La vittoria alle elezioni non è stato l'unico successo di George W. Bush lo scorso autunno. Il presidente e i suoi consiglieri per la sicurezza nazionale hanno rafforzato il loro controllo sulle analisi strategiche delle unità d'intelligence e sulle operazioni segrete come non era mai stato fatto dalla seconda guerra mondiale in poi. Bush ha un programma ambizioso e aggressivo per usare questo controllo contro i mullah in Iran e contro gli altri obiettivi della guerra al terrorismo, durante questo secondo mandato.


La Cia continuerà a essere declassata e -come afferma un consulente del governo molto vicino al Pentagono- usata come "coadiuvante" delle politiche del presidente Bush e del suo vice Dick Cheney. Il processo è già a buon punto. Nonostante la situazione della sicurezza in Iraq si sia deteriorando, l'amministrazione Bush non ha riconsiderato il suo obiettivo di lungo periodo in Medio Oriente: stabilire la democrazia nella regione. La rielezione di Bush è vista all'interno della sua amministrazione come la dimostrazione che l'America appoggia la decisione di andare in guerra.

Questo ha riconfermato le posizioni dei neoconservatori della leadership civile del Pentagono, inclusi Paul Wolfowitz e Douglas Feith, sottosegretario agli Interni (?). Secondo un ex alto ufficiale dei servizi segreti, il segretario alla difesa Donald Rumsfeld ha incontrato i capi dell'entourage di Bush subito dopo le elezioni e ha detto loro, in sostanza, che chi si opponeva alla loro politica aveva avuto modo di essere ascoltato senza riuscire a far accettare il proprio messaggio agli americani. Rumsfeld ha aggiunto che l'America ha avuto la legittimazione a stare in Iraq e che non ci sarà spazio per i ripensamenti. "Questa è una guerra contro il terrorismo, e l'Iraq è solo uno degli obiettivi. L'amministrazione Bush guarda a quest'area come ad una grande zona di guerra -ha dichiarato l'ex ufficiale- Dopo verrà la guerra all'Iran.

I cattivi ragazzi -ovunque essi siano - sono nostri nemici. Questo è l'ultimo grido di battaglia. Abbiamo altri quattro anni, e alla fine vogliamo poter dire di aver vinto la guerra al terrorismo". Bush e Cheney avranno anche dato l'indirizzo politico ma è stato Rumsfeld a implementarlo e a far fronte alle critiche quando le cose si mettevano male, sia che si trattasse dello scandalo di Abu Ghraib sia della mancanza di armamenti adeguati. Tra i repubblicani e i democratici in molti volevano le dimissioni di Rumsfeld, che non era ben visto nemmeno tra i militari. Ciò nonostante la sua conferma a segretario alla Difesa non è mai stata messa in dubbio. Rumsfeld diventerà in questo secondo mandato sempre più importante. In varie interviste che ho realizzato a ufficiali dell'esercito e dell'intelligence, mi è stato detto che l'agenda era stata fissata prima delle elezioni e che per gran parte era stata redatta da Rumsfeld.

La guerra al terrorismo verrà estesa e messa sotto il controllo del Pentagono. Il presidente ha firmato una serie di ordini esecutivi che autorizzano l'utilizzo di unità commando e Forze speciali per condurre operazioni segrete contro presunti terroristi in almeno dieci stati in Medio Oriente e nel Sud-est asiatico. La decisione del presidente consente a Rumsfeld di condurre operazioni fuori registro, libero dai legacci legali imposti alla Cia. Secondo le leggi correnti tutte le attività segrete della Cia devono essere autorizzate dal presidente e comunicate alle commissioni per la sicurezza delle camere. (Le leggi furono emanate negli anni settanta dopo una serie di scandali che hanno coinvolto la Cia per operazioni di spionaggio interno e per i tentati assassini di alcuni leader politici stranieri).

"Il Pentagono non si sente obbligato a riferire niente di tutto ciò al Congresso - ha detto ancora l'ex ufficiale- Neanche le chiamano "operazioni segrete", perché sarebbe troppo vicino al linguaggio della Cia. Dal loro punto di vista, si tratta di "operazioni in nero". Non le comunicano neanche ai cosiddetti CINCs, i vertici dei comandi militari regionali. (Il dipartimento alla Difesa e la Casa Bianca non hanno mai risposto alle richieste di chiarimenti su questa storia). Nelle mie interviste mi è stato ripetutamente detto che il prossimo obiettivo è l'Iran.

"Tutti dicono: non potete seriamente prendere in considerazione una guerra all'Iran, guardate quello che è successo in Iraq -mi ha detto l'ex ufficiale- Ma loro rispondono: abbiamo imparato alcune lezioni, non militarmente ma dal punto di vista politico. Non faremo affidamento su quei fifoni dell'agenzia. Niente deve essere lasciato in sospeso, ed è per questo che la Cia è fuori gioco".

Da più di un anno, Francia, Germania, Gran Bretagna, e altri paesi dell'Unione Europea si stanno impegnando per evitare che l'Iran costruisca armi nucleari, come se stessero facendo una lotta contro il tempo - e contro l'amministrazione Bush. Essi hanno cercato di aprire trattative con i leader iraniani per fermare le loro ambizioni nucleari offrendo in cambio aiuti economici e benefici commerciali. L'Iran ha accettato di sospendere temporaneamente il suo programma nucleare, che serve a produrre energia ma che potrebbe anche servire a produrre armi (L'Iran sottolinea come questo tipo di operazioni sono legali all'interno del trattato di non proliferazione nucleare, di cui è firmatario, e che non ha intenzione di costruire bombe). Ma l'obiettivo delle trattative in corso, che sono iniziate a dicembre a Bruxelles, è di convincere Teheran ad andare oltre, smantellando i propri stabilimenti.

L'Iran insiste che, per farlo, è necessario che gli europei concedano benefici concreti come ad esempio nuova tecnologia per la produzione petrolifera, strumentazione per l'industria pesante e anche il permesso di acquistare una flotta di Airbus (a causa delle sanzioni, infatti, L'Iran non può accedere alla tecnologia e a molti beni). Gli Europei stanno premendo sull'amministrazione Bush affinché si impegni in queste trattative. Ma l'amministrazione si rifiuta di farlo. I vertici civili del Pentagono sostengono che non ci sarà nessun progresso nelle trattative diplomatiche fino a quando non ci sarà il pericolo reale di un attacco militare. "I neocon considerano inutili le negoziazioni - mi ha detto un ufficiale dell'Agenzia Internazionale per L'Energia Atomica- e pensano che la sola cosa che gli Iraniani capiscono è la pressione militare. Per questo ritengono che abbiano bisogno di essere colpiti". Il problema centrale è che l'Iran è riuscito a portare avanti il suo programma nucleare. Molti servizi segreti occidentali, inclusi quelli degli Stati Uniti, sostengono che all'Iran mancano dai tre ai cinque anni per essere in grado di produrre autonomamente testate nucleari, sebbene sia già molto avanzato riguardo ai sistemi missilistici. I servizi occidentali e l'Aiea sostengono anche che l'Iran ha ancora seri problemi tecnici con i suoi sistemi militari, soprattutto per quel che riguarda la produzione di gas esafluoruro necessario per fabbricare testate nucleari.

Un ufficiale della Cia in pensione, uno dei tanti che hanno lasciato di recente l'agenzia, mi ha confermato che l'Iran è conosciuto per aver avuto grosse difficoltà nella corsa agli armamenti. Egli ha affermato anche che i tempi previsti dall'agenzia corrispondono alle stime fatte dagli europei, sempre che l'Iran non riceva aiuti dall'esterno. "Il vero problema è che non sappiamo chi è in grado di fornire le parti mancanti. La Core del Nord? Il Pakistan? Non sappiamo nemmeno quale siano le parti che mancano". Un diplomatico occidentale mi ha raccontato che gli europei credono che di essere in una posizione comunque perdente fino a quando gli Stati Uniti rifiutano i impegnarsi. "Francia, Germania e Gran Bretagna non possono procedere da soli, e questo lo sanno tutti - ha detto- se gli Stati Uniti non collaborano non avremo sufficiente peso, e i nostri sforzi saranno inutili". L'alternativa sarebbe di rimettere la questione al Consiglio di sicurezza, ma la Cina e la Russia non voterebbero a favore una risoluzione che decretasse delle nuove sanzioni: a quel punto "le Nazioni Unite verrebbero esautorate e l'America si sentirebbe autorizzata a usare le bombe".

Un ambasciatore europeo ha sottolineato che il presidente Bush ha in programma un viaggio in Europa per febbraio, per migliorare i rapporti tra la Casa Bianca e i suoi alleati dell'Unione Europea. In questo contesto - ha detto l'ambasciatore- resta un mistero per me il fatto che gli Stati Uniti non appoggino il nostro programma. Come può Washington rimanere fermo sulle sue posizioni e considerare seriamente l'opzione militare?" Il governo di Israele è ovviamente piuttosto scettico riguardo all'approccio europeo alla questione. Il ministro degli esteri Silvan Shalom, ha detto in una recente intervista rilasciata al New Yorker: "Non mi piace quello che sta succedendo. Eravamo fiduciosi quando gli europei si sono messi al lavoro. Per molto tempo, infatti, essi avevano pensato che fosse solo un problema di Israele. Ma poi si sono accorti che i missili iraniani a lungo raggio possono raggiungere anche l'Europa, e hanno iniziato a preoccuparsi. La loro abitudine è di usare il bastone e la carota. Ma finora si è vista solo la carota".

E ha aggiunto: "Se loro non sono in grado di dare risposte adeguate, Israele non può vivere sapendo che l'Iran ha l'atomica". In un recente saggio, Patrick Clawson, esperto di Iran e direttore dell'Istituto di Washington per il Vicino Oriente (nonché sostenitore dell'amministrazione Bush), ha sostenuto la tesi secondo cui la forza, o la minaccia della forza, è un metodo di trattativa efficace. Clawson ha scritto che se l'Europa vuole cooperare con l'amministrazione Bush, allora deve "ricordare all'Iran che l'opzione militare è sempre possibile". Ha aggiunto che l'idea che i tentativi di mediazione europei dipendano da Washington sembra una scusa preventiva sul "possibile fallimento dei colloqui tra Europa e Iran". In una successiva conversazione che ho avuto con Clawson, egli ha suggerito che se un qualche tipo di azione militare è inevitabile, "sarebbe nell'interesse di Israele e di Washington che fosse un'azione segreta. Lo stile dell'amministrazione Bush è usare un apparato di forze schiacciante - "sciocca e terrorizza".

Ma è solo un aspetto". Ci sono molti militari e diplomatici che mettono in dubbio il fatto che l'azione militare, su qualsiasi scala, sia il giusto approccio. Shahram Chubin, uno studioso iraniano direttore di ricerca al Centro per le Politiche di Sicurezza di Ginevra, mi ha detto: "E' piuttosto fantasioso credere che ci possa essere una buona azione militare di Israele o degli Stati Uniti in Iran. Israele crede che sia un problema internazionale. "Fatelo voi" dice all'Occidente "Altrimenti se ne occuperà la nostra flotta aerea". Nel 1981, Israele con un attacco aereo distrusse il reattore nucleare di Osirak, in Iraq, riportando indietro di molti anni il suo programma nucleare. Ma, secondo Chubin, la situazione ora è più complessa e pericolosa. Il bombardamento di Osirak "ha costretto gli iraniani, per portare avanti il loro programma nucleare, a costruire siti nascosti e più difficili da individuare". "Non potrete mai essere sicuri che un attacco colpisca il bersaglio giusto. Gli Stati uniti e Israele non potranno sapere quanti siti sono stati colpiti o quanto tempo è necessario per ricostruirli.

Nel frattempo, dovrebbero aspettarsi un contrattacco iraniano che potrebbe essere militare, terroristico o diplomatico. L'Iran ha missili a lungo raggio e legami con gli hezbollah che sono in possesso di droni (piccoli aerei senza pilota, ndt). Meglio non pensare a come potrebbero reagire". Chubin ha aggiunto che l'Iran potrebbe anche rigettare il trattato di non proliferazione nucleare. "E' meglio intrappolarli nel sistema, altrimenti l'Iran, come vittima, rifiuterà il trattato e le ispezioni, mentre tutto il resto del mondo vedrà il trattato disfarsi davanti ai propri occhi". L'amministrazione ha iniziato a condurre operazioni segrete di ricognizione in Iran già a partire dalla scorsa estate, allo scopo di raccogliere il maggior numero di informazioni sui siti nucleari, chimici e missilistici dell'Iran, dichiarati e sospetti. L'obiettivo è di individuarne tre dozzine, o anche di più, un target che possa essere distrutto da azioni mirate e veloci raid.

"I vertici civili del Pentagono vogliono andare in Iran e distruggere quante più infrastrutture militari possibile", mi ha detto il consigliere del governo molto vicino al Pentagono. Alcune missioni prevedono collaborazioni straordinarie. Per esempio, come mi ha detto l'ex ufficiale della Cia, una task force speciale americana è stata inviata nel sud dell'Asia e sta collaborando con un gruppo di tecnici e scienziati pachistani che erano stati in contatto con i loro omologhi iraniani. (Nel 2003, L'Aiae ha scoperto che l'Iran ha ricevuto tecnologia militare dal Pakistan per più di un decennio senza comunicarlo agli ispettori). La task force, aiutata dalle informazioni fornite dal Pakistan, è entrata nella parte orientale dell'Iran dall'Afghanistan a caccia di installazioni sotterranee. I membri della task force, o altri agenti reclutati sul posto, hanno nascosto in quelle zone dispositivi in grado di rivelare la presenza nell'atmosfera di missioni radioattive o altri elementi legati alla produzione di uranio arricchito. Trovare queste prove è una delle preoccupazioni maggiori dell'amministrazione Bush. L'ex ufficiale dei servizi mi ha detto che "Non vogliamo fare errori come in Iraq".

I repubblicani non hanno una seconda possibilità". L'ufficiale ha aggiunto che il governo di Pervez Musharraf, il presidente pachistano, ha avuto una grande ricompensa per la sua collaborazione: l'assicurazione da parte dell'America che non dovrà consegnare A. Q. Khan, il padre dell'atomica pachistana, né all'Aiea né a nessun altra autorità. Per due decenni, Khan è stato al centro di un vasto consorzio di attività per la vendita in nero di materiali nucleari. Lo scorso anno, Musharraf ha dichiarato di esser rimasto esterrefatto quando Khan, contro ogni apparenza, ha confessato il suo coinvolgimento in questo traffico. Pochi giorni dopo, Musharraf lo ha perdonato, e non ha concesso all'Aiea e all'intelligence americana di intervistarlo. Pare che Khan sia ora agli arresti domiciliari in una villa di Islamabad. "Diteci cosa sapete dell'Iran e noi lasceremo andare il vostro Khan": è stato questa in sintesi la strategia dei conservatori. Invece di occuparsi dell'obiettivo di lungo termine -eliminare il mercato nero di materiale nucleari- essi vogliono dimostrare che Bush è in grado di tenere sotto controllo l'Iran e il pericolo nucleare. Secondo un ex diplomatico pachistano, l'accordo è stato raggiunto quando Musharraf è stato autorizzato a continuare il suo programma di espansione dell'arsenale nucleare.

"Il Pakistan ha ancora bisogno di componenti e forniture che deve comprare al mercato nero -ha detto l'ex diplomatico- e gli Stati Uniti non hanno fatto niente per fermarlo". C'è una stretta, e largamente non dichiarata, cooperazione con Israele. Il consulente del governo molto vicino al Pentagono ha detto che il dipartimento civile della Difesa, guidato da Douglas Feith, sta lavorando a stretto contatto con i progettisti e i consiglieri israeliani per sviluppare e migliorare potenziale nucleare, armi chimiche e missili che possano raggiungere e colpire efficacemente l'Iran. (Dopo Osirak, l'Iran ha collocato molti dei suoi siti nucleari in zone remote dell'est in modo da porli al di fuori della gittata dei paesi vicini, specialmente Israele. Ma la distanza non è una protezione che può durare a lungo: Israele ha acquistato tre sottomarini capaci di lanciare missili cruise e ha dotato i suoi di serbatoi di combustibile più capienti: in tal modo i suoi F-161 potrebbero raggiungere molti obiettivi iraniani. "Essi sono convinti che tre quarti degli obiettivi potenziali possono essere raggiunti per via aerea, mentre un quarto è troppo vicino ai centri abitati, o così nascosti da non riuscire ad essere colpiti" mi ha detto il consigliere.

Inevitabilmente, ha aggiunto, su alcuni siti sospetti gli americani e gli israeliani devono raccogliere ulteriori informazioni. I piani del Pentagono per un attacco su grande scala contro l'Iran stanno venendo aggiornati. Agli analisti del quartier generale del Comando centrale americano a Tampa, in Florida, è stato chiesto di rivedere i piani di attacco militare, preparando il terreno per un invasione via terra e via cielo dell'Iran. Aggiornare i piani ha senso, sia che l'amministrazione intenda o no passare all'azione, perché la geopolitica della regione è drammaticamente cambiata negli ultimi tre anni. Prima un invasione americana sarebbe potuta arrivare dal mare, attraverso il golfo Persico o il golfo dell'Oman; adesso le truppe potrebbero arrivare da terra, attraverso l'Afghanistan o l'Iraq. Unità d'intervento e altre truppe potrebbero essere arrivare attraverso nuove basi nelle repubbliche dell'Asia centrale. E' possibile che alcuni degli ufficiali americani che sostengono la necessità di eliminare le infrastrutture nucleari dell'Iran, stiano conducendo una campagna propagandistica volta a costringere l'Iran a sospendere i suoi programmi militari. Se è così, i segnali non sono univoci.

Il presidente Bush, che dopo l'11 settembre inserì l'Iran tra i membri dell' "asse del male", adesso sta pubblicamente enfatizzano la necessità che la diplomazia faccia il suo corso. "Non abbiamo molte possibilità con l'Iran- ha detto il presidente un anno fa in una conferenza stampa- la diplomazia deve essere la prima scelta, soprattutto per una amministrazione che sta cercando di risolvere questa questione degli armamenti nucleari. Noi vogliamo continuare a fare affidamento sulla diplomazia". In una intervista che ho realizzato più di due mesi fa, mi è stata data una versione diversa. I falchi dell'amministrazione credono che deve essere subito chiaro che l'approccio europeo della trattativa non può funzionare, e che al momento l'amministrazione pensa ad un intervento diretto. "Non si tratta in questo caso di avere a che fare con una raccolta di documenti sulle opzioni del Consiglio di sicurezza nazionale - mi ha detto l'ex ufficiale- Hanno già superato questo stadio. Non si tratta di sapere se faranno qualcosa contro l'Iran. Lo stanno già facendo". I risultati immediati di un attacco dovrebbero essere distruggere, o rallentare temporaneamente, la capacità dell'Iran di utilizzare il nucleare.

Ma ci sono altri, ugualmente significativi motivi per agire. Il consigliere del governo mi ha detto che i falchi all'interno del Pentagono, nelle discussioni private, spingono verso un attacco di portata limitata che, secondo loro, potrebbe determinare la caduta dei leader religiosi. "Nel cuore dell'Iran c'è una lotta che vede i nazionalisti laici e riformisti, da una parte, e i fondamentalisti islamici dall'altra", mi ha detto il consigliere. "Nel momento in cui l'aura di invincibilità dei mullah scomparirà, e con essa l'abilità di imbrogliare l'Occidente, il regime iraniano cadrà, come è successo per i regimi comunisti in Romania, nella Germania dell'Est, e in Unione Sovietica. Anche Rumsfeld e Wolfowitz la pensano così". "L'idea che un attacco militare ai siti nucleari in Iran possa produrre una rivolta popolare è estremamente infondata", ha detto Flynt Leverett, un esperto in questioni mediorientali che ha lavorato nel Consiglio per la sicurezza nazionale durante l'amministrazione Bush. "Dovete comprendere che le ambizioni nucleari dell'Iran hanno un appoggio trasversale all'interno dello schieramento politico, e che gli iraniani potrebbero percepire un attacco come un tentativo di negare al paese la possibilità di essere uno degli attori politici principali della regione e di essere una nazione moderna e tecnologicamente avanzata".

Leverett, che è attualmente ricercatore al Saban Center for Middle East Policy della Fondazione Brooking, avverte che un attacco americano, se vi fosse davvero, "provocherebbe una violenta reazione iraniana contro l'America e un rafforzamento del sostegno al regime". Rumsfeld sta pianificando da molto tempo la possibilità di garantirsi, con una serie di circolari e ordini esecutivi, l'uso di commando militari per operazioni segrete. Una delle prime tappe è stata burocratica: far passare il controllo di un'unità segreta, conosciuta come Gray Fox (di recente le è stato dato un nuovo nome in codice), dall'esercito al Comando per le operazioni speciali (SOCOM), che ha sede a Tampa, Florida. La Gray Fox è stata assegnata ufficialmente al SOCOM nel giugno del 2002, sotto indicazione dell'ufficio diretto da Rumsfeld, che significa che le unità segrete hanno ora un unico comando per l'amministrazione e lo svolgimento delle operazioni. Poi lo scorso autunno la capacità di Rumsfeld di dispiegare delle unità operative è aumentata. Secondo un consulente del Pentagono, è stato emesso un ordine esecutivo nella guerra globale al terrorismo (il cui acronimo è GWOT) che va nella direzione indicata da Rumsfeld. L'ordine autorizza in particolare i militari a "trovare e distruggere" gli obiettivi terroristici, mi ha detto il consigliere.

L'ordine include una lista di indiziati che comprende membri della rete di Al Qaeda, i suoi capi storici e altri obiettivi di grande importanza. Il consigliere ha detto che l'ordine è stato ben articolato dai burocrati della sicurezza nazionale di Washington. Nello scorso novembre, il Times riportava che Bush ha messo in piedi un gruppo con rappresentanti delle diverse agenzie per studiare se conviene dare al Pentagono il completo controllo delle unità paramilitari della CIA, che hanno operato in segreto in varie parti del mondo per decenni. Le conclusioni dello studio, previste per febbraio, sono state anticipate, secondo molti ex ufficiali della CIA. "Sembra che stia già per accadere", mi ha detto Howard Hard, che è stato capo della divisione della CIA per le operazioni paramilitari prima di andare in pensione nel 1991. C'è un'altra prova del predominio del Pentagono. Due ex ufficiali segreti della CIA, Vince Cannistraro e Philip Giraldi, che pubblicano "Intelligence Brief", una newsletter per i loro clienti commerciali, hanno parlato il mese scorso dell'esistenza di una circolare presidenziale contro il terrorismo che ha permesso al Pentagono "di condurre azioni unilaterali in vari stati in cui esista una chiara e evidente minaccia terroristica\u2026Alcuni di questi stati sono alleati degli Stati Uniti e tra i maggiori partner commerciali.

Molti di loro hanno collaborato alla lotta al terrorismo". I due ex ufficiali citano alcuni Paesi: Algeria, Sudan, Yemen, Siria e Malesia (in seguito l'ex ufficiale dei servizi mi ha detto che nella lista c'è anche la Tunisia). Giraldi, che ha fatto parte per tre anni dei servizi di intelligence militari prima di entrare nella CIA, mi ha detto che era preoccupato dal crescente numero di operazioni segrete affidate ai militari. "Non penso che siano in grado di gestire operazioni segrete - ha detto - Hanno una diversa impostazione mentale. Devono imparare a rivestire nuovi ruoli e comprendere culture straniere per imparare come gli altri la pensano. Se va in un villaggio e ammazzi la gente, non importa - aggiunge Giraldi - ma gestire operazioni che richiedono sottigliezza e sensibilità non è roba da militari. Questo perché questo tipo di operazioni è sempre stato condotto al di fuori dei servizi militari." Mi ha detto che anche molti ufficiali delle operazioni speciali hanno molti dubbi al riguardo. Rumsfeld e due dei suoi deputati chiave, Stephen Cambone, il sottosegretario alla Difesa per l'intelligence e generale dell'esercito William G. (Jerry) Boykin, faranno parte della catena di comando per le nuove operazioni di guerriglia.

Membri di spicco delle commissioni per l'intelligence della Camera e del Senato sono stati messi al corrente del nuovo ruolo del Dipartimento della Difesa nelle azioni segrete (come mi ha assicurato un consigliere del Pentagono che però non ha saputo dirmi quante persone siano state coinvolte). "Sono preoccupato dall'idea che avvengano operazioni segrete senza la supervisione del Congresso - mi ha detto il consigliere del Pentagono - ma mi è stato detto che su specifiche operazioni la supervisione ci sarà." Un altro consigliere del Pentagono era d'accordo, con un significativo avvertimento. "E' necessario stilare dei rapporti - mi ha detto - ma per avviare le operazioni non dobbiamo andare da qualcuno e dire dove stiamo andando e per quale motivo. Non è richiesto nessun dettaglio e nessuna supervisione". Le questioni legali inerenti la legittimità della gestione di operazioni segrete da parte del Pentagono senza avvisare il Congresso non sono state risolte. "E' una grande zona grigia", ha detto Jeffrey H. Smith, un ex membro del consiglio generale della CIA nella metà degli anni '90.

"Il Congresso crede di aver votato per includere tutte le attività segrete condotte dalle forze armate. I militari dicono invece: no, quelle che noi conduciamo non sono le azioni di intelligence previste dallo statuto, ma tappe militari indispensabili per "preparare il campo di battaglia" e quindi autorizzate dal Presidente, nella veste di comandante in capo." Riferendosi ai suoi giorni alla CIA, Smith ha aggiunto: "Siamo sempre stati molto attenti a non usare forze armate in operazioni segrete senza l'autorizzazione del Presidente. L'amministrazione Bush ha adottato uno stile molto più aggressivo". Nella conversazione che abbiamo avuto, Smith ha sottolineato di non essere a conoscenza degli attuali piani dei militari per l'incremento delle azioni segrete. Ma ha detto: "il Congresso ha sempre temuto che il Pentagono potesse coinvolgerci in disavventure militari senza che nessuno fosse avvertito." Mi è stato detto che, seguendo la nuova linea di Rumsfeld, ad alcuni reparti militari americani potrebbe essere permesso di andare all'estero fingendo di corrompere uomini d'affari stranieri per cercare di comprare materiali di contrabbando che potrebbero servire alla costruzione di armi nucleari.

In alcuni casi, secondo i consiglieri del Pentagono, potrebbero essere reclutati cittadini del posto a cui viene chiesto di arruolarsi nella guerriglia o nei gruppi terroristici. Questo potrebbe comportare l'organizzazione e la realizzazione di operazioni di guerriglia e anche di attività terroristiche. Alcune operazioni potrebbero ad esempio svolgersi in nazioni in cui c'è una missione diplomatica americana, con un ambasciatore e un capo locale della CIA, mi ha detto il consulente del Pentagono. Secondo l'attuale interpretazione del Pentagono sulla necessità di informare le autorità, l'ambasciatore e il capo locale della CIA potrebbero anche non essere a conoscenza delle operazioni. Le nuove regole permetteranno alle Forze Speciali di organizzare i cosiddetti "action team" in quei paesi stranieri oltreoceano che possono essere usati per trovare ed eliminare organizzazioni terroristiche. "Ricordi gli squadroni di esecuzione in El Salvador? - mi ha detto l'ex ufficiale dei servizi, riferendosi alle bande paramilitari che commettevano atrocità alla metà degli anni '80. "Li abbiamo fondati noi e noi li abbiamo finanziati. L'obiettivo adesso è di reclutare gente del posto ovunque lo riteniamo necessario. E non dobbiamo andare a dirlo al Congresso". Secondo un ex ufficiale militare che conosce bene le capacità del Pentagono di organizzare operazioni di guerriglia mi ha detto: "Stiamo per andare a braccetto con i cattivi ragazzi".

Alcune delle motivazioni per questa tattica sono state esposte in una serie di articoli scritti da John Arquilla, un professore di Strategie di Difesa all'Istituto di specializzazione navale di Monterey in California, e consulente sul terrorismo per la RAND Corporation. "Ci vuole una rete per combattere una rete", ha recentemente sostenuto Arquilla in un articolo sul San Francisco Chronicle: "Quando i bombardamenti e le operazioni militari tradizionali non sono serviti a sconfiggere l'insurrezione dei Mau Mau in Kenya negli anni '50, gli inglesi formarono bande di uomini della tribù amica Kikuyu che dovevano spacciarsi per terroristi. Queste pseudo-bande subito misero i Mau Mau sulla difensiva, sia soccorrendo e poi tendendo imboscate alle bande di combattenti sia conducendo i bombardieri ai campi dei terroristi. Ciò che ha funzionato in Kenya mezzo secolo fa ha una grande possibilità di minare la fiducia e il sostegno alla rete del terrore attuale. Formare nuove pseudo-band non dovrebbe essere difficile". "Se un ragazzotto un po' confuso della contea di Marin può unirsi ad Al Qaeda - scrive Arquilla, riferendosi a John Walzer Lindh, il ventenne californiano arrestato in Afghanistan - pensate cosa possono fare i professionisti dei reparti operativi". Un gruppo di operazioni segrete pilota sono state condotte l'anno scorso, mi ha riferito un consigliere del Pentagono, e una cellula terroristica è stata "creata" in Algeria con l'aiuto degli Stati Uniti.

Il consigliere si riferiva probabilmente alla cattura di Ammari Saifi, conosciuto come Abderrezak le Para, il capo di una rete terroristica nordafricana affiliata ad Al Qaeda. Ma alla fine dell'anno non c'è stato accordo all'interno del Dipartimento della Difesa sulle regole dell'accordo. "Il problema è identificare chi dà gli ordini - mi ha detto l'ex ufficiale dell'intelligence - Chi è che deve dire: fai questo, fai quello?". Un alto generale in pensione ha detto: "Il concetto di base è sempre stato molto chiaro, ma come si fa ad essere sicuri che le persone che lo mettono in pratica operino rispettando la legge?" "E' una sottigliezza dare il potere a Rumsfeld dandogli il diritto di agire in maniera veloce, decisa e letale", mi ha detto il primo consulente del Pentagono. "In tal modo le zone di intervento si espandono a tutto il mondo". Il Pentagono aveva già tentato di aggirare i limiti sulle operazioni segrete in precedenza. All'inizio degli anni '80 fu creata un'unità segreta dell'esercito autorizzata a operare oltremare senza troppi controlli. Il risultato è stato disastroso.

Il programma di operazioni speciali era inizialmente conosciuto come Attività di Supporto all'Intelligence (o I.S.A.) ed è stata amministrata da una base nelle vicinanze di Washington (come fu, più tardi, per la Gray Fox). Il programma era stato creato subito dopo il fallimento, nell'aprile 1980, del tentativo di liberare gli ostaggi americani in Iran, rapiti dai rivoluzionari islamici dopo la caduta del regime dello Shah. All'inizio, l'esistenza dell'unità è stata tenuta segreta da molti generali e leader civili del Pentagono, così come da molti membri del Congresso. L'unità fu schierata alla fine dall'amministrazione Reagan contro il governo sandinista in Nicaragua. E' stato pesantemente utilizzata per appoggiare i Contras. Dalla metà degli anni '80, tuttavia, le operazioni dell'I.S.A. sono state ridotte e molti dei suoi ufficiali storici furono condotti davanti alla corte marziale, per una serie di scandali finanziari, alcuni dei quali riguardavano traffici di armi. L'affare è conosciuto come lo "scandalo del frutto giallo" , dal nome in codice di una delle operazioni segrete dell'I.S.A. e, sotto vari aspetti, le procedure del gruppo prepararono il terreno allo scandalo Iran-Contra. Nonostante la controversia attorno al Frutto Giallo, l'I.S.A. continuò ad operare come unità segreta dell'esercito. "Ma vennero messe così tante restrizioni -dice il consigliere del Pentagono - che, all'interno dell'I.S.A., se volevi viaggiare a una velocità di cinquanta miglia dovevi richiedere un'autorizzazione speciale.

E c'erano certe zone, come il Libano, in cui non era possibile farlo". Il consigliere sostiene che le operazioni attualmente in corso sono simili a quelle che venivano condotte vent'anni fa, con gli stessi rischi, e sembra con le stesse ragioni per rischiare. "Ciò che li spingeva allora, ai tempi del Frutto Giallo, è che non avevano informazioni sull'Iran - mi ha detto il consigliere - Non avevano conoscenza di ciò che avveniva a Teheran e non avevano nessuno sul posto che potesse preparare il campo di battaglia". La decisione di Rumsfeld di rispolverare questo approccio deriva, ancora una volta, da un fallimento dell'intelligence in Medio Oriente, ha detto il consigliere. L'Amministrazione ha creduto che la CIA fosse incapace o non volesse fornire ai militari le informazioni che erano loro necessarie per combattere efficacemente il terrorismo internazionale. "Uno dei grandi problemi era che non avevamo le capacità di raccogliere informazioni nelle aree dove si trovavano i terroristi attraverso la cosiddetta Humint ("human intelligence") - mi ha detto il consigliere. Dato che la CIA dichiarava di fare così tanto affidamento su queste informazioni, il modo per risolvere il problema era quello di dichiarare che la CIA non faceva attività di raccolta delle informazioni in sostegno delle operazioni condotte all'estero dalle forze speciali.La CIA ha negato".

Riferendosi alla nuova autorità di Rumsfeld in merito alle operazioni segrete, il primo consigliere del Pentagono mi ha detto: "Non è un rafforzamento dell'intelligence militare, ma dell'indebolimento della CIA". Un ex ufficiale della CIA sostiene che l'eclisse dei servizi era prevedibile. "Per anni i servizi si sono fatti in quattro per cercare di integrarsi e coordinarsi con il Pentagono", mi ha detto. "Abbiamo scavato, scavato e alla fine abbiamo avuto quello che ci meritavamo. E' ormai assodato che il Pentagono è un grosso gorilla mentre il direttore della CIA è solo uno scimpanzé". Ci sono state pressioni anche da parte della Casa Bianca. Un ex ufficiale dei reparti segreti della CIA mi ha detto che nei mesi successivi alle dimissioni del direttore dell'agenzia Gorge Tenet nel giugno del 2004 la Casa Bianca ha iniziato ad essere molto critica con i vertici della CIA. E ha richiesto un maggiore appoggio alle posizioni politiche dell'Amministrazione". Porter Goss, successore di Tenet, ha iniziato quella che si potrebbe definire una "epurazione politica" nei vertici della CIA.

Tra gli obiettivi ci sono stati analisti storici, conosciuti per aver scritto rapporti in contrasto con la linea della Casa Bianca. L'ufficiale della CIA recentemente andato in pensione mi ha detto: "La Casa Bianca ha rivisto attentamente le analisi politiche del direttorio della CIA, in modo da distinguere gli apostati dai veri credenti". Alcuni vecchi analisti hanno presentato le loro dimissioni - con calma, e senza rivelare il loro grado di disaccordo. La Casa Bianca ha rafforzato il suo controllo sui servizi il mese scorso, quando ha presentato modifiche dell'ultim'ora alla legge di riforma dell'intelligence. La legge, basata sulle raccomandazioni della Commissione sull'11 settembre, dava originariamente ampi poteri, incluso il controllo sulle spese dell'intelligence, a un nuovo direttore nazionale dei servizi (il Pentagono controlla circa l'80 per cento del budget per i servizi). La legge di riforma è passata al Senato con 96 voti a favore e 2 contrari.

Prima che la Camera votasse, comunque, Bush, Cheney e Rumsfeld erano titubanti. Pubblicamente la Casa Bianca sosteneva la legge, ma il portavoce della Camera Dennis Haster si è rifiutato di far votare la legge - apparentemente in contrasto con il Presidente, sebbene fosse piuttosto chiaro che era stato incaricato di fermarne l'approvazione. Dopo molte pressioni da parte della Casa Bianca e del Pentagono, la legge è stata riscritta. Il testo approvato dal Congresso riduce notevolmente i poteri del nuovo direttore, con la scusa di far conservare al Segretario della Difesa "le responsabilità previste dalla legge". "Il piano di Rumsfeld è di ottenere dalla legge un compromesso che consenta al Pentagono di restare in auge a scapito della CIA" mi ha detto l'ex ufficiale dell'intelligence.

"Tutti i pezzi del puzzle combaciano. In questo modo egli ha ricevuto la legittimazione a condurre azioni segrete e a gestire le task force dell'intelligence". "Rumsfeld non ha intenzione di rispondere a nessuno della sua gestione -ha detto- Il sistema di intelligence è stato concepito in modo che le varie agenzie fossero in competizione, in modo da tenere alta la tensione. Questo non valeva solo per la CIA o l'FBI ma anche per il Dipartimento per la sicurezza nazionale. Tutto ciò è ora messo in discussione. L'implicazione più pericolosa del nuovo sistema è proprio che Rumsfeld non deve rispondere a nessuno di quello che fa".

http://www.zmag.org/Italy/hersh-guerre-venture.htm