Dai Discorsi di sant’Agostino, Sermo CXXX, 1-2. PL 38, 725-727
Fu operato un grande miracolo quando furono saziati cinquemila uomini con cinque pani e due pesci, oltre alle dodici ceste di pezzi avanzati. Grande il miracolo, ma esso non ci meraviglia molto se consideriamo chi l'ha compiuto. Ha moltiplicato i cinque pani tra le mani di coloro che li dividevano colui che moltiplica i semi che germinano sulla terra, tanto che si gettano pochi granelli e si riempiono i granai. Ma, poichè lo ripete ogni anno, nessuno se ne stupisce. Non è la mancanza di risalto nell'evento a togliere la meraviglia, ma la continuità.
D'altra parte, il Signore, quando operava queste cose, si esprimeva, per chi stava ad intenderlo, non solo a parole, ma anche attraverso gli stessi miracoli. I cinque pani significano i cinque libri della Legge di Mosè. La legge antica è orzo rispetto al grano evangelico. Quei libri contengono grandi misteri in ordine a Cristo. Pertanto egli stesso affermò: Se credeste a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.
Come nell'orzo l'interno è nascosto sotto la pula, così Cristo si cela sotto il velo dei misteri della legge. Quando come pane i misteri della legge sono presentati ed esposti, assumono un'ampiezza imprevista; così anche quei pani si espandevano quando venivano spezzati. Anch’io vi ho spezzato del pane ed è ciò che vi ho esposto.
Ma rivolgiamoci all'autore di questo miracolo; egli è il pane disceso dal cielo, pane che fa ristorare e non si può consumare, pane che può nutrire e non si può esaurire. Anche la manna era figura di questo pane, per cui il salmista cantò: Diede loro pane dal cielo: l’uomo mangiò il pane degli angeli. Chi, se non Cristo, è il pane del cielo? Ma perché l'uomo potesse mangiare il pane degli angeli, il Signore degli angeli si fece uomo. Se tale non si fosse fatto, non avremmo il suo corpo, non mangeremmo il pane dell'altare. Affrettiamoci a ricevere l'eredità, perché grande è il pegno che ne abbiamo.
Fratelli miei, desideriamo la vita di Cristo, perché abbiamo con noi il pegno della sua morte. Come non ci darà i suoi beni egli che soffrì i nostri mali?
In questa terra, in questo mondo malvagio, che cosa abbonda se non il nascere, il tribolare, il morire? Scrutate le vicende umane e smentitemi, se non sono sincero. Osservate se tutti gli uomini sono in questo mondo per un fine diverso dal nascere, tribolare e morire. Tali sono i prodotti della nostra regione e vi sovrabbondano.
Per avere di tali merci, quel Mercante vi è disceso. Ora ogni mercante dà e riceve, dà quel che possiede e riceve quel che non possiede; quando acquista qualcosa dà il denaro e riceve quello che ha comprato. Anche Cristo, in questo commercio, ha dato e ha ricevuto. Ma che ha ricevuto? Ciò che qui abbonda: il nascere, il tribolare, il morire. E che cosa ha dato? Il rinascere, il risorgere, il regnare per l'eternità.
O Mercante buono, acquistaci! Che sto a dire "acquistaci", quando dobbiamo rendere grazie perché ci hai già comprati? Tu ci paghi il nostro riscatto: beviamo il tuo sangue, ci distribuisci il nostro prezzo.
Noi leggiamo il vangelo che è l'atto di acquisto che ci riguarda. Siamo tuoi servi, siamo tua creatura; ci hai creati, ci hai redenti.
Ognuno può acquistarsi uno schiavo, quanto a crearlo non può. Il Signore, invece, ha creato e redento i suoi servi. Li ha creati perché esistessero, li ha redenti perché non fossero prigionieri per sempre. Eravamo incappati nel principe di questo mondo, che sedusse Adamo rendendolo servo e cominciò a possederci come schiavi in casa propria.
Ma venne il nostro Redentore e il seduttore fu vinto. E il nostro Redentore come trattò chi ci aveva resi schiavi? Per il nostro riscatto tese come trappola la sua croce; vi pose come esca il suo sangue. Il seduttore però poté spargere il sangue divino, ma non meritò di berlo.
E per il fatto stesso che sparse il sangue di chi nulla gli doveva, fu obbligato a rilasciare i colpevoli. Il Signore ha versato il suo sangue appunto per cancellare i nostri peccati; perciò chi ci teneva schiavi è stato distrutto dal sangue del Redentore. Infatti soltanto i vincoli dei nostri peccati ci legavano al demonio. Ma venne Cristo, legò il forte con le catene della sua passione; entrò nella dimora di lui, cioè nei cuori degli uomini, dove quello abitava e gli portò via i vasi suoi. Siamo noi i vasi. Il demonio li aveva colmati della sua amarezza. Anche al nostro Redentore, nel fiele, dette da bere tale amarezza. Ma quei vasi che il demonio aveva colmati di sé, nostro Signore glieli strappò e facendoli propri li vuotò dell'amaro e li colmò di dolcezza.