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  1. #1
    SENATORE di POL
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    Predefinito Sharon e Abu Mazen ci provano....

    da www.adnkronos.com

    " Hamas: ''Nessun cessate il fuoco senza pagare un prezzo''

    M.O., Abu Mazen e Sharon: ''Fine degli atti di violenza''

    Il premier israeliano: ''Cesseremo le operazioni militari contro i palestinesi. Intendiamo onorare il loro diritto all'indipendenza''

    La stretta di mano tra Abu Mazen e Ariel Sharon
    (fermo immagine da Fox News)


    Tel aviv, 8 feb. (Adnkronos) - Accordo raggiunto tra Ariel Sharon e Abu Mazen per un cessate il fuoco reciproco. Al termine del vertice di Sharm el Sheikh, il presidente dell'Anp ha dichiarato che è stato concordato di ''cessare tutti gli atti di violenza contro gli israeliani e i palestinesi ovunque si trovino''. ''Abbiamo raggiunto un accordo con Sharon sulla cessazione della violenza'', ha detto Abu Mazen. ''Dobbiamo tutti dichiarare che alla violenza non verrà permesso di uccidere la speranza'', ha dichiarato Ariel Sharon. Quindi ha aggiunto che Israele cesserà le operazioni militari contro i palestinesi. ''Intendiamo onorare il diritto palestinese all'indipendenza e alla dignità''. Ma non solo. Il premier dello Stato ebraico ha confermato che ''Israele libererà centinaia di detenuti palestinesi''. Per i due leader l'intesa raggiunta apre la strada alla realizzazione della Road Map.
    Prima di Abu Mazen e Sharon, aveva parlato il padrone di casa, il presidente egiziano Hosni Mubarak, che ha partecipato al summit assieme al re di Giordania Abdallah II. Mubarak ha lodato ''lo spirito positivo'' dei colloqui e ha detto di aver assistito oggi ad un importante primo passo per far ripartire il processo di pace della Road Map. ''La nostra iniziativa -ha aggiunto- sarà seguita da altre per la ripresa del binario siriano e libanese''.
    Nel corso degli incontri di questa mattina che hanno preceduto il vertice, il premier israeliano ha invitato il presidente egiziano e il re di Giordania Abdallah II a visitare Israele. A quanto riferisce la radio israeliana, citata sul sito di Ha'aretz, Mubarak e Abdallah II hanno accettato l'invito. Il premier israeliano ha invitato anche il presidente palestinese a recarsi ''al più presto'' in visita nel suo ranch nel deserto del Negev. Lo ha reso noto il portavoce di Sharon Raanan Gissin, precisando che Abu Mazen ha accolto l'invito. Gissin ha anche espresso l'auspicio che i due leader possano incontrarsi anche a Ramallah, in Cisgiordania, quartier generale dell'Autorità nazionale palestinese.
    L'annuncio di un cessate il fuoco non piace ad Hamas. ''La nostra posizione è chiara. Nessun cessate il fuoco viene offerto al nemico sionista senza che venga pagato un prezzo reale. Manterremo la calma solo se Israele si impegnerà a rilasciare tutti i prigionieri palestinesi (circa ottomila)'', ha commentato Musheer al-Masri, portavoce di Hamas a Gaza.
    Oggi, le forze di sicurezza israeliane sono state poste in stato d'allerta per il timore di azioni volte a sabotare l'esito del vertice. I servizi hanno avvertito della possibilità di attentati e posti di blocco sono stati istituiti nei Territori.
    "

    Shalom

  2. #2
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    Guarda un pò. Muore Arafat (pace all'anima sua) e il Medioriente si riavvia lungo la strada degli accordi di pace.
    Sarà una coincidenza?

  3. #3
    SENATORE di POL
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    Non è certo una coincidenza, tuttavia il signor Arafat appartiene ormai.... al passato.
    Sul quotidiano torinese LA STAMPA di ieri è stata pubblicata una condivisibile riflessione di Fiamma Nirenstein:

    " Il vento e il sole del Medio Oriente si preparano di nuovo, con lieve ironia, a carezzare un'altra giornata storica di Sharm-el-Sheikh, a firmare un altro ricordo di pace. Se non si tratterà ancora di un'illusione, come per gli ultimi, il summit del Memorandum del '99 in cui Ehud Barak, Arafat, Hosni Mubarak e re Abdullah si incontrarono, o quello del 2000 con Bill Clinton, Barak e Arafat quando il processo di pace era ormai agli sgoccioli. Certo, il cuore desidera fortemente la pace, mentre la testa chiede di restare fredda. Dopo i summit, parte del processo di Oslo, vennero i giorni più tragici della storia del conflitto israelo-palestinese e i se e i ma di allora non sono certo del tutto tramontati.
    La giornata è comunque storica per tante ragioni: la prima è la dichiarazione del cessate il fuoco fra due popoli che si sono combattuti senza quartiere per più di quattro anni. Essendo stata il motore centrale della guerra una sequenza di attacchi terroristici senza precedenti, è la questione stessa se sia possibile porre fine al terrore a venire qui positivamente intaccata, se non risolta. In una parola, sia che siamo di fronte a una tregua sia che si tratti di un inizio di pace, a Sharm si vede, nella stretta di mano fra Sharon e Abu Mazen, benedetta dai Paesi arabi moderati, che il terrorismo non è una macchina indipendente. Può essere fermato, combattuto sul terreno, scoraggiato da eventi mondiali, disapprovato dalla sua stessa base e se non estirpato, fortemente rallentato, fino a che una leadership interessata alla pace prenda il sopravvento.
    Quest'ultimo fatto si è verificato dopo la morte di Arafat, dopo l'operazione Scudo di Difesa iniziata nell'aprile 2002 e dopo che Abu Mazen, ancora vivo Arafat, ha avuto il coraggio di lanciare la parola d'ordine del no al terrorismo (con contraddizioni e ripensamenti, è pur vero) ripresa poi come centro del suo disegno di democrazia al tempo delle elezioni. Accanto a questo, in Sharon, proprio a causa della decisione dolorosa con cui ha condotto una guerra indispensabile, è cresciuta la determinazione ad affrontare una grande ostilità (i suoi stessi del Likud e i centocinquantamila settler dei territori) pur di compiere concessioni penose.
    Questa concomitanza di guerra al terrore e volontà di pace, a cui si aggiunge il cambio di leadership palestinese che ritiene la violenza un danno e l'aspirazione democratica utile a costruire una leadeship che, dopo Arafat, non è più carismatica e quindi deve basarsi sul consenso di una popolazione stanca della guerra, ci porta oggi fino alla cittadina egiziana del Sinai, a Sharm. È proprio l'ospitalità dell'Egitto infatti, e il suo coinvolgimento attivo e ardente nel costruire una pace basata sulla democrazia, a farci capire che le cose si stanno muovendo non poco anche nei Paesi che comprendono la richiesta degli Usa al Medio Oriente di ascoltare finalmente la voce della gente di questa sfortunata zona del mondo.

    Il summit è storico anche perché avviene nella temperie delle entusiaste e speranzose votazioni in Iraq, seguite alla tanto discussa guerra contro Saddam Hussein e poi contro il terrorismo. Non è un caso che sia gli israeliani che i palestinesi a poche ore dall'inizio del summit abbiano lanciato un grido di allarme sul terrorismo che potrebbe colpire sia Abu Mazen che obiettivi israeliani: si tratterebbe, dicono gli esperti, di terrorismo internazionale - concordano su questo sia gli uomini della sicurezza palestinese che gli egiziani che ospitano il summit come gli israeliani - di hezbollah provenienti dal Libano, gestiti dalla Siria e mossi dall'Iran. Una trama ormai familiare per tutta l'area e quindi ormai un problema strategico che certo non è assente dai colloqui fra Condoleezza Rice e i leader israeliano e palestinese.
    La Rice, discreta e determinata, è la presenza benefica, lo spirito gentile, benché assente, al summit: gli Usa non vogliono essere troppo incombenti perché le loro richieste a Israele di grandi concessioni, a Abu Mazen di una grande battaglia contro il terrore, le loro promesse di denaro all'autonomia palestinese (subito 40 milioni di dollari e poi altri trecento) e, per converso, di tanta protezione internazionale a Israele specie via via che la minaccia nucleare dell’Iran diventa incombente, il peso eccessivo, le fantasie che esercitano sulla psiche mediorentale il presidente Bush e la sua politica, hanno suggerito l'assenza fisica. Ma prima ha invitato entrambi i leader, sia pure separatamente, alla Casa Bianca, per conto del presidente Bush, che con Sharon ha già consuetudine di incontri. Sarebbe invece la prima volta del nuovo presidente palestinese, dopo che per anni Bush ha rifiutato di accogliere in America Yasser Arafat.
    A Ramallah, ieri, dopo l'incontro con Abu Mazen Condoleezza (che ha evitato la visita alla tomba di Arafat)ha ripetuto quanto sia importante la conferenza di Sharm, quanto forte sia l'interesse degli Usa nel futuro del rapporto fra Israele e i palestinesi: tuttavia ha anche ricordato che è bene non aspettarsi tanto, troppo, subito. Tutto, ha fatto capire la Rice, accadrà, deve accadere con calma, domani. Le due parti hanno bisogno di pazienza. E, paradossalmente, è Israele che guarda con una certa trepidazione alle aspettative degli Usa, alle loro pressioni per veloci progressi. Mentre i palestinesi spingono per molta presenza americana, tanta, quanta più possibile .
    "


    Shalom

  4. #4
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    Chissà, forse anche la caduta del regime di Saddam qualche influsso sul processo di pace ce l'avrà avuto...
    Voi che dite?

    Voglio dire: che Arafat e certa parte dei Palestinesi fossero legati strettamente al dittatore irakeno mi pare innegabile, basta tornarsi a vedere i TG della guerra del Golfo. Ora che uno è morto, e l'altro è in carcere a dedicarsi alla botanica, di sicuro le speranze di pace sono maggiori.

  5. #5
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    Ovviamente la liberazione dell'Iraq dal dittatore nazistoide Saddam (leggete la sua biografia scritta da Magdi Allam...) ha un ruolo importante per lenta, difficile ma inesorabile stabilizzazione di tutta l'area, e riflessi decisivi sull'atteggiamento......della leadership palestinese (nonchè, anche se in modo non così decisivo, sul maggior senso di sicurezza Israeliano nel contesto regionale).

    Shalom

  6. #6
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    spero che ben presto ci sia una pace duratura in Medio Oriente tra palestinesi e israeliani.

  7. #7
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    " All'indomani di Sharm



    Dopo tanti incontri al massimo livello fra Israele e Autorità Palestinese che hanno fatto fiasco – Cairo, Wye, Camp David, Aqaba – è assurdo evocare ancora una volta il “vento della storia” in questo genere di occasioni.
    E in effetti il summit di martedì a Sharm e-Sheikh non suscita gli impetuosi sentimenti dei momenti cruciali. Dopo i discorsi ufficiali e quel poco che è trapelato dagli incontri riservati, la reazione istintiva non è quella di esclamare “Sì, abbiamo voltato pagina”, quanto piuttosto “Eccoci di nuovo, speriamo che questa sia la volta buona”.
    Sharm 2005 non è stato Aqaba 2003. Il summit Sharon-Abu Mazen ad Aqaba di un anno mezzo fa varò la Road Map, e lo fece con discorsi del primo ministro israeliano e dell’allora primo ministro palestinese venati di pathos ed emozione. Abu Mazen riconobbe le sofferenze ebraiche del passato, Sharon fece lo stesso con i palestinesi rivolgendosi direttamente a loro. Altri tempi. Questa volta, a parte uno svolazzo retorico di Sharon quando ha fatto appello ai palestinesi perché trovino il coraggio di rinunciare a una parte dei loro sogni come hanno già fatto gli israeliani, i discorsi dei due leader sono stati piuttosto secchi e asciutti. Discorsi pragmatici, non poetici. Sharon si è impegnato a scarcerare “centinaia” di detenuti e a trasferire all’Autorità Palestinese il controllo su città palestinesi. Con approccio pragmatico e ragionevole, Abu Mazen ha detto che ci sono molti temi di cui vorrebbe parlare con Sharon (il “muro”, Gerusalemme, i profughi) ma che è meglio lasciarli per un’altra occasione. Più che i rintocchi della storia, Abu Mazen martedì sentiva il rimbombo dei passi dei suoi estremisti: Hamas e Jihad Islamica. E sono rimbombi vicini e forti.
    Quasi a sottolineare il punto, poco dopo i discorsi ufficiali il ministro degli esteri dell’Autorità Palestinese Nabil Shaath, rispondendo a un giornalista che gli chiedeva se Hamas rispetterà il cessate il fuoco, ha detto: “Ne informeremo i nostri fratelli palestinesi e ci adopereremo per consolidare l’impegno in questo senso”. Non esattamente il tipo di dichiarazioni che suscitano entusiasmo.
    Tuttavia, alla luce delle amare esperienze del recente passato, l’entusiasmo circa questi summit – e, per la verità, circa il conflitto in generale – non è il problema principale da risolvere.
    Due anni fa, ad Aqaba, Abu Mazen potè dare sfogo alla sua vena poetica rivolgendosi agli ebrei e parlando delle loro sofferenze, perché sapeva, come sapeva tutto il mondo, che ciò che contava davvero non era quello che lui diceva, bensì quello che Yasser Arafat faceva. E Arafat non aveva alcuna intenzione di fare nulla.
    Questa volta Abu Mazen è il leader sovrano. Questa volta non c’è nessuno sopra di lui che si dia attivamente da fare per ribaltare le sue parole o i suoi progetti. Questa è la vera differenza: motivo di speranza, non di entusiasmo. Gli ostacoli che si parano sulla strada di Abu Mazen sono molto alti sia per l’una che per l’altro. Anche dopo Sharm e-Sheikh.

    (Herb Keinon su Jerusalem Post, 9.02.05)
    "


    Nella foto in alto: Membri delle Brigate Al Aqsa (Fatah) a Jenin puntano le armi contro l'immagini di Ariel Sharon al summit dell’8 febbraio a Sharm el-Sheikh.

    ( www.isreale.net )


    Shalom!!!

  8. #8
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    Predefinito arabi ed ebrei in Palestina

    In origine postato da UgoDePayens
    Chissà, forse anche la caduta del regime di Saddam qualche influsso sul processo di pace ce l'avrà avuto...
    Voi che dite?

    Voglio dire: che Arafat e certa parte dei Palestinesi fossero legati strettamente al dittatore irakeno mi pare innegabile, basta tornarsi a vedere i TG della guerra del Golfo. Ora che uno è morto, e l'altro è in carcere a dedicarsi alla botanica, di sicuro le speranze di pace sono maggiori.
    UGO D P. Abbiamo osservato che almeno tre generazioni di arabi palestinesi sono stati allevati ed istruiti ad odiare gli israeliani in quanto ebrei. Come potete credere che basti un accordo di vertice per mettere in riga dei giovani che hanno fatto della loro vita una missione per uccidere quanti più ebrei possono? Non è stato ed è abbastanza evidente che tali accordi sono carta straccia se il popolo palestinese,nella sua parte più intransigente,non rinuncia a vivere con la violenza delle armi?
    Ma che mondo hanno in mente quei giovani che in TV li si vede perennemente per le strade a oziare con le armi fin dalla più giovane età.

  9. #9
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    E' la prima vittima dopo la proclamazione bilaterale
    del cessate-il-fuoco fra le due parti
    Medio Oriente, trema la tregua
    ucciso un palestinese a Gaza

    GAZA - Un giovane palestinese del campo
    profughi di Rafah è stato ucciso stasera da colpi di arma da fuoco sparati da un insediamento di coloni ebrei nella striscia di Gaza: è la prima vittima che cade in un episodio del conflitto palestino-israeliano, un giorno dopo la proclamazione bilaterale del cessate-il-fuoco fra le due parti.

    Le pallottole che hanno ucciso il palestinese, venti anni di età, provenivano dall'insediamento di Atzmona, che dispone di una guarnigione dell'esercito israeliano.
    Da una fonte militare israeliana si è appreso che i soldati hanno sparato colpi di ammonimento perché sospettavano un tentativo di infiltrazione nell'insediamento ebraico, dopo che quattro palestinesi si erano presentati a una cinquantina di metri da una recinzione di sicurezza. I palestinesi, secondo la fonte citata, si sono dati alla fuga.

    (10 febbraio 2005) Repubblica

    ****************************************

    ...ora attendiamo che anche Hamas e/o gruppi affini facciano la loro parte per mandare all'aria l'accordo appena raggiunto.
    Nella speranza però che stavolta dall'una e dall'altra parte il razocinio e la voglia di pace siano più forti delle strumentalizzazioni dei falchi (aihmè ben presenti ed operanti da ambo le parti...alla faccia dei due popoli sofferenti).

    Cordialmente,
    Etrusco

  10. #10
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    In origine postato da Etrusco
    E' la prima vittima dopo la proclamazione bilaterale
    del cessate-il-fuoco fra le due parti
    Medio Oriente, trema la tregua
    ucciso un palestinese a Gaza

    GAZA - Un giovane palestinese del campo
    profughi di Rafah è stato ucciso stasera da colpi di arma da fuoco sparati da un insediamento di coloni ebrei nella striscia di Gaza: è la prima vittima che cade in un episodio del conflitto palestino-israeliano, un giorno dopo la proclamazione bilaterale del cessate-il-fuoco fra le due parti.

    Le pallottole che hanno ucciso il palestinese, venti anni di età, provenivano dall'insediamento di Atzmona, che dispone di una guarnigione dell'esercito israeliano.
    Da una fonte militare israeliana si è appreso che i soldati hanno sparato colpi di ammonimento perché sospettavano un tentativo di infiltrazione nell'insediamento ebraico, dopo che quattro palestinesi si erano presentati a una cinquantina di metri da una recinzione di sicurezza. I palestinesi, secondo la fonte citata, si sono dati alla fuga.

    (10 febbraio 2005) Repubblica

    ****************************************

    ...ora attendiamo che anche Hamas e/o gruppi affini facciano la loro parte per mandare all'aria l'accordo appena raggiunto.
    Nella speranza però che stavolta dall'una e dall'altra parte il razocinio e la voglia di pace siano più forti delle strumentalizzazioni dei falchi (aihmè ben presenti ed operanti da ambo le parti...alla faccia dei due popoli sofferenti).

    Cordialmente,
    Etrusco
    Eccoli !

    ************************************************

    Gaza, 10:40
    HAMAS RIVENDICA ATTACCHI RAZZI E MORTAI SU INSEDIAMENTI

    Sono stati rivendicati da Hamas i numerosi attacchi susseguitisi dalla notte scorsa e ancora in mattinata contro diversi insediamenti e postazioni dell'Esercito israeliano nel settore sud della Striscia di Gaza, senza causare alcuna vittima ma danneggiando diversi edifici e soprattutto violando il cessate-il-fuoco proclamato appena due giorni fa in occasione del vertice a Sharm el-Sheikh tra Ariel Sharon e Mahmoud Abbas alias Abu Mazen. In un comunicato il gruppo radicale palestinese afferma che si e' trattato della rappresaglia per l'uccisione di un palestinese, un ventenne originario del campo profughi di Rafah, raggiunto da colpi di arma da fuoco sparati dall'insediamento di Atzmona, ove e' di stanza una guarnigione ebraica. Nella nota Hamas precisa che nel giro di sole due ore sono stati lanciati dai suoi miliziani 46 tra proietti di mortaio e razzi; fonti militari in Israele avevano parlato invece di diciassette salve in tutto, tra cui una granata anti-carro contro un avamposto militare nei pressi dell'insediamento di Neveh Dekalim; altri ordigni si sarebbero peraltro abbattuti al suolo anche oltre confine, sul territorio meridionale d'Israele.

    10/2/2005 Repubblica

 

 
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