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  1. #1
    The Kount
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    Thumbs down Lo strano caso del prof. Damiani

    Se qualcuno non conosce la storia, vi posto un riassunto dei fatti.

    L'odissea di un professore

    Novembre 1999. Il professor Franco Damiani, docente di Italiano e Storia all'Istituto Turistico "Andrea Gritti" di Mestre (Ve), approfitta della trasmissione serale del film "Vincitori e vinti" per introdurre i suoi studenti di V C al problema storico della seconda guerra mondiale, e in particolare alle "ragioni dei vinti". Domanda se qualcuno ha visto il film e si sofferma in particolare sulla figura dell'avvocato tedesco interpretato da Maximilian Schell e sulla sua risposta al giudice americano, interpretato da Spencer Tracy, a proposito del divieto di matrimoni misti: i primi a vietarli, ricorda, furono gli americani, tra bianchi e pellerossa. Gli studenti reagiscono bene, sembrano interessati a questo modo anticonvenzionale di affrontare la storia. Il professore allora, la volta successiva, tira fuori un articolo di Piero Buscaroli da un "Borghese" del 1965, che si proponeva di sfatare alcuni miti storiografici, come quello che Hitler volesse a tutti i costi la guerra contro l'Inghilterra (non la voleva, voleva quella contro l'URSS) e che l'Italia: a) fosse entrata in guerra impreparata; b) vi fosse entrata controvoglia; c) che in ogni caso sia stato bene che l'abbia perduta.
    Nuovo interesse da parte dei ragazzi, interventi, domande, e soprattutto cervelli in movimento. Il professore ha verificato quello che gli premeva, ossia che alcuni luoghi comuni sono saldamente radicati nella testa dei ragazzi (tra i quali, per la verità, c'è anche un ferroviere quarantasettenne).
    La terza volta il professore, dichiarato che vuole solo far conoscere dei testi capaci di far riflettere e che non aggiungerà una sillaba alla loro lettura, estrae l'asso nella manica: il testo dell'"Olocausto allo scanner" di Jurgen Graf, tradotto in italiano sulla rivista "L'Uomo libero" dal preside Vittoriano Peyrani di Milano e quello di "Auschwitz: una leggenda" di Richard Harwood, pubblicato in italiano da "Le Rune" nel 1978 ma ora quasi introvabile. Ne legge due paragrafi (uno per libro) tanto da far capire la tesi principale del cosiddetto revisionismo olocaustico: ossia che la "soluzione finale" non consistesse nel programmato sterminio di tutti gli ebrei d'Europa ma nella loro deportazione lontano dalla Germania e che quindi le camere a gas omicide su cui si basa la vulgata olocaustica non siano mai esistite se non nella fantasia dei reduci. Una tesi quindi circoscritta (nessuno nega le persecuzioni contro gli ebrei né che ne siano morti tantissimi, anche se sicuramente non sei milioni: si nega che sia affermabile fuori di ogni ragionevole dubbio che i tedeschi ne abbiano programmato l'eliminazione fisica e che a tal fine abbiano costruito locali - le camera a gas appunto - nei quali, secondo ben quattro perizie tecniche tra loro indipendenti - al massimo si potevano sterilizzare gli abiti). Tesi discutibile, certo, anche se non più di altre (il Risorgimento come guerra di liberazione, la resistenza come fenomeno di popolo, la Rivoluzione Francese come moto spontaneo della borghesia) che invece nella scuola italiana passano per scontate. Tesi, comunque, che l'insegnante ritiene sia opportuno che i giovani conoscano per abituarsi a sentire le due campane anche sugli argomenti più scottanti, a non dare mai per acquisita nessuna verità che non sia di fede e a interrogarsi sugli interessi che possono celarsi dietro ogni "vulgata".
    Il senso di questo intervento risulta chiaro alla stragrande maggioranza degli studenti, che vengono a domandare "come mai...", a chiedere indicazioni bibliografiche e a farsi fotocopie dei testi. Dal punto di vista didattico, un successo. Avendo raggiunto questo risultato, il docente chiude per ora il discorso, ripromettendosi di riprenderlo più avanti, tempo permettendo (il tempo poi non ci sarà) e ripartendo con lo svolgimento del programma "normale".
    11 luglio 2000. Sul "Gazzettino", principale quotidiano di Venezia, esce una "lettera firmata" (il cui coraggiosissimo autore non è mai uscito allo scoperto) che denuncia come in una scuola superiore di Mestre, durante gli esami di Stato, una studentessa avrebbe denunciato nel tema di Italiano che il suo professore, nel corso dell'anno, avrebbe "ripetutamente negato l'esistenza dei campi di sterminio". Risposta di Edoardo Pittalis, vicedirettore e addetto al dialogo coi lettori: "E' uno scandalo, si tratta di un cattivo maestro in mala fede, sarebbe bene che ogni tanto la scuola italiana facesse luce su queste vergogne".
    Il professor Damiani capisce che al 99% di tratta di lui, ma formalmente nessuno lo chiama in causa. Si interroga a lungo su cosa sia meglio fare, poi decide di venire allo scoperto per non alimentare voci di corridoio, pettegolezzi, "si dice": prende carta e penna e scrive al giornale che ritiene di potersi identificare nella persona indicata nella lettera; che se non si tratta di lui la cosa può finire lì, ma che se si tratta di lui è pronto a dichiarare quel che ha fatto, in modo che tutti possano controllare la regolarità del suo operato. Precisa anche, dettagliatamente, quali siano stati i suoi interventi sull'argomento. Consegna personalmente la lettera al caporedattore, facendosi dare la sua parola che la lettera sarà pubblicata integralmente. Il 13 luglio invece la lettera compare a pezzi e bocconi, sotto il titolo a tutta pagina (Cronaca di Mestre) : "OLOCAUSTO NEGATO: INDAGINI IN CLASSE", e affiancata dagli interventi: di un reduce da Buchenwald (dov'era detenuto per spionaggio e tradimento commessi come militare, come il prof. Damiani appurerà), che dichiara: "Questo signore non dovrebbe insegnare ai ragazzi" e lo invita a recarsi con lui nei campi di concentramento (a spese del docente, naturalmente); del dermatologo prof. Roberto Bassi, esponente della Comunità Ebraica di Venezia, che dichiara che "il prof. Damiani dovrebbe essere cacciato da tutte le scuole della Repubblica"; e del prof. Giannantonio Paladini (Storia delle dottrine politiche a Ca' Foscari) il quale dichiara che "la storia è un'altra cosa" e che "è grave che l'ideologia prevalga sulla serena ricerca storiografica".
    Il prof. Damiani, indicato come una sorta di capostipite del revisionismo, replica che si è limitato a far conoscere agli studenti una corrente storiografica per lo più ignorata; che non ha nascosto niente ma che anzi ha dato loro quegli elementi di confronto e di giudizio che i suoi colleghi normalmente negano loro, che non è uno storico ma un semplice insegnante di storia, e che comunque è pronto a dar conto a un ispettore del suo operato.
    20 luglio 2000. Manifestazione del Centro Sociale Rivolta (guidato da Luca Casarini) sotto il Provveditorato agli Studi, con lo striscione "Damiani vattene", e nuovo articolo denigratorio del "Gazzettino" che dà voce a qualche studente di anni lontani col dente avvelenato nei confronti del docente, senza naturalmente sognarsi di ospitare repliche (il prof. Damiani oltretutto attende a questo punto l'ispezione).
    27 luglio 2000. Mentre altri interventi si susseguono sulla stampa cittadina - da notare che ancora nessuno, nemmeno lo stesso Damiani, conosce i fatti - , di persone di solito ostili al professor Damiani, di cui viene messa in questione tutta la carriera scolastica, attribuendogli ventennali distorsioni della realtà storica (mentre il revisionismo olocaustico, per esempio, l'ha scoperto da pochi anni), di cui vengono passate al setaccio anche le lettere scritte come privato cittadino ai giornali (col pretesto di una polemica estiva con "L'Espresso" sul processo Irving-Lipstadt, in cui egli protestava contro la pretesa dei giudici di scrivere la storia, Furio Colombo, Umberto Folena, Giuseppe Giulietti e altri tre parlamentari DS rivolgono un'interrogazione al ministro De Mauro chiedendo la sospensione del docente; il Provveditore ne approfitta per attribuire a lui un giudizio anticonformista di uno storico inglese su Hitler: ecco che si completa il quadretto del "nazista", benché chi conosce il prof. Damiani sappia che egli è semmai cattolico tradizionalista e considera il nazionalsocialismo espressione di neopaganesimo gnostico ) e le cui repliche vengono cestinate o tagliate, arriva l'ispettore Burato, della sovrintendenza regionale, che in breve verifica l'accaduto, controlla i registri, dove ogni intervento è rigorosamente annotato con la relativa bibliografia, sente anche qualche studente e mostra al professore "l'elaborato dello scandalo": un tema in perfetta chiave olocaustica, tanto che la ragazza, di solito mediocre in Italiano, aveva ottenuto una valutazione nettamente superiore a quelle di tutto il triennio, in cui, nelle righe finali, ella dichiara un po' sbigottita che il suo professore di Lettere nell'ultimo anno le aveva "riempito la testa" di informazioni sull'Olocausto "diverse da quelle che aveva sempre sentito". si rivela, insomma, più confusa e turbata che scandalizzata (è una ragazza mite, non particolarmente interessata all'argomento, ma che aveva una visione emotiva della vicenda tanto da essersi dichiarata, in un tema precedente, "spiritualmente ebrea").
    3 agosto 2000. L'ispettore Burato chiude l'ispezione dichiarando che non ha riscontrato nessuna irregolarità nel comportamento del professor Damiani.
    4 agosto 2000. Il "Gazzettino", nel riportare solo una parte del comunicato con cui il Provveditore agli Studi comunicava l'esito dell'ispezione, dà voce nuovamente al Centro Sociale Rivolta, il quale dichiara: "A settembre gli impediremo di entrare a scuola". Nessuna reazione delle autorità, tanto che lo stesso Damiani, a settembre, si vede costretto a chiedere il discreto intervento della DIGOS per poter accedere al suo luogo di lavoro.
    Fine agosto 2000. Recatosi all'Ateneo Veneto, a Venezia, per assistere alla presentazione di un libro sulla "soluzione finale", alla presenza del prof. Paladini, il prof. Damiani si sente investito da una raffica di insulti dal dott. Roberto Bassi, che ignora la sua presenza: "prima credevo che fosse solo un sessuofobo, poi ho capito che è un vetro nazista". Alla sua difesa, viene investito da ululati e da grida di "Buffone, buffone".
    8 settembre 2000. Alla ripresa dell'attività scolastica, 42 colleghi del prof. Damiani (su 110 insegnanti della scuola; nessuno dei firmatari è collega di Damiani nel Coordinamento per materia) leggono in Collegio Docenti una mozione, poi inviata anche al "Gazzettino" che la pubblica, in cui lamentano, non si sa su che basi, una conduzione "compiacente" dell'ispezione e dichiarano la loro "condanna" nei confronti del collega e il loro "disagio" nel dover lavorare a fianco di una persona che "nega con pervicacia un fatto storico definitivamente accertato".
    25 ottobre 2000. Annunciata da roboanti proclami alla stampa, si svolge per le vie di Mestre e fino all'Istituto "Gritti" una manifestazione di circa 2000 studenti di tutta la provincia (tra cui nessun allievo del prof. Damiani, che pure non è presente perché quello è il suo giorno libero, e si è recato a Roma per conferire con l'avvocato e storico Giorgio Angelozzi Gariboldi) che, con il lancio di uova, sassi e petardi, tentano l'assalto all'Istituto, chiedono il suo licenziamento al grido di "Damiani fascista sei il primo della lista" e presentano al Preside una petizione in tal senso con 2000 firme. Il Preside non esita un istante a inoltrarla al Ministero. Il Provveditore ordina "ipso facto" una nuova ispezione sul docente
    27 ottobre 2000. Arriva, mandata da Roma, l'ispettrice Luigia Savino per svolgere la seconda ispezione sul prof. Damiani (senza, si badi bene, che sia accaduto alcun fatto nuovo). Questa volta vengono presi in esame tutti i suoi scritti e detti pubblici degli ultimi 11 anni, naturalmente selezionati e disposti in modo da costruire l'immagine di un provocatore fanatico, che ha lo scopo di creare disordine a scuola e di dividere gli studenti, ragion per cui si prospetta il suo trasferimento per incompatibilità ambientale.
    28 ottobre 2000. Con una lettera aperta riportato dalla "Nuova Venezia", il prosindaco Gianfranco Bettin ringrazia gli studenti manifestanti "a nome della città", per la "manifestazione di maturità" fornita…
    31 ottobre 2000. Come ogni storia, anche questa ha la sua nota comica. Nel bel mezzo della buriana il prof. Damiani se ne va con la moglie (dolce, forte,silenziosa e coraggiosa compagna, senza la quale non sa che cosa sarebbe stato di lui ) a partecipare in TV a "Quiz show" e commette anche l'imprudenza di vincere una cifra non indifferente. Apriti cielo: denaro pubblico a un negazionista!!! I due quotidiani veneziani titolano le locandine: "Il prof. che nega l'Olocausto vince ... a Quiz show". Gli articoli (uno comincia così: "Che ne sapeva Amadeus del corteo di protesta dei 25 ottobre?") sono accompagnati da interviste al provveditore, a un sindacalista, a colleghi, a studenti. Il Centro Rivolta annuncia una trasmissione dell'accesso per "rispondere" non si sa bene a che. Evidente le stizza generale. Dichiarazione di uno studente (mai stato allievo del professore): "E' stata la prima volta che l'ho visto ridere". Già, i nazisti devono essere pure cupi e truci, sennò che nazisti sarebbero? Il giorno dopo, intervista a sei colonne sulla "Nuova Venezia" con il professore, con altre foto.
    5 novembre 2000. Il quotidiano "Libero", su iniziativa del CNADSI (Comitato nazionale per la difesa della scuola italiana), del cui direttivo il prof. Damiani è membro da 4 anni, riprende la vicenda ascoltando le dichiarazioni di tutti gli studenti componenti la classe "incriminata", benché ormai "sciolta": "Il docente più bravo che abbia avuto", "Eccezionale", "Ottimo", "Troppo bravo e, forse, anche per questo è scomodo" "Non ha mai imposto nulla e ha sempre lasciato libertà di pensiero" e via elogiando.
    In quei giorni il prof. Damiani riceve una cinquantina di testimonianze telefoniche e scritte di solidarietà da tutta Italia, con fornitura di documentazioni da parte di testimoni oculari e incitamenti a "non mollare, in nome della verità storica". A Venezia e a Mestre, invece, si levano solo le voci di AN, del MSFT e di Forza Nuova a difesa della libertà d'insegnamento del docente, che a maggio si era candidato alle comunali nella lista del MSFT, su invito dell'attuale vicesegretario nazionale Fabrizio Taranto. Grazie alla mediazione di un avvocato, egli ottiene un'intervista al "Gazzettino" in cui può esporre le sue ragioni.
    Intanto il CNADSI ha scritto al ministro in sua difesa e due interrogazioni parlamentari, una al Senato ad opera dei senatori Serena e Danieli di AN e una alla Camera a opera dell'on. Del Mastro Delle Vedove, sempre di AN, hanno sollevato la questione, sempre nel nome della libertà di insegnamento e contro le censure e le intimidazioni ideologiche. Il Preside nel frattempo continua la sua opera di "punzecchiamento" nei confronti del docente, infliggendogli contestazioni d'addebito per ogni minima mancanza (ritardi di pochi minuti), contestandogli persino le ore dedicate a ogni singolo argomento, spaventando gli studenti di V con lo spauracchio dell'esame cui a suo dire arriveranno con delle lacune nei programmi e organizzando a tal fine un corso pomeridiano di italiano e Storia affidato a docente di altra classe, senza nemmeno avvisarne il prof. Damiani, che ne viene a conoscenza casualmente da due genitori.
    Novembre 2000. Il professor Damiani partecipa a due trasmissioni televisive interregionali, in una delle quali, su Serenissima TV, tiene testa per due ore alle domande dei telespettatori, dando conto finalmente di che cosa sia il deprecato "negazionismo". Nell'altra viene inopinatamente presentato con la sovraimpressione "storico negazionista", benché si affanni a spiegare che non è né l'uno né l'altro, non avendo scritto una riga sul tema e avendo su esso un'opinione basata unicamente sulla sostanza delle argomentazioni svolte. Persino il prof. Carlo Pelanda, che siede al suo fianco, dichiara che vorrebbe ucciderlo (anche se poi aggiunge, bontà sua, che da liberale difenderà il suo diritto di parola). Contemporaneamente, in un'altra emittente, Luca Casarini, che già lo ha attaccato sulla stampa all'insegna del "nazismo in cattedra", rinnova i suoi attacchi contro di lui. Gli è comunque andata bene: un suo collega francese, Jean-Louis Berger, per aver fatto più o meno la stessa cosa, è stato arrestato e sbattuto in galera e ha perso il lavoro. Alla faccia della libertà d'insegnamento e di quelle di pensiero e di parola.
    Intanto il collegio dei presidi della provincia di Venezia esprime solidarietà al preside Grossi, diventato inopinatamente vittima, lamentando in tono accorato il protrarsi settennale (?) di un "caso Damiani" che va al più presto risolto. Come, non è detto. Analoghe le affermazioni di Edoardo Pittalis, vicedirettore del "Gazzettino", che invoca per il caso una sorta di "soluzione finale" dagli echi sinistri. In tutti i sensi. Se ne dovrebbe dedurre che in caso di assoluzione il prof. Damiani sarà riabilitato con tante scuse, ma naturalmente non sarà così. Anche "Gente Veneta", settimanale della diocesi, vuol dire la sua, pubblicando con evidenza e risposta del direttore una lettera di pesanti accuse a Damiani da parte dell'ecumenista prof. Simone Morandini. Damiani replica come suo diritto ma la replica viene cestinata. A distanza di due anni, "Gente Veneta", informata del proscioglimento e invitata a darne notizia, vi si è rifiutata. I "fratelli maggiori" vigilano occhiuti.
    27 gennaio 2001. Si svolge in tutte le scuole la prima "Giornata della memoria", cui alcune classi hanno dedicato un lavoro di mesi, si può immaginare in quale chiave. Il "Gritti" viene scelto come base cittadina delle manifestazioni, evidentemente per "riconsacrarlo" al politicamente corretto dopo il sacrilegio commesso da Damiani ("DAMIANI VERGOGNA VATTENE" diceva una scritta a caratteri cubitali sulla facciata del "Gritti" nei giorni dello "scandalo"). Tra gli oratori, il prof. Bassi, che si scaglia veementemente contro i revisionisti (ovviamente assenti) definendoli "provocatori nazisti". Dopo questa bella lezione di pluralismo, democrazia e tolleranza, la "Nuova Venezia" titola a tutta pagina: "L'ombra di Franco Damiani sulla giornata della memoria". Il docente viene richiamato dalla vicepreside perché, al fine di evitare polemiche, è rimasto in sala insegnanti anziché accompagnare la classe in palestra a sentire i discorsi.
    Primavera 2001. L'allora consigliere comunale (oggi assessore alle politiche sociali) di Venezia, il verde Beppe Caccia, gran mentore del "Centro Rivolta", guida una gita di studenti cittadini a Dachau con l'intento di ...dimostrare al colto e all'inclita l'esistenza fisica del campo. Perché questo è stato fatto credere: che il prof. Damiani neghi l'esistenza fisica dei campi di concentramento tedeschi. La gita, senza nessun accompagnatore competente, si svolge, a spese naturalmente dei cittadini, tra fiumi di alcool e fumo di spinelli, come dichiarato da un indignato genitore in una lettera a "Gente Veneta". Nel corso di essa i quaranta studenti veneziani mettono eroicamente in fuga 2-naziskin-2, come ampiamente ed enfaticamente riportato dai giornali locali. Nelle cronache, non mancano i soliti apprezzamenti per il docente, reo di aver offeso le "sacre memorie" e di aver "minacciato l'equilibrata crescita degli studenti". Nella sua posta a scuola egli trova una cartolina da Dachau con una quarantina di firme, compresa quella di una sua collega, e la scritta "Abbiamo visto". Nessuno si azzarda a far notare che se veramente Damiani sostenesse tesi come quelle attribuitegli sarebbe non da licenziare ma da internare in manicomio.
    28 maggio 2001. L'ispettrice Savino consegna la sua ponderosa relazione in cui muove al docente pesanti addebiti di ordine didattico e disciplinare, alla luce come detto degli ultimi 11 anni scolastici, chiedendone il trasferimento per incompatibilità ambientale e in parallelo l'ammonizione in vista di un possibile licenziamento . Renato Farina scrive sulla vicenda un articolo in prima pagina su "Libero" e Paolo Pisanò le dedica una puntata di "Terzo Grado" con lo stesso Farina. In prossimità delle elezioni Furio Colombo pubblica su fondo rosso, sotto la testata dell'"Unità", un'e-mail in cui il docente lo invitava a confermare o a ritirare con scuse le accuse di "neonazismo", cercando di farla passare come un atto di sfida, della serie: "adesso vanno al governo le destre, vediamo se osate toccarmi" (figuriamoci).
    La fede conforta il professore, ma lo sconforto , di fronte ad accuse così pesanti e addirittura infamanti, dopo ventun anni di onorato servizio, farebbe capolino se non fosse per la saggia, paziente e affettuosa guida del preside Giuseppe Fabbri, vicepresidente del CNADSI, che guida Damiani nella redazione delle controdeduzioni. Egli ha tenuto nascosta questa nuova fase agli anziani genitori (la madre è stata insegnante, e nei mesi precedenti aveva addirittura pensato di chiedere un colloquio al ministro De Mauro)
    24 giugno 2001. Il Preside Grossi apre un nuovo procedimento disciplinare nei confronti del docente, per... un ritardo già giustificato, un programma controfirmato da due studenti "non rappresentanti di classe" e... per aver svolto Svevo in tre ore e mezzo.
    4 settembre 2001. Senza alcun preavviso, il Preside Grossi sposta il prof. Damiani dal triennio al biennio. Evidente l'intento di toglierlo dal settore "caldo": la storia medievale e moderna dev'essere appannaggio di docenti perfettamente allineati.
    20 dicembre 2001. Il Consiglio di Disciplina del MIUR proscioglie definitivamente il prof. Damiani, assistito dal prof. Trani dell'UGL, da tutti gli addebiti mossigli sia in merito al procedimento per incompatibilità ambientale sia in merito a quello disciplinare. La presidente del Consiglio domanda addirittura, stupita, allo stesso Damiani per quale motivo ritenga di essere stato deferito, vista l'inconsistenza delle accuse. Naturalmente, nessun articolo sulla stampa (dal canto suo il prof. Damiani si guarda bene dal comunicare la notizia al "Gazzettino", che sarebbe capace di rilanciare con nuove accuse): è inveterato costume nazionale quello di dare ampio risalto alle accuse ma nessuno alle assoluzioni. Figuriamoci poi se qualcuno degli scatenati accusatori ha avuto l'onestà e la dignità di chiedere scusa.
    Due considerazioni finali:
    1) se un insegnante, leggendo due paragrafi in classe in un Istituto tecnico, può mettere in subbuglio una città, provocare la sollevazione di duemila persone, tre interrogazioni parlamentari e una campagna di stampa della durata di mesi, non sarà forse che la nostra categoria è sottovalutata (e sottopagata?)
    2) Quanto è fragile un regime di pensiero quale quello attuale che, incapace di controbattere le argomentazioni con le argomentazioni, non sa far altro che demonizzare, isolare e cercare di uccidere moralmente (ma, come ahimè vediamo, in certi casi anche fisicamente) chi ha il torto di pensare con la propria testa.

    In seguito il prof Damiani viene anche bandito dal Liceo scientifico di Palazzolo sul Brenta ( Padova), dove insegnava latino, storia e italiano. Cosa che ora gli è vietata da un provvedimento del direttore scolastico del Veneto, Carmela Palumbo. Prima ancora del professore, nel 2004 a Palazzolo arriva la sua fama, tanto che il presidente del comitato genitori della scuola già in giugno paventa al provveditore agli studi " gravi conseguenze " in vista del suo arrivo, pur non avendolo ( tuttora) mai conosciuto. In una delle prime lezioni nella II C, Damiani ha l'ardire di osservare che, per la Chiesa, la storicità dei vangeli non è in discussione. Si badi: non ha imposto agli studenti il riconoscimento dai Vangeli come documento storico, ha fatto presente che la dottrina cattolica non affida il giudizio sulla storicità all'interpretazione del fedele, ma la propone come suo contenuto fondante. Per spiegarsi, Damiani dice che "un ebreo può contestarne la storicità, un cattolico no". In classe si accende una salutare discussione: è dopo che scoppia il finimondo. Il giorno successivo i genitori si riuniscono d'urgenza, accusano Damiani di razzismo e proselitismo e minacciano: entro l' 8 ottobre o se ne va lui, o gli alunni. Il 1 ° ottobre Damiani è assente per un convegno extrascolastico: una nuova assemblea di classe provoca una contestazione d'addebito da parte del dirigente scolastico, dottor Cerchiaro. Al suo ritorno, Damiani tenta di spiegare le sue posizioni in classe, ma gli studenti a partire dalla data prevista abbandonano l'aula all'arrivo del docente. La scena surreale si ripete per 50 giorni, accompagnata da ripetute lettere anonime e nuove accuse.Nel frattempo si apre un'ispezione, ma, prima che questa abbia un esito ufficiale, arriva la sospensione firmata dalla Palumbo, disposta "in relazione alla gravissima situazione di disagio creata dal professore". Da allora ( 27 novembre) Damiani è a casa senza lavoro, con un assegno pari alla metà del suo regolare stipendio. "I ragazzi sono oggetto di una polemica strumentale e politica di cui sono le prime vittime, visto che hanno perso quasi due mesi di lezione", dice Damiani. "Si è instaurato un clima per cui si preferisce, per quieto vivere, sacrificare la libertà di insegnamento, ossia l'origine stessa della scuola" .

  2. #2
    allevatore
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  3. #3
    The Kount
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    ognuno ne tragga le proprie conclusioni.

 

 

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