi di voler raccomandare a Dio l'anima sua. Dopo ciò Maria e le maestre, con le altre fanciulle, si ritirarono nella parte settentrionale dell'edificio riservata alle donne. Esse dimoravano in celle scavate nelle profondità delle mura del tempio e per mezzo di corridoi e di scale a chiocciola potevano salire in piccole stanze dove recitavano le loro preghiere vicine al Sancta Sanctorum. I parenti della Santa Vergine mangiarono nella sala vicina alla "porta d'oro" insieme ai sacerdoti. Sentii allora Anna dire entusiasta alle altre che l'attorniavano: "Adesso entra nel tempio il vero Spirito dell'Arca dell'Alleanza, il Vaso della Promessa divina". Non tutte capirono, ma quelle che compresero ebbero il concreto presentimento della predestinazione della Vergine. Finito il breve pasto, alcuni seguirono Anna e Gioacchino all'uscita del tempio, altri invece rimasero assorti in preghiera. Vidi che Anna, nonostante fosse di condizioni agiate, viveva nell'astinenza e senza prendere cibo caldo. Forse si limitava per far più elemosine ai poveri. La servitù invece era trattata e nutrita bene. Anna, Gioacchino ed i parenti partirono alla volta di Bethoron. Più tardi vidi le donne del tempio celebrare il rituale della "festa dell'accoglienza", nella quale Maria chiese alla maestra e alle condiscepole di essere ammessa tra loro. Poi seguì un banchetto e alcune danze sul tipo del minuetto. Talvolta, il ritmo delle danze richiedeva l'inchino del corpo come usano gli Ebrei durante la preghiera. Alcune vergini suonavano flauti, timpani ed altri strumenti, fra cui uno che era graditissimo all'orecchio e consisteva in una cassetta sulla quale erano stese le corde musicali. Lo strumento era tenuto sulle ginocchia della suonatrice. Infine Noemi condusse Maria nella piccola cella a Lei assegnata. Questa non era perfettamente quadrata e le pareti erano adorne di figure triangolari a vari colori. Il mobilio consisteva in uno scanno e un tavolino. In un angolo si trovava un giaciglio e un piccolo spazio per riporvi gli abiti. Maria Santissima pregò Noemi affinché le concedesse il permesso di alzarsi frequentemente la notte, ma quest'ultima per il momento non glielo permise. Le vergini del tempio erano velate e portavano vesti lunghe e larghe con maniche molto larghe. Tutte avevano delle cinture alla vita. All'epoca in cui Maria Santissima entrò al servizio del tempio, circa dodici anni prima della nascita di Gesù, erano in corso i restauri di quest'edificio.

    21 novembre.

    Oggi ho visto la cella abitata da Maria, era posta nella parte settentrionale della muraglia del tempio che si affaccia sul Santo, alla parete sinistra vidi un tappeto arrotolato che, steso sul pavimento, formava il suo giaciglio. Nella parte superiore vidi i piccoli oratori che comunicavano con le celle delle vergini. Quello di Maria era uno dei più vicini al Santissimo. Un corridoio era separato da una tenda, che formava una specie di anticamera con la sua cella. Vidi degli armadi dove si conservavano abiti e arnesi. Dalla parte laterale, vicino alla porta della cella di Maria, c'erano dei gradini che conducevano al piccolo oratorio, nel quale un'apertura praticata nel muro e ricoperta da un velo permetteva di vedere la sala del tempio. Una torcia era accesa in una nicchia nel muro della cella, vidi Maria aureolata di luce ed assorta nella lettura di alcune pergamene e rotoli con fiocchi rossi. La Santa Vergine portava una veste a righe bianche e celesti coperte di fiori gialli. Era veramente commovente vedere quella fanciulla così piccola e innocente immolarsi per la salvezza dell'umanità. Vidi Anna, l'addetta al tempio, che entrò e pose su un tavolino rotondo una piccola bottiglia e un piatto con della frutta dalla forma simile ai fagioli.

    41 - Visioni intorno alla vita di Maria nel tempio. Noemi, la maestra delle vergini del tempio.

    Nel corso di undici anni, nella ricorrenza della solenne presentazione della Santa Vergine al tempio, la Veggente rivelò le sue contemplazioni sul soggiorno di Maria in questo luogo.

    Maria era per la sua età abbastanza abile nei servizi al tempio, vidi che trascorreva i suoi giorni nel luogo sacro lavando e tessendo esili bende attaccate a lunghi bastoni e adoperate dai sacerdoti, o la vidi intenta a lavare i vasi dei fiori e delle offerte. Spesso la scorsi solitaria nella sua cella, assorta nella preghiera e nella meditazione, immersa nello studio dei Sacri Testi e nel lavoro. Qualche volta la vidi in compagnia delle altre vergini nelle loro celle. Mai la vidi punita corporalmente o con la mortificazione, non ne aveva bisogno. Come tutte le sante persone si nutriva solo per conservarsi in vita, non usava altri cibi al di fuori di quelli che aveva scelto ed era tutta dedita alla continua offerta dei suoi voti fervidi. Alzava al cielo le più ferventi preghiere, e mentre tutti dormivano si alzava dal suo giaciglio e pregava, mentre abbondanti lacrime scorrevano, irrorandola di divino splendore. Quando divenne adulta, la sua veste mi apparve sempre più azzurra e scintillante. Durante la preghiera si teneva velata e così pure quando parlava con i sacerdoti o quando andava nella sala terrena del tempio a prendervi o a recarvi il lavoro. Il tempio aveva dai tre lati vasti locali in cui vi si conservavano molti arredi custoditi dalle ancelle; questi locali mi riportano alla mente le nostre sagrestie. Vidi la Beata Vergine passare i suoi giorni in contemplazione ed astinenza, rapita dall'entusiasmo della preghiera, sembrava quasi che non fosse sulla terra ma vivesse in una condizione spirituale di abnegazione assoluta. Compresi che spesso veniva consolata dalle benedizioni celesti. Immenso era il suo desiderio di vedere avverata la Profezia, nella sua umiltà osava appena accennare al desiderio di divenire un giorno l'infima serva della Madre del Salvatore. Non pensava nemmeno lontanamente di essere Lei la predestinata da Dio. Noemi aveva circa cinquant'anni e come le altre inservienti del tempio proveniva da famiglie essene. Da costei Maria Santissima imparò a tessere i nastri. La Vergine l'aiutava a ripulire i vasi e gli altri arredi sacri dal sangue delle vittime; l'aiutava inoltre in cucina nella preparazione dei pasti per le donne del tempio ed i sacerdoti. I pasti consistevano spesso in alcune parti della vittima sacrificata. Quanto più Noemi diventava anziana tanto più la Santa Fanciulla si affaccendava per soddisfare le esigenze della comunità religiosa. Zaccaria la visitava spesso quando era di servizio al tempio. Anche Simeone la conosceva. Ai sacerdoti non era ignota la predestinazione della Santa Vergine. La sua sapienza, la sua bontà, e tutto il suo contegno non erano passati inosservati agli attenti religiosi, nonostante Lei avesse cercato di velarli col più profondo senso di umiltà. In seguito ai loro vaticini e alle profonde meditazioni, i preti del tempio avevano saputo perché Costei viveva nel mondo pur senza prendere parte al mondo. Essi, specialmente i più anziani, scrissero molte cose intorno alla Madre di Dio. Infatti, se ben mi rammento, una volta mi vennero mostrati quegli scritti che giacevano polverosi in mezzo ad antichissime pergamene.

    A questo punto l'estatica sospese le visioni della Madonna al tempio e diede invece alcune notizie sulla gioventù di San Giuseppe.

    42 - Visioni sulla gioventù di San Giuseppe: la casa di Giuseppe. L'infanzia e la famiglia. Le angherie dei fratelli. La fuga. I fratelli maggiori di Giuseppe. Le pie Essene e il vecchio falegname. L'Angelo del Signore. Notizie su un fratello maggiore di Giuseppe.

    Queste visioni furono comunicate dalla Veggente il 18 marzo 1820 ed il 18 marzo 1821.

    Vidi molte cose relative alla gioventù di San Giuseppe, dirò quello che mi rammento: Giuseppe era il terzo di sei fratelli. Suo padre si chiamava Giacobbe ed abitava in un grande edificio vicino a Betlemme. La costruzione, che era la casa paterna di Davide, aveva qualche similitudine con quelle dell'antica Roma, un lato dell'edificio era circondato da numerose colonne e da un ridente pergolato. Sotto questo portico vidi alcune figure o statue che mi parvero personaggi molto antichi. Da un lato del cortile vi era un pozzo ricoperto da un tempietto di pietra. Fontane simili a fauci di belva zampillavano acqua fresca. Non si vedevano finestre lungo il piano inferiore della casa, solamente alla sommità si scorgevano alcune aperture circolari. La casa aveva una sola porta. In alto, ai quattro lati, si mostravano delle piccole torri che terminavano in piccole cupole da dove si poteva osservare tutto quello che accadeva intorno senza essere visti. Il palazzo di Davide in Gerusalemme portava simili torri e fu appunto da una di queste che Davide osservò Betsabea nel bagno. Giuseppe e i fratelli dormivano tutti in una sola stanza vicino ad una torre, e appena sopra, al piano superiore, abitava un vecchio ebreo che era il loro istruttore. I letti erano disposti in cerchio; consistevano in tappeti che durante il giorno venivano arrotolati verso la parete. I diversi giacigli erano separati da stuoie mobili. Vidi questi fanciulli giocare con pupazzi raffiguranti animali in forma di "cagnotti" (così Anna Caterina usa chiamare tutte quelle figure di animali o quei brutti visi che non conosce). I genitori di Giuseppe, non saprei definirli buoni o tantomeno cattivi, non si curavano dei loro figli e avevano con loro ben pochi contatti. Giuseppe aveva circa otto anni e differiva assai nel contegno degli altri fratelli, aveva molto talento e imparava ogni cosa rapidamente; era di temperamento mite, semplice, silenzioso, devoto e senza superbia. Spesso veniva insultato dai fratelli che lo burlavano e lo perseguitavano. Ciascuno di essi aveva la propria aiuola, con dei pali sui quali si potevano scorgere delle immagini sacre, simili a quelle impresse sulle tende di Anna e Maria, al tempio in Gerusalemme e in tutto il mondo ebraico. Vidi quelle figure pure in Egitto, con qualche variazione. Pensai che rappresentassero Mosè quando ancor bambino fu lasciato sul Nilo. Vidi i fratelli distruggere l'aiuola, i cespugli, i fiori e gli alberi di Giuseppe, cagionandogli grave dolore. Durante la preghiera i fratelli lo prendevano a calci e lo urtavano con villania selvaggia. Vicino e dentro alla casa dei genitori di Giuseppe vidi donne della servitù portare acqua, lavare e scopare, arrotolare i letti e porre pareti di traliccio. I fratelli di Giuseppe parlavano e scherzavano con loro mentre egli era serio e riservato nel contegno. Le stanze, seppur simili nella struttura, erano più spaziose della casa di Anna. Giuseppe non godeva troppo la considerazione dei genitori perché era ingenuo e dedito alla preghiera. Per sottrarsi alle violenze dei fratelli, a dodici anni andò ad abitare presso alcune pie donne nei dintorni di Betlemme, dalla parte opposta del paese, precisamente vicino alla Grotta del Presepio. Le pie donne erano Essene che vivevano ritirate in spelonche ai piedi del monte sul quale sorgeva Betlemme, coltivavano piccoli giardini e istruivano i figli degli altri Esseni. Vidi Giuseppe che leggeva alcune preghiere da antiche pergamene e pregava con loro. Così egli si conquistava la propria pace e cresceva nello spirito mentre si occupava di semplici lavori di carpenteria lignea. Era al servizio di un vecchio falegname che aveva l'officina proprio in questo luogo, con lui Giuseppe imparava il mestiere e parlava di cose sante. Il giovane aveva appreso da un precettore, nella casa paterna, i principi di geometria che gli furono molto utili per il mestiere che aveva intrapreso. Vidi il giovane Giuseppe ritirarsi spesso in preghiera in quella stessa grotta che testimonierà più tardi la nascita del Redentore. A diciotto anni, siccome i fratelli malvagi continuavano a perseguitarlo, con l'aiuto di un conoscente si allontanò per sempre da Betlemme. Andò a guadagnarsi la vita a Libonah. Lavorò in questo paese alle dipendenze di un altro falegname, presso il quale Giuseppe ebbe l'occasione di perfezionarsi in questo mestiere. Il maestro abitava in un quartiere poverissimo, in una casupola appoggiata ad un vecchio muro che costeggiava uno stretto sentiero infossato nel monte. Mi sembrò che la stradina conducesse ad un castello diroccato su un colle. Giuseppe lavorava certi lunghi bastoni che servivano da sostegno ai tralicci. La stanza da lui abitata aveva pareti altissime con le finestre poste in alto. Il suo padrone era molto povero e si occupava di rozze costruzioni, Giuseppe era un lavoratore assennato e tutti gli volevano bene. Lo vidi raccogliere le schegge di legno e portar le assi e le travi sulle spalle. Alcuni anni dopo, quando passò per questo paese con la Santa Vergine, visitò l'officina in cui aveva lavorato. I fratelli frattanto, dopo una lunga ricerca, lo trovarono e lo sgridarono severamente per il suo modo di vivere tanto misero, allora Giuseppe per tutta risposta abbandonò Libonah per trasferirsi a Thanath, o Taanach, città non molto lontana da Megiddo sulla riva di un piccolo fiume (il Kison). Questo paese è vicino ad Apheke, terra d'origine di Tommaso l'apostolo. Giuseppe trovò alloggio presso un agiato legnaiolo che produceva buona falegnameria. In un altro tempo ho veduto che lavorava presso un altro falegname di Tiberiade, e che dimorava solo in una casa sulla riva di un fiume. A quel tempo egli aveva trentatre anni. La sua famiglia era decaduta, i genitori erano morti da molto tempo e due dei suoi fratelli vivevano ancora a Betlemme, gli altri si erano dispersi; la casa paterna era passata in altre mani. Giuseppe era un uomo assai pio e pregava con fervore per la venuta del Messia. Mentre pensava di adibire nella sua casa un angolo dedicatò alla preghiera, gli apparve un Angelo del Signore. Questi lo avverti che, per volere di Dio, come l'altro Giuseppe era divenuto amministratore dei granai dell'Egitto, egli sarebbe divenuto l'amministratore del granaio salvifico dell'umanità. L'umile uomo non lo comprese e continuò fervidamente la sua orazione, allora ebbe dal Cielo il comando concreto di recarsi al tempio per divenire lo sposo della Santa Vergine. Giuseppe ebbe un po' di timore perché era un uomo molto casto ed evitava ogni relazione col sesso femminile.

    Nel giorno di San Bartolomeo, il 24 agosto 1821, la Veggen te, tenendo tra le mani le reliquie di San Giuseppe, comunicò le visioni avute di un fratello maggiore del Santo:

    Il padre di Bartolomeo di Gessur, dimorò un tempo presso i bagni di Betulia, poi si stabili nei dintorni della città anche perché aveva stretto amicizia sincera con Zadok, un fratello maggiore di San Giuseppe. Egli andò quindi ad abitare nelle vicinanze di Dabbeseth nella valle in cui abitava Zadok, uomo assai virtuoso. I due avevano una profonda stima reciproca e rimasero affezionati. il fratello maggiore di Giuseppe aveva due figli e due figlie che avevano buoni rapporti con la Santa Famiglia. Quando Maria Santissima e Giuseppe cercavano Gesù rimasto nel tempio, vidi che andarono a cercarlo anche presso i figli di Zadok. Questi giovani rimasero sempre amici di Gesù.

    43 - L'Angelo annuncia a Zaccaria la nascita di Giovanni.

    A causa della sterilità di Elisabetta, Zaccaria era ricevuto con freddezza al tempio. I sacerdoti mantenevano quest'atteggiamento anche quando lui era di servizio nel luogo sacro; ciò accadeva due volte all'anno. L'abitazione di Zaccaria non era proprio ad Hebron, ma poco lontana da Juta. Sembra, dai molti ruderi esistenti, che nell'antichità questi luoghi fossero stati congiunti in una sola città, estesa come Gerusalemme. In Hebron abitavano i sacerdoti minori, gli altri avevano la loro residenza a Juta. Zaccaria ed Elisabetta, in virtù della loro discendenza diretta da Aronne e per la loro devozione, erano molto considerati ed onorati presso quella popolazione; Zaccaria era considerato da molti come un sommo sacerdote. Il sant'uomo istruiva gli altri sacerdoti e pregava con loro, il che era una specie di preparazione all'imminente servizio al tempio. Infatti lo vidi, con alcuni di questi primi, ritirarsi per un periodo in un piccolo podere di sua proprietà a Juta. Gli stessi religiosi lo accompagnarono a Gerusalemme e là si fermarono ancora per quattro giorni, prima che Zaccaria venisse chiamato per officiare al tempio. Egli trascorse quel periodo in assoluta preghiera e meditazione per prepararsi all'ufficio liturgico. Lo vidi entrare nel Sancta Sanctorum e porsi dinanzi all'ara d'oro del sacrificio che ardeva all'entrata del santuario. Essendo stato tolto il soffitto che stava al di sopra dell'ara, si poteva scorgere liberamente il cielo sereno. Mentre Zaccaria entrava, un sacerdote gli disse qualcosa e se ne andò. Rimasto solo, Zaccaria entrò in una stanza oscura attraverso una tenda e vi prese qualcosa che bruciò sull'ara. Allora una figura luminosa scese su di lui e lo avvolse di splendore; lo vidi cadere a destra dell'altare rapito in estasi. Un Angelo lo rialzò e parlò con lui per molto tempo, vidi Zaccaria rispondergli. Un altro Angelo luminoso discese dal cielo e gli tolse qualcosa dal corpo, mentre il primo, dopo aver accolto la risposta di Zaccaria, gli immise una specie di corpicino luminoso nel fianco. Quest'apparizione fu simile a quella che ebbe Gioacchino, quando gli fu promesso dall'Angelo che sarebbe stata concepita la Santa Vergine. Vidi frattanto il popolo orante attendere inquieto, perché era consuetudine che il sacerdote subito dopo aver acceso il fuoco sull'ara del sacrificio uscisse dal luogo santo. Zaccaria era diventato muto, perciò prima di uscire scrisse su una tavoletta alcune parole. Il popolo si affollò intorno appena lo vide, ma egli continuava a mostrare a tutti la tavoletta. Poi mandò la medesima ad Elisabetta affinché fosse subito istruita delle promesse misericordiose del Signore. Egli scrisse alla sua sposa come era divenuto muto e che presto avrebbe fatto ritorno a casa. Anche Elisabetta ebbe una visione ma non saprei dire quale...

    A causa delle atroci sofferenze che la tormentavano, la pia Suora interruppe la narrazione, noi con tinuiamo con i passi del Vangelo:

    "Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l'angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio. Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto»" (Lc 1,11-55.).

    La preghiera di Zaccaria di avere un figlio, da quanto lui stesso dirà subito dopo, non era molto recente. Giovanni, che sign:fica "Dio è misericordioso", ricevette il nome da Dio stesso. Non solo, ma venne santificato da Dio fin nel grembo materno. Le sue rinunce ne fecero quasi un nazireo, consacrato con voto speciale a Dio (cfr. Nm 6,1). La sua missione era ben delineata: sarebbe divenuto il precursore, colui che avrebbe spianato la strada al Messia, disponendo il popolo alla sua venuta. Egli era l'Elia, predetto da Malachia: "Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio". Elia aveva valore simbolico, Giovanni era dotato dello spirito profetico e della forza di convinzione dell'antico profeta. Ma non era Elia ridisceso sulla terra. Quando gli venne chiesto se fosse Elia, Giovanni aveva risposto: "Non lo sono" (Gv 1,21). Tuttavia la sua assimilazione sarà confermata da Gesù: "Orbene, io vi dico che Elia è già venuto" (Mc 9,13). "Zaccaria disse all'angelo: «Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni». L'angelo gli rispose: «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annunzio. Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo»" (Lc 1,18-20.). Zaccaria aveva chiesto un segno, perché la cosa gli sembrava incredibile, nonostante i precedenti biblici delle nascite di Isacco, Sansone e Samuele. Certo aveva mostrato poca fede: solo l'apparizione dell'Angelo avrebbe dovuto convincerlo. E il segno l'avrebbe avuto in se stesso: sarebbe rimasto muto fino alla nascita del bambino. E, come vedremo, anche sordo. "Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto" (Lc 1,21-22). Forse il popolo attendeva anche la benedizione, che Zaccaria non potè pronunciare. Fece dei cenni per far capire che non poteva parlare. "Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini»" (Lc 1, 23-25.). Elisabetta si servì delle parole di Rachele (cfr. Gen 30,6) per ricordare la grande grazia di Dio. Per la donna ebrea era una grande vergogna non avere dei figli. Poi, forse anche per non dar luogo a strani commenti, l'anziana signora preferì restare appartata per cinque mesi. Dal nascondimento la trarrà la visita di Maria Santissima nel sesto mese.

 

 
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