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    BENEDETTO XVI

    ANGELUS


    8 dicembre 2007

    Cari fratelli e sorelle!

    Sul cammino dell’Avvento brilla la stella di Maria Immacolata, "segno di sicura speranza e di consolazione" (Conc. Vat. II, Cost. Lumen gentium, 68). Per giungere a Gesù, luce vera, sole che ha dissipato tutte le tenebre della storia, abbiamo bisogno di luci vicine a noi, persone umane che riflettono la luce di Cristo e illuminano così la strada da percorrere. E quale persona è più luminosa di Maria? Chi può essere per noi stella di speranza meglio di lei, aurora che ha annunciato il giorno della salvezza? (cfr Enc. Spe salvi, 49). Per questo la liturgia ci fa celebrare oggi, in prossimità del Natale, la festa solenne dell’Immacolata Concezione di Maria: il mistero della grazia di Dio che ha avvolto fin dal primo istante della sua esistenza la creatura destinata a diventare la Madre del Redentore, preservandola dal contagio del peccato originale. Guardando Lei, noi riconosciamo l’altezza e la bellezza del progetto di Dio per ogni uomo: diventare santi e immacolati nell’amore (cfr Ef 1,4), ad immagine del nostro Creatore.

    Che grande dono avere per madre Maria Immacolata! Una madre splendente di bellezza, trasparente all’amore di Dio. Penso ai giovani di oggi, cresciuti in un ambiente saturo di messaggi che propongono falsi modelli di felicità. Questi ragazzi e ragazze rischiano di perdere la speranza perché sembrano spesso orfani del vero amore, che riempie di significato e di gioia la vita. È stato questo un tema caro al mio venerato predecessore Giovanni Paolo II, che tante volte ha proposto alla gioventù del nostro tempo Maria quale "Madre del bell’amore". Non poche esperienze ci dicono purtroppo che gli adolescenti, i giovani e persino i bambini sono facili vittime della corruzione dell’amore, ingannati da adulti senza scrupoli i quali, mentendo a se stessi e a loro, li attirano nei vicoli senza uscita del consumismo: anche le realtà più sacre, come il corpo umano, tempio del Dio dell’amore e della vita, diventano così oggetti di consumo; e questo sempre più presto, già nella preadolescenza. Che tristezza quando i ragazzi smarriscono lo stupore, l’incanto dei sentimenti più belli, il valore del rispetto del corpo, manifestazione della persona e del suo insondabile mistero!

    A tutto questo ci richiama Maria, l’Immacolata, che contempliamo in tutta la sua bellezza e santità. Dalla croce Gesù l’ha affidata a Giovanni e a tutti i discepoli (cfr Gv 19,27), e da allora è diventata per l’umanità intera Madre, Madre della speranza. A Lei rivolgiamo con fede la nostra preghiera, mentre ci rechiamo idealmente in pellegrinaggio a Lourdes dove proprio quest’oggi ha inizio uno speciale anno giubilare in occasione del 150° anniversario delle sue apparizioni nella grotta di Massabielle. Maria Immacolata, "stella del mare, brilla su di noi e guidaci nel nostro cammino!" (Enc. Spe salvi, 50).

  2. #82
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    Il culto mariano: venti secoli di storia

    La più vicina a Dio la più vicina agli uomini

    Sylvie Barnay


    Per noi è la Madre di Dio. I secoli la salutano come la Regina dei cieli. I Vangeli la chiamano Maria. Nel medioevo era Nostra Signora, nei tempi moderni Madonna, Immacolata nelle epoche contemporanee. La Regina del Cielo attraversa il tempo mediante gli sguardi che le conferiscono un volto d'eternità per contemplarla. Un percorso che racconta come la donna della storia è divenuta la Vergine Maria della fede cristiana.

    Donna dei Vangeli

    Il personaggio storico abita la Galilea del primo secolo. Miriam è una giovane ragazza ebrea come tante altre. Le prime fonti a menzionarla sono i racconti scritti degli evangelisti Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Si dice poco di lei. Una mattina di visione, secondo Luca, l'angelo è entrato nella sua vita per annunciarle che, vergine, avrebbe partorito un figlio di nome Gesù. La vergine partorisce: è un paradosso che lascia trasparire il mistero di Dio che si fa uomo, altro paradosso. Con l'incarnazione inizia la storia del cristianesimo alla cui origine si situa Maria. Gli evangelisti in lei vedono in effetti colei che ha dato alla luce il Gesù della storia riconosciuto come "Cristo" - parola greca che traduce il termine ebraico "messia" - dai primi cristiani.
    La figura del messia è al centro della religione ebraica. Profeti e oracoli non cessano di annunciare la venuta di un figlio discendente dalla stirpe di re Davide, portatore di salvezza e di pace. Questa speranza si è riaccesa in seno ai movimenti messianici protestatari che pervadono la società ebraica da quando la Palestina è passata sotto l'occupazione romana nel 63 avanti Cristo.
    Per dimostrare la messianicità del figlio che Maria ha appena dato alla luce, verso il 6 prima dell'era cristiana gli evangelisti narrano il concepimento miracoloso. Nella Bibbia il parto di donne sterili testimonia il rinnovamento della promessa divina fatta ad Abramo di una discendenza numerosa, segno dell'alleanza fra Dio e l'uomo. Il parto della donna Vergine diviene allora il segno di una nuova alleanza che cercano di manifestare coloro che ne sono testimoni.

    La Theotòkos dei concili

    La storia della Vergine, iniziata con la narrazione dell'annunciazione, è una storia della lettura infinita del mistero centrale del cristianesimo che la rende Vergine Maria. "Sposa non sposata", "toccata senza essere toccata", continuano a tradurre e ritradurre con afflato poetico nel corso dei secoli inni e omelie. Lo scarto che il tempo crea fra questa Rivelazione e la sua interpretazione costruisce a poco a poco una teologia della figura mariana, ossia un modo di dare una comprensione umana al suo volto reso divino poiché abitato da Dio.
    I vangeli che fanno seguito ai Vangeli senza essere una Rivelazione, ma già la loro rilettura, danno avvio alla storia del culto mariano propriamente detto. A partire dal II secolo, questi scritti chiamati apocrifi donano alla Vergine la nascita, la vita e poi la morte di cui gli Evangelisti non hanno parlato. Anna la sterile, sua madre, incontra Gioacchino, suo padre. Gli angeli la nutrono nella sua culla. Bambina di tre anni, danza sugli scalini del tempio. Poi dà alla luce il bambino Gesù in una grotta. Gli apostoli circondano il suo letto di morte mentre dodici nubi portano in cielo l'anima e il corpo di colei che, nei testi, non è più l'anonima Maria di Nazaret ma la Madre di Dio.
    A Efeso il 22 giugno 431 i vescovi riuniti in concilio professano la loro adesione alla definizione di Maria come Madre di Dio, Theotòkos, alla lettera "genitrice di Dio".
    "Dio ha una madre?" si chiedono i Padri della Chiesa nelle controversie. Il secolo precedente ha visto nascere il conflitto dei credi fra cristiani e pagani circa il concepimento verginale di Gesù. È stato necessario distinguere il Figlio di Dio dagli uomini divinizzati o dai semidei nati dall'amore fra un dio e una mortale. Pullulano le eresie che cercano ancora di negare la duplice natura di Cristo, al contempo umana e divina, per farne sia un Dio senza corpo, sia un corpo senza Dio, in breve, un fantasma o un superuomo.
    Il dogma della maternità divina risalta, donando a Dio una madre, la cui affermazione ha forza di Rivelazione, nel senso stesso del termine dogmatico. La sua formulazione contribuisce a favorire l'avvio di un culto universale alla Vergine verso la seconda metà del V secolo. Questo si fonda sui modi tradizionali di diffusione del culto imperiale. Così feste, inni, epiteti, monete, immagini contribuiscono a universalizzare progressivamente la figura di Maria. Nel VI e VII secolo, la venerazione del suo volto si diffonde in tutto l'Impero d'Oriente e poi in modo molto progressivo in quello d'Occidente, non senza provocare a volte una certa confusione con il culto reso alle divinità madri.
    I suoi santuari accolgono folle sempre più numerose venute a implorare soccorso e rimedio. La fiducia nei suoi miracoli e nelle sue apparizioni testimonia che è proclamata santa, lei, la benedetta fra le donne che bacia con le labbra "colui il cui braciere fa indietreggiare gli angeli di fuoco". Sulle icone, immagini visibili dell'invisibile, il bambino la tocca con la sua divinità, lei lo tocca con la sua umanità.

    Imperatrice della terra

    Imperatrice, Maria regna a Bisanzio. Sovrana, è progressivamente subordinata all'esercizio del potere a Roma. Fra il Seicento e il Settecento, le feste della Vergine conquistano l'insieme ancora poco cristianizzato del mondo latino. Quando la dinastia dei carolingi arriva al potere nel 751, le sue immagini sono messe al servizio dell'ideologia della sovranità che è definita come una regalità sacra.
    Mentre diviene Regina della terra, Maria è proclamata Regina dei cieli. Gli angeli gioiscono nel cielo, come dicono gli inni che proclamano il suo concepimento immacolato, avvenuto prima della creazione dell'aurora. È un altro paradosso per indicare l'inaudito mistero cristiano che si enuncia solo sotto forma di paradosso.
    La rilettura ininterrotta dei Vangeli conduce ancora all'approfondimento del paragone fra la Vergine e la Chiesa. Questo parallelismo ha la sua origine nel paragone delle maternità di entrambe: Maria è la madre di Cristo, la Chiesa è la madre dei cristiani. È l'origine del progresso dottrinale che porta ad affermare la maternità spirituale della Vergine: Maria è la madre dei cristiani.
    Definita giustamente come mediatrice fra il cielo e la terra verso la metà del nono secolo, la Vergine può ormai inclinare il proprio volto verso gli uomini dell'alto medioevo che l'invocano come Madre. Fra Dio e gli uomini, ella tesse il legame che permette il loro incontro. È il ponte fra l'universo umano e l'universo divino. Così, alla soglia dell'anno mille, la cristianità nel suo insieme si volge a poco a poco verso la Sovrana. Mentre le strutture politiche crollano in Occidente e si consolidano in Oriente, la Madre di Dio è sul punto di imporsi come un'importante figura di potere da una parte e dall'altra del Mediterraneo.

    Vergine in maestà

    Gli sguardi latini dell'inizio dell'XI secolo contemplano ora Maria sul suo trono di legno scolpito. Vergine in maestà, è discesa dal cielo per colmare il vuoto della regalità il cui esercizio si diluisce in quello della feudalità. Le nuove strutture di potere, fra le quali l'ordine monastico di Cluny, ricorrono a questa nuova immagine per consolidare la propria sovranità.
    Appare allora la Dama delle dame incaricata di eliminare qualsiasi disordine provocato dai laici desiderosi di appropriarsi, ad esempio, delle terre cluniacensi. Forte della sua inviolabilità, ella regna interamente sui monasteri presentati come terre "vergini", liberate dal peccato e popolate da uomini spirituali, i monaci, che s'immaginano simili agli angeli per guidare gli altri, gli uomini carnali, verso la salvezza.
    La Purissima è ormai in grado di imporre la sua autorità di Chiesa ai paganesimi che la Riforma gregoriana si è incaricata in parte di sradicare. Con il bambino Gesù sulle ginocchia, presenta un Dio incarnato agli uomini che continuano a interrogarsi sul senso del mistero cristiano al punto da metterlo in discussione. "Perché Dio si è fatto uomo?", riassume sant'Anselmo, che risponde tramite Maria. Per andare a venerare il bambino Gesù, il popolo cristiano si mette in cammino verso i santuari mariani come i re Magi, peregrinando verso la Gerusalemme celeste, meta e fine del suo esilio sulla terra.
    I pellegrinaggi alla Vergine vivono nel 1100 l'inizio del loro sviluppo. Hanno luogo principalmente nel centro e nel nord dell'Europa. A Laon, a Soissons, a Chartres, sono in migliaia a voler andare a toccare le reliquie di Maria: chi la sua bianca camicia, chi il suo calzare, il suo latte o i suoi capelli, ultime tracce della sua presenza corporea.
    La fede nell'Assunzione che si fissa nelle menti del XII secolo situa, in effetti, in cielo il corpo incorruttibile di Maria, elevata con la sua anima nella luce di Dio. A Puy i pellegrini s'inginocchiano dinanzi alla Vergine nera, il cui colore testimonia il mistero dell'Annunciazione descritto dai teologi come il passaggio di Maria dalla tinta bianca alla tinta nera. Le narrazioni dei miracoli della Vergine, scritte spesso da monaci o da canonici, cercano di far nascere in ognuno la speranza di una guarigione, assicurando al contempo il sostegno ai pellegrinaggi.
    Riunite presto in collezioni, queste narrazioni raccontano degli innumerevoli favori della Madre di Dio. Qui ha reso la vista a un pellegrino. Lì ha permesso a un paralitico di camminare. Altrove ha cacciato i demoni da un posseduto. I miracolati del medioevo sembrano usciti direttamente dai Vangeli. Vivono la stessa parte di sofferenze e di malattie attinte da una storia comune, che è quella dell'umanità sottratta, dopo la caduta, all'ordine stabilito dal Dio nella Genesi.
    Le raccolte di miracoli raccontano il suo vagabondare sempre ricominciato. È, ad esempio, la storia di Teofilo che ha venduto la sua anima al diavolo o ancora quella del chierico dalla gamba tagliata, quella della donna incinta caduta negli abissi della perdizione o ancora quella della giovane madre disperata dinanzi al figlio che sta morendo. Nostra Signora interviene, opera il miracolo donando una soluzione divina a una situazione umana senza uscita. Mostra così a ognuno il volto della sua grazia, lei che è "piena di grazia". È per questo che trabocca di grazia.
    San Bernardo utilizza l'immagine dell'acquedotto per indicare quel flusso d'amore divino che scorre verso ogni uomo che leva la sua preghiera a Maria. Tutte queste narrazioni di miracoli traducono la credenza nell'intercessione della Vergine: ella ascolta le implorazioni degli uomini, poi le presenta a suo Figlio affinché tutti siano salvati. Il catechismo essenziale del XII secolo è allora quello dell'Ave Maria, preghiera che unisce il saluto dell'angelo a Maria e il saluto di Maria a Elisabetta.

    Nostra Signora delle cattedrali

    Mentre ristabilisce la società medievale in una beata felicità simile a quella che regnava prima della caduta nel giardino dell'Eden, la Vergine in maestà troneggia sulle porte delle cattedrali. Diviene un'immagine monumentale.
    A partire dalla fine del XII secolo, si assiste al suo coronamento accanto a Cristo, al contempo giudice e re. È l'Avvocatessa dei peccatori e la Regina delle regine. Trionfante, Maria è vestita con un mantello che le sue mani di bellezza dischiudono per accogliere la cristianità sulle soglie delle chiese che rappresentano la porta del paradiso. I cronisti identificano ora la Gloriosa con la Donna dell'Apocalisse vestita di sole e coronata di stelle. Sottolineano il suo ruolo nella storia della fine dei tempi. Il suo grembo di madre si arrotonda conformemente alle nuove maternità definite come spirituali.
    Verso il 1200 l'ordine cistercense la proclama fondatrice e madre dei monaci. Sull'esempio di san Bernardo, "neonato di Nostra Signora" a detta del suo agiografo Pierre de Celle, i novizi sono presentati come fratelli di latte del Bambino Gesù. Essi bevono il latte spirituale che scorre dal seno che nutre della madre di Dio. Sull'esempio dell'ordine cistercense, i nuovi ordini religiosi di san Francesco e di san Domenico rivendicano il suo patronato. L'iconografia li mostrerà rannicchiati sotto le pieghe del grande mantello della Madre della misericordia.
    La figura mariana da quel momento dispiega tutta la sua magnificenza. Il corpo di Maria si ritrova in effetti posto al centro di una teologia centrale. Ha dato vita al corpo di Cristo che è al contempo corpo di carne, corpo dell'Eucaristia e corpo della Chiesa, ossia di tutti i battezzati. Per questo l'immagine mariana è anche metafora usata per designare la cristianità stessa che è la Chiesa. Ognuno dei membri o delle corporazioni che la costituiscono - dal popolo al Papa - vede dunque in Maria la sua più eminente figurazione.
    All'indomani del Concilio Lateranense (1251), la Vergine, modello di obbedienza al Padre, si vede dunque proposta come modello di normalizzazione della Chiesa. Spetta a lei dare l'esempio agli ordini religiosi, guidare le anime alla scoperta del mistero di Dio, invitare i fedeli a divenire cristiani esemplari, in breve, far rispettare il programma conciliare di sradicamento dell'eresia catara, di inquadramento del credo dei laici e di costruzione dell'unità della cristianità.
    La Regina si presenta allora anche come la serva di questo piano. La figura della "serva" dei Vangeli è messa in evidenza nelle riletture del testo sacro. È così che compaiono, verso la metà del XIII secolo, i primi servi e serve di Maria, siano essi clerici o laici, ad esempio l'ordine dei serviti di Maria. Maria è per loro una Madre di tenerezza che s'inginocchia e che sorride. I suoi "figli" e le sue "figlie" trovano in lei una santità imitabile. L'imitazione della Vergine schiude nuovi cammini spirituali alle donne mistiche dell'inizio del XIV secolo che si scoprono incinte dello Spirito Santo, partoriscono il bambino Gesù nella loro anima e cuciono per lui, come madri premurose, una piccola tunica d'Ave Maria.
    Nel suo Dialogo, Caterina da Siena invita ogni viaggiatore in cammino lungo il sentiero di Maria a divenire madre del Signore. La devozione mariana fa parte di questo processo d'incorporazione destinato a integrare ogni corpo individuale o collettivo nel corpo della Chiesa, grande corpo mariano dall'abito splendente con sfumature blu. Dalle Fiandre all'Italia, uno stesso movimento annovera confraternite, terzi ordini, città, università. Così quando la tunica si lacera, è la cristianità a perdere la sua unità.
    All'indomani del grande scisma (1378), il Figlio martirizzato disceso dalla Croce succede al Bambino Gesù sulle ginocchia della Madre. Le Pietà mostrano la Vergine addolorata dinanzi a tutti i mali del tempo mentre lo Stabat Mater e lamenti si levano dai cuori trafitti. Le sofferenze sostituiscono le gioie nelle litanie e i teologi commentano la comunicazione della Passione fra la Vergine e suo Figlio.
    In Maria, chiave di volta della Cristianità, la fine del medioevo cerca di trovare il suo ultimo sussulto di comunione. Si ricorre ai suoi miracoli e alle sue apparizioni, in particolare nelle controversie circa la sua Concezione Immacolata che minacciano più che mai l'unità della Chiesa. Il suo volto senza macchia irradia la sua bellezza pura sui quadri che presentano un giardino mariano, promessa di paradiso offerta a tutti gli inferni vissuti.

    Madonna dei tempi moderni

    La Vergine dei tempi moderni è anche la Madonna della riconquista cattolica. Poiché la Riforma sospetta la devozione a Maria d'idolatria, le conferisce un posto strettamente evangelico. La predicazione protestante magnifica la figura della Serva per farne un modello di fede e non di rimedio. La Vergine non salva. L'iconoclasma che accompagna le guerre di religione porta dunque via con sé le statue e i miracoli. La Riforma cattolica le conferisce una visibilità tanto più grande in quanto reazione.
    Dopo il Concilio di Trento (1545-1563), la Vergine assume il volto della donna forte dell'Antico Testamento. Come la Nike antica, si adorna di alloro per mostrare i colori del cattolicesimo trionfante. Le chiese della Vergine delle Vittorie e la Vergine del Lauro/Loreto si diffondono in tutta l'Europa cattolica. Così le monarchie cattoliche del XVII secolo ricorrono a loro volta alla sua figura vittoriosa per costruire o consolidare il proprio potere.
    L'Immacolata legittima i tentativi di restaurazione monarchica degli Stati iberici. La Vergine addolorata accoglie il voto di Luigi XIII che pone la Francia sotto la sua protezione. Il suo volto di "vergine" serve in quel momento i disegni missionari volti a evangelizzare il nuovo mondo, vasto terreno vergine di cristianesimo. L'immagine della Vergine di Guadalupe, ad esempio, trova posto persino nei più umili oratori messicani attorno ai quali si cementano l'unità e la comune identità di questa nuova cristianità. È nelle immagini mariane che i sacerdoti di Maria trovano gli strumenti dell'evangelizzazione profonda delle campagne europee nel XVIII secolo. Si chiamano Pierre de Bérulle, Jean Eudes, Louis-Marie Grignion de Montfort. Il voto a Maria, l'imitazione delle sue virtù, la santa schiavitù mariana costituiscono allora le forme di devozione più diffuse. La sua statua ha il rosario in mano - tutta la sua vita riassunta nei suoi misteri gioiosi, dolorosi, gloriosi meditata dai devoti - e mostra il suo cuore unito al cuore di Cristo.
    Tuttavia il secolo dei Lumi, la cui ragione non è più contemplativa, mette nuovamente in discussione il significato dell'incarnazione. La Rivoluzione del 1789 manda la Madre di Dio in esilio. La dea Ragione troneggia sull'altare a Nôtre-Dame di Parigi.

    "Una dama vestita di bianco"

    È sotto forma di una statua dai colori bianco e blu che la Vergine rifà la sua apparizione in un XIX secolo pervaso dai sincretismi religiosi. Le immagini dei testi di catechismo di via Saint-Sulpice a Parigi conferiscono a Maria il volto della donna-fiore dei romantici. Le immagini pie profumano di rosa e di violetta. I "figli di Maria" e le giovani donne vanno in processione vestiti di bianco e blu. Le loro madri coraggio si riconoscono nei tratti della Madre di questa Santa Famiglia esemplare che il nuovo cattolicesimo sociale cerca di diffondere.
    Nostra Signora di Grazia, di Carità, di Pietà, o del Buon Soccorso sostiene la maggioranza silenziosa delle masse operose e lavoratrici al tempo dello sviluppo dei socialismi. Gli anni 1830-1840 vedono la ripresa dei pellegrinaggi mariani, il ripristino delle feste patronali, la riscoperta di statue miracolose portate solennemente sugli altari. Nel 1858 le apparizioni di Maria - più visibile che mai - fanno accorrere a Lourdes folle oranti. Quattro anni prima, nel 1854, Papa Pio IX proclama l'Immacolata Concezione di Maria, concepita senza il peccato originale che macchia l'intera umanità. Dopo il 1870, di fronte alle dottrine liberali e anticlericali, è di nuovo la Donna forte, questa volta vestita con l'abito dell'Apocalisse, ad essere invocata. Ella domina dai suoi 5, 10 o 20 metri di altezza le rocche e i campanili di Francia. A Puy, ad esempio, la sua statua imponente schiaccia un serpente che ha il nome di tutti gli universalismi laici e repubblicani.
    All'indomani della prima guerra mondiale, la Dama del cielo entra nel discorso di un cattolicesimo radicale e intransigente dove primeggiano autorità e antimodernismo. Le riletture apocalittiche delle apparizioni di Fátima alimentano, ad esempio, tutta una propaganda anticomunista. È la Vergine di questo cattolicesimo reazionario a dominare la prima metà del XX secolo. Questa sfuma dopo il 1945 per far posto a nuovi tentativi di costruzione della figura mariana fra tradizione e modernità.
    La definizione dogmatica dell'Assunzione (1950) segna l'apogeo di una teologia che è giunta al termine delle sue esplorazioni razionali. Il Concilio Vaticano II invita allora a volgere uno sguardo rinnovato alla Vergine affinché si schiuda una nuova forma di contemplazione umana del suo volto la cui bellezza manifesta la bellezza di Dio. Lettura non terminata di una lettura infinita delle Scritture, altro paradosso.
    Miriam l'ebrea, Madre di Gesù divenuta Madre di Dio, Regina dei cieli, Nostra Signora, Serva del Signore, Madonna nella gloria, Vergine dei poveri, Immacolata Concezione porta quindi i nomi che hanno delineato i suoi duemila anni di storia. Nomi di colei, scrive Péguy, "che è la più vicina a Dio, poiché è la più vicina agli uomini".

    ***
    Come si è giunti all'«Ineffabilis Deus»

    La storia della festa dell'Immacolata Concezione è legata alla storia della festa della natività di Maria. In Occidente, occorre attendere il IX secolo per trovare traccia di una simile manifestazione di devozione nei calendari irlandesi, senza dubbio presa in prestito dai monasteri greci dell'Italia meridionale. Progressi dottrinali e progressi cultuali sono paralleli. Il credo si diffonde. È attestato in Irlanda nel primo quarto del X secolo e in Inghilterra nel corso dell'XI secolo. La prima omelia De conceptione Sanctae Mariae è redatta dal segretario e amico di Anselmo da Canterbury, il monaco Eadmer.
    L'introduzione della nuova credenza solleva numerose reazioni. Bernardo de Clairvaux, nella sua lettera rivolta ai canonici di Lione, si pronuncia vivamente contro il suo sviluppo. La teologia scolastica non è affatto favorevole alla dottrina. Alla fine del Medioevo, nella Chiesa latina, la festa della Concezione continua a suscitare numerose controversie, alimentate dalle schermaglie dottrinali tra gli ordini mendicanti (in particolare i carmelitani, i francescani e i domenicani).
    Negli anni che seguono il grande scisma di Avignone, la festa è nuovamente oggetto di controversie fra i sostenitori del campo avignonese e quelli del campo romano. Tuttavia, alla fine del medioevo, sembra che la festa della Concezione di Maria sia quasi uniformemente diffusa. Sullo sfondo di aspri dibattiti dottrinali, in particolare fra domenicani e francescani, Sisto IV (1471-1484) pubblica la costituzione Cum praeexcelsa (29 aprile 1476) dove concede indulgenze a quanti celebrano la festa e l'ottava della Concezione e approva il suo nuovo ufficio.
    Indulgenze, approvazioni, riconoscimenti di associazioni e di privilegi mostrano che il Papato ormai sostiene la festa della Concezione della Vergine. La pratica progredisce nell'epoca moderna, con i contributi dottrinali dei teologi e con il sostegno istituzionale di Roma.
    È nel XIX secolo che la dottrina si trasforma in dogma. L'apparizione della Vergine Maria a Catherine Labouré e la diffusione della medaglia miracolosa in onore di "Maria concepita senza peccato" (1830), spingono numerosi vescovi a chiedere al Papa che l'Immacolata Concezione venga definita come dogma di fede.
    La campagna s'intensifica con l'elezione di Pio IX (1846-1878) che istituisce a tal fine una commissione di venti teologi (1° giugno 1848) e una congregazione preparatoria composta da otto cardinali (con un segretario e cinque consultori), e presieduta dal cardinale Luigi Lambruschini (6 dicembre 1848). Si chiede il parere scritto a tutti i vescovi (enciclica Ubi primum, 2 febbraio 1849). Forte dei pareri favorevoli della stragrande maggioranza dell'episcopato (546 su 603), unitamente all'approvazione congiunta della commissione consultiva (17 su 20) e della congregazione, Pio IX chiede prima di tutto a due gruppi di teologi (uno sotto padre Giovanni Perrone e l'altro sotto padre Carlo Passaglia) di preparare un progetto di bolla (1851) e poi, il 10 maggio 1852, riunisce, sotto la presidenza del cardinale Raffaele Fornari, una commissione speciale per elaborare il testo definitivo che, dopo l'approvazione di un concistoro segreto (1° dicembre 1854), viene promulgato con il titolo di Ineffabilis Deus l'8 dicembre 1854. (s. barn.)

    Fonte: L'Osservatore Romano, 8 dicembre 2007, p. 4

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    Predefinito Un precursore del dogma dell'Immacolata Concezione

    Innsbruck, 1620: Tommaso da Olera e l'Immacolata

    Il mistico illetterato che anticipò di due secoli il dogma

    Marco Roncalli


    Sarà per la causa di beatificazione in corso, sarà per le rigorose pubblicazioni che lo stanno facendo riscoprire ai devoti, ma anche agli studiosi, sarà per una fama di santità mai spentasi nonostante i quattro secoli che ci separano da lui, mai come in questi tempi - si potrebbe dire - frà Tommaso da Olera, straordinario cappuccino bergamasco vissuto tra il Cinquecento e il Seicento e umile asceta della Riforma cattolica, torna a far parlare di sé. E tuttavia, pare sia la via filologica e la contestualizzazione storica, insieme a tante tessere che sono andate a completare nel frattempo il mosaico, a farne apprezzare non solo la vita, ma anche gli scritti. Definito già da Ludwig von Pastor "uno dei più popolari predicatori del Tirolo", ascoltato dai potenti dell'impero asburgico, amato senza dubbio anche da Papi contemporanei (come Giovanni XXIII e Paolo VI), questo frate - che, pastore semianalfabeta in gioventù, indossò il saio imparando i rudimenti del leggere e dello scrivere - affascina anche per i suoi scritti di ardua lettura dove si respira però la sapienza più difficile da conquistare: quella del cuore. Non è un caso se frà Tommaso scrisse di sé: "Mai letto una sillaba de' libri, ma bene mi fatico a leggere il passionato Cristo".
    All'edizione critica in più tomi curata da Alberto Sana e iniziata sotto la supervisione del compianto padre Giovanni Pozzi (che definiva il nostro "uno dei mistici più interessanti del suo secolo"), si accompagna ora, con il testo in latino tacitiano a fronte, un'altra rigorosa edizione curata da Daniela Marrone, con contributi di Roberto Pancheri e padre Rodolfo Saltarin, per i tipi della Morcelliana. Si tratta dell'opera "Detti e fatti, profezie e segreti del Frate Cappuccino Tommaso da Bergamo", scritta nel 1643 da Ippolito Guarinoni, trentino, medico, già educato alla scuola dei gesuiti in vari rami del sapere, piuttosto noto per aver combattuto la peste nel Tirolo, curato i minatori di Schwaz e per aver diffuso e difeso, cattolico convintissimo, la Riforma di Trento.
    In queste pagine, Guarinoni, che aveva conosciuto frà Tommaso nel 1617, espone i vaticini, le azioni, le confidenze, fattegli dall'amico dopo aver premesso che il frate bergamasco gli aveva chiesto di non divulgarle finché fosse stato in vita.
    Il volume evidenzia bene come la personalità del cappuccino rispondesse al sentimento mistico del tempo quando, fra il Cinque e il Seicento - per effetto della reazione cattolica al periodo riformistico - l'anima del cristianesimo fu irrorata da nuova linfa. Non solo. Rende conto anche delle tante relazioni che il nostro, pur mendicando per i suoi fratelli ed assolvendo umili mansioni nei conventi dal Veneto al Tirolo seppe approfondire: con l'arcivescovo Paride Lodron, principe di Salisburgo, con Ferdinando II, imperatore d'Austria, con l'arciduca Leopoldo, con il duca Massimiliano I di Monaco, con i baroni Fieger di Friedburg e altri (sovente persuasi a difendere le loro terre dai protestanti). E, ancora, ben oltre i nudi dati cronologici e le tante tappe dei suoi viaggi e pellegrinaggi, l'opera presenta sedici "Profezie", quindici "Segreti" e tredici "Moralità" (l'ultima di queste divisa in nove episodi), dove si può ricostruire l'"itinerario" contemplato e praticato dal nostro. Nel quale alla preghiera e al raccoglimento fanno sempre da contrappunto afflizione per le proprie imperfezioni e senso di mortificazione, e dove lo stato estatico è presentato sovente insieme a precedenti lotte contro il demonio.
    I contenuti vanno da premonizioni a predizioni, da avvertimenti a resoconti di fatti straordinari (di cui si giovò lo stesso Guarinoni, guarito nel 1631, così sostiene, di un'escrescenza alla mano dopo averla avvicinata al cadavere dell'amico; poi sopravvissuto alla peste nel 1634 per intercessione dello stesso).
    Chiari sia l'intento etico alla base dell'opera, sia lo stile tipico della letteratura edificante, che permeano anche racconti e frammenti di dialoghi, digressioni e rimandi ad aneddoti, con precise indicazioni di luoghi e persone inseriti nella cornice del tempo.
    I segreti, le profezie, gli atti sublimi e quant'altro riferisce qui il Guarinoni furono registrati - ci dice - "secondo l'ordine in cui avvennero, tra gli atti memorabili della nuova chiesa del ponte di Volders". È la grande chiesa votiva, voluta da frà Tommaso, che il medico trentino fece costruire e finanziò sulla sponda destra del fiume Inn, a quindici kilometri da Innsbruck, cui si fa riferimento spesso in queste pagine. Patrocinata dalle arciduchesse Maria Cristina ed Eleonora, sorelle dell'imperatore d'Austria, Ferdinando II. Dedicata all'Immacolata (poi a Carlo Borromeo e Ignazio di Loyola, quindi a Francesca Romana), fu edificata in terra tedesca due secoli prima della proclamazione del dogma mariano da parte di Pio IX.
    La prima pietra fu posta il 2 aprile 1620 per mano dell'arciduca Leopoldo V, come rappresentante dell'imperatore. Nello stesso anno furono condotte a termine le sue fondamenta. Successivamente non mancarono problemi: per il luogo scelto (famoso per azioni di brigantaggio) e per motivi economici (gli alti costi dell'opera e altre necessità ritenute prioritarie). Le cronache riferiscono altresì dell'appoggio alla costruzione della chiesa da parte dei padri della Compagnia di Gesù.
    Nell'incertezza sulla prosecuzione dei lavori Guarinoni si rivolse a frà Tommaso scrivendogli nell'ottobre del 1620 e ricevendo subito la sua risposta scritta: "Fratello in Giesu Christo, Dio vi rapisca il cuore. Ho letto la charissima sua con mio gran gusto spirituale et ho inteso quanto Dio opera nella sua chiesa et altre sue operationi. Per riposta li dico che, quanto alla chiesa sua, non tema qualsivoglia incontro perché Dio ha già preso la protetione di essa. E di voi si vorà servire come suo istrumento. E però: Nel nome di Dio seguite la impresa, perché chiaro si vede la operatione di Dio. E quanto sin'hora havete veduto, è nulla a comparatione di quanto Dio farà. E per maggior merito Dio vi permetterà di travagli; ma allhora prendete maggior animo". E più sotto postillava: "Per amor d'Iddio superate ogni fatticha; et ogni contrario, perché le opere di Dio deveno passare per ignem et acquam (attraverso il fuoco e l'acqua); ma al fine il refrigerio sarà grande...".
    Nonostante la guerra in atto fra protestanti e cattolici si riprese così la costruzione, grazie anche a capitali di mecenati. Frà Tommaso non mancava di visitare il cantiere, ma nessuno aveva idea dei tempi per la realizzazione definitiva. A questo proposito, racconta Guarinoni, "un giorno d'estate frà Tommaso, dopo avermi chiesto se mi fossi recato alla chiesa in costruzione, all'improvviso m'assalì con questa domanda: E ben quando pensate di finir la vostra chiesa? E io a lui: Questo lo sa Iddio. Egli allora mi rivolse queste testuali parole: Mo, tenitela pur alla longa, perché non morirete voi sino a che non havete compita la chiesa. Lo guardai sorridendo, pensando che scherzasse. Ma egli, guardandomi fisso, mi ripeté queste precise parole con un tono di voce più alto di prima: Vi dico che non morirete, sino che (sia) compita la chiesa; però fate pure adasio".
    Guarinoni morì ad Hall il 31 maggio 1654, l'anno in cui la chiesa fu ultimata e poco dopo (il 25 luglio) consacrata. A pianta centrale trilobata, già articolata nel progetto originario in moduli ternari quale visualizzazione simbolica del dogma trinitario, fu successivamente rimaneggiata e più volte restaurata (l'ultima volta negli anni Ottanta del secolo scorso). Tornata agli antichi splendori e oggi monumento nazionale, si svela al visitatore sormontata da un'interessantissima cupola, serbandogli la sorpresa di celebri dipinti di Martin Knoller, Guglielmo Schopfer, Paolo Ainhauser e Giorgio Grasmayr.

    Fonte: L'Osservatore Romano, 8 dicembre 2007, p. 5


  4. #84
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    Predefinito Antico e stupendo inno

    Tota pulchra

    Tota pulchra es, María!
    Tota pulchra es, María!
    Et mácula originális non est in te.
    Et mácula originális non est in te.
    Tu glória Jerúsalem,
    tu laetítia Israël,
    tu honorificéntia pópuli nostri,
    tu advocáta peccátorum.
    O María, o María!
    Virgo prudentíssima
    mater clementíssima,
    ora pro nobis,
    intercéde pro nobis
    ad Dóminum Jesum Christum!

  5. #85
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    Anton Raphael Mengs, L'Immacolata Concezione, XVIII sec., Palazzo Reale, Madrid

    Autore romano ignoto, Immacolata Concezione con i SS. Giovanni evangelista e Cornelio papa, 1650, chiesa della Santa Croce, Meldola

    Benedetto Gennari junior, Immacolata Concezione, 1670-90, Pinacoteca Comunale, Faenza

  6. #86
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    Predefinito Omaggio all'Immacolata di Piazza di Spagna - 8 dicembre 2008
















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    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 296-297

    12 DICEMBRE [1]


    Consideriamo la purissima Maria che ha concepito nel suo seno il Verbo di Vita ed è tutta ripiena dei sentimenti che le ispira la sua profonda religione verso il sommo Signore e la sua ineffabile tenerezza di madre verso un tale figlio. Ammiriamo così alta dignità, rendiamole omaggio, e glorifichiamo la Madre d'un Dio. In essa si compie la profezia d'Isaia: Una Vergine concepirà e partorirà un Figlio; oracolo che gli stessi Gentili avevano misteriosamente raccolto, e così la gloria della città di Chartres che ha dedicato un altare alla Vergine partoriente, Virgini pariturae, lungi dall'essere dubbia, come parve agli occhi d'un secolo ancor più ignorante che razionalista, dev'essere ugualmente attribuita a parecchie altre città dell'Occidente. Ma chi potrebbe narrare la dignità di questa Vergine che porta nelle sue viscere benedette la Salvezza del Mondo? Se Mosè, uscendo da un semplice colloquio con Dio, apparve agli occhi del popolo d'Israele con il capo circondato dai raggi della maestà di Jahvé (Es 34,29-35), quale aureola doveva circondare Maria, che racchiudeva in sé, come un cielo vivente lo stesso sommo Signore? Ma la divina Sapienza mitigava quello splendore agli occhi degli uomini, affinché l'umiltà che il Figlio di Dio aveva scelta come il mezzo per manifestarsi ad essi, non fosse fin dall'inizio annientata dalla gloria prematura che avrebbe dovuto risplendere nella Madre sua.

    I sentimenti del Cuore di Maria in quei nove mesi della sua ineffabile unione con il Verbo divino ci sono descritti nel sacro Cantico, allorché la Sposa dice nel suo amore: "Eccomi posta all'ombra di Colui che desideravo, e il suo frutto è dolce alla mia bocca; se dormo, il mio cuore veglia. La mia anima si scioglie al rumore della voce del mio Diletto; io sono sua ed egli è mio, Colui che si pasce tra i gigli della mia verginità, fino a quando spunti il giorno della sua Natività, e scompaiono infine le ombre del peccato". Ma spesso ancora, troppo debole nella sua mortalità per sostenere l'amore che l'opprime, esclama alle anime pie sue compagne: "O figlie di Gerusalemme, copritemi di fiori, circondatemi di frutti odorosi, poiché languisco d'amore". - "Queste dolci parole - dice il venerabile Pietro di Celle in un suo Sermone per la Vigilia di Natale - queste dolci parole sono della Sposa che abita nei giardini, e che vede appressarsi il tempo del suo divino parto. Che c'è di più amabile fra tutte le creature di questa Vergine, l'amante del Signore, ma innanzitutto amata da lui? È essa che, nel Cantico, è chiamata la cerva per sempre amata. Che c'è ancora di più amabile del Figlio di Dio, nato eternamente ed eternamente amato; formato - come dice l'Apostolo - alla fine dei tempi, nel seno della diletta e divenuto, secondo l'espressione del Cantico, il cerbiatto oggetto della sua tenerezza? Cogliamo dunque, e prepariamo i nostri fiori per offrirli al figlio, e alla Madre. Ma ecco i fiori che dobbiamo presentare in modo speciale alla Vergine: purifichiamo e rinnoviamo i nostri corpi mediante Gesù che dice di essere il Fiore del campi e il Giglio delle valli, e sforziamoci di accostarci a lui mediante la castità. Quindi, difendiamo il fiore della purezza da ogni contatto estraneo, poiché essa si sciupa e appassisce in un istante se la si espone al minimo soffio. Laviamoci le mani per offrirlo nell'innocenza; e con un cuore puro e un corpo casto, con una bocca santificata e un'anima intatta cogliamo nel giardino del Signore i fiori nuovi, per la nuova Natività del nuovo Re; adorniamo di questi fiori la Santa delle Sante, la Vergine delle Vergini, la Regina delle Regine, la Signora delle Signore, per meritare di partecipare anche noi al suo divino Parto".
    -----------------------------------------------------------------------
    NOTE

    [1] Anche l'Ottava dell'Immacolata Concezione fu soppressa con il Decreto della Congregazione dei Riti del 28 marzo 1955. Riteniamo utile conservare in questi giorni le considerazioni che dom Guéranger scrisse per l'Ottava.

  8. #88
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    EADEM DIE 7 DECEMBRIS

    IN VIGILIA CONCEPTIONIS IMMACULATÆ
    BEATÆ MARIÆ VIRGINIS


    Duplex

    Introitus

    Ps. 65, 16

    V
    ENÍTE, audíte, et narrábo, omnes qui timétis Deum, quanta fecit Dóminus ánimæ meæ. Ps. ibid., 1-2. Jubiláte Deo, omnis terra: psalmum dícite nómini ejus, date glóriam laudi ejus. V/. Glória Patri. Veníte.

    Non dicitur Glória in excélsis.

    Oratio

    D
    EUS, qui Unigéniti tui Matrem ab origináli culpa in sua Conceptióne mirabíliter præservásti: da, quaésumus; ut sua nos intercessióne munítos, corde mundos fácias suæ interésse festivitáte. Per eúndem Dóminum.

    Et fit Commemoratio Feriæ; et pro 3ª Oratione, juxta diversitatem Temporum assignata, dicitur Oratio de Spiritu Sancto.

    Léctio libri Sapiéntiæ

    Eccli. 24, 23-31

    E
    GO quasi vitis fructificávi suavitátem odóris: et flores mei fructus honóris et honestátis. Ego mater pulchræ dilectiónis et timóris et agnitiónis et sanctæ spei. In me grátia omnis viæ et veritátis: in me omnis spes vitæ et virtútis. Transíte ad me, omnes qui concupíscitis me, et a generatiónibus meis implémini. Spíritus enim meus super mel dulcis, et heréditas mea super mel et favum. Memória mea in generatiónes sæculórum. Qui edunt me, adhuc esúrient: et qui bibunt me, adhuc sítient. Qui audit me, non confundétur: et qui operántur in me, non peccábunt. Qui elúcidant me, vitam ætérnam habébunt.

    Graduale. Prov. 9, 1. Sapiéntia ædificávit sibi domum, éxcidit colúmnas septem. V/. Ps. 86, 1-2. Fundaménta ejus in móntibus sanctis: díligit Dóminus portas Sion super ómnia tabernácula Jacob.

    Sequéntia sancti Evangélii secúndum Matthaéum

    Matth. 1, 1-16

    L
    IBER generatiónis Jesu Christi, fílii David, fílii Abraham. Abraham génuit Isaac. Isaac autem génuit Jacob. Jacob autem génuit Judam et fratres ejus. Judas autem génuit Phares et Zaram de Thamar. Phares autem génuit Esron. Esron autem génuit Aram. Aram autem génuit Amínadab. Amínadab autem génuit Naásson. Naásson autem génuit Salmon. Salmon autem génuit Booz de Rahab. Booz autem génuit Obed ex Ruth. Obed autem génuit Jesse. Jesse autem génuit David regem. David autem rex génuit Salomónem ex ea, quæ fuit Uríæ. Sálomon autem génuit Róboam. Róboam autem génuit Abíam. Abías autem génuit Asa. Asa autem génuit Jósaphat. Jósaphat autem génuit Joram. Joram autem génuit Ozíam. Ozías autem génuit Jóatham. Jóatham autem génuit Achaz. Achaz autem génuit Ezechíam. Ezechias autem génuit Manássen. Manásses autem génuit Amon. Amon autem génuit Josíam. Josías autem génuit Jechoníam et fratres ejus in transmigratióne Babylónis. Et post transmigratiónem Babylonis: Jechonías génuit Saláthiel. Saláthiel autem génuit Zoróbabel. Zoróbabel autem génuit Abiud. Abiud autem génuit Elíacim. Elíacim autem génuit Azor. Azor autem génuit Sadoc. Sadoc autem génuit Achim. Achim autem génuit Eliud. Eliud autem génuit Eleázar. Eleázar autem génuit Mathan. Mathan autem génuit Jacob. Jacob autem génuit Joseph, virum Maríæ, de qua natus est Jesus, qui vocátur Christus.

    Offertorium. Cant. 6, 2. Ego dilécto meo, et diléctus meus mihi, qui páscitur inter lília.

    Secreta

    M
    ÚNERA nostra, Dómine, apud tuam cleméntiam immaculátæ Dei Genetrícis commendet orátio: quam ab omni origináli labe præservásti; ut dignum Fílii tui habitáculum éffici mererétur: Qui tecum.

    2ª Secreta de Feria, 3ª de Spiritu Sancto.

    Præfatio communis, juxta Rubricas.

    Communio. Cant. 6, 9.
    Quæ est ista, quæ progréditur quasi auróra consúrgens, pulchra ut luna, elécta ut sol, terríbilis ut castrórum acies ordináta?

    Postcommunio

    C
    ONCÉDE, miséricors Deus, fragilitáti nostræ præsídium: ut, qui immaculátæ Conceptiónis Genetrícis unigéniti Fílii tui festivitátem prævenímus; intercessiónis ejus auxílio a nostris iniquitátibus resurgámus. Per eúndem Dóminum.

    2ª Postcommunio de Feria, 3ª de Spiritu Sancto.


    FONTE

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    Autore ignoto, Immacolata Concezione con Angeli e donatore, 1656-57, Pinacoteca provinciale, Bari

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    Leopold Kupelwieser, Immacolata Concezione, 1836, Peterskirche, Vienna

 

 
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