Il Comitato per il sì rischia la crisi
Turci ai Ds: "In campo per referendum"
di GIOVANNA CASADIO


Lanfranco Turci

ROMA - Mercoledì la prima riunione operativa del comitato referendario è saltata su richiesta dei radicali. Ieri, dopo un rapido giro di consultazioni, la decisione di far slittare la convocazione del direttivo del comitato di due settimane. Segnali. Scricchiolii. Il comitato per il "sì" ai referendum sulla procreazione assistita - il "moloch" della battaglia per la laicità dello Stato che schiera i partiti della sinistra accanto ai radicali, i "liberal" di Forza Italia e il Pri con le associazioni delle coppie sterili, tutti in campo contro la legge sulla provetta - è in affanno.

La mancata intesa tra l'Unione e i radicali - naufragata per i veti del fronte cattolico del centrosinistra alle liste "Coscioni" e al collegamento tra regionali e battaglia referendaria - rischia di paralizzare il comitato. Lanfranco Turci, il Ds prestato a tempo pieno al comitato, porrà oggi l'ultimatum a Fassino nel consiglio nazionale del partito. "Dirò chiaramente che i Ds devono rivendicare il ruolo di protagonisti del referendum sulla fecondazione assistita e decidere di spendervi subito tutte le risorse politiche e umane di cui dispongono, senza aspettare un presunto secondo tempo dopo le elezioni regionali".

Denuncia che "il vero obiettivo sotteso al veto posto ai radicali, è la delegittimazione morale dei referendum", mentre "il Vaticano ha già schierato le batterie". Insomma, o il partito si dà una mossa e "fa argine all'ingerenza clericale", oppure Turci getta la spugna? "Non voglio ancora dire questo, ma...", e il senatore fa volare con un brusco gesto della mano il dossier-referendum poggiato sulla scrivania del suo ufficio.

È il lavoro di mesi: l'accordo sulla sede presso il "Gruppo del cantiere" di Occhetto e Falomi; la scaletta dell'incontro dell'8 marzo con i tesorieri dei partiti per chiedere l'anticipo di almeno un milione di euro da restituire con i rimborsi una volta raggiunto il quorum; la mozione parlamentare per impegnare il governo a fissare i referendum entro maggio.

Che la "madre di tutte le battaglie" sia andare alle urne in una data "non balneare", evitando "il trucco pro astensione" a cui pensa il governo, è il primo obiettivo dei referendari. Pannella ha buon gioco nell'offrire al presidente Berlusconi l'opportunità di riaprire oggi un dialogo su questo: "Vedremo se al Consiglio dei ministri Berlusconi ci darà la data". Dal Pr anche un appello a Fassino per i referendum: "Quanto accaduto è la cartina al tornasole dell'invasione clericale; l'antipasto -scandisce Daniele Capezzone - di quello che accadrà per il referendum". E Emma Bonino: se perdiamo la partita, "è ipotecato il referendum".

Mal di pancia. Piero Folena, uno dei leader del "Correntone" Ds: "Visto il modo in cui è fallita l'intesa con i radicali, ora c'è un problema d'incoerenza rispetto alla battaglia sulla fecondazione. Noi rischiamo di regalare inoltre alla lista "Coscioni" elettori del centrosinistra". Preoccupazione della Cgil: "Noi ce la stiamo già mettendo tutta - afferma Aitanga Giraldi - anche gli altri lo facciano". Malumore del cristiano sociale Giorgio Tonini, che al referendum non voleva andare: "Se si mette in moto una macchina poi bisogna impegnarsi, se no è un effetto boomerang".

Il Verde, Marco Boato: "La ripercussione della vicenda radicali è un'autoparalisi del fronte del sì". Di Pietro, il leader di Idv, che ha raccolto le firme pro referendum: "Bene avere fatto chiarezza con Pannella. Ma questo referendum non raggiungerà il quorum, resteremo scornati". Oggi Barbara Pollastrini, responsabile donne ds, rilancerà: "L'impegno della Quercia per i referendum se era cento, ora deve essere il doppio