Marini: Bush, Blair e i governi alleati avevano ragione
ROMA - «Bush e Blair avevano ragione...». Se n’era convinto già domenica sera, guardando in televisione le lunghe file di cittadini iracheni davanti ai seggi elettorali. A Franco Marini era parso subito chiaro che quell’evento «di portata storica» avrebbe prodotto delle ripercussioni anche nella politica interna, e che l’Alleanza sarebbe entrata in fibrillazione. Ma ieri mattina - appena giunto nella sede della Margherita - aveva lasciato per un attimo da parte i problemi della coalizione, confidando la propria emozione ad alcuni dirigenti del partito: «L’affluenza alle urne dimostra che è stato compiuto un passo importante per la costruzione della democrazia in quel Paese. Bisogna ammetterlo, Bush e Blair avevano ragione». L’ex leader del Ppi non aveva fino ad allora pronunciato il nome di Silvio Berlusconi, però leggendo le dichiarazioni di alcuni alleati che minimizzavano la portata dell’evento, è sbottato al punto da esplicitare il suo pensiero: «Come si fa a non capire che questa è una vittoria degli americani e dei governi suoi alleati? Spero l’abbiano capito tutti nel centrosinistra. E che d’ora in avanti non si accampino scuse. Che ci serva da lezione, perché non possiamo muoverci con leggerezza in politica estera». Marini sa che la materia, nella Fed, è competenza di Romano Prodi, e attende di capire in che modo il Professore riuscirà a trovare un compromesso tra la posizione di Francesco Rutelli e quella dei Ds, e poi tra l’Ulivo e Rifondazione.
Già ora si appalesa una profonda spaccatura, e già ieri mattina il dirigente dei Dl aveva messo nel conto che «a qualcuno dei nostri alleati verrà la bella idea di chiedere il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq. E magari proporrà anche una mozione parlamentare. In tanti ne sarebbero capaci, solo che stavolta li prenderemmo a pernacchie». Chissà se Marini dirà la stessa cosa ora che Fausto Bertinotti ha lasciato intuire la mossa del Prc. Il fatto è che non ne può più di «sentir dire certe fregnacce», provenienti anche da un’area del suo partito: «Me lo ricordo cosa dicevano i pacifisti. Ricordo che secondo costoro non si sarebbe andati da nessuna parte. Ecco la risposta, i risultati in Iraq ci sono stati, eccome».
Il dirigente della Margherita è consapevole che nel centrosinistra erano in molti a ritenere impossibile l’esportazione della democrazia. Non è che sia diventato all’improvviso un sostenitore della guerra in Iraq, ma «dopo quello che è accaduto domenica, vogliamo ragionare?». Per farlo, bisogna prima riconoscere che «Bush, Blair e i loro alleati hanno vinto». Il nome di Berlusconi continuerà a evitarlo, però sa benissimo che quel nome va inserito nella lista dei vincitori. D’ora in poi, vorrebbe che la coalizione di centrosinistra non rimanesse estranea alla lista. Anche perché - tradizione diccì insegna - in politica estera bisogna essere rigorosi, mentre sull’altare dell’alleanza con il Prc il famoso «Triciclo» prima delle Europee del 2004 accettò di votare insieme a Bertinotti una mozione per il ritiro delle truppe, pur di non mostrarsi divisa alla vigilia delle elezioni.
Allora Marini, insieme a Gerardo Bianco e Antonio Maccanico, si pose alla testa di un piccolo gruppo di parlamentari che dissentì dalla decisione di votare contro il rifinanziamento della missione italiana: «In politica estera - spiegò l’ex segretario del Ppi - non siamo né carne né pesce, e continuiamo a ondeggiare. La verità è che si sta discutendo su una materia delicata in modo approssimativo e superficiale. Dopo le Europee bisognerà approfondire la questione, perché non si può andare avanti così. E comunque una cosa è chiara: in Iraq dobbiamo restarci e ci resteremo». Dopo le Europee la vicenda irachena finì nel sottoscala della politica nazionale, e ora che torna in primo piano si approssimano le Regionali: l’Alleanza avrà voglia di «approfondire» il tema?
Per certi versi sarà costretta a farlo, visto che l’argomento rischia di «rovinare» il congresso dei Ds a Piero Fassino, e visto che la prossima settimana il centrosinistra dovrà decidere quale posizione assumere al Senato sul decreto che finanzia nuovamente la missione italiana in Iraq. «Dopo quello che è accaduto domenica, possiamo avere dei dubbi?», si chiedeva ieri Marini. Già nella scorsa primavera, quella mozione per il ritiro venne giudicata «un errore» anche per lo strappo che produsse con il Quirinale. Non a caso Maccanico rivelò qualche giorno dopo che Ciampi gli aveva fatto sapere di «aver apprezzato la mia scelta». Marini non farà mai il nome di Berlusconi, non l’ha fatto ieri neppure commentando la commessa per i futuri elicotteri del presidente americano, vinta dall’azienda italiana Agusta: «Sì, qualcuno gli ha dato una mano d’aiuto. Ci sarà di mezzo la Cia...».
Francesco Verderami
Corriere