Gerusalemme. Condoleezza Rice ha lasciato il medio oriente con ottimismo. “Tutto quello che sta accadendo in questo periodo – aveva detto il neosegretario di Stato americano al suo arrivo in Israele – offre l’opportunità di ritornare a lavorare sulla road map e a stabilire la creazione di due Stati democratici uno a fianco all’altro”.
Subito dopo, il ministro palestinese per i Negoziati, Saeb Erekat, ha detto che le due parti sono d’accordo per annunciare oggi, al vertice di Sharm el Sheikh, un cessate il fuoco.
Novità anche dalla Siria: il presidente Bashar el Assad, dopo un incontro con l’inviato americano Marc Otte, fa sapere che Damasco è disposta a riprendere le trattative di pace con Israele senza condizioni preliminari. Intenzione da verificare.
Rice si è congratulata con il lavoro del presidente Abu Mazen.
Gli Stati Uniti guardano con ottimismo alla nuova leadership dell’Autorità nazionale palestinese. L’Amministrazione Bush ha già promesso all’Anp una somma di 40 milioni di dollari nei prossimi tre mesi, come programma d’aiuto per la popolazione della Cisgiordania e di Gaza.
Washington ha anche proposto l’invio di un “coordinatore per la Sicurezza”, che monitori l’eventuale tregua tra Israele e i palestinesi.
Il generale William E. Ward è il prescelto dall’Amministrazione; è attesa, a breve, una sua visita nella regione. “Se ci sarà un periodo di calma – ha detto Rice alla Cnn – sarà necessario avere un monitoraggio della situazione”.
Il segretario di Stato ha chiesto a Israele di non fare passi unilaterali sullo status finale per la definizione dei confini che possano compromettere il futuro delle relazioni con i palestinesi. Ha chiesto al premier israeliano Ariel Sharon di non ritardare il piano di ritiro da Gaza.
Infine George W. Bush ha invitato separatamente alla Casa Bianca Sharon e Abu Mazen. Gli incontri, ha detto, serviranno a “sviluppare la fiducia reciproca”.
In un’intervista su Channel 2, Rice ha voluto sottolineare che gli Stati Uniti non vogliono intromettersi troppo: preferiscono lasciare che Israele e Anp siano liberi di negoziare da soli. Secondo Sever Plotzker, analista del quotidiano Yedioth Ahronoth, sarebbe questa la ragione dell’assenza di Rice al summit Sharm al Sheikh.
“Gli americani non vogliono i riflettori puntati su di loro – dice Plotzker – però sono presenti più che mai”.
Nonostante l’intervento statunitense sia definito dai portavoce del premier Ariel Sharon come “molto importante”, la stampa israeliana mostra anche qualche preoccupazione.
“Israele ha paura che gli Stati Uniti possano imporre al governo Sharon di fare concessioni alla controparte, senza avere la certezza di stare dialogando con un vero partner politico – dice al Foglio Gershon Baskin, direttore dell’Israel Palestinian Center – un altro problema è che un coordinatore per la Sicurezza potrebbe impedire a Israele di prendere misure di difesa militari dopo un attentato”.
Aluf Benn, analista israeliano, sostiene invece sulle pagine del quotidiano Haaretz, che l’obiettivo di Condi Rice è quello di dimostrare ai suoi colleghi europei che la nuova Amministrazione Bush intende aumentare il suo coinvolgimento per cercare una soluzione al conflitto israelo-palestinese.
Questo sarebbe infatti il prezzo che l’Europa chiede agli Stati Uniti per migliorare le relazioni transatlantiche, che si sono deteriorate con la guerra in Iraq.
Anche Michel Barnier, ministro degli Esteri francese, che questa sera si incontrerà con la stessa Rice a Parigi, ha lasciato ieri il medio oriente. La sua visita, alla vigilia del summit di Sharm el Sheikh, esprime l’appoggio della Francia alla nuova dinamica del processo di pace che si sta sviluppando tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese, oltre a evidenziare la volontà dell’Europa di non rimanere in secondo piano sullo scacchiere mediorientale.
Sefi Endler, in un’intervista al ministro Barnier su Yedioth Aharonot, dice che è impossibile non notare il cambio d’atteggiamento da parte di Parigi nei confronti d’Israele in questi ultimi mesi.
Barnier infatti ha definito l’incontro con Sharon molto interessante e ha descritto il piano di disimpegno dalla Striscia di Gaza come coraggioso, quando soltanto poco tempo fa il presidente Jacques Chirac aveva chiamato il primo ministro israeliano “persona non grata” in terra di Francia. “Parigi ha gli stessi nostri interessi a fermare il progetto nucleare in Iran – afferma Mark Regev, portavoce del ministro degli Esteri israeliano, Silvan Shalom – per quanto riguarda gli Hezbollah (la cui televisione, al Manar, è protagonista di una controversa vicenda giudiziaria in Francia, ndr) non ha le idee ben chiare e non si sa se il gruppo sarà inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche dell’Unione europea”. Su Yedioth Aharonoth, Barnier ha però sostenuto che “se Abu Mazen ci chiederà di frenare il gruppo sciita, ne terremo conto”.
Il Foglio
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