Dal Corriere di oggi:
Industria e patriottismo economico
NON SI CRESCE SENZA INGEGNERI
di FRANCESCO GIAVAZZI
«Dobbiamo abbandonare l'economia materiale», suggeriva ieri su queste colonne Giulio Tremonti, «il futuro è nelle attività immateriali», cioè finanza, servizi, comunicazione. È sbagliato, per due motivi. Innanzitutto - come ricorderei a Tommaso Padoa-Schioppa ( Corriere , 28 febbraio) - non siamo a Londra: non abbiamo la tradizione di un impero, né la nostra lingua è l'inglese. Puntare sulla finanza (dopo che ieri il Parlamento ha confermato una struttura di regolamentazione che non ha simili in Europa per la sovrapposizione di responsabilità in conflitto l'una con l'altra) o pensare di attrarre le multinazionali grazie al clima mite della Riviera (come suggeriva Paolo Scaroni, Corriere , 2 marzo) sono sogni pericolosi. È vero che in Italia investire nei servizi rende il doppio che nell'industria (il 25% contro il 10%, secondo i dati di Mediobanca), ma non perché le nostre imprese non sappiano più produrre motori, ingranaggi, oggetti di design industriale, e sono improvvisamente diventate bravissime nel produrre servizi. Televisioni, banche, autostrade, il gas dell’Eni (ma anche gli edicolanti e i notai) guadagnano solo perché sono blindati da una regolamentazione scritta per proteggerli ai danni dei consumatori (osservate come si muove in Borsa il titolo della società Autostrade ogniqualvolta il governo rivede le tariffe, e confrontatelo con ciò che accade a Londra quando il governo mette all'asta, anziché regalarle, le frequenze televisive). Purtroppo è un’Italia che cresce a danno di quelle aziende che, con grande fatica, cercano ancora di esportare e competere sui mercati internazionali.
Si avvicinano gli esami di maturità: per i ragazzi è il momento di decidere la facoltà cui iscriversi. Le scelte sono sconsolanti. L'anno scorso, a fronte di 14.289 iscritti a corsi di laurea in scienza delle comunicazioni, le matricole in matematica e fisica erano meno di 4 mila, quelle in chimica 2.347. Come ha scritto Guido Guerzoni sul primo numero di Zero , la bella rivista diretta da Giuliano da Empoli, «grazie alla retorica della creatività e della società dell' entertainement abbiamo un fisico per ogni partecipante alle selezioni del "Grande fratello"». All'università di Bari, su 9 mila iscritti, solo in 50 hanno scelto matematica, 62 chimica e 2 mila giurisprudenza. Al Politecnico di Milano i più si iscrivono al corso di ingegneria gestionale, vogliono tutti diventare manager: progettare il disco di un freno, anche se per le Ferrari, è considerata un'attività passé . Ma chi ci consente di pagare il petrolio che importiamo? Certo non le banche, le assicurazioni, gli avvocati e tutte le aziende che producono servizi che si vendono esclusivamente sul mercato interno.
Fortunatamente c'è un’Italia diversa. All'università di Pavia gli iscritti a facoltà scientifiche sono uno su quattro, a giurisprudenza solo il 10%, a scienza delle comunicazioni il 4%. E molti fra loro provengono dal Mezzogiorno, avendo capito che una società fatta solo di avvocati, notai, commercialisti e comunicatori non ha futuro.
Lo scorso anno alcuni fisici dell'università della California sono riusciti a controllare un esperimento di fusione nucleare, il primo passo verso il sogno, forse non più irrealizzabile, di un'energia pulita, in quantità praticamente illimitata e quasi gratis. È presto per farsi illusioni, ma se il progetto avanzerà la tecnologia delle nuove centrali elettriche potrebbe essere progettata dall'Enel: evidentemente i nostri ingegneri elettrotecnici, seppur sempre più rari, godono ancora di un'ottima reputazione. Così come i loro colleghi aerospaziali dell'Agusta Westland, l'azienda di Finmeccanica dove è stato progettato l'elicottero che un mese fa ha vinto la gara della U.S. Navy per la Casa Bianca.
giavazzi_f@yahoo.com
E da ingegnere non posso che condividere