Abu Omar: il segreto salva Pollari, non la Cia
di Giorgio Salvetti
su il manifesto del 05/11/2009
007 italiani non giudicabili, condannati e «delusi» gli Usa
Salvati dal segreto di stato. Solo per questo l'ex direttore del Sismi Niccolò Pollari e il suo vice Marco Mancini non devono rispondere di fronte alla legge del loro operato nella vicenda del rapimento di Abu Omar avvenuto a Milano il 17 febbraio 2003. Il giudice di Milano, Oscar Maggi, ha deliberato il non luogo a procedere per i due dirigenti dei servizi segreti in base all'articolo 202 del codice penale.
Non luogo a procedere anche per l'ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli, perché coperto da immunità diplomatica. Gli Stati Uniti hanno espresso «disappunto» per la condanna di 23 ex agenti della Cia condannati in contumacia. La copertura del segreto di stato sulle responsabilità di Pollari e Mancini fu apposta prima del governo Prodi e poi dal governo Berlusconi. In seguito, la Corte costituzionale ha esteso la copertura del segreto in modo che comprendesse anche gli atti processuali. Il giudice però ha condannato a tre anni i funzionari del servizi segreti Pio Pompa e Luciano Seno accusati di favoreggiamento, e ha condannato a pene tra i cinque e gli otto anni agli 007 della Cia coinvolti nel processo - che però gli Usa non hanno mai consegnato alle autorità italiane. Gli imputati condannati dovranno risarcire un milione di euro all'ex imam e 500 mila euro alla moglie.
Di fatto l'attività della procura è stata riconosciuta valida e doverosa. Ma non si poteva agire diversamente. L'ha spiegato chiaramente il giudice Maggi nell'emettere il verdetto. «L'azione penale nei confronti di Pollari e Mancini - ha dichiarato - per quanto legittimamente iniziata, non può essere proseguita per esistenza del segreto di stato apposto dalla presidenza del consiglio e confermata dalla sentenza costituzionale numero 106 del 2009». Il procuratore aggiunto Armando Spataro ha riconosciuto che «la decisione è arrivata alla fine di un procedimento difficile e portato a termine con grande professionalità» e ha accolto la sentenza con moderata soddisfazione. Tanto che tutti gli autori statunitensi del sequestro sono stati condannati. Mentre gli 007 italiani se la sono cavata solo per l'opposizione del segreto di stato. Una scelta che, ricorda Spataro, «è stata contestata dal parlamento e dal Consiglio europeo». Spataro ha annunciato che dopo la lettura delle motivazioni della sentenza valuterà se ricorrere in appello. Opposta l'interpretazione di Pollari. «Se il segreto di stato fosse stato svelato dagli organi preposti - ha detto - sarei risultato non solo innocente ma anche contrario a qualsiasi azione illegale». Per i suoi avvocati Pollari non è stato salvato dal segreto ma ne sarebbe vittima. «Il generale - hanno ribadito Franco Coppi e Rita Madia - ha sempre detto che il segreto non copre la sua responsabilità ma copre le prove della sua innocenza».
Gli agenti italiani e quelli della Cia erano accusati di avere sequestrato l'egiziano Abu Omar davanti alla moschea di viale Jenner: in seguito fu portato nel suo paese dove venne torturato. L'accusa aveva chiesto 13 anni di reclusione per Niccolò Pollari e per l'ex responsabile della Cia in Italia, Jeff Castelli. Inoltre i pm avevano chiesto 10 anni per Marco Mancini e per gli altri agenti coinvolti. Gli avvocati della difesa invece avevano chiesto l'assoluzione per tutti per non aver commesso il fatto e in subordine il non luogo a procedere.
Il dibattimento si è svolto soprattutto sull'interpretazione del segreto di stato e della sentenza della corte costituzionale piuttosto che sui fatti raccolti dall'accusa, con Spataro e il suo collega Pomarici impegnati a dimostrare che non può esistere l'imposizione del segreto su fatti che costituiscono reato. E che in questo caso non ci si può a limitare a segretare gli accordi tra intelligence italiana e organizzazioni straniere come sostenuto dalla Consulta. Inoltre, per i pm il comportamento penale degli accusati non può coincidere con gli interessi dello stato perché costituirebbe «un grave scempio del dovere di fedeltà ai principi della democrazia».
Il caso di Abu Omar, secondo quanto ricostruito dalla Federal Aviation Administration e da Eurocontrol, oltre che dal lavoro dell'eurodeputato Claudio Fava, sarebbe solo il più eclatante dei rapimenti compiuti dalla Cia. L'Italia si sarebbe prestata a fare da base logistica per altri 80 voli di 26 differenti velivoli impegnati nel programma. Ma per due governi italiani, e per Washington, su tutto ciò non si deve e non si può indagar e meno che meno condannare.
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