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    Predefinito Oggi entra in vigore il PROTOCOLLO DI KYOTO

    Protocollo di Kyoto

    E ora tassiamo gli Usa

    Valerio Calzolaio, DS, Italia; Christin Hagberg and Carina Ohlsson, Socialdemocraterne, Svezia; Torben Hansen, Socialdemokraterne, Danimarca; Ulrich Kelber, SDP Germania; Bart Martens, SP-A Belgio; Genevieve Perrin Gaillard, Francia; Diederik Samsom, PvdA Olanda; Alan Simpson, Labour Party, Gran Bretagna

    Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore oggi. E' un evento storico. Tuttavia, dovrebbe essere l'occasione per valutare il compito enorme che abbiamo davanti nel combattere il cambiamento del clima. Secondo quanto ha riferito la settimana scorsa una task force internazionale a Tony Blair, l'inquinamento che provoca il riscaldamento terrestre sta raggiungendo livelli «pericolosi» e la Terra potrebbe arrivare al «punto di non ritorno» in un decennio. Per evitare ulteriori cambiamenti, che mettono a rischio miliardi di persone, nei prossimi due decenni le emissioni di anidride carbonica vanno ridotte di oltre il 30%. Sebbene lontano dalle necessità, il Protocollo di Kyoto fornisce l'unico ambito operativo per affrontare questa sfida con un'azione mondiale. Pertanto i paesi europei, la Russia, il Canada e il Giappone hanno continuato ad aderire al Protocollo anche dopo il ritiro degli Stati Uniti. E hanno ragione.

    Ora, con l'entrata in vigore di Kyoto, il paese più inquinante al mondo deve entrare in gioco. Il protocollo di Kyoto potrebbe sopravvivere fino al 2012 senza l'adesione degli Usa, ma non dopo quella data, quando le riduzioni dovranno essere effettive e rilevanti.

    Il tentativo di coinvolgere gli Usa nel dopo-Kyoto si è rivelato compito difficile. Per di più, per il nostro clima non serve una versione più blanda del Protocollo di Kyoto, ma il contrario. Pertanto, noi proponiamo una soluzione alternativa: una pressione economica che preveda tasse alle frontiere e contromisure. Finché gli Usa affronteranno la questione clima in modo separato dal resto del mondo, l'Ue dovrebbe imporre aggravi fiscali sui beni importati dagli Stati Uniti e, come misura alternativa, compensare i costi aggiunti di produzione dei beni europei esportati negli Usa. Una tassa europea del clima sui prodotti americani sarebbe applicabile soo su una quantità limitata di prodotti, quali acciaio, prodotti chimici, cemento e prodotti agricoli. La maggior parte delle industrie non risente della politica del clima, bensì trae vantaggi dall'innovazione e dall'efficienza energetica che essa genera. Ci rendiamo conto che le barriere commerciali rischiano di acuire i contrasti esistenti tra gli Usa e l'Ue. Tuttavia, pensiamo che sia urgente una seria azione mondiale circa il clima.

    E' chiaro che l'applicazione di barriere commerciali relative alla politica del clima sarà esaminata dall'Omc. Noi riteniamo che questa potrà ritenerla accettabile. Gli autori della New Economics Foundation hanno esaminato in dettaglio la questione, e hanno dimostrato che l'Unione Europea ha buone possibilità di vincere ogni eventuale conflitto relativo a questa tassa. Le misure commerciali attinenti al clima costituiscono delle contromisure. L'Omc consente alle nazioni di applicare contromisure per compensare il vantaggio competitivo in campo commerciale di cui beneficiano le aziende straniere quando ricevono sussidi dai loro governi. In questo caso il governo Usa, sebbene non conceda sussidi in forma diretta, favorisce indirettamente la sua industria evitando di assoggettarla a una politica climatica. Il ricorso a restrizioni commerciali correttive è consentito in particolare quando sia stato realizzato «uno sforzo in buona fede per raggiungere un accordo internazionale». Ed è chiaro che l'Ue e altri paesi hanno realizzato un serio sforzo per un accordo sul clima che includesse gli Stati Uniti. Nel maggio 2004 il commissario europeo Lamy ha citato possibili misure economiche: «E' anche importante rivedere l'ambito d'azione regolato dall'Omc allo scopo di uniformare il terreno di gioco».

    La verità è che sta venendo a mancare il tempo per affrontare la questione del cambiamento climatico. L'applicazione di misure economiche da parte dell'Ue - incluse misure commerciali nei confronti di chi non osserva il Protocollo di Kyoto - sarebbe utile, appropriata e legittima.

  2. #2
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    Ciao Andrea!

    Come va?

  3. #3
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    In vigore il protocollo di Kyoto, l'Italia rischia la bocciatura Ue



    Mercoledì entra in vigore il trattato di Kyoto ed è finalmente un segno positivo: si tratta di norme che vincolano 40 paesi a inquinare un po’ meno il pianeta, a pensare ad un nuovo modo di produrre. Peccato che in Italia questo evento sia salutato da forti indiscrezioni che vedrebbero il nostro paese bocciato per la seconda volta, proprio su questa materia, dall’Ue. Anche se da Bruxelles arrivano rassicurazioni («La Commissione non ha ancora preso alcuna decisione, il piano è sul tavolo, ma non abbiamo ancora deciso se dare il via libera o meno» dice Barbara Helfferich, portavoce del commissario Ue all'Ambiente, Stavros Dimas), lo spettro di una ennesima figuraccia tiene banco. «Sarebbe uno schiaffone memorabile» dice Roberto Della Seta, presidente di Legambiente: «Che la Ue non potesse accettare questo piano era d'altronde scontato: troppo carbone, nessun concreto tentativo di ridurre i gas emessi».

    Nuove strategie possibili.

    Dunque, mercoledì, molti paesi celebrano l’evento Kyoto. In Italia ci sarà un momento solenne ( e qualche apparizione di qualche ministro in tv che ne parlerà più o meno diffusamente): la discussione in aula di una mozione presentata dalla minoranza, tutta e compatta, per legare il governo agli impegni presi. «Abbiamo chiesto al presidente della Camera, Pierferdinando Casini, di discuterne il giorno dell’entrata in vigore del Trattato e il presidente ha mostrato grande sensibilità accettando immediatamente - ha spiegato martedì mattina il deputato Ds Valerio Calzolaio, nel corso di una conferenza stampa organizzata dall’Unione a Montecitorio - . Adesso ci aspettiamo che il governo ci sia con la massima rappresentanza, cioè il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Che ci sia il ministro Altero Matteoli lo diamo per scontato». La mozione, che porta le firme dei capigruppo Violante, Castagnetti, Boato, Sgobio e Giordano, oltre quella di altri parlamentari, impegna il governo a «sostenere la strategia comunitaria in materia di cambiamenti climatici fissata e gestita in sede Ue, negli ultimi dieci anni e impostare su questa base il negoziato multilaterale avviato sulle scelte successive al 2012» (in buona sostanza anche l’Italia dovrà attenersi alla direttiva sulle emissione e al contenimento del livello di riscaldamento nei 2 gradi, a prescindere dal rapporto costi-benefici).

    Italia, numeri di un disastro.

    Gli appuntamenti a cui non possono mancare gli Stati che hanno sottoscritto il Trattato sono quello del 2020 con una riduzione del 30% delle emissione di gas serra e del 60% nel 2050, tenendo come valori di riferimento quelli del 1990. Dice Valerio Calzolaio: «La storia dell’Onu è piena di principi enunciati, mentre quello di Kyoto è uno dei pochi impegni vincolanti sottoscritti a livello mondiale». Sarebbe un bel giorno anche per l’Italia al riguardo, se non fosse per due o tre numeri che la contano tutta su come sia la situazione. Il premier dirà che anche i dati sono comunisti, ma «nella riduzione da operare sulle emissioni se prima il taglio era del 6%, oggi, siamo tra il 14 e il 17%, grazie alla crescita reale dell’inquinamento climatico, che oscilla tra il 7 e il 10%». Altro dato: l’Italia non ha ancora fatto «partire il suo meccanismo, ufficialmente - ha detto Calzolaio - non abbiamo ancora presentato il piano nazionale delle assegnazioni e la commissione Ue ha tre mesi di tempo per dire sì o no». Edo Ronchi, portavoce di Sinistra ecologista, ed ex ministro dell’Ambiente, è in platea, come Fulvia Bandoli. Annuiscono e aggiungono osservazioni. «Se le aziende non rispetteranno il tetto di emissioni loro concesso - osserva Ronchi - le prime multe arriveranno nel 2008, ma se il loro piano di emissioni non è stato approvato, da quel momento non potranno neanche più esercitare».

    Occhiolino.

    I punti interrogativi sono ancora diversi, rispetto a quello che vorrà fare il governo: quale sarà, ad esempio, la posizione per il dopo 2012? «L’Europa - dice Fausto Giovanelli, senatore Ds - sta già pensando a cosa fare dopo il 2012, l’Italia ancora non fa nulla per gli obiettivi fissati per quella data». Tocca ad Ermete Realacci, per la Margherita, annotare «una piccola nota antipatica: lo smarcarsi dell’Italia dal protocollo di Kyoto sembra sempre più un ammiccare agli Stati Uniti». Ma Kyoto, sottolinea Realacci, «non è una politica da aggiungere a calle, è un tracciante di tutte le politiche, in primo luogo dei trasporti e poi della competitività». Fabrizio Vigni, capogruppo ds Commissione Ambiente dice: «L’Unione farà dell’Ambiente e dei temi legati alle politiche ambientali un punto importante del proprio programma di governo e Kyoto sarà una delle priorità assolute».

    Fuori, c’è il solito traffico caotico di sempre. Le centraline annunciano livelli di smog ancora di allarme: i sindaci sono sul piede di guerra perché il governo non dà una lira. Legambiente protesta in piazza del Parlamento, dopo aver lasciato un po’ di carbone di fronte all’ambasciata americana, i Verdi manifestano contro il governo e la sua politica. L’Aria è avvelenata.

  4. #4
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    In origine postato da danny78
    Ciao Andrea!

    Come va?
    Ho provato a fare cio' che ti avevo detto ma e' stato impossibile...riprovero'...magari oggi...,qui nn mi va di parlarne, cmq grazie

  5. #5
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    In origine postato da asti_sinistra
    Ho provato a fare cio' che ti avevo detto ma e' stato impossibile...riprovero'...magari oggi...,qui nn mi va di parlarne, cmq grazie
    ok!

  6. #6
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