Ricorre in questo mese di febbraio l’anniversario del bombardamento di Dresda, superiore per numero di morti (tra i 100.000 e i 135.000, forse 200.000 per l’impossibilità di identificare corpi fusi con l’asfalto per la temperatura di 300 gradi venutasi a creare, per le vittime di cui non restò nulla per essere state aspirate dalla tempesta di fuoco nella zona centrale dell’incendio, e per la massa di circa 400.000 profughi, molti dei quali non censiti, provenienti dalla Slesia, dalla Pomerania orientale, dalla Prussia a seguito dell’avanzare della disumana Armata Rossa) al notissimo bombardamento di Hiroshima (71.000 morti); pochi sanno che i morti dei tanto biasimati bombardamenti tedeschi di Guernica e di Coventry (per quest’ultimo fu addirittura creato il neologismo “coventrizzare”) non arrivarono, rispettivamente, neppure a 100 e a 400 morti.
Dresda era la più bella e più suggestiva città della Germania, la “Firenze dell’Elba” come scrisse il poeta Gottfried Jeder, ricca di palazzi barocchi e rococò, di piccole case di legno e mattoni rossi del medioevo gotico, di antichissime taverne e birrerie; priva di difesa contraerea, era popolata da bambini (che stavano festeggiando in maschera il carnevale) donne e anziani, non aveva impianti industriali, né importanza strategica ed inoltre l’esito della guerra era già segnato indiscutibilmente a favore degli Alleati.
Più di 800 bombardieri britannici del tipo “Lancaster” diedero inizio alla tragedia scaricando 3.000
tonnellate di bombe di vario genere (il 70% di queste bombe era di tipo incendiario, soprattutto al fosforo e provocarono un vento della velocità di 300 km. all’ora che trascinò in una infernale fornace ogni persona, animale, cosa e fece addirittura oscillare i pesanti bombardieri che volavano a 5.000 metri di altezza); per non essere da meno il giorno dopo 311 bombardieri americani B 17 scaricarono sui superstiti che si contorcevano sulle rive dell’Elba e sui soccorritori altre 711 tonnellate di bombe, seguiti subito dopo da altri 210 B17 che scaricarono, sempre sui superstiti e sui soccorritori, altre 463 tonnellate di bombe.
Il bagliore dell’incendio, durato cinque giorni per mancanza di reti idriche, anch’esse distrutte, necessarie almeno al suo contenimento, era visibile fino a 300 km. di distanza.
Tra i tanti testi che si sono occupati dell’argomento suggeriamo il più completo e più scientifico: Apocalisse 1945, di David Irving, edizioni Settimo Sigillo, pagine 348, euro 35,00.
L’immagine che accompagna il commento è quella di sir Arthur Travers Harris, il demone che ha caldeggiato, organizzato ed attuato gli eventi ricordati.
di Effedieffe