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    Predefinito Modelli di vita per l'Azione Cattolica

    Purtroppo da alcuni anni l'Azione Cattolica ha abbandonato ciò che era in passato: cioè un'autentica fucina di giovani generazioni cattoliche, intrepide e ferme nella fede. Oggi, con il senso di buonismo imperante (da non confondare con la bontà), si tende ad assumere una visione superficiale della fede.
    Per questo, per rinsaldare ed additare dei modelli, ho deciso di aprire questo thread.

    Augustinus

  2. #2
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    Predefinito Cominciamo questa rassegna con un martire

    Dal sito SANTI E BEATI (con alcune aggiunte mie):

    Beato Francisco de Paula Castello y Aleu Martire

    29 settembre

    Alicante (Spagna), 19 aprile 1914 - Lèrida (Spagna), 29 settembre 1936

    Francisco de Paula Castelló y Aleu subì il martirio in occasione della persecuzione anti-cattolica infuriata con la Guerra Civile Spagnola. Giovane laico, fidanzato, allievo dei maristi e dei gesuiti, militò nell’Azione Cattolica Spagnola. Giovanni Paolo II lo ha beatificato l’11 marzo 2001 con altri 232 compagni, uccisi in luoghi e date diversi.

    Ben 233 martiri, vittime della feroce persecuzione religiosa che contraddistinse la Guerra Civile Spagnola (1936-1939) furono beatificati l’11 marzo 2001 dal sommo pontefice Giovanni Paolo II. In questa sanguinosa strage che attraversò la Spagna, il numero delle vittime superò il milione, colpendo persone di ogni età e classe sociale.
    E’ stato ormai appurato da parte degli storici che, all’interno di questo terribile massacro, gli anarchici ed i social-comunisti perpetrarono una vera e propria persecuzione volta ad annientare la chiesa cattolica in Spagna.
    I fedeli laici uccisi, solo perché cristiani, furono decine di migliaia e tra di loro spicca un nutrito gruppo di appartenenti all’Azione Cattolica.
    Tra di essi spicca il giovane Francisco de Paula Castelló y Aleu, nato ad Alicante il 19 aprile 1914. Qui la sua famiglia, catalana di origine, si trovava a motivo del lavoro del padre. Morto quest’ultimo, la madre con i tre bambini, tra cui Francisco appena neonato, fece ritorno a Lleida, in Catalogna. Francisco studiò alla scuola dei Fratelli Maristi e portò a termine i suoi studi superiori tecnici presso l’istituto chimico tenuto a Barcellona dai padri gesuiti.
    Studente universitario a Oviedo (Sturias), partecipò alle attività politiche dei gesuiti ed in particolar modo alla “Federazione dei giovani cristiani della Catalogna”, ramo dell’Azione Cattolica Spagnola. Conclusi gli studi in Scienze Chimiche, lavorò nel complesso Chimico “Cross” di Lleida, dove si fidanzò con Maria Pelegrí. Chiamato al servizio militare come soldato di leva, si trovò nel mezzo dei tragici avvenimenti della guerra civile appena scoppiata. Incarcerato la notte tra il 21 ed il 22 luglio 1936 dai miliziani repubblicani, il 29 settembre successivo fu sottoposto al giudizio del Tribunale popolare di Lérida, in quanto cattolico, ove ribadì a voce chiara e ferma la sua fede: “Se è un delitto essere cattolico sono certamente un delinquente e se avessi mille vite da dare a Dio Gli darei mille vite così come non manca chi mi difenda”. Fu accusato quindi di essere un fascista, ma l'unica prova che fu trovata nella sua casa e sul suo luogo di lavoro erano libri di chimica, scritti in italiano e tedesco.
    Fu quindi fucilato a mezzanotte del 29 settembre 1936 nel cimitero di Lérida assieme ad altri compagni soldati, cattolici come lui. Nell'andare al martirio, egli ed i compagni intonarono il Credo "Creo en Dios, Padre todopoderoso...". Contava 22 anni, 5 mesi e dieci giorni.
    Nel leggere le sue lettere dal carcere, nel 1937, il pontefice Pio XI sostenne che Francisco avrebbe potuto sicuramente costituire un valido modello per i giovani di Azione Cattolica di tutto il mondo.
    Purtroppo la sua tomba non può che essere identificata con la "Fosa Común de los Martires" a Lèrida.
    Nel febbraio del 1959 iniziò il processo informativo sulla fama del martirio del Beato. Il 18 novembre 1991 la Congregazione delle cause dei Santi approvò il processo ordinario diocesano, riconoscendo il martirio Francisco Castelló Aleu. Il 18 dicembre 2000 la medesima Congregazione emanò la Dichiarazione sul martirio dell'allora Servo di Dio. Quindi, Giovanni Paolo II lo beatificava, in Piazza San Pietro, l’11 marzo 2001 con altre 232 della medesima persecuzione.
    Il nuovo Martyrologium Romanum lo ricorda così nel giorno del suo martirio: “Ad Illerda in Spagna, ricordo del Beato Francisco de Paula Castelló y Aleu, martire, che, condannato alla pena capitale durante la medesima persecuzione, con animo giusto e somma fermezza non dubitò di offrire la sua morte per Cristo”.
    Nel giugno 2003 in Alicante si apre il processo di canonizzazione.

    Autore: Fabio Arduino





    Sepoltura di Francisco Castello Aleu

    Atto di nascita del Beato

    Annotazione del registro dei battesimi riguardante il Beato il 1° maggio 1914

    Madre del Beato, Teresa Aleu Andreu

    Padre del Beato, José Castelló Salue

  3. #3
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    Predefinito Decreto sul martirio della Congregazione per le cause dei santi

    Decretum super martyrio

    "Qui vicerit, dabo ei sedere mecum in throno meo, sicut et egovici et sedi cum Patre meo in throno eius" (Ap 3,31).

    Iesu Christi amor et spes fore ut cum Eo esset in aeterna habitatione, vitam atque mortem illustraverunt iuvenis Francisci de Paula Castelló y Aleu, qui Spiritus Sancti virtute usque in finem percucurrit viam crucis atque sanguinem effudit ad fidem testificandam, ita Dei et Ecclesiae inimicos vincens.

    Lucenti in lucem editus est die 19 mensis Aprilis anno 1914 a Iosepho Castelló Salué et Teresia Aleu Andreu, legitimis coniugibus Catalonia oriundis. Die 1 mensis Maii baptismum accepit, biennio post Confirmationem. Eodem ortus anno orbatus est patre; quocirca eius humanae christianaeque educationi mater consuluit (mortua anno 1929), pia et docta mulier, quae ludimagistra erat.

    Inda a puerita Servus Dei vivacem ostendit intellegentiam atque nisus est indolem continere, fortem et vehementem.

    Illerdae, quo commigraverat cum familia patre mortuo, discipulus fuit Instituti Fratrum Maristarum a Scholis. Baccalaureatum adeptus, institutum chemicum Societatis Iesu frecuentavis loci Sarriá (in urbe Barcinonensi siti), ubi amicitiam iniit cum P. Romano Galán, S.I., qui factus est eius moderator spiritus. Gratia Dei parens, suam christianam formationem excoluit et perfecit, magno cum fructu Exercitaciones spirituales obeundo. Incremento Regni Christi operam dedit tamquam socius Congregationis Marianae. Sacrificii spiritu atque salutis animarum studio suum explicavit apostolatum in vico suburbano durante studiorum cursu Barcinonensi et postea diutius in sua urbe Illerdensi uti membrum Consociationis Iuvenum Christianorum Catalonensium et Operis Exercitiorum Paroecialium.

    Apud Studiorum Universitatem Ovetensem studiis peractis (anno 1934) comparatione dimissionis a schola, opus fecit in officina Illerdensi atque in institutionem etiam incubuit, sicut "adiutor succedaneus gratuitus" in Instituto publico. In loco laboris exemplo fuit ob christianas virtutes et apostolicum ardorem; in pauperes liberalis fruit et ad progressum culturalem et socialem gregalium alacer. Baptismalibus officii fidelis, contendit in societate aetatis suae evangelii ferre fermentum sanctitate vitae suae, exercitationum spiritualium provectu, catechesi, operibus caritatis, culturae et scriptorum catholicorum praelo editorum propagatione. Lux interior in eius vultu et operibus fulgebat; eius namque actiones soliditatem fidei, spei laetitiam , amoris fervorem erga Dominum et proximos patefaciebant itemque cordis eius integritatem. Animam liturgia aluit, precatione, pietate in Eucharistiam et in Virginem Mariam. Familiam exoptabat sibi constituere; quapropter Maio mense anno 1936 puellam sibi despondit ; sed aliud iter ei Providentia praeparaverat.

    Die 1 mensis Iulii eodem anno militiam capessivit et etiam in illo ambitu fedem suam non obtexit, sed aperte religionis catholicae, cum laesa est, observationem exegit.

    Bello civili exorto in Hispania Servus Dei iis, qui praeerant oboedivit, inimicorum odium sibi conflans, et cum hi prevaluerunt, die 21 mensis Iulii anno 1936 eum comprehenderunt, accusatum quod esset "fascista" et catholicus. Prior accusatio evidenter falsa erat, siquidem Franciscus nullius partis erat; altera, contra, solido innitebatur fundamento, cumomnibus eius fides et apostolatus cura notae essent. Plures sunt capti conatos ut ei vita servaretur, sed omnes frustra fuerunt; immo quidam illi consanguinitate coniunctus ei suasit ut a fide catholica deficeret, aut saltem eam disimularte; quae sentencia fortiter est a Servo Dei reiecta, qui in carcere quoque veluti luxsplendes in tenebris esse perrexit; etenim in precatione se mersit ac pro sociis nisus est, numillima pro eis exsequens ministeria eosque verbis fidei, Rosario recitacione variisque cantibus religiosis confirmans.

    Die 12 mensis Septembris eodem anno ad carcerem privincialem Illerdensem traductus est. Die mensis Septembris, coram tribunali populari ductus, cum tranquillitate et firmitudine fidem suam denuntiavit, felicem se dicens quod vitam suam pro Deo devovebat. Capite damnatus, affirmavit : " Maxima beatitudo, quam homo frui possit in hoc mundo, est pro Christo mori ; et si mille vitas haberem, has pro hac profunderem Causa ne paulisper quidem haesitans ". Ad familiares scripsit : " Mortem oppeto laetanter et aequo animo ", ac desponsae suae patefecit gaudio necopinato, effrenato et inexplicabili se esse affectum. Suis persecutoribus ignovit et iis, quotquot nullam dederant operam ipsius liberationi consequendae. Ad supplicium procedens Credo cecinit ceterosque capitis damnatos adhortabatur. Antequam est plumbea glande transfossus clamavit verba veniae et spei. Ita viginti duos annos natus Servus Dei supremum dedit caritatis testimonium, die 29 mensis Septembris anno 1936.

    Statim eum fidei martyrem populus Dei habuit. Eiusmodi fama volventibus annis firmata est ; quocirca Episcopus Illerdensis anno 1959 Causam iniit beatificationis seu declarationis martyrii per celebrationem Processus Ordinarii Informativi, qui est anno 1971 conclusus. Processus auctoritas et vis agnita est a Congregatione de Causis Sanctorum decreto die 28 mensis Octobris anni 1991 promulgato. Confecta Positione, inquisitum est iuxta normas de asserto Servi Dei martyrio. Die 10 mensis Novembris anno 2000, exitu cum prospero, actus est Consultorum Theologorum Congressus Peculiaris. Patres Cardinales porro atque Episcopi, in Sessione Ordinaria die 12 mensis Decembris eodem anno habita, audita realtione Causae Ponentis, Excellentissimi Domini Petri Georgii Silvani Nesti, C.P., Archiespiscopi emeriti Camerinensis-Sancti Severini in Piceno, professi sunt iuvenem Franciscum de Paula Castelló y Aleu in odium fidei interfectum esse.

    De hisce omnibus rebus, referente subscripto Praefecto, certior factus, Summus Pontifex Iones Paulus II, vota Congregationis de Causis Sanctorum excipiens rataque habens, praecepit ut decretum super martyrio Servi Dei rite conscriberetur.

    Quod cum esset factum, accitis ad Se hodierna die infrascripto Praefecto necnon Causae Ponente meque Antistite a Secretis Congregationis ceterisque de more convocandis eisque adstantibus Beatissimus Pater declaravit : Constare de martyrio eiusque causa Servi Dei Francisci de Paula Castelló y Aleu, Christifidelis laici, anno 1936 interfecti, in casu et ad effectum de quo agitur.

    Voluit autem Sanctitas Sua ut hoc decretum publici iuris fieret et in acta Congregationis de Causis Sanctorum referretur .

    Datum Romae, die 18 mensis Decembris A.D 2000

    + Iosephus Saraiva Martins
    Archiep. Tit Thuburnicensis
    Praefectus

    + Eduardus Novak
    Archiep. Tit Lunensis
    A Secretis

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    Predefinito Un altro martire

    Dal sito SANTI E BEATI:

    Servo di Dio Gino Pistoni Giovane laico

    25 luglio

    Ivrea, Torino, 25 febbraio 1924 - 25 luglio 1944

    Dalla grande carneficina che fu la II Guerra Mondiale, con tutto il suo strascico di orrori contro l’umanità, spuntano ormai con frequenza tante belle figure di sacerdoti, religiosi, laici che hanno testimoniato la loro fede cattolica e l’amore per i fratelli sofferenti, a qualunque parte dei belligeranti appartenessero.
    In campo militare e civile, vi furono eroi da ambo le parti, che gli Stati, i governi, la società civile, hanno provveduto nel tempo a ricordare e additare con orgoglio con onorificenze, risarcimenti, intestazioni di vie e piazze, monumenti.
    Ma vi furono anche eroi più silenziosi, nascosti o rimasti a lungo trascurati nel ricordo ufficiale, che diedero la loro vita per la salvezza di altre, in virtù dell’amore totale verso Dio e di riflesso verso i fratelli nell’umanità; in alcuni casi pagarono con la vita, la loro fedeltà a Cristo ed alla Chiesa, denunciando e lottando contro la barbarie ideologica imperante.
    Per citarne alcuni, che la Chiesa ha già elevato alla gloria degli altari o sta per farlo, ponendoli come esempio ai fedeli cristiani: S. Massimiliano Kolbe francescano, beato Giuseppe Kowalski salesiano, beata Edith Stein carmelitana, servo di Dio Salvo D’Acquisto carabiniere, beato Tito Brandsma carmelitano, beato Marcello Callo laico impegnato, beato Secondo Pollo cappellano degli alpini.
    I giovani di quelle generazioni vissuti in quegli anni bui, furono i più colpiti, proprio per la loro gioventù, entusiasmo, partecipazione; fra loro troviamo il servo di Dio Gino Pistoni, giovane d’Azione Cattolica.
    Nacque ad Ivrea (TO) il 25 febbraio 1924, studiò nel Collegio S. Giuseppe di Torino, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane, divenendo ragioniere, si fece conoscere ed apprezzare per il suo impegno costante negli studi e nei doveri umani e cristiani, per le attività sportive e per la cura scrupolosa della propria formazione religiosa.
    Nel 1942 ebbe una vera svolta per la sua vita, entrando nelle file dell’Azione Cattolica della città di Ivrea; qui conobbe figure eminenti nella formazione della gioventù, sacerdoti e laici, che gli furono guida ed assistenti, nella sua attività di giovane impegnato a mettere in pratica il triplice motto dell’Associazione: Preghiera, Azione, Sacrificio; fu animatore dei centri giovanili in varie località della diocesi, riuscendo a vincere la sua notevole difficoltà a parlare in pubblico.
    Il suo fecondo apostolato nasceva da un finissimo spirito di preghiera, incentrata sull’Eucaristia, sulla lettura spirituale e sulla forte devozione alla Madonna.
    Il periodo del suo intenso apostolato, era funestato purtroppo dallo svolgersi della terribile Guerra Mondiale, girava per i vari circoli giovanili, con la bicicletta, le macchine se ne vedevano poche; in tutta questa devastazione Gino Pistoni, come tanti altri giovani d’Azione Cattolica, avvertì la necessità di servire la causa della giustizia e della libertà, entrando così in una formazione partigiana, non fece questa scelta per passione di guerra, né per un particolare odio verso i nemici, ma solo per partecipare alla resistenza agli invasori e per la difesa dei diritti delle popolazioni occupate.
    Fra i partigiani mantenne sempre un contegno lineare e irreprensibile, in coerenza con i suoi principi cristiani, suscitando stima e rispetto anche in chi si riteneva non credente.
    Il 25 luglio 1944, durante un attacco tedesco delle SS, mentre gli altri partigiani fuggivano, egli si attardò a soccorrere un soldato tedesco ferito, venendo colpito da una scheggia di mortaio, che gli recise l’arteria femorale. Restò nella più completa solitudine a dissanguarsi e a consumare la sua agonia, compiendo con le residue capacità un vero atto di fede: con le dita intrise di sangue, scrisse sulla tela del tascapane, un messaggio-testamento rimasto unico nella storia della Resistenza “Offro la mia vita per l’Azione Cattolica e per l’Italia, W Cristo Re”.
    Concludeva così a 20 anni, la sua stupenda vita di giovane entusiasta di Cristo; il suo cadavere venne ritrovato quattro giorni dopo con accanto, macchiato di sangue, il ‘Piccolo Ufficio della Madonna’; il funerale si tenne in forma privata a causa della guerra; ma la fama della sua santità si estese subito, il suo testamento di sangue, divenne oggetto di scritti di Dirigenti d’Azione Cattolica dell’epoca; la diocesi di Ivrea gl’intestò la casa alpina di Gressoney (AO), costruita vicino al luogo della sua morte e tuttora funzionante come centro estivo per i giovani delle parrocchie.
    Il Comune di Ivrea gli intitolò il campo sportivo ed una piazza; nel 1994, a 50 anni dalla sua morte, il vescovo di Ivrea avviò la causa di beatificazione, che prosegue ormai presso la Congregazione delle Cause dei Santi dal 1999.

    Autore: Antonio Borrelli




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    Predefinito Ancora un martire

    dal sito SANTI E BEATI:

    Servo di Dio Giuseppe Fanin

    4 novembre

    S. Giovanni in Persiceto (Bologna), 8 gennaio 1924 - 4 novembre 1948

    Entrò nel 1934 nel Seminario di Bologna, frequentandolo solo per un breve periodo, non sentendosi chiamato al sacerdozio. Diplomatosi nel 1943 all’Istituto Tecnico agrario di Imola, si iscrisse poi alla facoltà di Agraria dell’Università del capoluogo emiliano, dove si laureò nel febbraio 1948. Educato ai valori della fede in una famiglia profondamente cattolica, si era appassionato subito ai problemi della sua gente, diventando attivista delle ACLI, militante della FUCI e sindacalista. La sera del 4 novembre 1948, mentre rincasava in bicicletta, fu aggredito da tre facinorosi comunisti e barbaramente massacrato a colpi di spranga. Aveva soltanto 24 anni.

    La sera del 4 novembre 1948 un giovane sindacalista cattolico veniva aggredito, mentre rincasava in bicicletta, da tre facinorosi che avevano ricevuto l’ordine di dargli “una lezione”. Il giovane si chiamava Giuseppe Fanin, aveva soltanto 24 anni. Dopo una serata tranquilla trascorsa con la fidanzata Lidia Risi se ne tornava alla fattoria paterna: cadde su un mucchio di ghiaia stringendo nelle mani il rosario.
    A picchiarlo così selvaggiamente con una spranga di ferro furono fanatici comunisti che, nell’immediato secondo dopoguerra, terrorizzarono tutta l’Emilia Romagna mettendola a ferro e fuoco. Persecuzioni, vendette, omicidi a quel tempo erano all’ordine del giorno: contro ex fascisti, repubblichini, ma anche contro militanti cattolici, sacerdoti e laici. Vicende assai drammatiche della storia del nostro Paese su cui ancora oggi non è stata fatta del tutto piena luce, e che attendono una vera giustizia.
    L’efferato delitto di Giuseppe Fanin non fu perciò un caso isolato, ma è assai significativa la sua storia, tanto che la Curia di Bologna cinque anni fa ha pensato di avviare il processo di canonizzazione di questo dirigente aclista che fu un vero martire della giustizia e della fede e che rappresenta a buon diritto, per tutti i cattolici socialmente impegnati, un luminoso modello ed anche un sicuro patrono in cielo.
    Nato l’8 gennaio 1924 a S. Giovanni in Persiceto, provincia di Bologna, da genitori veneti immigrati negli anni Dieci nella bassa bolognese, Giuseppe Fanin era entrato nel 1934 nel Seminario di Bologna, frequentandolo solo per un breve periodo, non sentendosi chiamato al sacerdozio. Diplomatosi nel 1943 all’Istituto Tecnico agrario di Imola, si iscrisse poi alla facoltà di Agraria dell’Università del capoluogo emiliano, dove si laureò nel febbraio 1948.
    Educato ai valori della fede in una famiglia profondamente cattolica, si era appassionato subito ai problemi della sua gente, diventando attivista delle ACLI, militante della FUCI e sindacalista: i suoi amori erano la famiglia, il lavoro, la gente dei campi. Era convinto che senza Cristo non vi può essere apostolato sociale. Dalla sua famiglia aveva assorbito una religiosità limpida che era alla base delle istanze sociali che promuoveva.
    Fanin sognava un grande sindacato, un sindacato autonomo di forte ispirazione cristiana, e si adoperava con ogni energia per vederlo realizzato. Per questo i suoi giorni erano contati.
    In data 13 novembre 1948 l’“Avvenire d’Italia” pubblicava l’elenco delle aggressioni compiute contro gli aderenti ai liberi sindacati dal 21 settembre al 15 ottobre di quell’anno: una ventina in un tempo così breve! Nonostante ciò, vivendo in un luogo e in un periodo in cui la violenza era all’ordine del giorno, a chi gli consigliava di portare con sé un’arma per la sua difesa personale, Fanin – pur consapevole del pericolo che correva – mostrava la corona del suo rosario. Era quella la sua “arma”, e non ne voleva altre.
    Questo esuberante e limpido giovanotto innamorato della Madonna, affrontava ogni difficoltà a viso aperto, con slancio e ottimismo, sorretto da una robusta vita di pietà, le braccia sempre piene di fiori per adornare l’altare della S. Vergine, o da portare in dono alla sua fidanzata.
    Un santo laico, Giuseppe Fanin, un esempio alto e prezioso di testimonianza evangelica. La sua fede cristiana, sinceramente vissuta e praticata, aveva avuto come sbocco naturale la dedizione alla causa dell’uomo, secondo gli insegnamenti del Vangelo.
    Ancora oggi, sul luogo della sua brutale aggressione, c’è un cippo che ne ricorda il sacrificio, con su scolpite queste parole: “La strada bagnata dal sangue porta sicura alla méta”.

    Autore: Maria Di Lorenzo


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    Venerabile Egidio Bullesi Terziario Francescano

    25 aprile

    Pola (Istria), 24 agosto 1905 – 25 aprile 1928

    In questi ultimi decenni vengono sempre più spesso alla ribalta, figure di laici impegnati, giovani e meno giovani, che hanno fatto la storia dell’Azione Cattolica Italiana, originari da ogni angolo d’Italia e che per il loro donarsi spassionatamente all’apostolato fra i laici, mettendo in pratica il motto programmatico dell’Associazione: “Preghiera, Azione, Sacrificio”, hanno meritato per la loro santa vita, l’avviarsi delle relative Cause di Beatificazione.
    È il caso di Egidio Bullesi, il quale nacque a Pola (diocesi di Parenzo) nell’Istria e che allora apparteneva all’Austria, il 24 agosto 1905; terzo dei nove figli di Francesco e Maria Diritti, frequentò la scuola italiana, fino a quando nel 1914, scoppiata la Prima guerra Mondiale, dovette con la famiglia rifugiarsi a Rovigo in Italia.
    Ma dopo la dichiarazione di guerra da parte italiana all’Austria, mentre il padre era rimasto a lavorare a Pola, lui con il resto della famiglia, si dovette trasferire a Szeghedin (Ungheria), Wagna (Stiria) e Graz (Austria).
    Di carattere esuberante, impulsivo, istintivo, si sentiva profondamente italiano; per questo la famiglia Bullesi durante tutto il periodo della guerra, trascorse un periodo nero.
    La famiglia ritornò a Pola, diventata italiana, dopo il 1919 e secondo i biografi ebbe un periodo di rilassatezza nella pratica religiosa. Ma l’adolescente Egidio si riprese ben presto, con l’arrivo dei padri Francescani, che prese a frequentare, prima nel santuario della Madonna di Siana e poi nel centro della loro attività, l’orfanotrofio di S. Antonio.
    Intanto a 13 anni prese a lavorare come carpentiere nell’arsenale di Pola, dove nonostante la giovane età, si fece notare per la coraggiosa pratica della sua fede cattolica, specie in quell’ambiente di affermato socialismo, meritandosi comunque l’ammirazione e la stima di tutti.
    Seguendo l’esempio della sorella Maria, il 2 luglio 1920 a 15 anni, s’iscrisse nelle file della Gioventù d’Azione Cattolica e il 4 ottobre dello stesso anno, volle diventare anche Terziario Francescano. Nel campo lavorativo passò poi dall’Arsenale al cantiere navale di Scoglio Olivi, sempre a Pola, tenendo ben alti e saldi i suoi principi religiosi e morali; puntuale nei suoi doveri di lavoratore, tenendo testa con garbo ed attenzione a tutte le obiezioni e contrapposizioni in campo religioso.
    Con il suo entusiasmo di giovane istituì a Pola gli esploratori cattolici; aveva 19 anni quando si arruolò nella Marina Militare imbarcandosi sulla nave “Dante Alighieri”, anche qui operò il suo apostolato di giovane cattolico fra i circa mille marinai; diceva sempre: “L’Italia sarà grande solo quando sarà veramente cristiana!”. Dopo tre anni si congedò il 15 marzo 1927.
    Nonostante la grande crisi del lavoro che attanagliava l’Italia, fu chiamato, tramite il fratello maggiore Giovanni a lavorare nel cantiere navale di Monfalcone (Gorizia), dove il lavoro non mancava in quel periodo di armamento militare, scaturito con l’avvento del Fascismo.
    Anche a Monfalcone riprese il suo apostolato fra gli operai e dedicandosi anche alla ‘Conferenza di San Vincenzo’.
    Ma la sua splendida testimonianza di giovane cattolico impegnato, era giunta al termine, verso la fine di febbraio 1928 si ammalò gravemente, la malattia fra alti e bassi si protrasse per due mesi, finché si spense a soli 24 anni il 25 aprile 1928.
    Rivestito con la tonaca francescana fu seppellito nel cimitero di Pola; la fama della sua santità si diffuse rapidamente fra i marinai, dentro e fuori d’Italia e fra i membri dell’Azione Cattolica.
    Per i noti motivi politici, che coinvolsero l’Italia e l’Europa, con il seguito della Seconda Guerra Mondiale e anche con la perdita dell’Istria, assegnata nel 1947 alla Jugoslavia, non si poté aprire la Causa per la sua beatificazione, fino al 6 dicembre 1974, quando finalmente fu aperta dalla Curia di Trieste.
    La sua salma fu esumata dal cimitero di Pola e traslata definitivamente nell’isola di Barbana (Grado, Gorizia).
    Con decreto del 7 luglio 1997, papa Giovanni Paolo II gli ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù e il titolo di venerabile.

    Autore: Antonio Borrelli




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    Venerabile Egidio Bullesi Terziario Francescano

    25 aprile

    Pola (Istria), 24 agosto 1905 – 25 aprile 1928

    In questi ultimi decenni vengono sempre più spesso alla ribalta, figure di laici impegnati, giovani e meno giovani, che hanno fatto la storia dell’Azione Cattolica Italiana, originari da ogni angolo d’Italia e che per il loro donarsi spassionatamente all’apostolato fra i laici, mettendo in pratica il motto programmatico dell’Associazione: “Preghiera, Azione, Sacrificio”, hanno meritato per la loro santa vita, l’avviarsi delle relative Cause di Beatificazione.
    È il caso di Egidio Bullesi, il quale nacque a Pola (diocesi di Parenzo) nell’Istria e che allora apparteneva all’Austria, il 24 agosto 1905; terzo dei nove figli di Francesco e Maria Diritti, frequentò la scuola italiana, fino a quando nel 1914, scoppiata la Prima guerra Mondiale, dovette con la famiglia rifugiarsi a Rovigo in Italia.
    Ma dopo la dichiarazione di guerra da parte italiana all’Austria, mentre il padre era rimasto a lavorare a Pola, lui con il resto della famiglia, si dovette trasferire a Szeghedin (Ungheria), Wagna (Stiria) e Graz (Austria).
    Di carattere esuberante, impulsivo, istintivo, si sentiva profondamente italiano; per questo la famiglia Bullesi durante tutto il periodo della guerra, trascorse un periodo nero.
    La famiglia ritornò a Pola, diventata italiana, dopo il 1919 e secondo i biografi ebbe un periodo di rilassatezza nella pratica religiosa. Ma l’adolescente Egidio si riprese ben presto, con l’arrivo dei padri Francescani, che prese a frequentare, prima nel santuario della Madonna di Siana e poi nel centro della loro attività, l’orfanotrofio di S. Antonio.
    Intanto a 13 anni prese a lavorare come carpentiere nell’arsenale di Pola, dove nonostante la giovane età, si fece notare per la coraggiosa pratica della sua fede cattolica, specie in quell’ambiente di affermato socialismo, meritandosi comunque l’ammirazione e la stima di tutti.
    Seguendo l’esempio della sorella Maria, il 2 luglio 1920 a 15 anni, s’iscrisse nelle file della Gioventù d’Azione Cattolica e il 4 ottobre dello stesso anno, volle diventare anche Terziario Francescano. Nel campo lavorativo passò poi dall’Arsenale al cantiere navale di Scoglio Olivi, sempre a Pola, tenendo ben alti e saldi i suoi principi religiosi e morali; puntuale nei suoi doveri di lavoratore, tenendo testa con garbo ed attenzione a tutte le obiezioni e contrapposizioni in campo religioso.
    Con il suo entusiasmo di giovane istituì a Pola gli esploratori cattolici; aveva 19 anni quando si arruolò nella Marina Militare imbarcandosi sulla nave “Dante Alighieri”, anche qui operò il suo apostolato di giovane cattolico fra i circa mille marinai; diceva sempre: “L’Italia sarà grande solo quando sarà veramente cristiana!”. Dopo tre anni si congedò il 15 marzo 1927.
    Nonostante la grande crisi del lavoro che attanagliava l’Italia, fu chiamato, tramite il fratello maggiore Giovanni a lavorare nel cantiere navale di Monfalcone (Gorizia), dove il lavoro non mancava in quel periodo di armamento militare, scaturito con l’avvento del Fascismo.
    Anche a Monfalcone riprese il suo apostolato fra gli operai e dedicandosi anche alla ‘Conferenza di San Vincenzo’.
    Ma la sua splendida testimonianza di giovane cattolico impegnato, era giunta al termine, verso la fine di febbraio 1928 si ammalò gravemente, la malattia fra alti e bassi si protrasse per due mesi, finché si spense a soli 24 anni il 25 aprile 1928.
    Rivestito con la tonaca francescana fu seppellito nel cimitero di Pola; la fama della sua santità si diffuse rapidamente fra i marinai, dentro e fuori d’Italia e fra i membri dell’Azione Cattolica.
    Per i noti motivi politici, che coinvolsero l’Italia e l’Europa, con il seguito della Seconda Guerra Mondiale e anche con la perdita dell’Istria, assegnata nel 1947 alla Jugoslavia, non si poté aprire la Causa per la sua beatificazione, fino al 6 dicembre 1974, quando finalmente fu aperta dalla Curia di Trieste.
    La sua salma fu esumata dal cimitero di Pola e traslata definitivamente nell’isola di Barbana (Grado, Gorizia).
    Con decreto del 7 luglio 1997, papa Giovanni Paolo II gli ha riconosciuto l’eroicità delle sue virtù e il titolo di venerabile.

    Autore: Antonio Borrelli



    VERAMENTE BELLA ED AFFASCINANTE QUESTA DISCUSSIONE SUI MODELLI DELL'AZIONE CATTOLICA E NON SOLO. PECCATO CHE NESSUNO ABBIA MODO QUI DI AMMIRARLA E GUSTARLA.
    DEVO DIRE CHE GRANDE SIMPATIA POI MI ISPIRA IL VENERABILE BULLESI. FORSE PERCHè è "FRANCESCANO" COME ME
    PACE E BENE

    FRANCESCANO

 

 

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