Appello a Napolitano: Salvare l'Italia da Kyoto
di Emanuela Zoncu
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Il Mediterraneo diventerà un sorta di bacinella d’acqua calda dove delfini e tartarughe marine saranno solo un vago ricordo. I figli dei nostri nipoti non potranno più andare a sciare e soffriranno di asma e malattie infettive e respiratorie. E Venezia se non finirà sott’acqua (come ci dicono da tempo), finirà a secco, nel senso che andrà incontro a una sorta di desertificazione. Sono queste le conclusioni a cui sono arrivati circa 200 esperti del Panel Intergovernativo sul mutamento climatico che hanno presentato a Bruxelles il IV rapporto sugli impatti del riscaldamento globale. Ma sulla vera natura dell’emergenza e sui metodi da utilizzare per farvi fronte, non tutti sono d’accordo. In Italia, cinquanta scienziati – tra cui Renato Ricci, Franco Battaglia, Umberto Veronesi, Cinzia Caporale, Umberto Tirelli e Giorgio Salvini – hanno infatti inviato una lettera aperta al presidente della Repubblica nella quale passano in rassegna la decisione del Parlamento italiano di ratificare il Protocollo di Kyoto. Il motivo del dibattito è riassunto nelle prime righe: “Come cittadini e uomini di scienza, avvertiamo il dovere di rilevare che la tesi sottesa al Protocollo, cioè che sia in atto un processo di variazione del clima globale causato quasi esclusivamente dalle emissioni antropiche, è a nostro avviso non dimostrata, essendo l’entità del contributo antropico una questione ancora oggetto di studio”. Secondo gli esperti, gli obiettivi del Protocollo sarebbero inadeguati semplicemente perché inciderebbero in maniera irrilevante sulla quantità totale di gas serra e in maniera disastrosa sulle finanze del Paese: all’impossibilità di rispettare gli impegni farebbero infatti riscontro le pesanti sanzioni previste per i Paesi inadempienti che “rischiano di costare all’Italia oltre 40 miliardi di euro per il solo periodo 2008-2012. Le tre soluzioni incentivate dallo Stato – biocarburante, eolico, fotovoltaico - secondo gli esperti possono raggiungere neanche il 5% degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Il tutto mentre si continua a respingere ogni ipotesi sul nucleare, una fonte “sicura, rispettosa dell’ambiente e l’unica in grado di affrontare responsabilmente gli obiettivi degli accordi internazionali per l’energia”.
Gli impegni presi
L’Italia si è impegnata a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni di gas-serra del 6.5% rispetto alle emissioni del 1990, ma considerato che da allora, come sottolineano i firmatari della lettera, le emissioni italiane di gas-serra sono aumentate, per onorare l’impegno assunto “dovremmo ridurre quelle odierne del 17%, cioè di circa 1/6”. Poco male, se non fosse che sulla base dell’attuale assetto e delle prospettive di evoluzione a breve-medio termine del sistema energetico italiano, l’obiettivo è tecnicamente irraggiungibile nei tempi imposti.
Impossibile sostituire il 50% del carburante per autotrazione con biocarburante
Per sostituire il 50% del carburante per autotrazione con bioetanolo, tenendo conto dell’energia netta del suo processo di produzione, sarebbe necessario coltivare a mais 500.000 kmq di territorio. Superficie di cui non disponiamo. Inoltre, anche coltivando a mais tutta la superficie agricola attualmente non utilizzata, pari a 10.000 kmq, “l’uso dei biocarburanti ci consentirebbe di raggiungere meno del 2% degli obiettivi del Protocollo di Kyoto”.
L’utopia delle fonti alternative
Secondo gli esperti, sostituire con l’eolico il 50% della produzione elettrica nazionale significherebbe installare 80 GW di turbine eoliche, ovvero 80.000 turbine (una ogni 4 kmq del territorio nazionale). “Appare evidente – si legge nel documento - il carattere utopico di questa soluzione (che, ad ogni modo, richiederebbe un investimento non inferiore a 80 miliardi di euro). Sul fronte del fotovoltaico, sarebbe invece necessario installare 120 GW fotovoltaici (con un impegno economico non inferiore a 700 miliardi di euro), a fronte di una potenza fotovoltaica attualmente installata nel mondo inferiore a 5 GW. La conclusione? “Installando in Italia una potenza fotovoltaica pari a quella installata in tutto il mondo, non conseguiremmo neanche il 4% degli obiettivi del Protocollo di Kyoto”.
La miopia del Governo sul nucleare
La soluzione, secondo i 50 scienziati, sta invece nel nucleare. Per sostituire il 50% della produzione elettrica da fonti fossili basterebbe installare 10 reattori del tipo di quelli attualmente in costruzione in Francia o in Finlandia (in linea con l’Ue), con un investimento complessivo inferiore a 35 miliardi di euro. Questo consentirebbe all’Italia di produrre da fonte nucleare una quota del proprio fabbisogno elettrico pari alla media europea (circa 30%).
Le richieste dell’Associazione Galileo 2001
Sono tre i punti fondamentali nei quali sono riassunte le istanze degli scienziati. La prima richiesta riguarda la definizione di un piano energetico nazionale (PEN), che veda la partecipazione di esperti europei, che includa la fonte nucleare e che dia alle fonti rinnovabili la dignità che meritano ma entro i limiti di ciò che possono realisticamente offrire. Al secondo punto c’è la richiesta che la comunità scientifica sia interpellata e coinvolta nella definizione del PEN e che si proceda alla costituzione di una task force qualificata per definire le azioni necessarie a rendere praticabile l’opzione nucleare. Infine, gli esperti chiedono al Governo che si interrompa la proliferazione di scoordinati piani energetici comunali, provinciali o regionali e che non siano disposte incentivazioni a favore dell’una o dell’altra tecnologia di produzione energetica al di fuori del quadro programmatico di un PEN trasparente e motivato sul piano scientifico e tecnico-economico.