Nell’eucaristia culmina
l’azione della Chiesa


di ENRICO MAZZA



Iniziamo da questo numero un itinerario in dieci puntate per comprendere e vivere l’anno eucaristico. L’intento è di ovviare alle carenze di comprensione teologica, storica, culturale e antropologica. Con i contributi di mons. Enrico Mazza, docente di Storia della liturgia, del liturgista padre Riccardo Barile e del
preside dell’Istituto Santa Giustina, padre Giorgio Bonaccorso, nella prima puntata andiamo alle origini storiche dell’eucaristia, al suo valore di rito umano, al suo rendere presente la pasqua del Signore. In essa davvero è il culmine dell’azione della Chiesa.



STORIA
All’origine la struttura della cena ebraica



" L’eucaristia nasce nell’ultima cena di Gesù, in ambiente giudaico. Questo resta il nucleo essenziale, al di là dei cambiamenti storici per inserirla in altre culture."

Gesù era un ebreo. Una verità ovvia quanto dimenticata, almeno nella comprensione della liturgia. Gli studi biblici hanno raggiunto risultati notevoli nella conoscenza delle parole e dei gesti di Gesù, proprio partendo dalla constatazione che era un ebreo e che quindi andava compreso alla luce della cultura ebraica nella quale era immerso.

Certamente l’eucaristia nasce nell’ultima cena di Gesù con i suoi apostoli, ossia in ambiente giudaico, ma ben presto subì dei cambiamenti dovendosi inserire in culture differenti dalla giudaica. Tra i mutamenti non va dimenticato il bisogno di introdurre nell’eucaristia elementi puramente cerimoniali, adatti al gusto dell’epoca, e ciò vale tanto per l’Oriente quanto per l’Occidente.
Di fatto, noi vediamo che la liturgia eucaristica è differente nelle varie epoche e nelle varie Chiese, nonostante resti immutato il nucleo essenziale, che proviene dall’ultima cena. Bisogna dunque riconoscere che se si vuole trattare della liturgia eucaristica è necessario fare un’opera storica. Dobbiamo ora rendere evidente questo nucleo fondamentale.


Fino al Deuteronomio ogni abbattimento di animali aveva carattere rituale e rientrava nell’area del sacrificio; solo dopo Dt 12,20-25 abbiamo la distinzione tra l’abbattimento per il sacrificio e l’abbattimento per la semplice manducazione. In quest’ultimo caso, tuttavia, l’aspetto religioso viene trasferito dall’abbattimento al rito del pasto, di qualunque pasto si tratti. Così nasce la liturgia specifica del pasto rituale giudaico che viene fatta risalire al comando divino di Dt 8,10: «E mangerai e ti sazierai e benedirai il Signore tuo Dio per la terra buona che ti ha dato». Questo testo viene presentato come il comando divino che istituisce la "cena" giudaica. Al pasto si benedice Dio, non il pasto.

Il pasto ha una sua sacralità, dato che è espressione del dono divino della terra: per questo esige la presenza della preghiera. Non si prega per trasformare la cena in "pasto sacro", ma si prega come riconoscimento del dono di Dio. Da questa istituzione divina scaturisce la teologia e l’obbligazione giuridica della preghiera alla fine dei pasti: la Birkat ha-Mazon. Ovunque c’è un pasto, purché di consistenza superiore a un’oliva, c’è questa preghiera.

Nella cena festiva giudaica non c’era solo la preghiera alla fine dei pasti, ma anche un particolare rito che apriva la cena. Si chiamava santificazione, ed era costituito di tre parti: all’inizio c’era il rito del calice che cominciava con il racconto di Gen 1,31b-2,1-3. Dopo la lettura, veniva recitata una corta benedizione: «Benedetto sei tu, Signore, Dio nostro, re dell’universo, che crea il frutto della vite».
A questa si aggiungeva una seconda benedizione, per la santificazione del giorno del sabato o di un’altra festa.

Terminato il rito del calice, cominciava il rito del pane. Il padre di famiglia lo prendeva in mano e lo deponeva sul tavolo dopo aver recitato la seguente benedizione: «Benedetto sei tu, Signore, Dio nostro, re dell’universo, che produce il pane dalla terra». Finita la benedizione, spezzava il pane e lo distribuiva per la cena che seguiva immediatamente. Terminata la cena, veniva recitata la Birkat ha-Mazon.



Il cristianesimo delle origini


Questa struttura fondamentale è ben documentata nelle liturgie del cristianesimo delle origini. Sono tre i testi principali: il racconto lucano dell’ultima cena, la liturgia di Corinto (1Cor 10,16-17) e l’eucaristia di Didachè 9-10. Vale la pena rileggere l’ultima cena secondo Luca, per rendersene conto.

In apertura ci sono due elementi: il rito del calice e il rito del pane, ciascuno accompagnato da parole esplicative. Il rito del calice viene per primo ed è accompagnato da un discorso escatologico: «Quando fu l’ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio". E preso un calice, rese grazie e disse: "Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio"» (22,14-18). Segue il rito del pane, accompagnato sia dalle parole esplicative sia dal comando di reiterare il rito in memoria di Cristo: «Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me"» (22,19). Qui c’è la cena vera e propria che si conclude con la preghiera di azione di grazie, recitata tenendo in mano il calice finale e seguita da parole esplicative: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi» (22,20). L’ultima cena quindi ripete la struttura della cena rituale giudaica.


Dato il comando di Cristo di fare quel rito in memoria di lui, l’ultima cena diventa il modello sia teologico sia rituale delle prime celebrazioni eucaristiche, come si può vedere in 1Cor 10,16-17, in Didachè, Costituzioni apostoliche VII, ecc. Se il rito celebrato dalla Chiesa è un’obbedienza al comando di Cristo: «Fate questo in memoria di me», allora la Chiesa fa ciò che Gesù stesso fece nell’ultima cena. Il pane e il vino, dunque, saranno il corpo e sangue di Cristo come nell’ultima cena, e l’eucaristia della Chiesa sarà annuncio della passione, come lo fu l’ultima cena (per un quadro più ampio cf Mazza E., La celebrazione eucaristica. Genesi del rito e sviluppo dell’interpretazione, Bologna 2003).

Enrico Mazza

fonte: Vita Patorale.