... NON DIVAGHIAMO


gianluigi paragone
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La storia si ripete: dagli al leghista. Così almeno passa la voglia anche agli altri che magari leghisti non sono e forse nel loro intimo un po' di intolleranza la provano. Il che, detto in assoluta libertà, può anche starci. Già, perché se i cattivi lo fanno, i buoni lo pensano. È nel genere umano. A me, per esempio, di vedere gli zingari a zonzo con il bicchiere della CocaCola a chiedere le elemosina potrebbe anche dare fastidio. Di certo, lo confesso, non sono contento quando al mattino, sulla metro, mi devo ascoltare il siparietto musicale dal vivo di Bella Ciao arrangiata in chiave tzigana: pensavo di aver pagato il biglietto dell'atm per una tratta di trasporto, invece c'è anche l'allegato musicale.
Si può ancora dire che mi infastidisce? Potrei essere disturbato da questo folk group itinerante in cui uno strumento non è accordato con l'altro? No, non mi può dare fastidio. E ammesso che lo dia, non lo devo dare a vedere perché altrimenti non solo non è politicamente corretto ma rischio pure di passare dalla parte di chi emargina. Poco importa poi se gli zingari si auto-emarginano per scelta di vita.
Perché tutta questa manfrina populista, demagogica, rozza (perdonate, mi porto avanti col lavoro…) di questo direttore barbaro della Padania? Perché ieri i giudici del tribunale di Verona hanno reso note le motivazioni della sentenza di condanna contro il consigliere regionale, Flavio Tosi e di altri cinque leghisti veneti per istigazione all'odio razziale nei confronti di nomadi veronesi.
Cosa hanno fatto quei fetenti della Lega? Con la scusa di raccogliere delle firme contro un campo di zingari, «propugnavano - dice la sentenza così come riportata dalle agenzie di stampa - una visione del mondo differenzialista». …Hai capito!
Uno crede di fare politica e invece si trova intruppato nel "differenzialismo culturale (è sempre il giudice che parla)" senza nemmeno saperlo. Ma ignorantia legis neminem excusat ci insegnavano già alle prime lezioni di Diritto. Condannato. Perché "il differenzialismo culturale non vuole esprimere al contrario del razzismo biologico un giudizio di valore sulle superiorità di un popolo o di un'etnia su altri, ma si traduce in un meccanismo di chiusura sociale a esclusione dell'Altro".
Oddio, io il giuridichese non l'ho mai amato particolarmente ma qui mi sembra un'altra dimensione lessicale. Oltre che sostanziale, visto che cinque militanti della Lega si ritrovano ora a dover pagare un conto alla Giustizia per una sentenza che mi sembra più interpretativa che strettamente normativa, per una sentenza che mi permetto di definire più politica che rigorosamente di diritto. Il che non sarebbe neanche un torto se - e preciso se - i magistrati fossero eletti dal popolo, come non ultimo ieri ha detto Umberto Bossi. Ma siccome l’elezione diretta dei giudici, in Italia, è un tabù allora la lettura dei fatti di Verona piglia una strada tutta sua. Finanche inquietante perché allora anche un commento sull’intolleranza rischia di passare come una intenzione tesa a propugnare una visione del mondo differenzialista. O giù di lì.
Mi allarmava il concetto delle manette ideologiche come la stavano architettando in Europa, forse mi conviene stare buonino anche dalle parti dell’Arena.
La verità è che ieri come oggi alle persone libere si vuole mettere il bavaglio perchè danno fastidio, perché rompono il pensiero politically correct.
È scritto nero su bianco. “Il messaggio lanciato dagli imputati attraverso la diffusione del loro pensiero - dice ancora la sentenza - è stato quello di esaltazione dell’identità etnico culturale dei popoli e delle varie leghe popolari concepiti come vere e proprie unità di lingua e di tradizioni unici veri collanti della classe popolare piuttosto che di uno Stato nazione”.
Un po’ come smontare l’azione politica della Lega e di chi volesse declinare politicamente l’azione federalista o autonomista. Giusto ieri, sulle colonne della Padania, Umberto Bossi ricordava la lezione di Carlo Cattaneo, il pericolo degli Stati multinazionali e oggi, i giudici di Verona, “smontano” l’identità politica della Lega, ne minacciano la libertà di azione.
Quando davo gli esami di giurisprudenza e tentavo di allargare il mio discorso verso sponde sociologiche o filosofiche, il prof sollevava gli occhiali, mi guardava e secco mi diceva: “Non divaghiamo e atteniamoci alle norme...”. Ecco, appunto, non divaghiamo...


[Data pubblicazione: 02/03/2005]