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    Predefinito Nel 2005 la chimica diventa più pulita?

    Nel 2005 la chimica diventa più pulita?
    di Federico Ungaro

    Il 2005 sarà l’anno decisivo per la chimica europea. Proprio quest’anno infatti la nuova normativa sulla registrazione delle sostanze chimiche sarà discussa in aula dal Parlamento di Strasburgo, segnando una riforma epocale per l’intero settore.
    Dopo REACH infatti, nel bene o nel male la chimica non sarà più la stessa. Secondo chi sostiene il regolamento, si tratterà di una scossa salutare per rilanciare la competitività delle aziende, garantendo nel contempo la salute dei cittadini e la protezione dell’ambiente. Chi invece è contrario denuncia la perdita possibile di migliaia di posti di lavoro e il rischio di fallimento per molte piccole e medie imprese.
    REACH è, nelle migliori tradizioni europee, un acronimo per “Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals”, cioè “registrazione, valutazione, autorizzazione delle sostanze chimiche”. Sostituisce più di 40 tra direttive e regolamenti già esistenti e ha come obiettivo principale quello di colmare un gap nella conoscenza dei possibili effetti su salute e ambiente di sostanze chimiche messe sul mercato prima del 1981, quando era possibile commercializzarle senza alcun tipo di autorizzazione formale.
    REACH richiede una nuova registrazione delle sostanze, comprese quindi quelle usate da decenni, che deve accompagnarsi anche a una valutazione dei loro effetti, se queste sostanze vengono prodotte o importate in quantità superiori ad una tonnellata l’anno. Inoltre le imprese dovranno valutare i rischi e adottare le opportune misure di gestione. Il tutto per stimolare l’innovazione nel settore chimico (dopo il 1981, infatti, il numero di nuove sostanze introdotte sul mercato si è ridotto di molto) e per gettare le basi di una nuova politica chimica fondata sul principio di precauzione e su quello della sostenibilità ambientale.
    “Un sistema innovativo – spiega Valentina Rossi, ricercatrice dello IEFE (Istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente) dell’Università Bocconi di Milano e del Bioteknet della Seconda Università di Napoli – anche perché obbliga per la prima volta le imprese a farsi carico del compito di valutare il rischio connesso alle sostanze chimiche che usano nel loro processo produttivo”.
    Il regolamento però non va a incidere su un settore economico secondario. Le imprese europee producono circa il 31 per cento delle sostanze chimiche mondiali, lasciando al secondo posto anche gli Usa con il 28 per cento, e sono il terzo settore manifatturiero dell’Unione con un totale di quattro milioni e settecentomila posti di lavoro tra diretti e indiretti.
    Proprio per questo, le prime stime della Commissione Europea dicevano che il progetto iniziale di REACH sarebbe costato 12,6 miliardi di euro. Una successiva bozza, presentata nell’ottobre del 2003, aveva fatto scendere le stime a circa 2,3 miliardi. “Se si considerano gli utilizzatori a valle, quelli cioè che usano le sostanze chimiche e sui quali i produttori scaricheranno parte dei costi della normativa è possibile stilare due scenari, uno ottimistico con costi tra 2,8-3,6 miliardi di euro e uno pessimistico con costi tra 4 e 5,2 miliardi di euro”, dice la Rossi.
    Le cifre delle organizzazioni di categoria sono invece molto più allarmanti. Le stime sulla prima bozza di regolamento lamentavano una perdita tra l’1 e il 7,7 per cento del Pil e tra i 250 mila e il milione e 750 mila posti di lavoro in meno in Italia. In Germania i posti di lavoro in meno erano tra i 150 mila e i 2 milioni e 350 mila con una riduzione del Pil tra lo 0,4 e il 6,4 per cento.
    Secondo Federchimica, l’impatto della seconda bozza sarà di 7,5 miliardi di euro di costi diretti e indiretti, con una perdita di 8 mila posti di lavoro nell’industria chimica e farmaceutica e di 150 mila in quella manifatturiera. “I piccoli e medi produttori si troveranno di fronte a uno svantaggio competitivo nei confronti dei prodotti finiti che vengono dall’estero – dice Federchimica – e che non sono sottoposti al regolamento. Senza contare che l’intero sistema è di difficile gestione perché richiede la registrazione di migliaia di sostanze. Se un’impresa ne usa 30 al giorno finisce per trovarsi ingolfata in procedure burocratiche molto complicate che sono gestibili solo dai grandi gruppi”. Per le piccole imprese, insomma, il regolamento suona quasi come una condanna a morte.
    REACH però non si tradurrà soltanto in costi. Secondo uno studio della Banca Mondiale, una migliore gestione delle sostanze chimiche determinerà un risparmio di 50 miliardi di euro in 30 anni per l’Europa nel settore sanitario, evitando circa 4500 morti l’anno per malattie connesse all’uso delle sostanze chimiche. Senza contare i vantaggi dal punto di vista ambientale.
    “Noi pensiamo che REACH sia salutare non solo per l’ambiente e la salute dei cittadini europei, ma anche per l’industria chimica del nostro continente - dice Lucia Venturi, responsabile scientifico di Legambiente -. Grazie al nuovo regolamento le imprese potranno sviluppare sostanze meno pericolose e sostituire quelle di sintesi chimica con altre di origine naturale, con grandi benefici per tutti. Per fare un esempio, le plastiche si possono produrre anche con sostanze biodegradabili e senza ricorrere ai derivati dal petrolio”.

  2. #2
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    Predefinito

    Bhe sarebbe più corretto dire "Nel 2005 L'INDUSTRIA Chimica diventa più pulita"

    La chimica è una scienza che studia sia la plastica sia gli ecosistemi, sia gli additivi sia il funzionamento della vita... dire che la chimica è sporca mi sembra una generalizzazione semplicistica che scaturisce da immotivato pregiudizio.

 

 

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