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    Jusepe de Ribera, L'Immacolata Concezione, 1635, Iglesia del Convento de las Agustinas Recoletas de Monterrey, Salamanca

    El Greco, L'Immacolata Concezione, 1608

    Giambattista Tiepolo, L'Immacolata Concezione e Sei Santi, 1737-1740, Museum of Fine Arts, Budapest

    Guido Reni, L'Immacolata Concezione, 1627, Metropolitan Museum of Art, New York

    Guido Reni, I Padri della Chiesa discutono del dogma dell'Immacolata Concezione, 1625 circa, Hermitage, San Pietroburgo

  2. #12
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    Bartolomé Esteban Murillo, L'Immacolata Concezione detta "Squillace", 1670 circa, Hermitage, San Pietroburgo

    Bartolomé Esteban Murillo, Immacolata concezione (detta La Colossale), 1650 circa, Museo de Bellas Artes de Sevilla, Siviglia

    Bartolomé Esteban Murillo, L'Immacolata Concezione , 1662

    Bartolomé Esteban Murillo, L'Immacolata Concezione, 1665 circa, Museo del Prado, Madrid


  3. #13
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    Predefinito Il Beato Pio IX e l'Immacolata

    PIO IX E L'IMMACOLATA

    a) STORIA DEL PRIVILEGIO MARIANO

    DA DUNS SCOTO AL VEN. PIO IX


    di ANGELO MENCUCCI


    Quando Pio IX, l'8 Dicembre 1854 proclamò il Dogma dell'Immacolata come verità rivelata da Dio, il protestante razionalista Harnach scrisse una frase spiritosa e incredula: "Ma quando, e perché, e da chi?".

    Sono espressioni ironiche, pertubanti, ma possono essere motivo anche per i credenti di ricordare la lunga, sofferta ricerca teologica di questo privilegio di Maria SS. sino alla formulazione definitiva e infallibile della chiesa.

    La verità della Immacolata Concezione era già patrimonio della fede orientale e della prima festa sotto questo titolo sin dal secolo VI e VII. Nella Chiesa latina sin dal mille.

    Ma lo studio sulla Immacolata divenne calda materia nel periodo della Scolastica: vi sono stati Santi, Dottori della Chiesa, Università Teologiche pro e contro questa verità; il primo grande difensore dell'Immacolato concepimento di Maria, fu il francescano Duns Scoto (di cui in questo anno si celebra il 6° Centenario della sua Professione religiosa).

    - Giovanni Duns Scoto, il "Doctor subtilis", il Cavaliere dell'Immacolata

    Era nato a Duns in Scozia nel 1265 o 1266.

    Entrò nell'ordine Francescano ed ebbe per maestro negli studi teologici Guglielmo Ware (o Varrone), uno dei fautori appassionati dell'immacolata concezione. Scoto succedette al suo maestro nella cattedra di Oxford, e quivi cominciò a propugnare la sentenza immaculista. Da Oxford passò poi a Parigi, ed ebbe il dottorato ed il magistero alla Sorbona. Il maestro di Scoto pure, Ware, insegnò a Parigi, ma non sembra che abbia avuto occasione di sostenere pubblicamente, ed in maniera che destasse la comune attenzione, il privilegio di Maria. Il primo che richiamò l'attenzione generale sull'immacolata concezione, e l'impose al rispetto di molti fu dunque Scoto. Ciò avvenne nei primi del 1300. Pochi anni più tardi, un fiero avversario del privilegio della Vergine, il domenicano Gerardo Renier, chiamava Scoto "il primo seminatore di questo errore, (dell'opinione cioè immaculista). - Scoti, primi seminatoris hujus erroris, vel secundum Augustinum, falsae aequivalenter hujus haereticae pravitatis". Ciò avveniva nel 1350, e queste parole, nessuno oserebbe negarlo, costituiscono, a riguardo di Scoto, una testimonianza di primo ordine.

    A proposíto dell'influsso che ebbe Scoto sul trionfo della dottrina dell'Immacolata Concezione, divenne più tardi popolare il racconto di una sua meravigliosa disputa sostenuta a Parigi per ordine della S. Sede ed alla presenza dei delegati di lei, allo scopo di dissipare tutte le ombre che nelle scuole si venivano accumulando contro l'insigne privilegio della Madre di Dio.

    Bernardino da Bustis nell'Officio cla lui composto in onore di Maria Immacolata, ed approvato da Sisto IV nel 1480 ne parla nei seguenti termini: "Vi fu un tempo in cui certi religiosi si accesero di tanto accanimento contro l'Immacolata Concezione, che chiamavano eretici i frati dell'Ordine dei Minori, perché nella loro predicazione sostenevano essere stata la Madre di Dio concepita senza peccato. Su questo argomento fu per ordine della Sede apostolica tenuta una pubblica disputa nello studio di Parigi (Sorbona). Gli accennati accusatori vi intervennero con un numero addirittura straordinario dei loro dottori. Ma N. Signore a protezione della dignità della diletta sua Madre, d'improvviso destinò a quella città Scoto esimio dottore dell'Ordine dei Minori, ed egli confutati tutti i fondamenti e gli argomenti dell'avversario con ragionamento inconfondibile, fece brillare di tanta luce la santità della concezione della Madonna, che tutti quei frati, pieni di ammirazione per la sua sottigliezza si racchiusero nel silenzio e cessarono dalla disputa. Di conseguenza l'opinione dei Minori fu approvata dallo studio di Parigi. Scoto poi fu per questo denominato il Dottor sottile".

    La disputa ebbe luogo o verso la fine del 1307, o sul principio del 1308. Scoto sarebbe allora venuto espressamente a Parigi da Oxford. Arrivato il giorno del grande atto Sorbonico, come si chiamava allora la disputa, mentre Scoto si avviava al luogo della discussione, si prostrò davanti ad una statua della Vergine che si trovava sul suo passaggio, e le indirizzò questa preghiera: Dignare me, laudare te, Virgo sacrata: da mihi virtutem contra hostes tuos. La Vergine, ad attestare il gradimento di questo atto, inclinò il capo: posizione questa che avrebbe poi conservata anche in seguito.

    Incominciata la disputa, gli avversari scrosciarono su Scoto una vera gragnuola di argomenti. Non se ne contarono meno di duccento. Scoto li ascoltò tutti con grande attenzione, col contegno modesto' ma colla tranquillità ed il presagio del trionfo, dipinti in volto. Quando gli avversari si tacquero egli prese a confutare tutti i loro argomenti: li confutò uno per uno nel medesimo ordine con cui erano stati proposti, con quella medesima facilità, con cui Sansone rompeva i vincoli coi quali Dalila l'aveva legato.

    Conseguenza di tale disputa sarebbe stata non solo l'approvazione della Sorbona data alla opinione imrnacolista, ma altresì l'adozione da parte della insigne Università della relativa festa, nonché il rifiuto dei gradi accademici a chi avesse osato esprimere un sentimento diverso.

    Così il discepolo di Scoto, Francesco Mayroni, riassumeva l'argomento del maestro: "Dio ha potuto preservare Maria dal peccato: era conveniente che lo facesse: dunque lo fece. - Potuit, decuit, ergo fecit".

    I contemporanei lo chiamarono Doctor subtilis, e i porteri: Doctor Verbi Incarnati e Doctor Marianus.

    La Causa di Beatificazione fu ufficialmente aperta nel 1905.

    La Beatificazione il 20 marzo 1993.

    - Pio IX il Pontefice dell'lmmacolata e la "Bolla Ineffabilis"

    Le dispute perdurarono sino al Ven. Pio IX.

    Ora questa verità non è più incerta e disputabile, essa fa parte dei dogmi della nostra fede e fu solennemente definita da Pio IX il giorno 8 dicembre 1854 con la Bolla Ineffabilis, ove si proclama: "1I Dio ineffabile sin dal principio e innanzi ai secoli, elesse e dispose all'Unigenito suo Figlio una Madre, da cui fatto uomo, avesse egli a nascere nella felice pienezza dei tempi, e fra tutte le creature di tanto amore predilesse, lei, da compiacersi in lei sola con propensissimo affetto. Per il che, assai più che tutti i santi, la ricolmò dell'abbondanza di tutte le grazie celesti, tolte dal tesoro della divinità, in un modo così meraviglioso, che sempre affatto immune da ogni macchia, di peccato, e tutta bella e perfetta, ebbe in sé quella pienezza d'innocenza e di santità, di cui maggiore non può concepirsi al di sotto di Dio, e cui nessuno fuor che Dio stesso può raggiungere col pensiero. E per verità era del tutto conveniente, che sempre rifulgesse ornata degli splendori di pefettissima santità, ed affatto immune dalla stessa macchia della colpa originale, riportasse amplissimo trionfo dell'antico serpente, una sì venerabile Madre.

    "Dopoché mai non cessammo nell'umiltà e nel digiuno, di offrire a Dio Padre, per mezzo del Figliuol suo, le private nostre preghiere e quelle pubblicate della Chiesa, affinché si degnasse di dirigere e confortare la nostra mente colla virtù dello Spirito Santo, implorato il soccorso di tutta la corte celeste, ed invocato con gemiti lo Spirito Paraclito, il medesimo così ispirandoci, ad onore della santa ed individua Trinità, a decoro ed ornamento della vergine madre di Dio, ad esaltazione della fede cattolica e ad incremento della cristiana religione, coll'autorità del SignorNostro Gesù Cristo, dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo, che la dottrina la quale ritiene che la Beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore dell'uman genere, fu preservata immune da ogni macchia di colpa originale, è da Dio rivelata e quindi da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli.

    Per la qual cosa, se alcuni presumessero, il che Iddio tenga lontano, di sentire in cuor loro diversamente da quanto fu da noi definito, conoscano e sappiano per fermo, che condannati dalproprio giudizio, hanno fatto naufragio nella fede".

    b) PIO IX E IL DOGMA DELL'IMMACOLATA

    di MANLIO BRUNETTI


    Sull'intenzione di Pio IX, tra la fine del '48 e gli inizi del '44, di procede re verso la definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione, il massimo storico attuale scrive: "Le circostanze eccezionali del momento, l'esilio a I Gaeta e l'immirìente proclamazione della Repubblica Romana non faceva. no che stimolare il papa nella via intrapresa, che nella sua tipica forma mentis gli appariva non solo una questione teologica ma anche come il rimedio più efficace per la salvezza della Chiesa, del suo capo, della società intera dai mali che sovrastavano minacciosi".

    Comunque siano da leggere queste righe, specialmente la " tipica f orma mentis", è certo che Pio IX fu sospinto a definire questo dogma dalla sua pietà mariana che, mai ingenua e gratuita in chi abbia studiato un po' di Teologia, egli mantenne nell'esercizio del suo pontificato, nel quale, però, anche le particolari curvature del temperamento e della educazione familare vengono chiamate a inquadrarsi nelle responsabitità det supremo magistero. Pensare che papa Mastai abbia proceduto a dogmatizzare l'Immacolata e' più tardi, l'Infallibilità pontificia sulla spinta di pulsioni ed entusiasmi temperamentali è, da una parte, fare il credito che si meritano ai condizionamenti psicotogici cui nessun papa e nessun uomo può sottrarsi; ma sarebbe tendenzioso ricavarne che ne possa andar distrutto o menomato lo scrupoto per la giustificazione teologica che si impone al Maestro autentico dinnanzi alla Chiesa e all'intera cristianità.

    - L'impasse teologica

    Sul piano delle scienze teologica la controversia sull'immacolato concepimento di Maria ss., iniziata nel sec. XIII e protrattasi senza tregua da allora lungo sette secoli con alterne vicende, sembrava giunta a un punto fermo insuperabile (nonostante che il sensus fidei deponesse in favore'. E piu, consigliava prudenza il fatto che non fosse tra cattolici ed eretici, ma tra sostenitori (francescani e domenicani, per semplificare) di verità assolute del rnedesimo eredo eattolico: I'universalità del peccato e della redenzione per Cristo, da un lato, ad includere Maria; I'onore della Trinità ed il ruolo della Vergine nell'econornia dell'Incarnazione, dall'altro, e sottrarla alla colpa originale. Scoto, inoltre, aveva dimostrato la "convenienza" del privilegio mariano, non l'assotuta necessità e quindi il fatto, che avrebbe, invece, potuto risultare solo dalle fonti della Rivelazione, nelle quali, per altro, non tutte le verità di fede sono presenti alla stessa maniera e con identico grado di esplicitazione, e le testimonianze dei Padri, non essendo proposte nei termini fissati solo posteriormente, assai difficilmente potevano ricondursi, così come suonavano, pro o contro la tesi immacolatista. Né era ancora matura l'idea di un Concilio da cui, come in passato, si decidessero le questioni pendenti, fra le quali questa della Concezione Immacolata vedeva nel campo della negazione schierati lungo i secoli Padri e Dottori di primissimo ordine, a consigliare, semmai, un'ulteriore sospensione del giudizio.

    - Influsso della devozione privata

    La devozione e la propensione private di Giovanni M. Mastai Ferretti hanno avuto, certo, la loro parte nella determinazione che Pio IX sembra aver assunto, nel momento che si sentì sulla fronte la tiara pontificia, di porre line alla secolare controversia teologica e di definire l'Immacolata CNoncezione.

    Già dal 1821, giovane sacerdote, seguendo l'esempio di prelati romani, faceva il ritiro mensile nella cappella del Convento di S. Bonaventura al Palatino, dove era esposta la Lettera Profetica di S. Leonardo da Porto Maurizio, l'ultimo grande araldo dell'Immacolata, e davanti all'urna del Santo aveva voluto rícevere l'abito del Terzo Ordine francescano. E per leggere quella Lettera Profetica ed averne copia, appena eletto papa si reca con tutto il suo seguito al Convento di S. Bonaventura, come attestano i contemporanei pp. Giuseppe da Roma e Agostino Pacifico.

    Scoppiata a Roma la rivoluzione il 15 novembre 1848 ed il 24 rifugiatosi Pio IX a Gaeta (che, tempo addietro, era stata evangelizzata da S. Leonardo), il re delle due Sicilie Ferdinando II gli offre ospitalità, ma dietro suggerimento degli Alcantarini di Napoli, per mezzo del suo ambasciatore il duca di Serracapriola, curatore degli affari economici dei francescani, gli chiede come contraccambio la definizione dogmatica dell'Immacolata. Nella sua risposta all'inviato reale Pio IX dichiara che le grandi parole di S. Leonardo e le suppliche del mondo cristiano non gli lasciano più riposo e che è ben risoluto all'azione. Infatti il 2 febbraio 1849 pubblica da Caeta l'enciclica Ubi Primum, nella quale chiede all'episcopato di tutto il mondo di fargli conoscere con lettere il suo pensiero e quello dei fedeli riguardo all'Immacolata Concezione. Questo ricorso ai Vescovi della cristianità è precisamente quel "Concilio per iscritto e senza spese" preconizzato da S. Leonardo presso Clemente XII e Benedetto XIV. Il risultato dell'inchiesta è noto: 1'8 dicembre 1854 il dogma è proclamato.

    - Concezione collegiale del Magistero

    Su questa radice magisteriale del dogma (la consultazione della Chiesa per mezzo dell'Episcopato, che si sovrappone a quella devozionale privata, intendo insistere, come su quella sussunzione di indole e virtù personali nelle esigenze e responsabilità pontificie che è, così intesa, davvero la "tipica forma mentis" di Pio IX. Già di qui, ossia da come volle giungere al dogma, si può vedere come colui che, più tardi, nel 1870, richiederà nella formula definitoria dell'Infallibilità l'adiectum "non autem ex consensu ecclesiae", aveva dell'esercizio dell'in fallibilità una concezione che più tardi, al Vaticano II, si chiamerà "collegiale". Pio IX era già, nel 1854, convinto, come la maggioranza dei vescovi e dei fedeli, di quella prerogativa petrina. Ma non la immaginava come esclusiva, intesa cioè ad escludere il collegio episcopale, né come solitaria, da far valere cioè nonostante o contro il (con)sensus fidei dell'intera Chiesa. Quella clausola sarà posta ad affermare, non a negare; ad eliminare ogni residuo conciliarista, ogni insinuazione di secondarietà e dipendenza del Pastore rispetto al gregge nella custodia ed interpretazione del depositum fidei; non a separare la sua dalla fede di tutti, la sua dall'assistenza che lo Spirito dedica a tutta la Chiesa.

    A dirimere la controversia mariologica si appella, non al rapporto di forza persuasiva~delle argomentazioni teologiche - questo apparato, desunto dalla Scrittura e dalla tradizione, varrà conseguentemente: non a produrre, ma a giustificare l'assenso!; non al giudizio teologico suo proprio o della Scuola (Romana: fior di teologi!) che lo assiste; ma al "sentire" della Chiesa, che egli non si inventa né si autopersuade di conoscere in virtù di qualche supervisione infusa, ma chiede si esperisca dai Vescovi e gli si notifichi.

    È lui ad aver bisogno di sapere qual è la fede comune, ed è, al contem po, l'intera Chiesa a venir portata alla consapevolezza esplicita del suo esse~ re innanzi a Dio. Così il dogma non è una presunta rivelazione da far accettare ad una chiesa ignara ed estranea, né una forzatura magisteriale, ma la proclamazione autorevole di un contenuto di fede più o meno presen" te alla coscienza ecclesiale. Per mezzo della definizione ora la Chiesa sa di sapere quel che ferveva già magari nella penombra del suo subconscio; sa che è rivelazione autentica di Dio il privilegio mariano cui l'istinto filiale, la spontanea devozione da sempre l'inclinava.

    Anche i dogmi hanno il loro tempo opportuno, ed alla loro definizione concorrono cause, occasioni e condizioni storiche, perfino soggettive e di indole, come non può essere se quello della fede è un percorso umano, di un cammino, però, tracciato da Dio.
    -------------------------------------------------------------------------
    Mencucci A. , Brunetti M. (a cura di), Atti senigalliesi nel Bicentenario della nascita di Pio IX, Senigallia, 1992, pp. 259-266

    FONTE

    Cesare Maccari, Pio IX proclama il dogma dell'Immacolata, XIX sec., Museo-pinacoteca, Palazzo apostolico, Loreto

  4. #14
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    Predefinito Bolla "Ineffabilis Deus" del Beato Pio IX



    PIO IX

    LETTERA APOSTOLICA
    PER LA DEFINIZIONE DOGMATICA
    DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA VERGINE MADRE DI DIO


    PIO VESCOVO
    servo dei servi di Dio
    a perenne memoria

    Dio ineffabile, le vie del quale sono la misericordia e la verità; Dio, la cui volontà è onnipotente e la cui sapienza abbraccia con forza il primo e l'ultimo confine dell'universo e regge ogni cosa con dolcezza, previde fin da tutta l'eternità la tristissima rovina dell'intero genere umano, che sarebbe derivata dal peccato di Adamo. Avendo quindi deciso, in un disegno misterioso nascosto dai secoli, di portare a compimento l'opera primitiva della sua bontà, con un mistero ancora più profondo – l'incarnazione del Verbo – affinché l'uomo (indotto al peccato dalla perfida malizia del diavolo) non andasse perduto, in contrasto con il suo proposito d'amore, e affinché venisse recuperato felicemente ciò che sarebbe caduto con il primo Adamo, fin dall'inizio e prima dei secoli scelse e dispose che al Figlio suo Unigenito fosse assicurata una Madre dalla quale Egli, fatto carne, sarebbe nato nella felice pienezza dei tempi. E tale Madre circondò di tanto amore, preferendola a tutte le creature, da compiacersi in Lei sola con un atto di esclusiva benevolenza. Per questo, attingendo dal tesoro della divinità, la ricolmò – assai più di tutti gli spiriti angelici e di tutti i santi – dell'abbondanza di tutti i doni celesti in modo tanto straordinario, perché Ella, sempre libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, mostrasse quella perfezione di innocenza e di santità da non poterne concepire una maggiore dopo Dio, e che nessuno, all'infuori di Dio, può abbracciare con la propria mente.

    Era certo sommamente opportuno che una Madre degna di tanto onore rilucesse perennemente adorna degli splendori della più perfetta santità e, completamente immune anche dalla stessa macchia del peccato originale, riportasse il pieno trionfo sull'antico serpente. Dio Padre dispose di dare a Lei il suo unico Figlio, generato dal suo seno uguale a sé, e che ama come se stesso, in modo tale che fosse, per natura, Figlio unico e comune di Dio Padre e della Vergine; lo stesso Figlio scelse di farne la sua vera Madre, e lo Spirito Santo volle e operò perché da Lei fosse concepito e generato Colui dal quale egli stesso procede.

    La Chiesa Cattolica che – da sempre ammaestrata dallo Spirito Santo – è il basilare fondamento della verità, considerando come dottrina rivelata da Dio, compresa nel deposito della celeste rivelazione, questa innocenza originale dell'augusta Vergine unitamente alla sua mirabile santità, in perfetta armonia con l'eccelsa dignità di Madre di Dio, non ha mai cessato di presentarla, proporla e sostenerla con molteplici argomentazioni e con atti solenni sempre più frequenti. Proprio la Chiesa, non avendo esitato a proporre la Concezione della stessa Vergine al pubblico culto e alla venerazione dei fedeli, ha offerto un'inequivocabile conferma che questa dottrina, presente fin dai tempi più antichi, era intimamente radicata nel cuore dei fedeli e veniva mirabilmente diffusa dall'impegno e dallo zelo dei Vescovi nel mondo cattolico. Con questo atto significativo mise in evidenza che la Concezione della Vergine doveva essere venerata in modo singolare, straordinario e di gran lunga superiore a quello degli altri uomini: pienamente santo, dal momento che la Chiesa celebra solamente le feste dei Santi.

    Per questo essa era solita inserire negli uffici ecclesiastici e nella sacra Liturgia, riferendole anche alle origini della Vergine, le stesse identiche parole impiegate dalla Sacra Scrittura per parlare della Sapienza increata e per descriverne le origini eterne, perché entrambe erano state preordinate nell'unico e identico decreto dell'Incarnazione della Divina Sapienza.

    Sebbene tutte queste cose, condivise quasi ovunque dai fedeli, dimostrino con quanta cura la stessa Chiesa Romana, madre e maestra di tutte le Chiese, abbia seguito la dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine, tuttavia meritano di essere elencati, uno per uno, gli atti più importanti della Chiesa in questa materia, perché assai grandi sono la sua dignità e la sua autorità, quali si addicono ad una simile Chiesa: è lei il centro della verità cattolica e dell'unità; in lei sola fu custodita fedelmente la religione; da lei tutte le altre Chiese devono attingere la tradizione della fede.

    Dunque, questa stessa Chiesa Romana ritenne che non potesse esserci niente di più meritevole che affermare, tutelare, propagandare e difendere, con ogni più eloquente mezzo, l'Immacolata Concezione della Vergine, il suo culto e la sua dottrina. Tutto questo è testimoniato e messo in evidenza, in modo assolutamente inequivocabile, da innumerevoli e straordinari, atti dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, ai quali, nella persona del Principe degli Apostoli, fu affidato, per volere divino, dallo stesso Cristo Signore il supremo compito e il potere di pascere gli agnelli e le pecore, di confermare nella fede i fratelli, di reggere e governare tutta la Chiesa.

    I Nostri Predecessori infatti si vantarono grandemente, avvalendosi della loro autorità Apostolica, di avere istituito nella Chiesa Romana la festa della Concezione con Ufficio e Messa proprii, per mezzo dei quali veniva affermato, con la massima chiarezza, il privilegio dell'immunità dalla macchia originale; di aver rafforzato, circondato di ogni onore, promosso e accresciuto con ogni mezzo il culto già stabilito, sia con la concessione di Indulgenze, sia accordando alle città, alle province e ai regni la facoltà di scegliere come Patrona la Madre di Dio sotto il titolo dell'Immacolata Concezione, sia con l'approvazione di Confraternite, di Congregazioni e di Famiglie religiose, costituite per onorare l'Immacolata Concezione, sia con il tributare lodi alla pietà di coloro che avevano eretto monasteri, ospizi, altari e templi dedicati all'Immacolata Concezione, oppure si erano impegnati, con un solenne giuramento, a difendere strenuamente l'Immacolata Concezione della Madre di Dio.

    Provarono anche l'immensa gioia di decretare che la festa della Concezione dovesse essere considerata da tutta la Chiesa, con la stessa dignità e importanza della Natività; inoltre, che fosse celebrata ovunque come solennità insignita di ottava e da tutti santificata come festa di precetto, e che ogni anno si tenesse nella Nostra Patriarcale Basilica Liberiana una Cappella Papale nel giorno santo dell'Immacolata Concezione.

    Spinti dal desiderio di rafforzare, ogni giorno di più, nell'animo dei fedeli questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio e di stimolare la loro pietà al culto e alla venerazione della Vergine concepita senza peccato originale, furono lietissimi di concedere la facoltà che venisse pronunciata ad alta voce la Concezione Immacolata della Vergine nelle Litanie Lauretane e nello stesso Prefazio della Messa, affinché i dettami della fede trovassero conferma nelle norme della preghiera.

    Noi quindi, seguendo le orme di Predecessori così illustri, non solo abbiamo approvato e accolto tutto ciò che è stato da loro deciso con tanta devozione e con tanta saggezza, ma, memori di ciò che aveva disposto Sisto IV, abbiamo confermato, con la Nostra autorità, l'Ufficio proprio dell'Immacolata Concezione e, con sensi di profonda gioia, ne abbiamo concesso l'uso a tutta la Chiesa.

    Ma poiché tutto ciò che si riferisce al culto è strettamente connesso con il suo oggetto e non può rimanere stabile e duraturo se questo oggetto è incerto e non ben definito, i Romani Pontefici Nostri Predecessori, mentre impiegavano tutta la loro sollecitudine per accrescere il culto della Concezione, si preoccuparono anche di chiarirne e di inculcarne con ogni mezzo l'oggetto e la dottrina. Insegnarono infatti, in modo chiaro ed inequivocabile, che si celebrasse la festa della Concezione della Vergine e respinsero quindi, come falsa e assolutamente contraria al pensiero della Chiesa, l'opinione di coloro che ritenevano ed affermavano che da parte della Chiesa non si onorava la Concezione ma la santificazione di Maria. Né ritennero che si potesse procedere con minore decisione contro coloro che, al fine di sminuire la dottrina sull'Immacolata Concezione della Vergine, avendo escogitato una distinzione fra il primo istante e il secondo momento della Concezione, affermavano che si celebrava sì la Concezione, ma non quella del primo iniziale momento.

    Gli stessi Nostri Predecessori stimarono loro preciso dovere difendere e sostenere, con tutto l'impegno, sia la festa della Concezione della Beatissima Vergine, sia la Concezione dal suo primo istante come vero oggetto del culto. Di qui le parole assolutamente decisive, con le quali Alessandro VII, Nostro Predecessore, mise in evidenza il vero pensiero della Chiesa. Egli si espresse in questi termini: "È sicuramente di antica data la particolare devozione verso la Beatissima Madre, la Vergine Maria, da parte dei fedeli: infatti erano convinti che la sua anima – fin dal primo istante della sua creazione e della sua infusione nel corpo – fosse stata preservata immune dalla macchia del peccato originale per una speciale grazia e per un singolare privilegio di Dio, in previsione dei meriti di Gesù Cristo, Figlio suo e Redentore del genere umano. Animati da tale persuasione, circondavano di onore e celebravano la festa della Concezione con un rito solenne" [ALEXANDER VII, Const. Sollicitudo omnium Ecclesiarum, 8 decembris 1661] .

    E fu proprio impegno primario dei Nostri Predecessori custodire con ogni cura, zelo e sforzo, perfettamente integra la dottrina dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio. Infatti non solo non tollerarono mai che la stessa dottrina venisse in qualche modo biasimata e travisata da chicchessia, ma, spingendosi ben oltre, asserirono, con chiare e reiterate dichiarazioni, che la dottrina, con la quale professiamo l'Immacolata Concezione della Vergine, era e doveva essere considerata a pieno titolo assolutamente conforme al culto della Chiesa; era antica e quasi universalmente riconosciuta, tale da essere fatta propria dalla Chiesa Romana, con l'intento di assecondarla e custodirla, e del tutto degna di aver parte nella stessa Sacra Liturgia e nelle preghiere più solenni.

    Non contenti di ciò, affinché la dottrina dell'Immacolato Concepimento della Vergine si mantenesse integra, vietarono, con la più grande severità, che ogni opinione contraria a questa dottrina potesse essere sostenuta sia in pubblico che in privato e la vollero colpita a morte. A queste ripetute e chiarissime dichiarazioni, perché non risultassero vane, aggiunsero delle sanzioni. Tutto questo è stato riassunto dal Nostro venerato Predecessore Alessandro VII con le seguenti parole:

    "Considerando che la Santa Chiesa Romana celebra solennemente la festa della Concezione dell'Intemerata e sempre Vergine Maria, e che, al riguardo, ha un tempo composto un Ufficio proprio e specifico in ossequio alla pia, devota e lodevole disposizione emanata dal Nostro Predecessore Sisto IV; volendo Noi pure favorire, sull'esempio dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, questa lodevole e pia devozione, questa festa e questo culto, prestato conformemente a quella direttiva e che dalla sua istituzione non ha subito, nella Chiesa Romana, alcun mutamento; volendo anche salvaguardare questa particolare forma di pietà e di devozione nel rendere onore e nel celebrare la Beatissima Vergine preservata dal peccato originale con un atto preventivo della grazia dello Spirito Santo; desiderando inoltre conservare nel gregge di Cristo l'unità dello spirito nel vincolo della pace, dopo aver placato i motivi di scontro e le dispute e aver rimosso gli scandali; accogliendo le istanze e le suppliche a Noi rivolte dai Vescovi sopra ricordati, unitamente ai Capitoli delle loro Chiese, dal Re Filippo e dai suoi Regni; rinnoviamo le Costituzioni e i Decreti emanati dai Romani Pontefici Nostri Predecessori, soprattutto da Sisto IV, da Paolo V e da Gregorio XV, per avvalorare l'affermazione intesa a sostenere che l'anima della Beata Vergine Maria, nella sua creazione e nell'infusione nel corpo, ebbe il dono della grazia dello Spirito Santo e fu preservata dal peccato originale; per favorire la festa e il culto della stessa Concezione della Vergine Madre di Dio, in linea con la pia proposizione suesposta, decretiamo che tali Costituzioni e Decreti siano osservati, sotto pena d'incorrere nelle censure e nelle altre sanzioni previste nelle Costituzioni stesse.

    "Decretiamo che quanti ardiranno interpretare le Costituzioni e i Decreti citati in modo da vanificare il favore reso, per mezzo loro, alla sunnominata affermazione, alla festa e al culto prestato nel rispetto della stessa; avranno osato mettere in discussione questa affermazione, questa festa e questo culto, o prendere posizione contro di essa in qualunque modo, direttamente o indirettamente, ricorrendo a qualsivoglia pretesto, sia pure con l'intento di esaminarne la sua definibilità e di spiegare e di interpretare, al riguardo, la Sacra Scrittura, i Santi Padri, e i Dottori; o ancora farsi forti di ogni altro possibile pretesto od occasione e poter quindi esprimere, dichiarare, trattare, disputare a voce e per iscritto, precisando, affermando e adducendo qualche argomentazione contro di essa, senza portarla a compimento; dissertare infine contro di essa in qualsiasi altro modo, addirittura fuori dell'immaginabile; [decretiamo] che siano privati anche della facoltà di predicare, di leggere, di insegnare e di dissertare in pubblico; di aver voce attiva e passiva in ogni tipo di elezioni, senza bisogno di alcuna dichiarazione. Incorreranno dunque, ipso facto, nella pena della perpetua interdizione di predicare, di leggere, di insegnare e di dissertare in pubblico.

    "Da queste pene essi potranno essere assolti o dispensati solamente da Noi o dai Romani Pontefici Nostri Successori. Intendiamo anche sottoporli, ed effettivamente con la presente li sottoponiamo, ad altre pene da infliggere a Nostro insindacabile giudizio e dei Romani Pontefici Nostri Successori, mentre rinnoviamo le Costituzioni e i Decreti di Paolo V e di Gregorio XV sopra ricordati.

    "Dichiariamo inaccettabili, e le sottoponiamo alle pene e alle censure contenute nell'Indice dei libri proibiti, le pubblicazioni nelle quali vengono messi in dubbio quella affermazione, la festa e il culto approvato; viene scritto, o vi si possa leggere, alcunché di contrario a ciò che è stato sopra riportato; trovino spazio discorsi, prediche, trattati, dissertazioni che ne avversano il contenuto. Ordiniamo e decretiamo che siffatti libri siano, ipso facto, da considerare espressamente proibiti, senza attendere una specifica dichiarazione".

    D'altra parte tutti sanno con quanto zelo questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio sia stata tramandata, sostenuta e difesa dalle più illustri Famiglie religiose, dalle più celebri Accademie teologiche e dai Dottori più versati nella scienza delle cose divine. Tutti parimenti conoscono quanto siano stati solleciti i Vescovi nel sostenere in pubblico, anche nelle assemblee ecclesiastiche, che la santissima Vergine Maria, Madre di Dio, in previsione dei meriti del Redentore Gesù Cristo, non fu mai soggetta al peccato ma, del tutto preservata dalla colpa originale, fu redenta in una maniera più sublime.

    A tutto ciò si aggiunge il fatto, decisamente assai rilevante e del massimo peso, che lo stesso concilio di Trento, quando promulgò il decreto dogmatico sul peccato originale, nel quale, sulla scorta delle testimonianze della Sacra Scrittura, dei Santi Padri e dei più autorevoli Concili, stabilì e definì che tutti gli uomini nascono affetti dal peccato originale, dichiarò tuttavia solennemente che non era sua intenzione comprendere in quel decreto, e nell'ambito di una definizione così generale, la Beata ed Immacolata Vergine Maria Madre di Dio.

    Con tale dichiarazione infatti i Padri Tridentini indicarono con sufficiente chiarezza, tenendo conto della situazione del tempo, che la Beatissima Vergine fu esente dalla colpa originale. Indicarono perciò apertamente che dalle divine Scritture, dalla tradizione, dall'autorità dei Padri, niente poteva essere desunto che fosse in contrasto con questa prerogativa della Vergine.

    Per la verità, illustri monumenti di veneranda antichità della Chiesa orientale ed occidentale testimoniano con assoluta certezza che questa dottrina dell'Immacolata Concezione della Beatissima Vergine, che, giorno dopo giorno, è stata magnificamente illustrata, proclamata e confermata dall'autorevolissimo sentimento, dal magistero, dallo zelo, dalla scienza e dalla saggezza della Chiesa e si è diffusa in modo tanto prodigioso presso tutti i popoli e le nazioni del mondo cattolico, è da sempre esistita nella Chiesa stessa come ricevuta dagli antenati e contraddistinta dalle caratteristiche della dottrina rivelata.

    Infatti la Chiesa di Cristo, fedele custode e garante dei dogmi a lei affidati, non ha mai apportato modifiche ad essi, non vi ha tolto o aggiunto alcunché, ma trattando con ogni cura, in modo accorto e sapiente, le dottrine del passato per scoprire quelle che si sono formate nei primi tempi e che la fede dei Padri ha seminato, si preoccupa di limare e di affinare quegli antichi dogmi della Divina Rivelazione, perché ne ricevano chiarezza, evidenza e precisione, ma conservino la loro pienezza, la loro integrità e la loro specificità e si sviluppino soltanto nella loro propria natura, cioè nell'ambito del dogma, mantenendo inalterati il concetto e il significato.

    In verità, i Padri e gli scrittori ecclesiastici, ammaestrati dalle parole divine – nei libri elaborati con cura per spiegare la Scrittura, per difendere i dogmi e per istruire i fedeli – non trovarono niente di più meritevole di attenzione del celebrare ed esaltare, nei modi più diversi ed ammirevoli, l'eccelsa santità, la dignità e l'immunità della Vergine da ogni macchia di peccato e la sua vittoria sul terribile nemico del genere umano. Per tale motivo, mentre commentavano le parole con le quali Dio, fin dalle origini del mondo, annunciando i rimedi della sua misericordia approntati per la rigenerazione degli uomini, rintuzzò l'audacia del serpente ingannatore e rialzò mirabilmente le speranze del genere umano: "Porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua stirpe", essi insegnarono che con questa divina profezia fu chiaramente e apertamente indicato il misericordioso Redentore del genere umano, cioè il Figliuolo Unigenito di Dio, Gesù Cristo; fu anche designata la sua beatissima Madre, la Vergine Maria, e, nello stesso tempo, fu nettamente espressa l'inimicizia dell'uno e dell'altra contro il demonio. Ne conseguì che, come Cristo, mediatore fra Dio e gli uomini, assunta la natura umana, annientò il decreto di condanna esistente contro di noi, inchiodandolo da trionfatore sulla Croce, così la santissima Vergine, unita con Lui da un legame strettissimo ed indissolubile, poté esprimere, con Lui e per mezzo di Lui, un'eterna inimicizia contro il velenoso serpente e, riportando nei suoi confronti una nettissima vittoria, gli schiacciò la testa con il suo piede immacolato.

    Di questo nobile e singolare trionfo della Vergine, della sua straordinaria innocenza, purezza e santità, della sua immunità da ogni macchia di peccato, della sua ineffabile abbondanza di tutte le grazie divine, di tutte le virtù e di tutti i privilegi a Lei donati, gli stessi Padri videro una figura sia nell'Arca di Noè che, voluta per ordine di Dio, scampò del tutto indenne al diluvio universale; sia in quella scala che Giacobbe vide ergersi da terra fino al cielo, e lungo la quale salivano e scendevano gli angeli di Dio e alla cui sommità stava il Signore stesso; sia in quel roveto che Mosè vide nel luogo santo avvolto completamente dalle fiamme e, pur immerso in un fuoco crepitante, non si consumava né pativa alcun danno ma continuava ad essere verde e fiorito; sia in quella torre inespugnabile, eretta di fronte al nemico, dalla quale pendono mille scudi e tutte le armature dei forti; sia in quell'orto chiuso che non può essere violato né devastato da alcun assalto insidioso; sia in quella splendente città di Dio che ha le sue fondamenta sui monti santi; sia in quell'eccelso tempio di Dio che, rifulgendo degli splendori divini, è ricolmo della gloria del Signore; sia in tutti gli altri innumerevoli segni dello stesso genere che, secondo il pensiero dei Padri, preannunciavano cose straordinarie sulla dignità della Madre di Dio, sulla sua illibata innocenza e sulla sua santità, mai soggetta ad alcuna macchia.

    Per descrivere debitamente quest'insieme di doni celesti e l'innocenza originale della Vergine dalla quale è nato Gesù, i Padri ricorsero alle parole dei Profeti ed esaltarono questa divina, santa Vergine, come una pura colomba, come una Santa Gerusalemme, come un eccelso trono di Dio, come un'arca della santificazione, come la casa che l'eterna Sapienza si è edificata, come quella Regina straordinaria che, ricolma di delizie e appoggiata al suo Diletto, uscì dalla bocca dell'Altissimo assolutamente perfetta e bella, carissima a Dio e mai contaminata da alcuna macchia di peccato.

    Siccome poi gli stessi Padri e gli scrittori ecclesiastici erano pienamente convinti che l'Angelo Gabriele, nel dare alla beatissima Vergine l'annuncio dell'altissima dignità di Madre di Dio, l'aveva chiamata, in nome e per comando di Dio stesso, piena di grazia, insegnarono che con questo singolare e solenne saluto, mai udito prima di allora, si proclamava che la Madre di Dio era la sede di tutte le grazie divine, era ornata di tutti i carismi dello Spirito Santo, anzi era un tesoro quasi infinito e un abisso inesauribile di quegli stessi doni divini, a tal punto che, non essendo mai stata soggetta a maledizione ma partecipe, insieme con il suo Figlio, di eterna benedizione, meritò di essere chiamata da Elisabetta, mossa dallo Spirito di Dio: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno".

    Da tutto ciò derivò il loro concorde e ben documentato pensiero che, in forza di tutti questi doni divini, la gloriosissima Vergine, per la quale "grandi cose ha fatto colui che è potente", rifulse di tale pienezza di grazia e di tale innocenza da diventare l'ineffabile miracolo di Dio, anzi il culmine di tutti i miracoli e quindi degna Madre di Dio, la più vicina a Dio, nella misura in cui ciò è possibile ad una creatura, superiore a tutte le lodi angeliche ed umane.

    Per questo motivo, con l'intento di dimostrare l'innocenza e la giustizia originale della Madre di Dio, i Padri non solo la paragonarono spessissimo ad Eva ancora vergine, innocente, non corrotta e non ancora caduta nei lacci delle mortali insidie del serpente ingannatore, ma la anteposero a lei con una meravigliosa varietà di parole e di espressioni. Eva infatti, avendo dato ascolto disgraziatamente al serpente, decadde dall'innocenza originale e divenne sua schiava, mentre la beatissima Vergine accrebbe continuamente il primitivo dono e, senza mai ascoltare il serpente, con la forza ricevuta da Dio ne annientò la violenza e il potere.

    Perciò non si stancarono mai di proclamarla giglio tra le spine; terra assolutamente inviolata, verginale, illibata, immacolata, sempre benedetta e libera da ogni contagio di peccato, dalla quale è stato formato il nuovo Adamo; giardino delle delizie piantato da Dio stesso, senza difetti, splendido, abbondantemente ornato di innocenza e di immortalità e protetto da tutte le insidie del velenoso serpente; legno immarcescibile che il tarlo del peccato mai poté intaccare; fonte sempre limpida e segnata dalla potenza dello Spirito Santo; tempio esclusivo di Dio; tesoro di immortalità; unica e sola figlia, non della morte, ma della vita; germoglio di grazia e non d'ira che, per uno speciale intervento della provvidenza divina, è spuntato, sempre verde e ammantato di fiori, da una radice corrotta e contaminata.

    Ma come se tutte queste espressioni non bastassero, pur essendo straordinarie, i Padri formularono specifiche e stringenti argomentazioni per affermare che, parlando del peccato, non poteva in alcun modo essere chiamata in causa la santa Vergine Maria, perché a Lei era stata elargita la grazia in misura superiore per vincere ogni specie di peccato. Asserirono quindi che la gloriosissima Vergine fu la riparatrice dei progenitori, la fonte della vita per i posteri. Scelta e preparata dall'Altissimo da tutta l'eternità e da Lui preannunciata quando disse al serpente: "Porrò inimicizia fra te e la donna", schiacciò veramente la testa di quel velenoso serpente.

    Sostennero dunque che la beatissima Vergine fu, per grazia, immune da ogni macchia di peccato ed esente da qualsivoglia contaminazione del corpo, dell'anima e della mente. Unita in un intimo rapporto e congiunta da un eterno patto di alleanza con Dio, non fu mai preda delle tenebre, ma fruì di una luce perenne e risultò degnissima dimora di Cristo, non per le qualità del corpo, ma per lo stato originale di grazia.

    Parlando della Concezione della Vergine, i Padri aggiunsero espressioni assai significative, con le quali attestarono che la natura cedette il passo alla grazia e si trovò incapace a svolgere il suo compito. Non poteva infatti accadere che la Vergine Madre di Dio potesse essere concepita da Anna, prima che la grazia sortisse il suo effetto. Così doveva essere concepita la primogenita, dalla quale doveva poi essere concepito il Primogenito di ogni creatura.

    Proclamarono che la carne della Vergine, derivata da Adamo, non ne contrasse le macchie, e che la beatissima Vergine fu quindi il tabernacolo creato da Dio stesso, formato dallo Spirito Santo, capolavoro di autentica porpora, al quale diede ornamento quel nuovo Beseleel ricamandolo variamente in oro. Fu a buon diritto esaltata come il primo vero capolavoro di Dio: sfuggita ai dardi infuocati del maligno, entrò nel mondo, bella per natura e assolutamente estranea al peccato nella sua Concezione Immacolata, come l'aurora che spande tutt'intorno la sua luce.

    Non era infatti conveniente che quel vaso di elezione fosse colpito dal comune disonore, perché assai diverso da tutti gli altri, di cui condivide la natura ma non la colpa. Al contrario era assolutamente conveniente che come l'Unigenito aveva in cielo un Padre, che i Cherubini esaltano tre volte santo, avesse sulla terra una Madre mai priva dello splendore della santità.

    Proprio questa dottrina era a tal punto radicata nella mente e nell'animo degli antenati, che divenne abituale l'uso di uno speciale e straordinario linguaggio. Lo impiegarono spessissimo per chiamare la Madre di Dio Immacolata, del tutto Immacolata; innocente, anzi innocentissima; illibata nel modo più eccelso; santa e assolutamente estranea al peccato; tutta pura, tutta intemerata, anzi l'esemplare della purezza e dell'innocenza; più bella della bellezza; più leggiadra della grazia; più santa della santità; la sola santa, purissima nell'anima e nel corpo, che si spinse oltre la purezza e la verginità; la sola che diventò, senza riserve, la dimora di tutte le grazie dello Spirito Santo, e che si innalzò al di sopra di tutti, con l'eccezione di Dio: per natura, più bella, più graziosa e più santa degli stessi Cherubini e Serafini e di tutte le schiere degli Angeli. Nessun linguaggio, né del cielo né della terra, può bastare per tesserne le lodi.

    Nessuno ignora che la celebrazione di Lei fu, con tutta naturalezza, introdotta nelle memorie della santa Liturgia e negli Uffici ecclesiastici. Tutti li pervade e li domina per larghi tratti. La Madre di Dio vi è invocata ed esaltata come incorrotta colomba di bellezza, rosa sempre fresca. Essendo purissima sotto ogni aspetto, eternamente immacolata e beata, viene celebrata come l'innocenza stessa, che non fu mai violata, e come la nuova Eva che ha generato l'Emmanuele.

    Non vi è dunque niente di straordinario se i Pastori della Chiesa e i popoli fedeli si sono compiaciuti, ogni giorno di più, di professare con tanta pietà, con tanta devozione e con tanto amore la dottrina dell'Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio, che, a giudizio dei Padri, è stata inserita nella Sacra Scrittura, è stata trasmessa dalle loro numerose e importantissime testimonianze, è stata manifestata e celebrata con tanti insigni monumenti del venerando tempo antico, è stata proposta e confermata dal più alto e autorevole magistero della Chiesa. Pastori e popolo niente ebbero di più dolce e di più caro che onorare, venerare, invocare ed esaltare ovunque, con tutto l'ardore del cuore, la Vergine Madre di Dio concepita senza peccato originale. Per questo già dai tempi antichi i Vescovi, gli uomini di chiesa, gli Ordini regolari, gli stessi Imperatori e Re chiesero, con insistenza, che questa Sede Apostolica definisse l'Immacolata Concezione della Madre di Dio come dogma della fede cattolica. Queste richieste sono state nuovamente ripetute nei tempi più recenti, specialmente al Nostro Predecessore Gregorio XVI di felice memoria, e sono state rivolte anche a Noi dai Vescovi, dal Clero secolare, da Famiglie religiose, da Sovrani e da popoli fedeli.

    Poiché dunque, con straordinaria gioia del Nostro cuore, avevamo piena conoscenza di tutto ciò e ne comprendevamo l'importanza, non appena siamo stati innalzati, sebbene immeritevoli, per un misterioso disegno della divina Provvidenza, a questa sublime Cattedra di Pietro, ed assumemmo il governo di tutta la Chiesa, abbiamo ritenuto che non ci fosse niente di più importante, sorretti anche dalla profonda devozione, pietà e amore nutriti fin dalla fanciullezza per la santissima Vergine Maria Madre di Dio, del portare a compimento tutto ciò che poteva ancora essere nelle aspettative della Chiesa, per accrescere il tributo di onore alla beatissima Vergine e per metterne ancora più in luce le prerogative.

    Volendo tuttavia procedere con grande prudenza, abbiamo costituito una speciale Congregazione di Nostri Venerabili Fratelli, Cardinali di Santa Romana Chiesa, illustri per la pietà, per la competenza e per la conoscenza delle cose divine; abbiamo pure scelto uomini del Clero secolare e regolare, particolarmente versati nelle discipline teologiche, perché esaminassero con ogni cura tutto ciò che riguarda l'Immacolata Concezione della Vergine e presentassero a Noi le loro conclusioni.

    Quantunque già dalle istanze, da Noi ricevute per patrocinare l'eventuale definizione dell'Immacolata Concezione della Vergine, risultasse chiaro il pensiero di molti Vescovi, tuttavia abbiamo inviato ai Venerabili Fratelli Vescovi di tutto il mondo cattolico una Lettera Enciclica, scritta a Gaeta il 2 febbraio 1849, perché, dopo aver rivolto preghiere a Dio, Ci comunicassero per iscritto quali fossero la pietà e la devozione dei loro fedeli nei confronti dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio e, soprattutto, quale fosse il loro personale pensiero sulla proposta di questa definizione e quali fossero i loro auspici, al fine di poter esprimere il Nostro decisivo giudizio nel modo più autorevole possibile.

    Non è certo stata di poco peso la consolazione che abbiamo provato, quando Ci pervennero le risposte di quei Venerabili Fratelli. Infatti nelle loro lettere, pervase da incredibile compiacimento, gioia ed entusiasmo, Ci confermarono nuovamente, non solo la straordinaria pietà e i sentimenti che essi stessi, il loro Clero e il popolo fedele nutrivano verso l'Immacolata Concezione della Beatissima Vergine, ma Ci supplicarono anche, con voto pressoché unanime, che l'Immacolata Concezione della Vergine venisse definita con un atto decisivo del Nostro ufficio e della Nostra autorità.

    Nel frattempo abbiamo gustato una gioia non certo minore, quando i Nostri Venerabili Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa, della speciale Congregazione sopra ricordata, e i citati teologi da Noi scelti come esperti, dopo aver proceduto con tutta l'attenzione ad un impegnativo e meticoloso esame della questione, Ci chiesero con insistenza la definizione dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio.

    Dopo queste premesse, seguendo le prestigiose orme dei Nostri Predecessori, desiderando procedere nel rispetto delle norme canoniche, abbiamo tenuto un Concistoro, nel quale abbiamo parlato ai Nostri Venerabili Fratelli, Cardinali di Santa Romana Chiesa, e, con la più grande consolazione del Nostro animo, li abbiamo uditi rivolgerci l'insistente richiesta perché decidessimo di emanare la definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione della Vergine Madre di Dio.

    Essendo quindi fermamente convinti nel Signore che fossero maturati i tempi per definire l'Immacolata Concezione della santissima Vergine Maria Madre di Dio, che la Sacra Scrittura, la veneranda Tradizione, il costante sentimento della Chiesa, il singolare consenso dei Vescovi e dei fedeli, gli atti memorabili e le Costituzioni dei Nostri Predecessori mirabilmente illustrano e spiegano; dopo aver soppesato con cura ogni cosa e aver innalzato a Dio incessanti e fervide preghiere; ritenemmo che non si potesse più in alcun modo indugiare a ratificare e a definire, con il Nostro supremo giudizio, l'Immacolata Concezione della Vergine, e così soddisfare le sacrosante richieste del mondo cattolico, appagare la Nostra devozione verso la santissima Vergine e, nello stesso tempo, glorificare sempre più in Lei il suo Figlio Unigenito, il Signore Nostro Gesù Cristo, perché ogni tributo di onore reso alla Madre ridonda sul Figlio.

    Perciò, dopo aver presentato senza interruzione, nell'umiltà e nel digiuno, le Nostre personali preghiere e quelle pubbliche della Chiesa, a Dio Padre per mezzo del suo Figlio, perché si degnasse di dirigere e di confermare la Nostra mente con la virtù dello Spirito Santo; dopo aver implorato l'assistenza dell'intera Corte celeste e dopo aver invocato con gemiti lo Spirito Paraclito; per sua divina ispirazione, ad onore della santa, ed indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della Vergine Madre di Dio, ad esaltazione della Fede cattolica e ad incremento della Religione cristiana, con l'autorità di Nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra, dichiariamo, affermiamo e definiamo rivelata da Dio la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certo ed immutabile per tutti i fedeli.

    Se qualcuno dunque avrà la presunzione di pensare diversamente da quanto è stato da Noi definito (Dio non voglia!), sappia con certezza di aver pronunciato la propria condanna, di aver subito il naufragio nella fede, di essersi separato dall'unità della Chiesa, e, se avrà osato rendere pubblico, a parole o per iscritto o in qualunque altro modo, ciò che pensa, sappia di essere incorso, ipso facto, nelle pene comminate dal Diritto.

    La Nostra bocca è veramente piena di gioia e la Nostra lingua di esultanza. Innalziamo dunque a Gesù Cristo Signore Nostro i più umili e sentiti ringraziamenti perché, pur non avendone i meriti, Ci ha concesso, per una grazia particolare, di offrire e di decretare questo onore e questo tributo di gloria alla sua santissima Madre.

    Fondiamo senz'altro le nostre attese su un fatto di sicura speranza e di pieno convincimento. La stessa beatissima Vergine che, tutta bella e immacolata, schiacciò la testa velenosa del crudelissimo serpente e recò al mondo la salvezza; la Vergine, che è gloria dei Profeti e degli Apostoli, onore dei Martiri, gioia e corona di tutti i Santi, sicurissimo rifugio e fedelissimo aiuto di chiunque è in pericolo, potentissima mediatrice e avvocata di tutto il mondo presso il suo Unigenito Figlio, fulgido e straordinario ornamento della santa Chiesa, incrollabile presidio che ha sempre schiacciato le eresie, ha liberato le genti e i popoli fedeli da ogni sorta di disgrazie e ha sottratto Noi stessi ai numerosi pericoli che Ci sovrastavano, voglia, con il suo efficacissimo patrocinio, portare aiuto alla santa Madre, la Chiesa Cattolica, perché, rimosse tutte le difficoltà, sconfitti tutti gli errori, essa possa, ogni giorno di più, prosperare e fiorire presso tutti i popoli e in tutti i luoghi, "dall'uno all'altro mare, e dal fiume fino agli estremi confini della terra", e possa godere pienamente della pace, della tranquillità e della libertà. Voglia inoltre intercedere perché i colpevoli ottengano il perdono, gli ammalati il rimedio, i pusillanimi la forza, gli afflitti la consolazione, i pericolanti l'aiuto, e tutti gli erranti, rimossa la caligine della mente, possano far ritorno alla via della verità e della giustizia, e si faccia un solo ovile e un solo pastore.

    Ascoltino queste Nostre parole tutti i carissimi figli della Chiesa Cattolica e, con un ancor più convinto desiderio di pietà, di devozione e di amore, continuino ad onorare, ad invocare e a supplicare la beatissima Vergine Maria, Madre di Dio, concepita senza peccato originale, e si rifugino, con piena fiducia, presso questa dolcissima Madre di misericordia e di grazia in ogni momento di pericolo, di difficoltà, di bisogno e di trepidazione. Sotto la sua guida, la sua protezione, la sua benevolenza, il suo patrocinio, non vi può essere motivo né di paura, né di disperazione, perché, nutrendo per noi un profondo sentimento materno e avendo a cuore la nostra salvezza, abbraccia con il suo amore tutto il genere umano. Essendo stata costituita dal Signore Regina del Cielo e della terra, e innalzata al di sopra di tutti i Cori degli Angeli e delle schiere dei Santi, sta alla destra del suo Figlio Unigenito, Signore Nostro Gesù Cristo e intercede con tutta l'efficacia delle sue materne preghiere: ottiene ciò che chiede e non può restare inascoltata.

    Da ultimo, perché questa Nostra definizione dell'Immacolata Concezione della beatissima Vergine Maria possa essere portata a conoscenza di tutta la Chiesa, decidiamo che la presente Nostra Lettera Apostolica resti a perenne ricordo, e ordiniamo che a tutte le trascrizioni, o copie, anche stampate, sottoscritte per mano di qualche pubblico notaio e munita del sigillo di persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti la stessa fede che si presterebbe alla presente se fosse esibita o mostrata.

    Nessuno pertanto si permetta di violare il contenuto di questa Nostra dichiarazione, proclamazione e definizione, o abbia l'ardire temerario di avversarlo e di trasgredirlo. Se qualcuno, poi, osasse tentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.

    Dato a Roma, presso San Pietro, nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1854, il giorno 8 dicembre, nell'anno nono del Nostro Pontificato.

    *****
    PIUS IX

    LITTERAE APOSTOLICAE
    DE DOGMATICA DEFINITIONE
    IMMACULATAE CONCEPTIONIS VIRGINIS DEIPARAE

    AD PERPETVAM REI MEMORIAM

    INEFFABILIS DEUS, cuius viae miscricordia et veritas, cuius voluntas omnipotentia, et cuius sapientia attingit a fine usque ad finem fortiter et disponit omnia suaviter, cum ab omni aeternitate praeviderit luctuosissimam totius humani generis ruinam ex Adami transgressione derivandam, atque in mysterio a saeculis abscondito primum suae bonitatis opus decreverit per Verbi incarnationem sacramento occultiore complere, ut contra misericors suum propositum homo diabolicae iniquitatis versutia actus in culpam non periret, et quod in primo Adamo casurum erat, in secundo felicius erigeretur, ab initio et ante saecula Unigenito Filio suo Matrem, ex qua caro factus in beata temporum plenitudine nasceretur, elegit atque ordinavit, tantoque prae creaturis universis est prosecutus amore, ut in illa una sibi propensissima voluntate complacuerit. Quapropter illam longe ante omnes angelicos spiritus cunctosque Sanctos caelestium omnium charismatum copia de thesauro divinitatis deprompta ita mirifice cumulavit, ut ipsa ab omni prorsus peccatilabe semper libera, ac tota pulchra et perfecta eam innocentiae et sanctitatis plenitudinem prae se ferret, qua maior sub Deo nullatenus intellegitur, et quam praeter Deum nemo assequi cogitando potest.

    Et quidem decebat omnino, ut perfectissimae sanctitatis splendoribus semper ornata fulgeret, ac vel ab ipsa originalis culpae labe plane immunis amplissimum de antiquo serpente triumphum referret tam venerabilis Mater, cui Deus Pater unicum Filium suum, quem de corde suo aequalem sibi genitum tamquam seipsum diligit, ita dare disposuit, ut naturaliter esset unus idemque communis Dei Patris et Virginis Filius, et quam ipse Filius substantialiter facere sibi matrem elegit, et de qua Spiritus Sanctus voluit et operatus est, ut conciperetur et nasceretur ille, de quo ipse procedit.

    Quam originalem augustae Virginis innocentiam cum admirabili eiusdem sanctitate, praecelsaque Dei Matris dignitate omnino cohaerentem catholica Ecclesia, quae Sancto semper edocta Spiritu columna est ac firmamentum veritatis, tamquam doctrinam possidens divinitus acceptam, et caelestis revelationis deposito comprehensam multiplici continenter ratione, splendidisque factis magis in dies explicare, proponere ac fovere numquam destitit. Hanc enim doctrinam ab antiquissimis temporibus vigentem, ac fidelium animis penitus insitam, et sacrorum antistitum curis studiisque per catholicum orbem mirifice propagatam ipsa Ecclesia luculentissime significavit, cum eiusdem Virginis Conceptionem publico fidelium cultui ac venerationi proponere non dubitavit. Quo illustri quidem facto ipsius Virginis Conceptionem veluti singularem, miram et a reliquorum hominum primordiis longissime secretam, et omnino sanctam colendam extibuit, cum Ecclesia nonnisi de Sanctis dies festos concelebret. Atque idcirco vel ipsissima verba, quibus divinae Scripturae de increata Sapientia loquuntur, eiusque sempiternas origines repraesentant, consuevit, tum in ecclesiasticis officiis, tum in sacrosancta Liturgia adhibere et ad illius Virginis primordia transferre, qnae uno eodemque decreto cum divinae Sapientiae incarnatione fuerant praestituta.

    Quamvis autem haec omnia penes fideles ubique prope recepta ostendant,. quo studio eiusmodi de Immaculata Virginis Conceptione doctrinam ipsa quoque romana Ecclesia omnium Ecclesiarum mater et magistra fuerit prosecuta, tamen illustria huius Ecclesiae facta digna plane sunt, quae nominatim recenseantur, cum tanta sit eiusdem Ecclesiae dignitas atque auctoritas, quanta illi omnino debetur, quae est catholicae veritatis et unitatis centrum, in qua solum inviolabiliter fuit custodita religio, et ex qua traducem fidei reliquae omnes Ecclesiae mutuentur oportet. Itaque eadem romana Ecclesia nihil potius habuit, quam eloquentissimis quibusque modis Immaculatam Virginis Conceptionem, eiusque cultum et doctrinam asserere, tueri, promovere et vindicare.

    Quod apertissime planissimeque testantur et declarant tot insignia sane acta Romanorum Pontificum Decessorum Nostrorum, quibus in persona Apostolorum Principis ab ipso Christo Domino divinitus fuit commissa suprema cura atque potestas pascendi agnos et oves, confirmandi fratres, et universam regendi et gubernandi Ecclesiam.

    Enimvero Praedeccssores Nostri vehementer gloriati sunt Apostolica sua auctoritate festum Conceptionis in romana Ecclesia instituere, ac proprio Officio, propriaque Missa, quibus praerogativa immunitatis ab hereditaria labe manifestissime asserebatur, augere, honestare et cultum iam institutum omni ope promovere, amplificare, sive crogatis Indulgentiis, sive facultate tributa civitatibus, provinciis, regnisque, ut Deiparam sub tilulo Immaculatae Conceptionis patronam sibi deligerent, sive comprobatis Sodalitatibus, Congregationibus Religiosisqiue Familiis ad Immaculatae Conceplionis honorem institutis, sive laudibus corum pietati delatis, qui monasteria, xenodochia, altaria, templa sub Immaculati Conceptus titulo erexerint, aut sacramenti religione interposita Immaculatam Deiparae Conceptionem strenue propugnare spoponderint. Insuper summopere laetati sunt decernere Conceptionis festum ab omni Ecclesia esse habendum eodem censu ac numero, quo festum Nativitalis, idemque Conceptionis festum cum octava ab universa Ecclesia celebraudum et ab omnibus inter ca, quae praeccpta sunt, sancte colendum, ac Pontificiam Cappellam in Patriarchali Nostra Liberiana Basilica die Virginis Conceptionis sacro quotannis esse peragendam. Atque exoptantes in fidelium animis quotidie magis fovere hanc de Immaculata Deiparae Conceptione doctrinam, eorumque pietatem excitare ad ipsam Virginetn sine labe originali conceptam colendam et venerandam, gavisi sunt quam libentissime facultatem tribuere, ut in Lauretanis Litaniis, et in ipsa Missae Praefatione Immaculatus eiusdem Virginis proclamaretur Conceptus, atque adeo lex credendi ipsa supplicandi lege statueretur. Nos porro tantorum Praedecessorum vestigiis inhaerentes non solum quae ab ipsis pientissime sapientissimeque fuerant constituta probavimus et recepimus, verum etiam memores institutionis Sixti IV proprium de lmmaculata Conceptione Officium auctoritate Nostra munivimus, illiusque usum universae Ecclesiae laetissimo prorsus animo concessimus.

    Quoniam vero quae ad cultum pertinent, intimo plane vinculo cum eiusdem obiecto conserta sunt, neque rata et fixa manere possunt, si illud anceps sit et in ambiquo versetur, idcirco Decessores Nostri Romani Pontifices omni cura Conceptionis cultum amplificantes, illius etiam obiectum. ac doctrinam declarare et inculcare impensissime sludueruiit. Etenim clare aperteque docuere, festum agi de Virginis Conceptione, atque uti falsam et ab Ecclesiae mente alienissimam iproscripserunt illorum opinionem qui non Conceptionem ipsam, sed sanctificationem ab Ecclesia coli arbitrarentur et affirmarent. Neque mitius cum iis agendum esse existimarunt, qui ad labefactandam de Immaculata Virginis Conceptione doctrinam excogitato inter primum atque alterum Conceptionis instans et momentum discrimine, asserebant, celebrari quidem Conceptionem, sed non pro primo instanti atque momento. Ipsi namque Praedecessores Nostri suarum partium esse duxerunt, et beatissimae Virginis Conceptionis festum, et Conceptionem pro primo instanti tamquam verum cultus obiectum omni studio tueri ac propugnare. Hinc decretoria plane verba, quibus Alexander VII Decessor Noster sinceram Ecclesiae mentem declaravit, inquiens: Sane vetus est christifidelium erga eius beatissimam Matrem Virginem Mariam pietas sentientium eius animam in primo instanti creationis atque infusions in corpus fuisse speciali Dei gratia et privilegio, intuitu meritorum Iesu Christi eius Filii humani generis Redemptoris, a macula peccati originalis praeservatam immunem, atque in hoc sensu eins Conceptionis festivitatem sollemni ritu colentium et celebrantium.

    Atque illud in primis sollemne quoque fuit iisdem Decessoribus Nostris, doctrinam de Immaculata Dei Matris Conceptione sartam tectamque omni cura, studio et contentione tueri. Etenim non solum nullatenus passi sunt, ipsam doctrinam quovis modo a quopiam notari atque traduci, verum etiam longe ulterius progressi, perspicuis declarationibus iteratisque vicibus edixerunt, doctrinam, qua Immaculatam Virginis Conceptionem profitemur, esse suoque merito haberi cum ecclesiastico cultu plane consonam, eamque veterem ac prope universalem, et eiusmodi, quam romana Ecclesia sibi fovendam tuendamque susceperit, atque omnino dignam, quae in sacra ipsa Liturgia sollemnibusque precibus usurparetur.

    Neque his contenti, ut ipsa de Immaculato Virginis Conceptu doctrina inviolata persisteret, opinionem huic doctrinae adversam, sive publice, sive privatim defendi posse severissime prohibuere, eamque multiplici veluti vulnere confectam esse voluerunt.

    Quibus repetitis luculentissimisque declarationibus, ne inanes viderentur, adiecere sanctionem: quae omnia laudatus Praedecessor Noster Alexander VII his verbis est complexus: “Nos considerantes, quod sancta romana Ecclesia de Intemeratae semper Virginis Mariae Conceptione festum sollemniter celebrat, et speciale ac proprium super hoc Officium olim ordinavit iuxto piam, devotiam et landabilem institutionem, quae a Sixto IV Prae decessore Nostro tunc emanavit; volentesque laudabili huic pietati et devotioni, et festo, ac cultui secundum illam exhibito, in Ecclesia romana post ipsius cultus institutionem numquam immutato, Romanorum Pontificum Praedecessorum Nostrorum exemplo, favere, nec non tueri pietatem, et devotionem hanc colendi et celebrandi beatissimam Virginem praeveniente scilicet Spiritus Sancti gratia, a peccato originali praeservatam; cupientesque in Christi grege unitatem spiritus in vinculo pacis, sedatis offensionibus et iurgiis amotisque scandalis conservare: ad praefatorum episcoporum cum ecclesiarum suarum Capitulis ac Philippi regis, eiusque regnorun oblatam Nobis instantiam, ac preces; Constitutiones et Decreta, a Romanis Ponti ficibus Praedecessoribus Nostris, et praecipue a Sixto IV, Paullo V et Gregorio XV edita in favorem sententiae asserentis, animam beatae Mariae Virginis in sui creatione, et in corptu infusione, Spiritus Sancti gratia donatam, et a peccato originali praeservatam fuisse, nec non et in favorem festi et cultus Conceptionis eiusdem Virginis Deiparae, secundum piam istam sententiam, ut praefertur, exhibiti, innovamus, et sub censuris, et poenis in eisdem Constitutionibus contentis observari mandamus. Et insuper omnes et singulos, qui praefatas Constitutiones, seu Decreta ita pergent interpretari, ut favorem per illas dictae sententiae, et festo seu cultui secundum illam exhibito, frustrentur vel qui hanc eandem sententiam, festum seu cultum in disputationem revocare, aut contra ea quoquo modo directe vel indirecte aut quovis praetextu, etiam definibilitatis eius examinandae sive sacram Scripturam, aut sanctos Patres, sive Doctores glossandi vel interpretandi, denique alio quovis praetextu seu occasione, scripto sen voce loqui, concinari, tractare, disputare, contra ea quidquam determinando aut asserendo, vel argumenta contra ea afferendo, et insoluta relinquendo, aut alio quoovis inexcogitabili modo disserendo ausi fuerint; praeter poenas et censuras in Constitutionibus Sixti IV contentas, quibus illos subiacere volumus, et per praesentes subicimus, etiam concionandi, publice legendi, seu docendi, et interpretandi facultate, ac voce activa et passiva in quibuscumque electionibus, eo ipso absque alia declaratione privatos esse volumus; nec non ad concionandum, publice legendum, doceandum, et interpretandum perpetuae inhabilitatis poenas ipso facto incurrere absque alia declaratione; a quibus poenis nonnisi o Nobis ipsis, vel a Successoribus Nostris Romanis Pontificibus absolvi, auit super iis dispensari possint; nec non eosdem aliis poenis. Nostro, et eorumdem Romanorum Pontificum Successorum Nostrorum arbitrio infligendis, pariter subiacere volumus, prout subicimus per praesentes, innovantes Pauli V et Gregorii XV superius memoratas Constitutiones sive Decreta.

    Ac libros, in quibus praefata sententia, festum, seu cultus secundum illam in dubium revocatur, aut contra ea quomodocumque, ut supra, aliquid scribitur aut legitur, seu locutiones, conciones, tractatus, et disputationes contra eadem continentur; post Pauli V supra laudatum Decretum edita, aut in posterum quomodolibet edenda, prohibemus sub poenis et censuris in Indice librorum prohibitorum contentis, et ipso facto absque alia declaratione pro expresse prohibitis haberi volumus et mandamus.

    Omnes autem norunt quanto studio haec de Immaculata Deiparae Virginis Conceptione doctrina a spectatissimis Religiosis Familiis et celebrioribus theologicis academiis, ac praestantissimis divinarum rerum scientia Doctoribus fuerit tradita, asserta ac propugnata. Omnes pariter norunt quantopere solliciti fuerint sacrorum antistites vel in ipsis ecclesiasticis conventibus palam publiceque profiteri, sanctissimam Dei Genetricem Virginem Mariam, ob praevisa Christi Domini Redemptoris merita numquam originali subiacuisse peccato, sed praeservatam omnino fuissc ab originis labe et idcirco sublimiori modo redemptam.

    Quibus illud profecto gravissimum et omnino maximum accedit ipsam quoque Tridentinam Synodum cum dogmaticum de peccato originali ederet decretum, quo iuxta sacrarum Scripturum sanctorumque Patrum ac probatissimorum Conciliorum testimonia statuit ac definivit, homines nasci originali culpa infectos, tamen sollemniter declarasse, non esse suae intentionis in decreto ipso, tantaque definitionis amplitudine comprehendere beatam et Immaculatam Virginem Dei Genetricem Mariam. Hac enim declaratione Tridentini Patres, ipsam beatissimam Virginem ab originali labe solutam, pro rerum temporumque adiunctis, satis innuerunt, atque adeo perspicue significarunt, nihil ex divinis litteris, nihil ex traditione, Patrumque auctoritate rite afferri posse, quod tantae Virginis praerogativae quovis modo refragetur.

    Et re quidem vera hanc de Immaculata beatissimae Virginis Conceptione doctrinam quotidie magis gravissimo Ecclesiae sensu, magisterio, studio, scientia ac sapientia tam splendide explicatam, declaratam, confirmatam, et apud omnes catholici orbis populos ac nationes mirandum in modum propagatam, in ipsa Ecclesia semper exstitisse veluti a maioribus acceptam, ac revelatae doctrinae charactere insignitam illustria venerandae antiquitatis Ecclesiae orientalis et occidentalis monumenta validissime testantur.

    Christi enim Ecclesia, sedula depositorum apud se dogmatum custos et vindex nihil in his umquam permutat, nihil minuit, nihil addit, sed omni industria vetera fideliter sapienterque tractando si qua antiquitus informata sunt, et Patrum fides sevit, ita limare, expolire, student, ut prisca illa caelestis doctrinae dogmata accipiant evidentiam, lucem, distinctionem, sed retineant plenitudinem, integritatem, proprietatem, ac in suo tantum genere crescant, in codem scilicet dogmate, eodem sensu, eademque sententia.

    Equidem Patres Ecclesiaeque scriptores, caelestibus edocti eloquiis, nihil antiquius habuere, quam in libris ad explicandas Scripturas, vindicanda dogmata, erudiendosque fideles elucubratis summam Virginis sanctitatem, dignitatem, atque ab omni peccati labe integritatem, eiusque praeclaram de teterrimo humani generis hoste victoriam multis mirisque modis certatim praedicare atque efferre. Quapropter enarrantes verba, quibus Deus praeparata renovandis mortalibus suae pietatis remedia inter ipsa mundi primordia praenuntians, et deceptoris serpentis retudit audaciam, et nostri generis spem mirifice erexit, inquiens: Inimicitias ponam inter te et mulierem, et semen tuum et semen illius, docuere, divino hoc oraculo clare aperteque praemonstratum fuisse misericordem humani generis Redemptorem, scilicet Unigenitum Dei Filium Christum Iesum, ac designatam beatissimam eius Matrem Virginem Mariam, ac simul ipsissimas utriusque contra diabolum inimicitias insigniter expressas. Quocirca sicut Christus Dei hominumque mediator, humana assumpta natura, delens quod adversus nos erat chirographum decreti, illud cruci triumphator affixit; sic sanctissima Virgo, artissimo et indissolubili vinculo cum eo coniuncta, una cum illo et per illum sempiternas contra venenosum serpentem inimicitias exercens, ac de ipso plenissime triumphans, illius caput immaculato pede contrivit.

    Hunc eximium singularemque Virginis triumphum, excellentissimamque innocentiam, puritatem, sanctitatem, eiusque ab omni peccati labe integritatem, atque ineffabilem caelestium omnium gratiarum, virtutum, ac privilegiorum copiam, et magnitudinem iidem Patres viderunt tum in arca illa Noe, quae divinitus constituta a communi totius mundi naufragio plane salva et incolumis evasit; tum in scala illa, quam de terra ad caelum usque pertingere vidit Iacob, cuius gradibus Angeli Dei ascendebant et descendebant, cuiusque vertici ipse initebatur Dominus, tum in rubo illo, quem in loco sancto Moyses undique ardere ac inter crepitantes ignis flammas non iam comburi aut iacturam vel minimam pati, sed pulchre virescere ac florescere conspexit; tum in illa inexpugnabili turre a facie inimici, ex qua mille clypei pendent, omnisque armatura fortium; tum in horto concluso, qui nescit violari neque corrumpi ullis insidiarum fraudibus; tum in corusca illa Dei civitate, cuius fundamenta in montibus sanctis; tum in augustissimo illo Dei templo, quod divinis refulgens splendoribus plenum est gloria Domini; tum in aliis eiusdem generis omnino plurimis, quibus excelsa in Deiparae dignitatem, eiusque illibatam innocentiam, et nulli umquam naevo obnoxiam sanctitatem insigniter praenunciatam fuisse Patres tradiderunt.

    Ad hanc candem divinorum munerum veluti summam, originalemque Virginis, de qua natus est Iesus, integritatem describendam iidem Prophetarum adhibentes eloquia non aliter ipsam augustam Virginem concelebrarunt ac uti columbam mundam, et sanctam Ierusalem, et excelsum Dei thronum, et arcam sanctificationis et domum, quam sibi aeterna aedificavit Sapientia, et Reginam illam, quae deliciis affluens et innixa super Dilectum suum, ex ore Altissimi providit omnino perfecta, speciosa ao penitus cara Deo, et nullo umquam labis naevo maculata.

    Cum vero ipsi Patres, Ecclesiaeque scriptores animo menteque reputarent, beatissimam Virgincm ab Angelo Giabriele sublimissimam Dei Matris dignitatem ei nuntiante, ipsius Dei nomine et iussu gratia plenam fuisse nuncupatam, docuerunt hac singulari sollemnique salutatione numquam alias audita ostendi, Deiparam fuisse omnium divinarum gratiarum sedem, omnibusque divini Spiritus charismatibus exornatam, immo eorundem charismatum infinitum prope thesaurum, abyssumque inexhaustam, adeo ut numquam maledicto obnoxia, et una cum Filio perpetuae benedictionis particeps ab Elisabeth divino acta Sipiritu audire meruerit benedicta tu inter mulieres, et benedictus fructus ventris tui.

    Hinc non luculenta minus quam concors eorumdem sententia, gloriosissimam Virginem, cui fecit magna qui potens est, ea caclestium omnium ineffabile Dei miraculum, immo omnium miraculorum apex, ac digna Dei mater exstiterit, et ad Deum ipsum, pro ratione creatae naturae, quam proxime accedens omnibus, qua humanis, qua angelicis praeconiis celsior evaserit.

    Atque idcirco ad originalem Dei Genetricis innocentiam, iustitiamque vindicandam, non eam modo cum Heva adhuc virgine, adhuc innocente, adhuc incorrupta, et nondum mortiferis fraudulentissimi serpentis insidiis decepta saepissime contulerunt, verum etiam mira quadam verborum, sententiarumque varietate praetulerunt. Heva enim serpenti misere obsecuta et ab originali excidit innocentia, et illius mancipium evasit, sed beatissima Virgo originale donum iugiter augens, quin serpenti aures numquam praebuerit, illius vim potestatemque virtute divinitus accepta funditus labefactavit.

    Quapropter numquam cessarunt Deiparam appellare vel lilium inter spinas, vel terram omnino intactam, virgineam, illibatam, immaculatam, semper benedictam, et ab omni peccati contagione liberam, ex qua novus formatus est Adam vel irreprehensibilem, lucidissimum, amoenissimumque innocentiae, immortalitatis, ac deliciarum paradisum a Deo ipso consitum, et ab omnibus venenosi serpentis insidiis defensum, vel lignum immarcessibile, quod peccati vermis numquam corruperit, vel fontem semper illimem, et Spiritus Sancti virtute signatum, vel divinissimum templum, vel immortalitatis thesaurum, vel unam et solam non mortis sed vitae filiam, non irae sed gratiae germen, quod semper virens ex corrupta infectaque radice singulari Dei providentia praeter statas communesque leges effloruerit.

    Sed quasi haec, licet splendidissima, satis non forent, propriis definitisque sententiis edixerunt, nullam prorsus, cum de peccatis agitur, habendam esse quaestionem de sancta Virgine Maria, cui plus gratiae collatum fuit ad vincendum omni ex parte peccatum; tum professi sunt, gloriosissimam Virginem fuisse parentum reparatricem, posterorum vivificatricem a saeculo electam, ab Altissimo sibi praeparatam, a Deo, quando ad serpentem ait: inimicitias ponam inter te et mulierem, praedictam, quae procul dubio venena tum eiusdem serpentis caput contrivit; ac propterea affirmarunt, eandem beatissimam Virginem fuisse per gratiam ab omni peccati labe integram ac liberam ab omni contagione et corporis, et animae, et intellectus, ac semper cum Deo conversatam, et sempiterno foedere cum illo coniunctam, numquam fuisse in tenebris, sed semper in luce, et idcirco idoneum plane exstitisse Christo habitaculum non pro habitu corporis, sed pro gratia originali.

    Accedunt nobilissima effata, quibus de Virginis Conceptione loquentes testati sunt, naturam gratiae cessisse ac stetisse tremulam pergere non sustinentem; nam futurum erat, ut Dei Genetrix Virgo non antea ex Anna conciperetur, quam gratia fructum ederet: concipi siquidem primogenitam oportebat, ex qua concipiendus, esset omnis creaturae primogenitus.Testati sunt carnem Virginis ex Adam sumptam maculas Adae non admisisse, ac proterea beatissimam Virginem tabernaculum esse ab ipso Deo creatum, Spiritu Sancto formatum, et purpureae revera operae, quod novus ille Beseleel auro intextum variumque effinxit, eandemque esse meritoque celebrari ut illam, quae proprium Dei opus primum exstiterit, ignitis maligni telis latuerit, et pulcra natura, ac labis prorsus omnis nescia, tamquam aurora undequaque rutilans in mundum prodiverit in sua Conceptione Immaculata. Non enim decebat, ut illud vas electionis communibus lacesseretur iniuriis, quoniam plurimum a ceteris differens, natura communicavit non culpa. Immo prorsus decebat, ut sicut Unigenitus in Caelis Patrem habuit, quem Seraphim ter sanctum extollunt, ita Matrem haberet in terris, quae nitore sanctitatis numquam caruerit.

    Atque haec quidem doctrina adeo maiorum mentes, animosque occupavit, ut singularis et omnino mirus penes illos invaluerit loquendi usus, quo Deiparam saepissime compellarunt immaculatam, omnique ex parte immaculatam, innocentem et innocentissimam, illibatam et undequaque illibatam, sanctam et ab omni peccati sorde alienissimam, totam puram, totam intemeratam, ac ipsam prope puritatis et innocentiae formam, pulchritudine pulchriorem, venustate venustiorem, sanctiorem sanctitate, solamque sanctam, purissimamque anima et corpore, quae supergressa est omnem integritatem et virginitatem, ac sola tota facta domicilium universarum gratiarum Sanctissimi Spiritus, et quae, solo Deo excepto exstitit cunctis superior, et ipsis Cherubim et Seraphim, et omni exercitu Angelorum natura pulchrior, formosior et sanctior, cui praedicandae caelestes et terrenae linguae minime sufficiunt. Quem usum ad sanctissimae quoque Liturgiae monumenta atque ecclesiastica Officia sua veluti sponte fuisse traductum, et in illis passim recurrere, ampliterque dominari nemo ignorat, cum in illis Deipara invocetur et praedicetur veluti una incorrupta pulchritudinis columba, veluti rosa semper vigens; et undequaque purissima, et semper immaculata semperque beata, ac celebretur uti innocentia, quae numquam fuit laesa, et altera Heva, quae Emmanuelem peperit.

    Nil igitur mirum si de Immaculata Deiparae Virginis Conceptione, doctrinam iudicio Patrum divinis litteris consignatam, tot gravissimis eorumdem testimoniis traditam, tot illustribus venerandae antiquitatis monumentis expressam et celebratam, ac maximo gravissimoque Ecclesiae iudicio propositam et confirmatam tanta pietate, religione et amore ipsius Ecclesiae Pastores, populique fideles quotidie magis profiteri sint gloriati, ut nihil iisdem dulcius, nihil carius, quam ferveantissimo affectu Deiparam Virginem absque labe originali conceptam ubique colere, venerari, invocare, et praedicare. Quamobrem ab antiquis temporibus sacrorum antistites, ecclesiastici viri, regulares Ordines, ac vel ipsi imperatores et reges ab hac Apostolica Sede enixe efflagitarunt, ut Immaculata sanctissimae Dei Genetricis Conceptio veluti catholicae fidei dogma definiretur. Quae postulationes hac nostra quoque aetate iteratae fuerunt ac potissimum felicis recordationis Gregorio decimosexto Praedecessori Nostro, ac Nobis ipsis oblatae sunt tum ab episcopis, tum a clero saeculari, tum a Religiosis Familiis, ac sumimis principibus et fidelibus populis.

    Nos itaque singulari animi Nostri gaudio haec omnia probe noscentes, ac serio considerantes, vix dum licet immeriti arcano divinae Providentiae consilio ad hanc sublimem Petri Cathedram evecti totius Ecclesiae gubernacula tractanda suscepimus, nihil certe antiquius habuimus, quam pro summa Nostra vel a teneris annis erga sanctissimam Dei Genetricem Virginem Mariam veneratione, pietate et affectu ea omnia peragere, quae adhuc in Ecclesiae votis esse poterant, ut beatissimae Virginis honor augeretur, eiusque praerogativae uberiori luce niterent.

    Omnem autem maturitatem adhibere volentes constituimus peculiarem VV. FF. NN. S. R. E. cardinalium religione, consilio, ac divinarum rerum scientia illustrium Congregationem, et viros ex clero tum saeculari tum regulari theologicis disciplinis apprime excultos selegimus, ut ea omnia, quae Immaculatam Virginis Conceptionem respiciunt, accuratissime perpenderent, propriamque sententiam ad Nos deferrent.

    Quamvis autem Nobis ex receptis postulationibus de definienda tandem aliquando Immaculata Virginis Conceptione perspectus esset plurimorum sacrorum antistitum sensus, tamen encyclicas Litteras die 2 februarii anno 1849 Caietae datas ad omnes, Venerabiles Fratres totius catholici orbis sacrorum antistites misimus, ut, adhibitis ad Deum precibus, Nobis scripto etiam significarent, quae esset suorum fidelium erga Immaculatam Deiparae Conceptionem pietas, ac devotio, et quid ipsi praesertim antistites de hac ipsa definitione ferenda sentirent, quidve exoptarent, ut quo fieri sollemnius posset, supremum Nostrum iudicium proferremus.

    Non mediocri certe solatio affecti fuimus ubi eorumdem Venerabilium Fratrum ad Nos responsa venerunt. Nam iidem incredibili quadam iucunditate, laetitia, ac studio Nobis rescribentes non solum singularem suam, et proprii cuiusque cleri, populique fidelis erga Immaculatum beatissimae Virginis Conceptum pietatem, mentemque denuo confirmarunt, verum etiam communi veluti voto a Nobis expostularunt, ut lmmaculata ipsius Virginis Conceptio supremo Nostro iudicio et auctoritate defineretur. Nec minori certe interim gaudio perfusi sumus, cum VV. FF. NN. S. R. E. cardinales commemoratae peculiaris Congregationis, et praedicti theologi consultores a Nobis electi pari alacritate et studio post examen diligenter adhibitum hanc de lmmaculata Deipaiae Conceptione definitionem a Nobis efflagitaverint.

    Post haec illustribus Praedecessorum Nostrorum vestigiis inhaerentes, ac rite recteque procedere optantes, indiximus et habuimus Consistorium, in quo Venerabiles Fratres Nostros sanctae romanae Ecclesiae cardinales allocuti sumus, eosque summa animi Nostri consolatione audivimus a Nobis exposcere, ut dogmaticam de Immaculata Deiparae Virginis Conceptione definitionem emittere vellemus.

    Itaque plurimum in Domino confisi advenisse temporum opportunitatem pro Immaculata sanctissimae Dei Genetricis Virginis Mariae Conceptione definienda, quam divina eloquia, veneranda traditio, perpetuus Ecclesiae sensus, singularis catholicorum antistitum, ac fidelium conspiratio et insignia Praedecessorum nostrorum acta, constitutiones mirifice illustrant atque declarant; rebus omnibus diligentissime perpensis, et assiduis, fervidisque ad Deum precibus effusis, minime cunctandum Nobis esse censuimus supremo Nostro iudicio Immaculatam ipsius Virginis Conceptionem sancire, definire, atque ita pientissimis catholici orbis desideriis, Nostraeque in ipsam sanctissimam Virginem pietati satisfacere, ac simul in ipsa Unigenitum Filium suum Dominum Nostrum Iesum Christum magis atque magis honorificare, cum in Filium redundet quidquid honoris et laudis in Matrem impenditur.

    Quare postquam numquam intermisimus in humilitate et ieiunio privatas Nostras et publicas Ecclesiae preces Deo Patri per Filium eius offerre, ut Spiritus Sancti virtute mentem Nostram dirigere, et confirmare dignaretur, implorato universae caelestis Curiae praesidio, et advocato cum geminibus Paraclito Spiritu, eoque sic adspirante, ad honorem sanctae et individuae Trinitatis, ad decus et ornamentum Virginis Deiparae, ad exaltationem fidei catholicae, et christianae religionis augmentum, auctoritate Domini Nostri Iesu Christi, beatorum Apostolorum Petri, et Pauli, ac Nostra declaramus, pronuntiamus et definimus doctrinam, quae tenet, beatissimam Virginem Mariam in primo instanti suae Conceptionis fuisse singulari omnipotentis Dei gratia et privilegio, intuitu meritorum Christi lesu Salvatoris humani generis, ab omni originalis culpae labe praeservatam immunem, esse a Deo revelatam, atque idcirco ab omnibus fidelibus firmiter constanterque credendam. Quapropter si qui secus ac a Nobis definitum est, quod Deus avertat, praesumpserint corde sentire, ii noverint, ac porro sciant se proprio iudicio condemnatos, naufragium circa fidem passos esse, et ab unitate Ecclesiae defecisse, ac praeterea facto ipso suo semet poenis a iure, statutis subicere si quod corde sentiunt, verbo aut scripto,vel alio quovis externo modo significare ausi fuerint.

    Repletum quidem est gaudio os Nostrum et lingua Nostra exsultalione, atque humillimas maximasque Christo Iesu Domino Nostro agimus et semper agemus gratias, quod singulari suo beneficio Nobis licet immerentibus concesserit hunc honorem atque hanc gloriam et laudem sanctissimae suae Matri offerre et decernere. Certissima vero spe et omni prorsus fiducia nitimur fore, ut ipsa beatissima Virgo, quae tota pulchra et Immaculata venenosum crudelissimi serpentis caput contrivit, et salutem attulit mundo, quaeque Prophetarum Apostolorumque praeconium, et honor Martyrum, omniumquo Sanctorum laetitia et corona, quaeque tutissimum cunctorum periclitantium perfugium, et fidissima auxiliatrix, ac totius terrarum orbis potentissima apud Unigenitum Filium suum mediatrix et conciliatrix, ac praeclarissimum Ecclesiae sanctae decus et ornamentum, firmissimumque praesidium cunctas semper interemit haereses, et fideles populos, gentesque a maximis omnis generis calamitatibus eripuit, ac Nos ipsos a tot ingruentibus periculis liberavit; velit validissimo suo patrocinio efficere, ut sancta Mater catholica Ecclesia, cunctis amotis difficultatibus, cunctisque profligatis erroribus, ubicumque gentium, ubicumque locorum quotidie magis vigeat, floreat, ac regnet o mari usque ad mare et a flumine usque ad terminos orbis terrarum, omnique pace tranquillitate, ac libertate fruatur, ut rei veniam, aegri medelam, pusilli corde robur, aflicti consolationem, periclitantes adiutorium obtineant, et omnes errantes discussa mentis caligine ad veritatis ac iustitiae semitam redeant, ac fiat unum ovile, et unus pastor.

    Audiant haec Nostra verba omnes Nobis carissimi catholicae Ecclesiae filii, et ardentiori usque pietatis religionis, et amoris studio pergant colere, invocare, exorare beatissimam Dei Genetricem Virginem Mariam sine labe originali conceptam, atque ad hanc dulcissimam misericordiae et gratiae Matrem in omnibus periculis, angustiis, necessitatibus, rebusque dubiis ac trepidis cum omni fiducia confugiant. Nihil enim timendum, nihilque desperandum ipsa duce, ipsa auspice, ipsa propitia, ipsa protegente, quae maternum sane in nos gerens animum, nostraeque salutis negotia tractans de universo humano genere est sollicita, caeli terraeque Regina a Domino constituta, ac super omnes Angelorum choros Sanctorumque ordines exaltata astans a dextris Unigeniti Filii sui Domini Nostri Iesu Christi maternis suis precibus validissime impetrat, et quod quaerit invenit, ac frustrari non potest.

    Denique ut ad universalis Ecclesiae notitiam haec Nostra de Immaculata Conceptione beatissimae Virginis Mariae definitio deducatur, has Apostolicas Nostras Litteras, ad perpetuam rei memoriam exstare voluimus; mandantes ut harum transumptis, seu exemplis etiam impressis, manu alicuius notarii publici subscriptis, et sigillo personae in ecclesiastica dignitate constitutae munitis eadem prorsus fides ab omnibus adhibeatur, quae ipsis praesentibus adhiberetur, si forent exhibitae, vel ostensae.

    Nulli ergo hominum liceat paginam hanc Nostrae declarationis, pronuntiationis, ac definitionis infringere, vel ei ausu temerario adversari et contraire. Si quis autem hoc attentare praesumpserit, indignationem omnipotentis Dei ac beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius se noverit incursurum.

  5. #15
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    Predefinito

    GIOVANNI PAOLO II

    ANGELUS


    8 dicembre 2003

    1. "Tota pulchra es Maria" - Tutta bella sei, o Maria!

    La Chiesa celebra oggi l’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Se Cristo è il giorno che non conosce tramonto, Maria ne è l’aurora splendente di bellezza.

    Prescelta per essere la Madre del Verbo incarnato, Maria è al tempo stesso la primizia della sua opera redentrice. La grazia di Cristo Redentore ha agito in Lei in anticipo, preservandola dal peccato originale e da ogni contagio di colpa.

    2. Per questo Maria è la "piena di grazia" (Lc 1,28), come afferma l’Angelo quando Le reca l’annuncio della sua divina maternità. La mente umana non può pretendere di comprendere un così grande prodigio e mistero. E’ la fede a rivelarci che l’Immacolata Concezione della Vergine è pegno di salvezza per ogni umana creatura, pellegrina sulla terra. E’ ancora la fede a ricordarci che, in forza della sua singolarissima condizione, Maria è nostro sostegno incrollabile nella dura lotta contro il peccato e le sue conseguenze.

    3. Oggi pomeriggio, seguendo una bella tradizione, mi recherò in Piazza di Spagna. Renderò così omaggio alla Vergine Immacolata. Il beato Papa Pio IX fece porre su una colonna la sua effigie a perenne memoria del dogma dell’Immacolata Concezione, proclamato l’8 dicembre del 1854. Con l’odierno pellegrinaggio, pertanto, entriamo nel cento-cinquantesimo anniversario di quel solenne atto del magistero della Chiesa.

    Fin d’ora vi invito ad unirvi a me, nell’invocare l’intercessione di Maria Immacolata per la Chiesa, per la città di Roma e per il mondo intero.


  6. #16
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    Predefinito E' l'ora che pia

    Posto un bel canto tradizionale mariano, molto in uso nei maggiori Santuari, particolarmente in quello di Lourdes ed in quello di Fatima.

    Augustinus

    ********
    E' l'ora che pia

    E' l'ora che pia la squilla fedel
    le note c'invia dell'Ave del ciel.

    AVE, AVE, AVE MARIA! (x2)

    Onora la Pia ch’è Madre a Gesù:
    la dolce Maria che regna lassù.

    Rit.

    Nel piano di Dio l'eletta sei tu,
    che porti nel mondo il Figlio Gesù.

    Rit.

    Noi pur t’onoriamo, O Madre d’amor,
    noi pur t’esaltiamo, purissimo fior.

    Rit.

    Vestita di sole fra tutte l’Eletta
    riguarda alla terra da lei prediletta.

    Rit.

    Lo sguardo le brilla d’ignoto chiaror
    la viva pupilla dà fiamma di sol.

    Rit.

    A te, Immacolata, la lode, l'amor:
    tu doni alla Chiesa il suo Salvator.

    Rit.

    Di tutti i malati solleva il dolor,
    consola chi soffre nel corpo e nel cuor.

    Rit.

    Proteggi il cammino di un popol fedel
    ottieni ai tuoi figli di giungere al ciel.

    Rit.

    Un giorno lontano l'attesa finì:
    un angelo santo l'annuncio portò.

    Rit.

    In grembo alla madre il bimbo esultò
    Giovanni Battista annuncia Gesù.

    Rit.

    Magnifico inno Maria cantò:
    l'antica promessa per lei si compì.

    Rit.

    Gioisci, Maria, è Dio con te:
    Il figlio che nasce si chiama Gesù.

    Rit.

    La giovane Madre a Cana pregò:
    un segno d'amore Gesù rivelò.

    Rit.

    Il Figlio morendo la Madre pregò:
    'L'amico che lascio sia figlio per te'.

    Rit.

    Il Cristo risorto è vita per noi:
    Maria ci insegna a viver per lui.

    Rit.

    In valle d'Iria, nel mese dei fior,
    apparve Maria, regina dei cuor.

    Rit.

    O vista beata: la Madre d'amor
    si mostra svelata, raggiante fulgor.

    Rit.

    Le fulge sul viso sovrana beltà,
    vi aleggia un sorriso che nome non ha.

    Rit.

    Dal braccio le pende dell'Ave il tesor,
    che immagine rende d'un serto di fior.

    Rit.

    Il tredici maggio apparve Maria
    a tre pastorelli in Cova d'Iria.

    Rit.

    Splendente di luce un sole appariva,
    col volto suo bello veniva Maria.

    Rit.

    E dolce la Madre allora l'invita
    con questa parola al cuor sì gradita.

    Rit.

    'Miei cari fanciulli, nessun fugga più:
    io sono la Mamma del dolce Gesù'.

    Rit.

    'Dal cielo son discesa a chieder preghiera
    pei gran peccatori, con fede sincera'.

    Rit.

    In mano un rosario portava Maria,
    che addita ai fedeli del cielo la via.

    Rit.

    Madonna di Fatima, la stella sei tu
    che al cielo ci guidi, ci guidi a Gesù.

    Rit.

    O Bianca Signora, il mondo proteggi,
    il Papa e i fedeli tu sempre sorreggi.

    Rit.

    Di Roma la luce s’effonda in amor,
    ritornin le genti al Bianco Pastor.

    Rit.

    Il pié rassomiglia dei gigli al color,
    e rosa vermiglia ne infiora il candor.

    Rit.

    Un tempio troneggia sull'orda sacrata,
    e un cantico echeggia a te, Immacolata.

    Rit.

    O quanti dolori la Vergin sopì,
    o quanti terrori di morte rapì.

    Rit.

    Le gioie veraci venite a cercar,
    coprite di baci il vergin altar.

    Rit.

    Umil Bernardetta del messo divin,
    per mano s'affretta al fiume vicin.

    Rit.

    La pia Bernardetta sul chiaro ruscel
    radiosa s’affretta in luce di ciel.

    Rit.

    Un soffio di vento l'avviso le diè
    che questo un momento di grazia sarà.

    Rit.

    E su Massabielle repente è il chiaror,
    del sol ne le belle sue forme l'albor.

    Rit.

    D'amore un sembiante rimira gentil
    del sol più smagliante tra velo sottil.

    Rit.

    Vagheggia in viso divino voler,
    le dice il sorriso: 'O no, non temer!'

    Rit.

    Di giglio immortale è il manto, e dal sen
    giù un nastro a due ale celeste le vien.

    Rit.

    Le fregia una rosa il candido piè
    che il cielo vezzosa poc'anzi le diè.

    Rit.

    In mano un divino rosario brillar
    si vede, e il cammino al prego tracciar.

    Rit.

    Le palpita il core, si sente rapir,
    mentre 'Ave' l'amore la move a ridir.

    Rit.

    O Vergin, dei figli e de' l'Italo suol
    i gravi perigli ti muovano e il dol.

    Rit.

    In alto le grida le inviamo e i sospir:
    'Accorri: ci guida; siam presso a perir'.

    Rit.

    Perir? No: la fede di Cristo non muor;
    di Pietro alla sede più cresce l'amor.

    Rit.

    Ma solo di pianto il giusto ha mercé:
    virtude, or no, vanto d'Italia non è.

    Rit.

    Ah! Cade venduta la patria a Satan.
    O Vergin, l'aiuta, le stendi la man.

    Rit.

    Tradita la scola, spogliato l'altar,
    oppressa la stola ci vieni a salvar.

    Rit.

    La guerra, se freme, o bella vision,
    tu sei dolce speme, di gloria cagion.

    Rit.

    Tu parla, o sapiente, e, libero, il ver
    risuoni potente, di pace forier.

    Rit.

    Devoto al pastore d'Italia il vessil
    dimostri l'amore di tenero ovil.

    Rit.

    Ascolta, è preghiera di popol fedel:
    la patria fa vera imago del ciel.

    Rit.

    Maria l'annunzio celeste ascoltò,
    e il Figlio di Dio in lei s'incarnò.

    Rit.

    Ai monti di Giuda Maria salì,
    e il grande mistero di grazia compì.

    Rit.

    La Madre beata nel fieno adagiò
    il Bimbo divino, e poi l'adorò.

    Rit.

    Col Bimbo Maria al tempio salì;
    un vecchio profeta lo vide e gioì.

    Rit.

    Gesù fra i maestri del tempio restò,
    la Vergine Madre per lui ripudiò.

    Rit.

    Nell'orto, bagnato di sangue e sudor,
    pregando, agonizza Gesù Redentor.

    Rit.

    Gesù, flagellato a sangue, non ha
    chi l'ami e, soffrendo, ne senta pietà.

    Rit.

    Per noi coronato di spine è il Signor,
    il re della gloria, l'eterno splendor.

    Rit.

    Portando la Croce Gesù stancava.
    Chi fino al Calvario seguirlo vorrà?

    Rit.

    Venite, adoriamo Gesù Redentor,
    che, in Croce confitto, sul Golgota muor.

    Rit.

    I figli di Adamo non gemano più:
    è vinta la morte, risorto è Gesù.

    Rit.

    Dal cielo, ove ascendi, Gesù, tornerai,
    e il mondo e le genti tu giudicherai.

    Rit.

    In noi vieni, o Spirito santificator:
    rinnova i prodigi del primo favor.

    Rit.

    In cielo portata accanto a Gesù
    la Madre, Maria, ci aspetta lassù.

    Rit.

    Maria, dei santi tu sei lo splendor:
    con te la letizia, la gioia, l'amor.

    Rit.

    A tutti perdona le colpe e gli error,
    al mondo tu dona la pace e l'amor.

    Rit.

    O bella regina che regni nel ciel,
    l'Italia t'inchina, t'invoca fedel.

    Rit.

    Io sono la mamma del dolce Signor,
    che porta la fiamma del santo suo amor.

    Rit.

    Dal cielo discesi, per render quaggiù
    i cuori riaccesi d'amore a Gesù.

    Rit.

    Ognora il mio canto materno coprì
    chi recita il santo Rosario ogni dì.

    Rit.

    Di preci l'offerta domando dei cuor,
    perché si converta chi offende il Signor.

    Rit.

    O Vergine bella, del mondo sei tu
    la fulgida stella che guida a Gesù.

    Rit.

    La fede difendi da tutti gli error,
    e luce diffondi, e pace nel cuor.

    Rit.

    La vita dei padri sia luce e bontà,
    e il cuor delle madri splendor di bontà.

    Rit.

    Risplenda nei figli dei puri il candor,
    profuma di gigli dei giovani il cuor.

    Rit.

    Al mondo la pace tu dona, e l'amor,
    dell'odio pugnace tu spegni gli orror.

    Rit.

    A tutti perdona, o Madre d'amor,
    a tutti tu dona tue grazie e favor.

    Rit.

    A te noi sacriamo le menti ed i cuor:
    fedeli vogliamo seguire il Signor.

    Rit.

    Materna proteggi la nostra città,
    e il popol suo reggi con dolce umiltà.

    Rit.

    È l'ora che pia la squilla fedel
    le note c'invia dell'Ave del ciel.

    Rit.

    O vista beata: la Madre d'amor
    si mostra svelata, raggiante fulgor.

    Rit.

    Le fulge sul viso sovrana beltà,
    vi aleggia un sorriso che nome non ha.

    Rit.

    Dal braccio le pende dell'Ave il tesor,
    che immagine rende d'un serto di fior.

    Rit.

    Il tredici maggio apparve Maria
    a tre pastorelli in Cova d'Iria.

    Rit.

    Splendente di luce un sole appariva,
    col volto suo bello veniva Maria.

    Rit.

    E dolce la Madre allora l'invita
    con questa parola al cuor sì gradita.

    Rit.

    'Miei cari fanciulli, nessun fugga più:
    Io sono la Mamma del dolce Gesù'.

    Rit.

    'Dal cielo son discesa a chieder preghiera
    pei gran peccatori, con fede sincera'.

    Rit.

    In mano un rosario portava Maria,
    che addita ai fedeli del cielo la via.

    Rit.

    Madonna di Fatima, la stella sei tu
    che al cielo ci guidi, ci guidi a Gesù.

    Rit.

    O Bianca Signora, il mondo proteggi,
    il Papa e i fedeli tu sempre sorreggi.

    Rit.

    Il pié rassomiglia dei gigli al color,
    e rosa vermiglia ne infiora il candor.

    Rit.

    Un tempio troneggia sull'orda sacrata,
    e un cantico echeggia a te, Immacolata.

    Rit.

    O quanti dolori la Vergin sopì,
    o quanti terrori di morte rapì.

    Rit.

    Le gioie veraci venite a cercar,
    coprite di baci il vergin altar.

    Rit.

    Umil Bernardetta del messo divin,
    per mano s'affretta al fiume vicin.

    Rit.

    Un soffio di vento l'avviso le diè
    che questo un momento di grazia sarà.

    Rit.

    E su Massabielle repente è il chiaror,
    del sol ne le belle sue forme l'albor.

    Rit.

    D'amore un sembiante rimira gentil
    del sol più smagliante tra velo sottil.

    Rit.

    Vagheggia in viso divino voler,
    le dice il sorriso: 'O no, non temer!'

    Rit.

    Di giglio immortale è il manto, e dal sen
    giù un nastro a due ale celeste le vien.

    Rit.

    Le fregia una rosa il candido piè
    che il cielo vezzosa poc'anzi le diè.

    Rit.

    In mano un divino rosario brillar
    si vede, e il cammino al prego tracciar.

    Rit.

    Le palpita il core, si sente rapir,
    mentre 'Ave' l'amore la move a ridir.

    Rit.

    O Vergin, dei figli e de l'Italo suol
    i gravi perigli ti muovano e il dol.

    Rit.

    In alto le grida le inviamo e i sospir:
    'Accorri: ci guida; siam presso a perir'.

    Rit.

    Perir? No: la fede di Cristo non muor;
    di Pietro alla sede più cresce l'amor.

    Rit.

    Ma solo di pianto il giusto ha mercé:
    virtude, or no, vanto d'Italia non è.

    Rit.

    Ah! Cade venduta la patria a Satan.
    O Vergin, l'aiuta, le stendi la man.

    Rit.

    Tradita la scola, spogliato l'altar,
    oppressa la stola ci vieni a salvar.

    Rit.

    La guerra, se freme, o bella vision,
    tu sei dolce speme, di gloria cagion.

    Rit.

    Tu parla, o sapiente, e, libero, il ver
    risuoni potente, di pace forier.

    Rit.

    Devoto al pastore d'Italia il vessil
    dimostri l'amore di tenero ovil.

    Rit.

    Ascolta, è preghiera di popol fedel:
    la patria fa vera imago del ciel.

    Rit.

    Maria l'annunzio celeste ascoltò,
    e il Figlio di Dio in lei s'incarnò.

    Rit.

    Ai monti di Giuda Maria salì,
    e il grande mistero di grazia compì.

    Rit.

    La Madre beata nel fieno adagiò
    il Bimbo divino, e poi l'adorò.

    Rit.

    Col Bimbo Maria al tempio salì;
    un vecchio profeta lo vide e gioì.

    Rit.

    Gesù fra i maestri del tempio restò,
    la Vergine Madre per lui ripudiò.

    Rit.

    Nell'orto, bagnato di sangue e sudor,
    pregando, agonizza Gesù Redentor.

    Rit.

    Gesù, flagellato a sangue, non ha
    chi l'ami e, soffrendo, ne senta pietà.

    Rit.

    Per noi coronato di spine è il Signor,
    il re della gloria, l'eterno splendor.

    Rit.

    Portando la Croce Gesù stancava.
    Chi fino al Calvario seguirlo vorrà?

    Rit.

    Venite, adoriamo Gesù Redentor,
    che, in Croce confitto, sul Golgota muor.

    Rit.

    I figli di Adamo non gemano più:
    è vinta la morte, risorto è Gesù.

    Rit.

    Dal cielo, ove ascendi, Gesù, tornerai,
    e il mondo e le genti tu giudicherai.

    Rit.

    In noi vieni, o Spirito santificator:
    rinnova i prodigi del primo favor.

    Rit.

    In cielo portata accanto a Gesù
    la Madre, Maria, ci aspetta lassù.

    Rit.

    Maria, dei santi tu sei lo splendor:
    con te la letizia, la gioia, l'amor.

    Rit.

    A tutti perdona le colpe e gli error,
    al mondo tu dona la pace e l'amor.

    Rit.

    O bella regina che regni nel ciel,
    l'Italia t'inchina, t'invoca fedel.

    Rit.






  7. #17
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    Predefinito Dai «Discorsi» di sant'Anselmo, vescovo (Disc. 52; PL 158, 955-956)

    Cielo, stelle, terra, fiumi, giorno, notte e tutte le creature che sono sottoposte al potere dell'uomo o disposte per la sua utilità si rallegrano, o Signora, di essere stati per mezzo tuo in certo modo risuscitati allo splendore che avevano perduto, e di avere ricevuto una grazia nuova inesprimibile. Erano tutte come morte le cose, poiché avevano perduto la dignità originale alla quale erano state destinate. Loro fine era di servire al dominio o alle necessità delle creature cui spetta di elevare la lode a Dio. Erano schiacciate dall'oppressione e avevano perso vivezza per l'abuso di coloro che s'erano fatti servi degli idoli. Ma agli idoli non erano destinate. Ora invece, quasi risuscitate, si rallegrano di essere rette dal dominio e abbellire dall'uso degli uomini che lodano Dio. Hanno esultato come di una nuova e inestimabile grazia sentendo che Dio stesso, lo stesso loro Creatore non solo invisibilmente le regge dall'alto, ma anche, presente visibilmente tra di loro, le santifica servendosi di esse. Questi beni così grandi sono venuti frutto benedetto del grembo benedetto di Maria benedetta. Per la pienezza della tua grazia anche le creature che erano negl'inferi si rallegrano nella gioia di essere liberate, e quelle che sono sulla terra gioiscono di essere rinnovate. Invero per il medesimo glorioso figlio della tua gloriosa verginità, esultano, liberati dalla loro prigionia, tutti i giusti che sono morti prima della sua morte vivificatrice, e gli angeli si rallegrano perché è rifatta nuova la loro città diroccata. O donna piena e sovrabbondante di grazia, ogni creatura rinverdisce, inondata dal traboccare della tua pienezza. O vergine benedetta e più che benedetta, per la cui benedizione ogni creatura è benedetta dal suo Creatore, e il Creatore è benedetto da ogni creatura. A Maria Dio diede il Figlio suo unico che aveva generato dal suo seno uguale a se stesso e che amava come se stesso, e da Maria plasmò il Figlio, non un altro, ma il medesimo, in modo che secondo la natura fosse l'unico e medesimo figlio comune di Dio e di Maria. Dio creò ogni creatura, e Maria generò Dio: Dio, che aveva creato ogni cosa, si fece lui stesso creatura di Maria, e ha ricreato così tutto quello che aveva creato. E mentre aveva potuto creare tutte le cose dal nulla, dopo la loro rovina non volle restaurarle senza Maria. Dio dunque è il padre delle cose create, Maria la madre delle cose ricreate. Dio è padre della fondazione del mondo, Maria la madre della sua riparazione, poiché Dio ha generato colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, e Maria ha partorito colui per opera del quale tutte le cose sono state salvate. Dio ha generato colui senza del quale niente assolutamente è, e Maria ha partorito colui senza del quale niente è bene. Davvero con te è il signore che volle che tutte le creature, e lui stesso insieme, dovessero tanto a te.

  8. #18
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    Predefinito Corriere della Sera. 14 agosto 2004

    Rivolte popolari, dispute, appelli di re. Solo Pio IX stabilì il dogma di Maria

    di Vittorio Messori


    La complessa storia della Chiesa crea strani legami: quello, ad esempio, tra la Grotta di Massabielle, a Lourdes, e una colonna di Roma che, non per caso, fu eretta davanti all’ambasciata iberica, in piazza di Spagna. Può essere curioso parlarne, in occasione del secondo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II al santuario pirenaico, il più frequentato del mondo, con quasi sei milioni di pellegrini ogni anno. Per giunta in continuo aumento, segno della vitalità, malgrado tutto, di una devozione popolare che non solo ha superato la crisi ma è in vigorosa ripresa. Con questo suo viaggio, il papa intende rendere omaggio alla Madonna, alla veggente, santa Bernadette Soubirous, ma anche a Pio IX (il suo predecessore, che egli stesso ha beatificato) che centocinquanta anni fa, l’8 dicembre del 1854 ebbe il coraggio di troncare un dibattito che durava da secoli e proclamò urbi et orbi il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria.

    Ormai, è inutile inquietarsi e non serve smentire e precisare, visto che l’equivoco non sembra sradicabile: quando si parla e si scrive di questa verità cattolica di fede , anche nei giornali e persino nei libri, nella maggior parte dei casi si dà per scontato che abbia a che fare con la verginità di Maria, “prima, durante, dopo il parto“. La verginità, invece, non c’entra nulla, visto che quanto Pio IX infallibilmente definì è -per usare le parole stesse del solenne documento- quanto segue: “La beatissima Vergine Maria, sin dal primo istante del concepimento (quello di lei, da parte dei genitori, che la Tradizione indica in Gioachino ed Anna, ndr), per singolare grazia e privilegio di Dio e in vista dei meriti di Gesù Cristo, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale“. Dunque, il termine “immacolata“ non rinvia alla dimensione sessuale, bensì alle conseguenze della caduta di Adamo e di Eva. Ma tant’è, occorre rassegnarsi, molti di coloro che vogliono dire la loro sulle questioni cattoliche continueranno tranquilli nell’equivoco.

    E dire che proprio i contenuti di questo dogma hanno scatenato una delle maggiori guerre teologiche, durata molti secoli e che ha avuto il suo epicentro in Spagna. Qui, si confrontarono duramente -sino al punto di venire alle mani, di sfidarsi a duello, di abbandonarsi a tumulti- i “maculatisti“ e gli “immaculatisti“. A favore della “purezza originaria“ della madre di Gesù stavano i Francescani e i Gesuiti. Ma stavano, soprattutto, sia i re che il popolo. Campioni, invece, di una Madonna nata, come ogni persona umana, con le conseguenze della colpa originaria erano i Domenicani: quasi isolati in quella battaglia, ma forti del fatto di controllare l’Inquisizione di tutte le Spagne. Quei “frati bianchi“ non erano affatto meno devoti degli altri; anzi, si deve a loro la diffusione di massa del Rosario. E’ che volevano restare fedeli al loro confratello Tommaso d’Aquino, il quale aveva ammesso di non riuscire ad accordare la redenzione di Cristo, indispensabile per tutti, con il fatto che ad essa potesse sfuggire una creatura, seppure straordinaria come la Madonna . Difficoltà che, alla fine, sarà superata con la formula del dogma, che riconosce che pure Maria è stata redenta ma “in anticipo“, “in previsione dei meriti del Figlio“.

    Prima, però di giungere a questo (e accadrà, lo si diceva, un secolo e mezzo fa) in Spagna avvennero cose incredibili, per noi abituati ormai ad accalorarci solo per questioni di politica e di calcio. Non soltanto ordini religiosi, ma anche interi municipi, università, corporazioni, emettevano pubblicamente “el voto de sangre“, cioè l’impegno a difendere a costo della vita l’Immacolata Concezione. A Siviglia, la città fu sconvolta da un moto popolare, quando un predicatore imprudente affermò che la devozione a Maria non impediva di crederla “maculata“. I governi spagnoli inviavano ambascerie a Roma per far presente che l’ordine pubblico era in pericolo, se i Papi non si decidevano a proclamare il dogma, richiesto a gran voce dalle masse come dalle elite. Ma i tempi della teologia sono lunghi, soprattutto quando si tratta di Maria: le verità su di lei spesso sono solo implicite, nella Scrittura, ed occorre farle emergere progressivamente. Ci volle il decisionismo di Pio IX per arrivare a quell’otto dicembre del 1854 quando –nell’esultanza dei fedeli e nel sospetto residuo di qualche dotto– si arrivò alla proclamazione. Due anni dopo, una colonna antica, emersa in uno scavo, fu innalzata a Roma in onore di Maria Immacolata: fu il Papa stesso che stabilì di porla davanti al palazzo dell’ambasciata di Spagna, nella piazza omonima, a ricordo della appassionata battaglia iberica per arrivare a quel risultato.

    E Lourdes? Lourdes venne nel 1858, quattro anni dopo il dogma, e costituì una novità inaudita e dirompente nella storia della Chiesa: per la prima volta, il Cielo stesso sembrava intervenire per approvare una decisione teologica del pontificato romano. In effetti, solo dopo molte apparizioni e molte insistenze della piccola Bernadette (quasi a simboleggiare i secoli necessari per giungere al dogma), la misteriosa Signora si decise a dire il suo nome. Si definì, cioè “l’Immacolata Concezione“. Occorsero altri quattro anni –di inchieste, di interrogatori, di riflessione– perchè il vescovo del luogo, quello di Tarbes, arrivasse al riconoscimento ufficiale della verità delle 14 apparizioni nella Grotta. Da allora, Lourdes è sempre stata prediletta dai pontefici che si sono succeduti. Per il centenario delle apparizioni Pio XII, ormai alla vigilia della morte, aveva deciso –pur sobrio e austero com’era- di effettuare una spettacolare visita a sorpresa, atterrando sulla prateria davanti alla Grotta con un piccolo aereo. I medici dovettero faticare per impedirglielo. Questa benevolenza papale ha buone ragioni. Quel luogo, in effetti, non è soltanto quello al mondo, di ogni religione, che attira più pellegrini (persino i musulmani alla Mecca sono, annualmente, in numero minore), non è soltanto quello dove l’orgoglio scientista del XIX secolo dovette misurarsi con i prodigi di guarigione fisica, attestati da un Bureau medico composto da docenti universitari. Lourdes, per Roma, significa anche la conferma divina del suo insegnamento. La Vergine, apparendo, non fece solo sgorgare una fonte a sollievo dei sofferenti, ma attestò la verità della definizione che ne era stata data solo quattro anni prima, nella basilica di San Pietro, davanti a centinaia di vescovi che rappresentavano la Chiesa universale. “Lourdes è Maria ma è anche Pietro“, disse Giovanni XXIII, felice per avere potuto, da cardinale, consacrare la nuova basilica sotterranea. Con la sua seconda visita, ormai nell’estrema vecchiaia, Giovanni Paolo II soddisfa alla sua devozione mariana, ma ribadisce anche le ragioni del pontificato romano sul quale, sembra voler dire, Dio stesso veglia.

    Fonte: Corriere della sera, 14.8.2004

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    Predefinito Sull'Immacolata Concezione

    8 dicembre: Immacolata Concezione

    Anno 1617: l'università di Granata (seguita da quelle spagnole e italiane) è la prima ad emettere il "votus sanguinis", il giuramento, cioè, di difendere l'Immacolata Concezione fino all'effusione del sangue.
    Questo evento rappresenta forse, il culmine della lunga vicenda storica che accompagnò la proclamazione del dogma dell'Immacolata, da parte di Pio IX, l'8 dicembre del 1854. Una vicenda per certi aspetti affascinante perché vide "battersi" in un confronto serrato il "sensus fidei" del popolo e la riflessione prudente del magistero.
    La tradizione ebbe la meglio anzi, fu essa a dare maggior garanzie di solidità a questo dogma tanto discusso da teologi e biblisti.
    Non vogliamo qui addentrarci nell'interessante e faticoso dibattito che, avviato da Agostino con una sua famosa - quanto ambigua - espressione: "Non ascriviamo al diavolo Maria in forza della sua nascita, ma proprio perché tale condizione è sciolta dalla grazia della rinascita", si concluse (per modo di dire) con la bolla Ineffabilis Deus di Pio IX: "la dottrina, la quale ritiene che la beatissima vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, sia stata preservata da ogni macchia della colpa originale, è rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i fedeli." Vogliamo soffermarci invece sul prezioso "sentire" della tradizione che ha creduto prima ancora di "vedere" i fondamenti scritturistici e teologici e ha saputo arricchire il futuro dogma di simboli e rimandi preziosi.

    Il Barocco spagnolo è certamente un interprete autorevole di questa tradizione viva della fede popolare: chi non conosce almeno una delle 25 tele di Murillo sulla Immacolata Concezione?
    Prima ancora di Murillo, Velasquez e Zurbarán diedero voce e forma al movimento promozionale del dogma mariano di quanti praticavano il cosiddetto "voto del sangue".
    Dei tre, forse il meno noto, ma non meno ricco di fede è l'artista, conterraneo e contemporaneo di Murillo, Zurbarán.

    Francisco Zurbarán per il suo "naturalismo tenebrista" venne chiamato il "Caravaggio spagnolo". Nato a Fuentes de Cantos, Estremadura, il 7 settembre del 1598, si recò sedicenne a lavorare presso un pittore Sivigliano di nome Pedro Diaz de Villanueva. Non ebbe tuttavia veri maestri, la sua formazione avvenne in maniera del tutto autonoma. Fu, oltre che ammiratore, grande amico di Velasquez, suo coetaneo. Dal 1617 Francisco si trova a capo di una fiorente bottega a Llerena, qui dipinse le ventuno tele per il convento di San Pablo el Real a Siviglia che gli procurarono una certa notorietà. In un'epoca in cui i grandi ordini religiosi solevano glorificare la loro storia con cicli di pitture, Zurbarán ricevette le ordinazioni più importanti e acquistò fama di grande pittore; fu soprannominato il "pittore dei frati" a causa dei numerosi ritratti di monaci in tutti gli ambiti della loro vita pratica e spirituale presenti nella sua produzione artistica. Chiamato a Siviglia nel 1629 per voto unanime della municipalità in forza del successo e della fama, Zurbarán divenne in breve l'interprete di una spiritualità austera e drammatica lavorando principalmente per i potenti ordini monastici dei certosini, trinitari, gesuiti, geronimiti e francescani. Sono di questi anni le Storie di San Bonaventura per il Collegio Francescano, la Visione della Gerusalemme celeste e l'Apparizione di San Pietro crocifisso a San Pietro Nolasco.
    Provato dalla sofferenza - vedovo due volte vide morire di peste la maggior parte dei suoi numerosi figli - negli ultimi anni della sua vita entrò in una cristi profonda. Dal quinto decennio del secolo, infatti, l'attività di Zurbarán sembrò flettersi in un clima devozionale mutato e dipendere dalla crescente fama di Murillo. Influenzato certamente dalle opere di quest'ultimo la sua arte si fece più delicata e intima, incline allo sfumato e alla pennellata morbida, ma perse un poco del suo vigore iniziale. In quel periodo l'artista accettò molte commissioni provenienti dai conventi dell'America latina (dove giungerà anche la Cena in Emaus, firmata e datata 1639, Città del Messico, Museo Nazionale, qui esposta) ripetendo sovente gli schemi iconografici delle opere precedenti. Tra queste andò irrimediabilmente perduto, perché rovinato durante un festino di bordo, un ciclo di tele sulla Vergine Maria.
    Francisco muore a Madrid il 27 agosto 1664 lascia, dei nove figli nati da tre matrimoni, solo due figlie.
    Di questo artista, profondamente immedesimato nelle pratiche dell'ascetica e della mistica vogliamo contemplare una delle sue sull'Immacolata Concezione, quella che si trova oggi nel Museo Diocesano di Sigüenza (Siviglia).

    Francisco de Zurbaran, L'Immacolata Concezione

    Secondo le regole dettate dal Pacheco, la Vergine Immacolata doveva essere dipinta come una giovinetta di dodici, tredici anni, avere i capelli rossi sciolti sulle spalle, una tunica rosa con manto azzurro, la corona di dodici stelle sul capo e una falce di luna sotto i suoi piedi. Zurbarán così l'aveva dipinta attorno al 1630 in una tela conservata ora al Museo del Prado.
    La tela di Sigüenza, che non reca data, ma pare essere di quello stesso periodo, presenta alcune varianti rispetto a questo canone.

    Nell'ampio cielo notturno la Vergine giovanissima e bianco vestita risplende sospesa a mezz'aria come una celeste apparizione. "Signore, la tua grazia è nel cielo" cantava l'antico salmista! (Sal. 36, 6) Quella grazia che è nel cielo, quella grazia che "vale più della vita" (Sal. 63, 4) è presente nella Vergine di Nazaret, salutata dall'Angelo come la "piena di grazia".
    Maria è la donna del principio e della fine.
    In una delle molteplici versioni dell'Immacolata Zurbarán ha dipinto, sotto la luna posta ai piedi della Vergine, l'antico serpente con il pomo tra le fauci. Come Eva uscì pura dal costato di Adamo, così Maria uscì intatta dalle mani di Dio: redenta in anticipo in vista dei meriti di Gesù Cristo, in vista della sua missione di Madre del Redentore, ella ricevette per prima tutto ciò che a noi sarebbe venuto dalla passione, morte e risurrezione di Cristo. Ora, come la donna dell'apocalisse, veglia nel deserto dei secoli fino a che il corpo di Cristo, la Chiesa, non venga pienamente alla luce raggiungendo la sua perfetta maturità in Cristo.

    Il volto dipinto dal pittore di Fuentes nella tela di Sigüenza è quello di una bimbetta. Zurburàn più tardi, in un'altra sua Virgen niña, realizzerà il volto di Maria prendendo a modello quello della figlioletta Manuela che all'epoca aveva sette anni. Il successo di questo ritratto sarà tale da influenzare le successive opere sull'Immacolata, in particolare le versioni dello stesso Murillo.

    Nella tela di Sigüenza i capelli rossi, prescritti da Pacheco, si sono fatti scuri e incorniciano un volto candido di incomparabile bellezza.
    Maria è la sposa del Cantico dei Cantici, nera ma bella, che si leva terribile come un vessillo spiegato, salda come torre d'avorio e leggiadra come una colomba. Fissando questa fanciulla orante, il cui sguardo pietoso accarezza il profilo della città che si stende sotto ai suoi piedi, l'osservatore si sente ricolmare di sentimenti di pace e soavità e l'animo è mosso a desiderare l'innocenza perduta.
    Le virtù di Maria sono narrate dagli attributi abilmente confusi tra cielo e nubi. Maria è la Porta del cielo per ogni credente; è la stella mattutina alla quale guarda colui che si è smarrito nelle tenebre del proprio cuore; è lo specchio senza macchia dell'Amore di Dio; è la scala di Giacobbe che rende familiari uomini e angeli. Lei - del resto- degli angeli è Regina. Tra le nubi se ne scorgono a decine: l'attorniano, le gonfiano il manto di seta: sono i putti. Sono anch'essi il segno di quell'innocenza perduta che vive nel cuore dell'uomo come perenne nostalgia. Alcuni di questi putti - semi nascosti dal manto di Maria, scrutano l'orizzonte terreste.
    Siviglia giace addormentata, vive nelle tenebre e non lo sa, la vita della sua gente è esposta alle procelle della storia, ma ignora quanto sia vicino il porto di salvezza. È una città precisa, ma che scolora sotto l'ispirazione dell'artista animato dalla fede: l'intero panorama è una parabola del potente patrocinio di Maria aperto ad ogni uomo, ad ogni città. È lei il porto della Salute è lei il Perpetuo soccorso ai naviganti della Storia. Avvolti nell'oscurità si scorgono la fonte su un selciato a forma di croce, il pozzo, il cedro, il cipresso, la palma, la città murata, la torre: sono tutti simboli che descrivono le virtù di Maria, che la incastonano dentro la sapienza antica dell'unica Parola che salva.
    Ella che ha saputo attendere con vigilante fedeltà l'atteso dalle genti, incarna l'attesa di tutta l'umanità. Lei che si preparava nel silenzio del cuore all'avvento del Messia era la preparata da Dio nella notte dei tempi, scelta non all'ultimo momento o per caso, ma quale "termine fisso d'eterno consiglio".

    Fonte: CULTURA CATTOLICA

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    Predefinito A 150 anni dal dogma dell’Immacolata

    di Mons. ANGELO COMASTRI

    L’Immacolata Concezione

    Nella Sacra Scrittura le ragioni della fede della Chiesa nell’Immacolato Concepimento di Maria.


    La Chiesa crede nell’Immacolata Concezione di Maria anzitutto perché la Bibbia offre tre indizi, che sono inspiegabili senza l’Immacolato Concepimento della Vergine.

    – Primo indizio: il racconto del peccato originale, cioè dello sconvolgimento del mondo e dell’avvelenamento della vita, uscita splendida dalle mani di Dio, termina con un annuncio: "Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua discendenza e la sua discendenza: essa ti schiaccerà il capo mentre tu la insidierai al calcagno" (Gn 3, 15).

    La Chiesa si è chiesta: come mai si parla di inimicizia tra il Demonio e la donna? E perché il Messia [= la discendenza della donna] viene presentato in stretta unione con la donna? Questo legame evidentissimo tra la donna e il Salvatore è inspiegabile senza un ruolo e una posizione straordinaria di questa donna: il messaggio della Bibbia è indiscutibile.

    – Secondo indizio: le parole dell’Annunciazione, riferite dall’evangelista Luca.

    L’Angelo si presenta a Maria e dice: "Rallegrati, o piena di grazia, il Signore è con te" (Lc 1, 28). Potremmo tradurre così le parole dell’Angelo: "Gioisci, perché Dio stravede per te, e per te ha progettato una grande missione!". Che senso hanno queste parole? Come era possibile chiamare Maria "piena di grazia", se in lei ci fosse stata una minima ombra di peccato? Le parole dell’Angelo chiaramente esprimono una posizione di singolarità della Vergine di Nazareth.

    – Terzo indizio: il saluto di Elisabetta e la risposta di Maria. Elisabetta la saluta così: "Benedetta tu fra le donne" (Lc 1, 42). Perché? Per la sola maternità fisica? Non è possibile! Un giorno, quando diranno a Gesù: "Beato il seno che ti ha allattato", egli risponderà: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 11, 28). Se Maria è "benedetta fra le donne", non può esserci altro motivo se non quello di una straordinaria adesione alla volontà di Dio.

    E, infine, le parole profetiche della stessa Vergine Maria: "Dio ha guardato alla piccolezza della sua serva, grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente […]; d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata!" (Lc 1, 46-50). Sono parole estremamente impegnative e inspiegabili con una normale santità: in Maria c’è qualcosa di unico.

    Per questo la Chiesa – leggendo in profondità la Bibbia con l’aiuto dello Spirito Santo promesso da Gesù – ha definito verità di fede la Concezione di Maria senza ombra di peccato originale. Questa fede della Chiesa è maturata attraverso una continua attenzione alle Scritture, nel compimento delle parole che Gesù disse agli Apostoli: "Vi manderò lo Spirito Santo. Egli vi guiderà alla pienezza della verità" (Gv 16, 13).

    A Lourdes l’autoproclamazione dell’Immacolata Concezione

    Per questo il Papa Beato Pio IX, nell’anno 1854 – e, dunque, 150 anni orsono – dichiarò verità di fede la Concezione Immacolata di Maria: era l’8 Dicembre!

    Quattro anni dopo, l’11 Febbraio 1958, arriva una conferma inaspettata: a Bernadette Soubirous, una ragazza dei Pirenei povera e illetterata, appare una ‘Bianca Signora’ che il 25 Marzo rivela il suo nome, autoproclamandosi: "Que soy era Immaculada Councepciou!" – "Io sono l’Immacolata Concezione!".

    Nessuno inizialmente vuol credere a Bernadette Soubirous, a cominciare dal Parroco. I miracoli però piegano l’incredulità e impongono al mondo il messaggio di Lourdes. Perché Lourdes è una conferma del Cielo, un gesto amabile di incoraggiamento nei confronti della Chiesa impegnata nell’annuncio e nella difesa della Verità: di tutta la Verità! Lourdes nasce da un sorriso dell’Immacolata, che vede riconosciuta dalla Chiesa la sua singolare vicenda di "grazia".

    [Con questa riflessione Mons. Angelo Comastri termina la sua collaborazione con le riviste URM, per sopraggiunti altri impegni. Lo ringraziamo per quanto ci ha dato, augurandoci di ospitare ancora qualche suo intervento, almeno in circostanze di particolare rilievo mariano-ecclesiale].

    Mons. Angelo Comastri

    Fonte: Madre di Dio, 2004, fasc. n. 12

 

 
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